Con riferimento al funzionamento del bail-in - introdotto dalla direttiva UE 59/2015, la cosiddetta BRRD (si rinvia, in proposito alla Circolare di Confindustria n. 19905 del 26 ottobre 2015) - e ad alcuni quesiti pervenuti in questi giorni si riportano, di seguito, alcune precisazioni in merito all’ordine di priorità delle passività in caso di applicazione del bail-in e al coinvolgimento dei depositi non protetti.
Si ricorda, innanzitutto, che il bail-in - entrato in vigore il 1° gennaio 2016 - consente alle autorità di risoluzione nazionali (in Italia, la Banca d’Italia) di disporre, in caso ricorrano le condizioni previste per la risoluzione, la riduzione del valore delle azioni e di alcuni titoli di credito o la loro conversione in azioni per assorbire le perdite e ricapitalizzare la banca in crisi.
In merito, la direttiva BRRD indica espressamente le passività escluse dal bail-in, cioè quelle passività di un istituto di credito che non possono in ogni caso essere svalutate o convertite in capitale. Tra queste vi sono: i depositi protetti; le passività garantite, inclusi i covered bonds; le passività derivanti dalla detenzione di beni della clientela o in virtù di una relazione fiduciaria (es. contenuto delle cassette di sicurezza o titoli detenuti in conti appositi; le passività derivanti dalla partecipazione ai sistemi di pagamento con durata residua inferiore a 7 giorni; i debiti verso i dipendenti, i debiti commerciali e quelli fiscali purché privilegiati dalla normativa fallimentare).
I depositi protetti sono quelli di importo fino a 100mila euro che sono ammissibili al rimborso da parte dei sistemi di garanzia dei depositanti disciplinati dall’articolo 96 e seguenti del Testo Unico Bancario. Dunque i depositi di persone fisiche, PMI e grandi imprese sotto la soglia di 100mila euro sono protetti e quindi non possono essere oggetto di svalutazione o conversione in caso di bail-in.
Il bail-in, invece, è applicato alle passività diverse da quelle escluse secondo un ordine ben preciso, che prevede:
· in primo luogo la riduzione o l’azzeramento del valore delle azioni e altri strumenti finanziari assimilati al capitale;
· in secondo luogo, l’intervento su alcune categorie di creditori, le cui attività possono essere trasformate in azioni o ridotte nel valore, qualora l’azzeramento del valore delle azioni non risulti sufficiente a coprire le perdite e seguendo un ordine gerarchico ben preciso.
In dettaglio - fermo restando che, a specifiche condizioni, alcune passività ammissibili possono essere escluse integralmente o parzialmente dall’applicazione del bail-in - l’ordine di priorità per il bail-in è il seguente:
1. azionisti;
2. detentori di altri titoli di capitale;
3. altri creditori subordinati;
4. creditori non garantiti: tra questi rientrano sia gli obbligazionisti non garantiti, sia le grandi imprese titolari di depositi per l’importo eccedente i 100.000 euro;
5. PMI e persone fisiche titolari di depositi per l’importo eccedente i 100.000 euro.
Tale ordine di priorità - che distingue le grandi imprese dalle PMI, prevedendo una maggiore tutela per queste ultime - deriva dalla previsione contenuta all’articolo 108 della BRRD, che ha introdotto la cosiddetta clausola della depositor preference.
Tale clausola prevede che i depositi di PMI e persone fisiche per l’importo eccedente i 100.000 euro debbano contribuire alla risoluzione di una banca solo dopo che siano stati coinvolti gli altri crediti non garantiti e, in particolare, dopo i depositi eccedenti il limite dei 100.000 euro delle grandi imprese.
Per quanto riguarda il nostro Paese, il Governo - nel recepire la direttiva in questione con i decreti legislativi 180 e 181 del 16 novembre 2015 - ha aggiunto un ulteriore tutela per i depositanti introducendo la cosiddetta depositor preference estesa (articolo 1 comma 33 del decreto legislativo 181/2015) che prevede che i depositi delle grandi imprese eccedenti i 100.000 euro vengano coinvolti dopo gli altri crediti non garantiti, ma comunque prima dei depositi non garantiti di PMI e persone fisiche.
In pratica, l’applicazione della clausola della depositor preference estesa consente di aggredire prima le obbligazioni bancarie non garantite poi i depositi non garantiti delle grandi imprese e infine i depositi non garantiti di PMI e persone fisiche.
Tale clausola troverà tuttavia applicazione a partire dal 1° gennaio 2019 (art. 3 comma 9 del decreto 181/2015). Pertanto, fino al 31 dicembre 2018 i crediti non garanti e i depositi non garantiti delle grandi imprese avranno il medesimo livello gerarchico di priorità, come previsto dalla direttiva.