Continua a ritmi sostenuti l’espansione dell’economia USA. Nel quarto trimestre 2014, il PIL è aumentato del 2,6% annualizzato rispetto al terzo, sostanzialmente in linea con il +2,5% atteso da gran parte degli operatori che si aspettavano un marcato rallentamento nel ritmo di crescita dopo l’eccezionale +5% del trimestre precedente. Il risultato porta a +2,5% la variazione media annua del PIL nel 2014.
Accelerano fortemente i consumi (+4,3%, l’aumento più elevato dal primo trimestre 2006), sostenuti dalla riduzione dei prezzi della benzina (-35% da luglio a dicembre 2014) e dall’aumento dell’occupazione (+289mila nuovi posti di lavoro in media nel settore non agricolo negli ultimi tre mesi dell’anno). Rallentano visibilmente gli investimenti in macchinari (-1,9%, ma dopo aumenti di oltre l’11% nei due trimestri precedenti), tengono i residenziali (+4,1%).
L’apprezzamento del dollaro rende più convenienti le importazioni (+8,9%) e più costose le esportazioni (+2,8%), queste ultime penalizzate anche dalla debolezza delle economie emergenti e dell’Eurozona. Torna così negativo il contributo alla crescita del settore estero (-1,0%).
Restano rosee le prospettive di crescita ad inizio 2015: l’ulteriore calo del prezzo della benzina (di circa il 15% nell’ultimo mese) contribuisce a rafforzare la fiducia dei consumatori, balzata, secondo il Conference Board, di altri 9,8 punti a gennaio. Ciò indurrà le famiglie a minore parsimonia e a ridurre ulteriormente la percentuale di reddito risparmiata, già leggermente scesa a 4,6% nel quarto trimestre dal 4,7% del terzo.
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Le persone occupate in Italia sono cresciute di 93mila unità in dicembre (+0,4% su novembre), un risultato doppiamente positivo. Ci si attendeva infatti un calo, data l’opportunità per le imprese di rinviare le assunzioni al 2015 alla luce degli sgravi contributivi in vigore da gennaio. Questi ultimi, insieme ai cambiamenti normativi in atto, sosterranno quest’anno le assunzioni a tempo indeterminato.
L’aumento dell’occupazione in dicembre neutralizza i cali registrati nei due mesi precedenti, determinando nella media trimestrale una sostanziale tenuta rispetto all’estate (-0,1%). Il quadro di stabilizzazione dell’occupazione delineatosi da inizio 2014 risulta quindi confermato, in linea con un’economia italiana pronta a ripartire.
Il tasso di disoccupazione è sceso di 0,4 punti in dicembre, da 13,3% a 12,9%. Il calo mensile è quasi interamente dovuto alla crescita dell’occupazione. Nella media trimestrale, il 2014 si chiude con un tasso di disoccupazione di 0,8 punti più elevato rispetto a un anno prima (13,2% da 12,4%), un aumento principalmente dovuto a una forza lavoro in espansione (+1,0% da fine 2013), segno di diffusione di una percezione di maggiore probabilità e della necessità di trovare un lavoro.
Scende di poco il tasso di disoccupazione nella media dell’Eurozona (11,4% in dicembre da 11,5%), elevatissimo in Spagna (23,7%), seppur in lenta riduzione dal picco di febbraio 2013 (26,3%); alto e fermo in Francia (10,3%), ai minimi in Germania (4,8%).
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La Banca centrale russa ha tagliato a sorpresa il tasso ufficiale di 200 punti base, al 15%, provocando l’immediato deprezzamento del rublo scambiato in mattinata a 72 contro il dollaro (69 la chiusura di ieri) e a 82 contro l’euro (78 ieri). Nel 2014 la Banca centrale ha aumentato il tasso per ben sei volte nel 2014, dal 5,5% al 17%, per contenere la fuga di capitali, che è iniziata per le sanzioni occidentali in seguito alla crisi in Ucraina e ha subito una drammatica accelerazione in dicembre con il crollo del prezzo del petrolio.
Nel comunicato ufficiale l’autorità monetaria russa conferma che l’economia affronterà un prolungato periodo di difficoltà (il CSC stima un PIL a -5,0% nel 2015) per le conseguenze della caduta dei prezzi petroliferi e della crisi in Ucraina, che peraltro proprio in questi giorni sembra essersi di nuovo aggravata. All’inizio di questa settimana la Russia ha perso lo status di “investment grade”; Standard & Poor's è stata la prima tra le grandi agenzie di rating ad abbassare la valutazione del debito sovrano russo al livello “junk”, spazzatura, gradino al di sotto del quale gli investimenti in un paese vengono considerati speculativi. Nelle scorse settimane sia Fitch sia Moody's avevano portato il rating della Russia all'ultimo livello “investment grade”.
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Secondo gli ultimi dati diffusi dall'ISTAT, nel 2014 le retribuzioni contrattuali per dipendente nell'intera economia italiana sono cresciute dell'1,2% in termini nominali (dopo il +1,4% nel 2013) e dello 0,9% in termini reali (+0,2% l'anno prima).
Sulla dinamica complessiva delle retribuzioni contrattuali ha continuato a pesare il blocco delle procedure negoziali nel settore pubblico, circa un quarto del monte retributivo totale. Il congelamento delle retribuzioni pubbliche, inizialmente introdotto per il triennio 2010-2012, è stato via via prorogato, da ultimo dalla Legge di Stabilità 2015, al 31 dicembre di quest'anno.
L'attività contrattuale è stata, invece, intensa nell'industria, dove è attualmente coperto da contratti in vigore circa il 97,2% del monte retributivo. Nel 2014 nell'industria escluse le costruzioni le retribuzioni contrattuali sono cresciute del 2,4% in termini nominali (+2,0% nel 2013) e del 2,2% in termini reali (+0,8%).
Nei servizi privati, dove la copertura degli accordi vigenti è attualmente solo del 18,1%, la crescita delle retribuzioni contrattuali nominali si è fermata nel 2014 all'1,1%, dal 2,0% del 2013. Stabile la dinamica di quelle reali (+0,7% nel 2013 e +0,8% nel 2014), grazie alla frenata dell'inflazione.
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Il CSC rileva una variazione della produzione industriale di +0,3% in gennaio su dicembre, quando è stato stimato un aumento dello 0,1% su novembre.
Nel quarto trimestre del 2014 l’attività industriale registra un calo dello 0,3% congiunturale, dopo il -1,0% nel terzo trimestre. Il primo trimestre 2015 ha una variazione acquisita di +0,5%.
La produzione, al netto del diverso numero di giornate lavorative, è diminuita in gennaio dello 0,3% rispetto a gennaio del 2014; in dicembre si era avuto un calo dello 0,5% sullo stesso mese dell’anno scorso.
Gli ordini in volume hanno registrato in gennaio una crescita dello 0,4% sul mese precedente (-1,2% su gennaio 2014). In dicembre erano aumentati dello 0,3% su novembre (-0,6% sui dodici mesi).
Gli indicatori qualitativi relativi al manifatturiero (indagine ISTAT sulla fiducia) segnalano il proseguimento di una tendenza favorevole, seppure ancora debole: in gennaio il saldo dei giudizi sui livelli di produzione è avanzato (-20 da -22), dopo il temporaneo arretramento di dicembre; quello sugli ordini totali è rimasto invariato; stabili attese a tre mesi sugli ordini (che erano in risalita da ottobre), mentre quelle sulla produzione sono in marginale arretramento. Sempre in gennaio, il forte miglioramento della fiducia dei consumatori - in particolare grazie a valutazioni più favorevoli sui bilanci familiari, sull’opportunità all’acquisto di beni durevoli e sulle condizioni economiche future - suggerisce che nei prossimi mesi la domanda interna potrebbe dare un contributo significativo al recupero ulteriore dell’attività.
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La stima preliminare del PIL britannico per il 4° trimestre 2014 indica che l’economia del Regno Unito è cresciuta dello 0,5% congiunturale, rallentando rispetto al +0,7% nel 3°; la variazione su base annua è stata del +2,7% per gli ultimi tre mesi dell’anno e del +2,6% nell’intero 2014, segnando il risultato annuo migliore dal 2007. Alla fine del 4° trimestre 2014 il PIL si trova a un livello del 3,4% superiore rispetto al picco pre-crisi del 1° trimestre 2008.
La produzione è aumentata in due dei quattro i principali comparti dell’economia nel 4° trimestre sul 3°: +0,8% i servizi, che ha fornito come sempre il maggiore contribuito alla crescita (0,6 punti percentuali) e +1,3% l’agricoltura; al contrario l’output si è ridotto dell’1,8% nelle costruzioni e dello 0,1% nell’industria.
Il Regno Unito è stato il paese avanzato con la crescita più elevata nel 2014 e sta sperimentando una disoccupazione ai minimi dal 2009 (5,8% nei tre mesi fino a novembre) e un rallentamento dell’inflazione (+0,5% l’indice generale dei prezzi in dicembre, minimo da maggio 2000) che, essendo causato essenzialmente dalla frenata dei prezzi energetici (+1,3% l’indice core al netto del’energia e dei prodotti alimentari), non preoccupa le autorità britanniche. Il Cancelliere dello Scacchiere Osborne ha parlato di joyflation (gioiosa deflazione), qualcosa di ben diverso dalla minaccia incombente sull'Eurozona a cui la BCE sta cercando di porre rimedio. La dinamica dei prezzi e il marginale rallentamento del PIL hanno come conseguenza immediata l'ulteriore slittamento del primo rialzo del tasso ufficiale da parte della Banca d’Inghilterra, atteso a questo punto tra la fine del 2015 e il primo trimestre 2016.
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In novembre il commercio mondiale è diminuito dell’1,0% su ottobre (da +0,1%) a causa della forte riduzione degli scambi internazionali dei paesi emergenti (-2,0%) e della stazionarietà di quelli dei paesi avanzati.
L’accelerazione registrata nel terzo trimestre 2014 (+2,0% sul secondo, da +0,8%) si dimostra, come previsto, non sostenibile anche nel quarto: nel bimestre ottobre-novembre il commercio mondiale ha realizzato una crescita dello 0,7% rispetto al terzo. Nelle previsioni del CSC è incorporato un incremento dell’1,3%.
Nella media del 2014 il commercio mondiale sta tornando a crescere a ritmi prossimi a quelli del Pil mondiale e superiori al 3,0% (dal +2,6% nel 2013). Per il 2015 il CSC prevede un'accelerazione al 4,4%.
Le prospettive per i primi mesi del 2015 sono meno positive; la componente ordini esteri del PMI globale sebbene, nel quarto trimestre, resti sempre in territorio positivo (+50,7) è in calo rispetto al terzo trimestre (+52,0).
Questa frenata può essere riconducibile anche alla diversa tempistica con cui si dispiegheranno le ricadute del crollo del prezzo del petrolio, che saranno rapide e intense nei paesi esportatori di oil e più lente quelle degli importatori, nei quali l'oro nero ha un'incidenza sull'economia molto più ridotta.
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In dicembre l’export italiano extra-UE in valore è aumentato del 3,2% rispetto a novembre; tutti i raggruppamenti di beni sono risultati in crescita; particolarmente forte l’incremento delle vendite di prodotti intermedi (+5,1%). In riduzione, invece, le importazioni dall’extra-UE (-3,7%), contrazione fortemente influenzata dal crollo degli acquisti energetici (-10,3%; -1,1% l’import al netto dell’energia).
Acquisisce forza sulla dinamica dell’export l’aumento di competitività dovuto alla svalutazione dell’euro, iniziata in aprile e tuttora in corso: nel quarto trimestre la crescita delle vendite extra-UE ha accelerato (+1,8% sul terzo trimestre, da +0,8%).
I mercati di destinazione più dinamici sono stati i paesi del Sud-est asiatico e gli Stati Uniti. La robusta crescita della domanda interna statunitense e il forte deprezzamento dell’euro sul dollaro (-16,7% da maggio) continueranno a sostenere l’export italiano.
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Continua, e a ritmi più rapidi del previsto, per il diciannovesimo mese consecutivo, l’espansione dell’economia dell’Eurozona. A gennaio, l’indice PMI composito, di manifatturiero e servizi, è salito di 0,8 punti, a 52,2, il livello più elevato degli ultimi cinque mesi. L’attività accelera sia nel manifatturiero (51,0 da 50,6) sia nei servizi (52,3 da 51,6) e si riflette anche sull’occupazione, che registra l’espansione mensile più rilevante dallo scorso luglio.
Forti restano, tuttavia, le divergenze tra i vari paesi: accelera la Germania (52,6 da 52,0); si accentua la contrazione della Francia (49,5 da 49,7), dove, però, si attenua la caduta nel manifatturiero (49,3 da 45,6). Il fatto che la dinamica in entrambi i due principali paesi dell'Eurozona è peggiore della media implica che il resto, e probabilmente anche l'Italia, sia andato meglio.
Calano fortemente sia i prezzi di acquisto, per il crollo dei prezzi energetici, riducendo significativamente i costi per le imprese, sia i prezzi di vendita, per una domanda ancora debole che spinge a trasferire rapidamente sui listini la diminuzione dei costi.
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Nel quarto trimestre 2014 le banche hanno allentato i criteri per l’offerta di credito alle imprese italiane, secondo l’indagine Banca d’Italia. Le condizioni patrimoniali e di liquidità degli istituti sono giudicati ora fattori favorevoli, come le prospettive per specifici settori dell’economia; pesano ancora, invece, i rischi sulle garanzie, legati al deterioramento della qualità del credito. L’allentamento ha preso soprattutto la forma di una riduzione dei margini di interesse, ma anche di maggiore disponibilità sui volumi e meno rigidità sulle scadenze. Nel terzo trimestre, i criteri d’offerta erano rimasti invariati.
La domanda di credito delle imprese è rimasta ferma nel quarto trimestre. In particolare, non si sono più ridotte le richieste per finanziare investimenti fissi e sono salite, sebbene di poco, quelle per scorte e capitale circolante. La domanda complessiva si era ridotta marginalmente nel terzo trimestre ed era rimasta ferma nella prima metà del 2014.
Nel complesso, i dati qualitativi di Banca d’Italia segnalano che ci sono le condizioni per una inversione di rotta nel credito alle imprese. Che, però, non si è ancora materializzata: le erogazioni effettive a ottobre e novembre hanno continuato a diminuire. Stanno scendendo, invece, i tassi di interesse pagati dalle aziende.
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Il PIL cinese è cresciuto del 7,4% nel 2014, registrando il peggior risultato dal 1990 e mancando per la prima volta dal 1998 l’obiettivo governativo (7,5%). I dati trimestrali destagionalizzati indicano che, seppure il risultato per l’intero anno sia più vicino all’obiettivo di quanto atteso (anche dal CSC), il rallentamento in atto continua, nonostante il rapido calo dei prezzi del petrolio e gli sforzi di politica monetaria e di bilancio messi in atto negli ultimi mesi dell’anno dai policymaker. Nel quarto trimestre dell’anno l’economia è, infatti, cresciuta dell’1,5% sui tre mesi precedenti, dall’1,9% nel terzo trimestre.
Le autorità cinesi sembrano al momento preoccupate più dal porre in atto misure capaci di sanare le vulnerabilità del settore finanziario e del settore immobiliare e dal riequilibrare la crescita verso i consumi attraverso aumenti salariali che dalla crescita dell’economia, il cui obiettivo per il 2015 dovrebbe essere fissato intorno al 7%. Il Fondo Monetario Internazionale tiene conto di queste nuove priorità e ha abbassato le proprie previsioni per la crescita cinese a +6,8% per il 2015 (-0,3 punti percentuali rispetto alle previsioni di ottobre) e a +6,3% per il 2016 (-0,5 punti percentuali), pur considerando favorevolmente l'impostazione data dalle autorità cinesi.
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Sale a gennaio, per il terzo mese consecutivo, l’indice ZEW di fiducia delle imprese tedesche. L’aumento di 13,5 punti è ben superiore alle attese e porta l’indice a 48,4, il livello più elevato da febbraio 2014 (24,5 la media di lungo periodo). Aumenta, tra gli operatori finanziari tedeschi, di 13,4 punti, anche l’ottimismo sulla situazione economica dell’Eurozona.
Gli operatori non hanno dato peso né alle imminenti elezioni greche e né al repentino sganciamento del franco svizzero dall'euro. Cruciale è, invece, risultato il sostegno alla fiducia del crollo del prezzo del petrolio e del deprezzamento dell’euro per gli effetti positivi che entrambi esplicheranno sulla crescita dell’economia tedesca e dell’Eurozona. L’atteso QE da parte della BCE ha, inoltre, rafforzato la convinzione di una prolungata debolezza del cambio e le attese di crescita delle esportazioni e del manifatturiero.
Il miglioramento della fiducia convalida la previsione di accelerazione dell'economia tedesca nei prossimi mesi.
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In novembre l’export italiano è diminuito dell’1,0% su ottobre a prezzi costanti (da +0,5%). Giù le vendite sia nei paesi UE (-0,4%) sia in quelli extra-UE (-1,6%). Il calo è dovuto soprattutto alla caduta dell’export di prodotti energetici; al netto di questi, infatti, si registra un -0,2%.
Nel bimestre ottobre-novembre le esportazioni sono aumentate dell’1,5% rispetto al terzo trimestre, grazie a maggiori vendite sia all’interno sia fuori dell’UE.
In aumento le importazioni (+0,8% in novembre; +1,7% nel bimestre ottobre-novembre), segnale di una migliore dinamica della domanda interna.
Incerte le prospettive per l’inizio del 2015 in base agli indicatori qualitativi del commercio estero nel manifatturiero: nel quarto trimestre sono migliorate le attese sulla domanda estera (indagine Banca d’Italia-Il Sole 24 Ore); si sono ridotti, invece, ai livelli minimi da un anno e mezzo (in media trimestrale) sia la componente ordini esteri del PMI (comunque in territorio espansivo) sia il saldo dei giudizi sugli ordini esteri.
Il CSC
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La produzione nelle costruzioni è calata del 4,5% in novembre su ottobre, quando si era avuto un rimbalzo del 3,2% congiunturale.
Le avverse condizioni meteorologiche (nel mese si sono registrati valori eccezionali di precipitazioni, soprattutto nel Centro-Nord Italia) hanno contribuito a determinare la brusca riduzione mensile.
Nel quarto trimestre la variazione congiunturale acquisita è di -2,0% sul terzo, quando era arretrata dell’1,6% sul secondo. Si tratta del quinto calo trimestrale consecutivo (-10,9% cumulato).
L’indagine sulla fiducia rilevata dall’ISTAT presso le imprese di costruzioni segnala un peggioramento in dicembre, dopo quello di novembre, e non lascia intravedere un'inversione di tendenza per il trimestre in corso: l’indice generale è calato di 1,4 punti rispetto a novembre (quando era sceso di 3,4 su ottobre) e si è attestato sui livelli più bassi da giugno 2013; sono peggiorati giudizi e attese su ordini e piani di costruzione.
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Il CSC stima un incremento della produzione industriale dello 0,1% in dicembre su novembre quando c’è stato un aumento dello 0,3% su ottobre, comunicato oggi dall’ISTAT.
Nel quarto trimestre 2014 si ha una variazione congiunturale di -0,3% (-0,5% ereditato dal precedente), dopo il -1,0% nel terzo. Se confermata, questa dinamica è coerente con una variazione nulla del PIL nei mesi autunnali (-0,1% congiunturale nel terzo trimestre sul secondo).
Il primo trimestre 2015 parte con un abbrivio positivo (+0,2% la variazione ereditata da fine 2014) e ciò rende molto probabile un’inversione di tendenza, dopo quattro cali trimestrali consecutivi, grazie al dispiegarsi degli effetti espansivi derivanti da un dollaro più forte e da un prezzo del petrolio basso.
Le prospettive per i prossimi mesi, basate sugli indicatori qualitativi per il manifatturiero, sono contrastanti. L’indagine PMI Markit segnala che in dicembre sono diminuiti, per il terzo mese consecutivo, gli ordini ricevuti dalle imprese, soprattutto per il calo della domanda interna (l’incremento degli ordini esteri è risultato significativo). Secondo l’indagine ISTAT, invece, in dicembre sono migliorate le valutazioni sugli ordini totali, grazie a un maggiore slancio della componente interna della domanda; inoltre, sono più positive le attese di produzione e di ordini.
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I prestiti alle imprese italiane si sono ridotti dello 0,4% a novembre, dopo un analogo calo in ottobre (dati destagionalizzati dal CSC). Il ritmo di caduta del credito, dunque, è tornato in linea con quello del biennio 2012-2013 (-0,4% in media al mese), dopo che nei primi tre trimestri del 2014 si era abbassato al -0,2% al mese.
Una parte di tale riduzione è spiegata dal rimborso di prestiti bancari effettuato dalle aziende grazie agli incassi provenienti dal pagamento di debiti commerciali scaduti da parte della PA. Al netto di tale fattore, infatti, il credito ha registrato una variazione del -0,1% medio al mese nei primi tre trimestri e del -0,3% in ottobre.
Prosegue la riduzione dei tassi di interesse pagati dalle imprese italiane: 2,6% in media a novembre, da 2,7% in ottobre (nel settembre 2013 erano al 3,6%). Siamo tornati ai valori dell’ottobre 2010, precedenti quindi alla crisi del 2011. Il minor costo del denaro favorirà la risalita della domanda di credito, che nel terzo trimestre era tornata a calare.
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Continua poderosa la creazione di nuovi posti di lavoro negli USA. A dicembre, l’occupazione nel settore non agricolo è aumentata di altre 252mila unità, dopo il balzo di 353mila registrato a novembre. Nel corso del 2014, il numero di posti di lavoro creati, in media, negli USA è stato di ben 246mila al mese, il più elevato dal 1999. Anche per il contemporaneo calo della forza lavoro (-0,2%), il tasso di disoccupazione è così sceso al 5,6%, il limite superiore della forchetta obiettivo fissato dalla FED (5,2-5,6%).
Il risultato di dicembre, leggermente migliore delle attese degli operatori, si aggiunge a quelli altrettanto positivi sulla crescita del PIL nel terzo trimestre 2014 (+5% annualizzato) e sull’andamento della produzione industriale (+1,3% mensile, +5,2% annuo) e vendite al dettaglio in novembre (+0,7% e +4,9% rispettivamente), a conferma della solidità della ripresa USA.
Il leggero calo nei guadagni medi orari (-5 centesimi ma dopo i 6 centesimi di aumento ottenuti a novembre), non dovrebbe sminuire l’impatto positivo che la nuova occupazione avrà sulla fiducia e sui consumi, peraltro fortemente sostenuti dalla bassa dinamica dei prezzi, di quello della benzina in particolare.
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Nel terzo trimestre 2014 è continuata la discesa dei prezzi delle abitazioni, seppure a ritmi più lenti: -0,5% rispetto al trimestre precedente, da -0,7% nel secondo e -1,0% nel primo. In aumento per la prima volta da due anni le quotazioni delle abitazioni nuove (+0,7%), ancora in calo i prezzi di quelle esistenti (-0,7%).
Tornano a segnare variazioni positive le compravendite di unità immobiliari residenziali (+4,1% rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente) dopo quasi tre anni (a eccezione di un incremento a inizio 2014 dovuto soprattutto alla riduzione dell’imposta di registro).
Restano negative, però, le attese sulla dinamica dei prezzi (indagine Banca d’Italia, Agenzia delle Entrate e Tecnoborsa). Le quotazioni immobiliari, peraltro, risultano ancora del 3,1% sopra la media di lungo periodo (in rapporto al reddito disponibile pro-capite, che misura la capacità di spesa delle famiglie).
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In dicembre, l'indice del clima di fiducia nell’Eurozona è restato invariato, per il secondo mese consecutivo, a 100,7: il maggiore ottimismo dei consumatori e delle imprese nei settori dei servizi, delle vendite al dettaglio e delle costruzioni viene, infatti, del tutto compensato dal peggioramento della fiducia tra le imprese industriali. L’indice di fiducia elaborato dalla Commissione europea è salito in Spagna (+1,4 punti) e Italia (+1,3), mentre è rimasto invariato in Germania ed è tornato a scendere in Francia (di 1,6 punti, dopo il miglioramento di novembre).
Il calo dei prezzi energetici si riflette sull’inflazione al consumo, fa salire la fiducia e incentiva gli acquisti. In novembre, sono aumentate oltre le attese le vendite al dettaglio (+0,6% rispetto a ottobre). Ma un’inflazione negativa troppo a lungo può alimentare anche aspettative di ulteriori riduzioni dei prezzi. Ciò, in un periodo di forte fragilità della domanda e incertezza sulle prospettive di crescita, induce al rinvio della spesa sia per consumi sia per investimenti.
Ecco perché desta allarme il fatto che la variazione annua dei prezzi al consumo, che si era mantenuta sotto l’1% dall’ottobre 2013, sia diventata negativa (-0,2%) in dicembre per la prima volta dall’ottobre 2009. Tanto più che non è destinata a tornare positiva in breve tempo. Infatti, i prezzi alla produzione, che contribuiscono significativamente alla formazione dei prezzi al consumo nei mesi successivi, sono calati in novembre dello 0,3% rispetto a ottobre e dell'1,6% annuo, la diminuzione più forte in otto mesi.
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Gli ultimi dati ISTAT sull’occupazione in Italia registrano in novembre un calo di 48mila unità (-0,2% su ottobre), che sommato alle 65mila unità perse nel mese precedente porta a una variazione nel bimestre autunnale di -0,2% rispetto al terzo trimestre. Questi dati sembrano mettere in forse il quadro di stabilizzazione dell’occupazione delineatosi da fine 2013; tuttavia, la diminuzione dello stock di persone occupate potrebbe riflettere il fatto che le imprese abbiano rinviato assunzioni al 2015 in vista dei cambiamenti normativi in atto e per poter beneficiare degli sconti contributivi. Se questa fosse la spiegazione dell'inatteso calo occupazionale, allora è prevedibile che anche in dicembre venga rilevata una flessione.
Il tasso di disoccupazione ha toccato in novembre un nuovo massimo storico: 13,4% dal 13,3% di ottobre, dato rivisto al rialzo di 0,1 punti. L’aumento è di 1 punto rispetto al 12,4% dell’ultimo quarto 2013: esso è principalmente dovuto a una forza lavoro in espansione (+1,0% da fine 2013, benché stabile in novembre), segno di diffusione di una percezione di maggiore probabilità e della necessità di trovare un lavoro.
Tasso di disoccupazione fermo su alti livelli nella media dell’Eurozona (in ottobre sull’11,5% per il quarto mese consecutivo); elevatissimo in Spagna (23,9%), seppur in lenta riduzione dal picco di febbraio 2013 (26,3%); alto e fermo in Francia (10,3%), ai minimi in Germania (5,0%).

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La variazione annua dei prezzi al consumo in Italia è stata nulla a dicembre, dal +0,2% annuo registrato a novembre. Nell’area euro, la dinamica dei prezzi è caduta in territorio negativo (-0,2% annuo, da +0,3%). Dati che tengono alto il rischio deflazione e che sono apertamente in contrasto con l’obiettivo della BCE (poco sotto il +2,0%).
I prezzi dei beni energetici sono in forte riduzione: in Italia -5,3% annuo a dicembre (da -2,9% a novembre), sulla scia del crollo dei prezzi del petrolio negli ultimi mesi. Anche i prezzi alimentari sono in flessione (-0,1% annuo, da +0,5%).
La componente core dei prezzi (al netto di energia e alimentari), invece, accelera: in Italia +0,7% annuo a dicembre, da +0,5% a novembre. Al suo interno, la dinamica dei prezzi dei servizi sale a +1,0% (da +0,9%). Molto più bassa la variazione annua dei prezzi dei beni industriali, che comunque è ritornata a dicembre in territorio positivo (+0,1%, da -0,1%).
La variazione annua dei prezzi sia in Italia sia in Eurolandia è destinata a scendere ancora nei prossimi mesi, riflettendo le ulteriori riduzioni delle quotazioni di petrolio e derivati, la diminuzione dei prezzi di altri prodotti energetici (gas, elettricità) e il trasferimento dei minori costi dell'energia sui prezzi degli altri beni.
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