La Banca centrale russa ha alzato il tasso di riferimento di 150 punti base, al 9,5%. L'entità del rialzo ha sopreso i mercati che attendevano un rialzo più contenuto, al massimo di 50 punti base.
Quello di oggi è il quarto rialzo nel 2014 del tasso ufficiale, che da febbraio è salito di 400 punti base per contenere le spinte inflazionistiche legate alle conseguenze sui prezzi delle restrizioni imposte sul commercio estero e della forte perdita di valore del rublo: l'inflazione è attesa rimanere al di sopra dell'8% fino alla fine del 2014 e nel primo trimestre del 2015, ben al di sopra dell'obiettivo di medio termine del 4%.
La Banca centrale stima una crescita del PIL dello 0,2% congiunturale per il 3° trimestre e un'economia piatta negli ultimi tre mesi dell'anno (dopo il +0,2% nel 2° triemstre e il +0,1% nel primo).
|
Dopo la stabilizzazione osservata dall’ultimo quarto 2013, l’occupazione in Italia mostra in settembre i primi segnali di ripresa. Secondo le stime preliminari ISTAT, il numero di persone occupate è cresciuto dello 0,4% (+82mila unità rispetto ad agosto). L’aumento mensile (il più ampio da marzo 2011) porta la variazione nel terzo trimestre 2014 a +0,2% sul secondo, quando l’occupazione era rimasta piatta sui livelli di fine 2013.
A fronte di una forza lavoro in forte espansione (+0,5% in settembre su agosto), segno di diffusione di una percezione di miglioramento, il tasso di disoccupazione si è attestato sul 12,6% (stesso livello di novembre 2013, +0,1 punti sul mese precedente) e il numero di persone in cerca di occupazione ha toccato il massimo storico di 3 milioni e 236mila unità.
L’impatto della crisi continua a essere più marcato per i giovani: in settembre il tasso di disoccupazione tra i 15-24enni rimane al 42,9% e il tasso di occupazione al 15,6%.
Tasso di disoccupazione fermo su alti livelli anche nella media dell’Eurozona (in settembre sull’11,5% per il quarto mese consecutivo); elevatissimo in Spagna (24,0%), seppur in lenta riduzione dal picco di febbraio 2013 (26,3%); alto e fermo in Francia (10,5%), ai minimi in Germania (5,0%). Tra i 15-24enni il tasso di disoccupazione medio nell’Eurozona è al 23,3% (dal 24,0% di un anno prima), con ancora più ampia variabilità tra paesi membri: 53,7% in Spagna, 24,4% in Francia e 7,6% in Germania.

|
La dinamica dei prezzi al consumo in Italia è risalita in territorio positivo in ottobre: +0,1% annuo secondo i dati preliminari ISTAT, da -0,2% a settembre. Si interrompe quindi la fase di prezzi in riduzione, durata due mesi. In Eurolandia la dinamica dei prezzi sale in ottobre a +0,4% (da +0,3% a settembre).
In Italia si è attenuato il calo dei prezzi al consumo energetici (-2,5% annuo in ottobre, da -4,5%) e quelli alimentari sono risaliti al +0,2% (erano fermi in termini annui a settembre). Il forte calo del petrolio a ottobre si rifletterà sui prezzi al consumo nei prossimi mesi.
La variazione dei prezzi al consumo dei beni industriali in Italia si avvicina sempre più allo zero (+0,1% annuo, da +0,2% a settembre), riflettendo la debolezza dell’economia. Quella dei prezzi dei servizi, viceversa, tiene di più (+0,7%, da +0,6%). Nel complesso, l’inflazione core guadagna un decimo (+0,5%, da +0,4%), restando molto bassa.
|
Il giorno dopo l’annuncio della fine del quantitative easing americano la Banca centrale del Giappone ha sorpreso i mercati con l'inattesa estensione del suo programma di allentamento qualitatitivo e quantitativo monetario. L'ulteriore stimolo è stato messo in atto perché considerato necessario per raggiungere l'obiettivo di un'inflazione stabile al 2% e prevenire la caduta delle aspettative di rialzo dei prezzi: in settembre l'indice core dei prezzi ha infatti ancora rallentato al 3,0% e a "solo" l'1,0% escludendo gli effetti dell'aumento dell'IVA nell'aprile scorso.
Le nuove mosse, prese con una maggioranza di appena 5 voti contro 4 all'interno del Board della Bank of Japan, prevedono: l'aumento della variazione annua della base monetaria a 80mila miliardi di yen (equivalenti a circa 600 miliardi di euro) rispetto ai 60-70mila miliardi del programma iniziale; l'incremento dei titoli in entrata nel portafoglio della Banca centrale a 80mila miliardi di yen all’anno (da 50mila); l'estensione della durata media dei titoli in portafoglio da 7 a 10 anni.
Il governatore Kuroda ha ribadito che l’economia nipponica continuerà nel suo percorso di moderata ripresa, dopo la contrazione nel 2° trimestre dovuta all’aumento della tassa sui consumi, e crescerà nei prossimi anni sopra il proprio potenziale (stimato allo 0,5%): a settembre la produzione industriale e i consumi delle famiglie sono tornati a crescere (+2,7% e +1,5% rispettivamente su agosto) dopo le contrazioni dei mesi estivi.
La borsa di Tokio ha reagito alla notizia con un +4,83% salendo ai massimi da 7 anni, favorita anche dall’indiscrezione che nell’ambito delle riforme contenute nella terza freccia dell’Abenomics il Fondo pensioni pubblico amplierà la propria esposizione al mercato azionario al 25% del portafoglio dall'attuale 12%. Lo yen si è indebolito sul dollaro ai minimi da gennaio 2008.
|
Regole numerose e per di più complesse, tempi di risposta lunghi e costi insostenibili caratterizzano il contesto amministrativo in cui operano le imprese italiane e riducono la capacità di crescere del sistema paese.
Nella graduatoria del Doing Business 2015, stilata dalla Banca Mondiale in base ai dati disponibili a giugno scorso, l’Italia è al 56° posto su 189 paesi. Rispetto all’anno scorso perdiamo 4 posizioni (eravamo al 52° se si considera la medesima metodologia usata nell’indagine di quest’anno). Sempre molto indietro rispetto ai principali concorrenti: Stati Uniti (stabile al 7° posto), Regno Unito (8° posto, dal 9° dello scorso anno), Germania (14°, dal 13°), Francia (31°, dal 33°) e Spagna (33°, dal 32°).
Il pesante carico fiscale sulle imprese e il peso delle procedure burocratiche sono le urgenze maggiori che l’Italia deve risolvere. In un anno un’impresa impiega 269 ore di lavoro amministrativo per effettuare 15 pagamenti, che pesano per il 65,4% sul suo profitto (si considerano le imposte pagate da un’impresa tipo sui redditi d’impresa, i contributi sociali e previdenziali e le altre imposte). E su questo tema l’Italia vede nuovamente peggiorare il suo ranking, scendendo al 141° posto dal 137° dello scorso anno. Si aggravano anche le graduatorie relative all’accesso alla rete elettrica, ai rapporti import/export, all’accesso al credito e alle procedure di esigibilità degli obblighi contrattuali. L’unico miglioramento è riscontrabile nella classifica relativa all’avvio di un’impresa (si passa al 46° posto dal 61° dello scorso anno), grazie alla riduzione dei tempi e delle procedure necessarie.
Per maggiori approfondimenti si veda il rapporto DB15 in Documentazione congiunturale.
|
Aumenta in ottobre l’indice di fiducia economica della Commissione Europea (da 99,9 a 100,7), riposizionandosi appena sopra il valore medio di lungo periodo. Il risultato è la sintesi di un miglioramento in tutti i settori di attività economica, molto forte nelle costruzioni (+3,1), consistente nei servizi (+1,2), solo marginale nell’industria (+0,4) dove, tuttavia, si registrano valutazioni più positive sia sulle aspettative di produzione, sia sugli ordini. Resta sostanzialmente stabile (+0,3) la fiducia dei consumatori, i cui giudizi sono invariati sulla situazione corrente ma mostrano un po’ più di ottimismo sul futuro.
Tra i maggiori paesi, il sentimento economico peggiora, seppur di poco, solo in Spagna (-0,7). Aumenta in Germania (+0,6), grazie alla maggiore fiducia nelle costruzioni e tra i consumatori, mentre cala per il terzo mese consecutivo quella nell’industria. Per il secondo mese consecutivo sale (di 1,1 punti, a 96,4), la fiducia in Francia, grazie ad un marcato progresso nell’industria; resta, però, a livelli piuttosto depressi e ancora ben lontani dalla media di lungo periodo. In Italia l'indice di fiducia sale a 97,4 da 96,9 con incrementi in tutti i settori e nonostante il leggero arretramento tra i consumatori.
Complessivamente, l’indice rimane di 0,2 punti al di sotto della media del terzo trimestre, su un livello coerente con una crescita nulla del PIL dell’Eurozona nell'ultimo trimestre del 2014.
Il CSC
|
Secondo i dati ISTAT pubblicati oggi, in Italia la percentuale di individui a rischio di povertà o esclusione sociale è scesa nel 2013 rispetto al 2012 (28,4% da 29,9%), ma rimane la quota più alta tra i principali paesi dell’Eurozona a eccezione della Grecia (35,7%).
Nonostante il miglioramento dell’indice, l’Italia è ancora molto lontana dagli obiettivi di Europa 2020: nel 2013 le persone a rischio di povertà o esclusione sociale superavano i 17 milioni, il 25% in più rispetto al target europeo.
Gli individui a rischio di povertà o esclusione sociale sono persone che presentano almeno una delle seguenti tre condizioni:
-
rischio di povertà dopo i trasferimenti sociali: hanno un reddito equivalente inferiore o pari al 60% del reddito equivalente mediano delle persone residenti;
-
forte deprivazione materiale: vivono in una famiglia con almeno 4 dei 9 problemi seguenti: non poter sostenere spese impreviste di 800 euro, non potersi permettere una settimana di ferie all’anno lontano da casa; avere arretrati per mutuo, affitto, bollette o per altri debiti come acquisti a rate; non potersi permettere un pasto adeguato ogni due giorni, cioè con proteine della carne o del pesce (o equivalente vegetariano); non poter riscaldare adeguatamente l’abitazione; non potersi permettere una lavatrice o un televisore a colori o un telefono o un’automobile;
-
bassa intensità lavorativa: vivono in una famiglia dove in media gli adulti lavorano meno del 20% del potenziale in un anno.
Nel 2013 la contrazione dell’indice è ascrivibile al calo della quota di persone in famiglie gravemente deprivate (12,4% dal 14,5%); stabile la percentuale di famiglie a rischio di povertà (19,1%) e in lieve aumento quella di chi vive in famiglie a bassa intensità lavorativa (11,0% dal 10,3%).
Modified on by Giovanna Labartino 1379FDD9-4123-BA76-C125-7A2F004E9921 [email protected]
|
L’economia globale prosegue lungo le tendenze emerse in estate. Il traino che viene dalla locomotiva americana e dalla Cina, e in generale dall’Asia, rimane potente. Negli USA gli investimenti hanno iniziato a ingranare, gettando le basi per il consolidamento della crescita. La Cina è pilotata verso un atterraggio morbido (sopra il 7%). Nonostante la cattiva performance di Brasile e Russia e le difficoltà di altri mercati, il commercio internazionale è tornato ad accelerare.
L’Eurozona, all’opposto, sta scivolando verso una stagnazione, se non proprio una recessione; la Germania questa volta non fa eccezione e la Francia perde ulteriore terreno. La consapevolezza delle gravi difficoltà nell’Area inizia a essere diffusa, ma mancano il senso dell’urgenza e il consenso sulle misure da intraprendere, proprio quando l’azione della BCE da sola non appare sufficiente ad avviare la ripresa. In questo scenario è arrivata la sorpresa del brusco calo del prezzo del petrolio e di altre importanti commodity; il calo riflette sia la debolezza della domanda sia il forte aumento dell’offerta e favorirà i paesi importatori.
In Italia l’andamento degli indicatori comincia a essere meno uniformemente negativo: anche se gli indici di fiducia sono bassi e l’anticipatore OCSE prefigura un peggioramento della dinamica economica fino a primavera, tuttavia emerge qualche segno di stabilizzazione, in particolare nella produzione industriale. Si sta componendo un mosaico di fattori propizi alla ripartenza nel 2015: la caduta del costo del greggio e la svalutazione dell’euro determinano un aumento del PIL di quasi un punto percentuale; la morsa del credit crunch tenderà ad allentarsi (grazie agli interventi BCE già decisi e al superamento dell’esame dei bilanci bancari). La Legge di stabilità, nella versione concordata con la Commissione, sottrae qualche risorsa rispetto al 2014, ma ha una composizione favorevole alla crescita.
Per maggiori dettagli si veda la Congiuntura Flash di ottobre nella Libreria del CSC.
|
Il CSC rileva un incremento della produzione industriale dello 0,2% in ottobre su settembre, quando è stata stimata una variazione di -0,2% su agosto.
La produzione, calcolata al netto del diverso numero di giornate lavorative, in ottobre è diminuita dello 0,9% su ottobre 2013; in settembre si era avuto un calo dell’1,1% sullo stesso mese dell’anno precedente.
Nel terzo trimestre il CSC stima una diminuzione dell’attività dello 0,6% sul precedente (-0,4% nel secondo sul primo). In ottobre la variazione acquisita è di +0,2%.
Gli ordini in volume hanno registrato in ottobre un incremento dello 0,3% su settembre e dello 0,6% su ottobre 2013. In settembre erano aumentati dello 0,1% su agosto e dell’1,6% sui dodici mesi.
Per il quarto trimestre gli indicatori qualitativi mostrano una sostanziale stabilità: nell’indagine ISTAT sulla fiducia presso le imprese manifatturiere il saldo dei giudizi sui livelli di produzione è risalito (-21 da -22 di settembre), attestandosi sui livelli medi del terzo trimestre; anche quello sugli ordini totali è meno negativo rispetto al mese scorso (-25 da -26) grazie alla componente interna (che migliora per la prima volta da giugno), a fronte di una stabilizzazione di quella estera sui bassi livelli di settembre (e dei mesi estivi); le attese di produzione sono invariate (saldo a 2), mentre quelle sugli ordini indicano un marginale recupero.
Il CSC
|
L’analisi AQR (asset quality review) realizzata da BCE-EBA sui bilanci delle banche europee mostra che nessuno dei 15 maggiori istituti italiani ha oggi carenza di capitale rispetto agli elevati requisiti minimi considerati (8% per la parte di migliore qualità), una volta verificata la qualità degli attivi e l’adeguatezza della loro valutazione, le garanzie e gli accantonamenti. Tale risultato è stato ottenuto grazie alle misure di rafforzamento patrimoniale realizzate da vari di questi istituti nel 2014 (per 11,1 miliardi totali), che hanno colmato le carenze di capitale riscontrate al dicembre 2013 in 8 banche (per 3,2 miliardi).
Lo stress test BCE-EBA evidenzia una potenziale carenza di capitale per quattro istituti italiani (3,3 miliardi totali), anche dopo i rafforzamenti già realizzati. Conteggiando ulteriori misure avviate da alcuni istituti (per 4,1 miliardi, dati Banca Italia), quelli con residue carenze scendono a due (2,9 miliardi). Questi dati si riferiscono a uno scenario molto sfavorevole (e poco probabile): prolungata recessione dell’economia italiana nel triennio 2014-2016 (-1,1% il PIL in media all’anno) e riacutizzarsi della crisi del debito sovrano (+2 punti sui titoli di Stato italiani). Gli istituti con carenze di capitale nello stress test presenteranno alla BCE piani di rafforzamento entro due settimane, da attuare entro nove mesi, in prima battuta con ricorso a fonti private.
Per gran parte del sistema bancario italiano i risultati BCE-EBA mostrano una situazione favorevole. Anche sotto stress, 13 istituti su 15 avrebbero una eccedenza di capitale (25,1 miliardi totali). La trasparenza sui bilanci bancari ottenuta con queste analisi e la severità dello scenario avverso considerato possono far sì che i risultati, se ben interpretati, accrescano la fiducia nel sistema bancario italiano, favorendo un progressivo allentamento della stretta sul credito (come ipotizzato nelle previsioni CSC). L’effetto positivo su fiducia e credito potrebbe essere limitato da alcuni fattori: perdurante debolezza dello scenario economico complessivo; eventualità di una risposta “irrazionale” dei mercati, originata da una lettura parziale dei risultati; tempi lunghi per la realizzazione dei necessari piani di rafforzamento.
Quel che emerge con chiarezza è che ora non è la scarsità di capitale delle banche a frenare i prestiti alle imprese.
|
In Brasile Dilma Rousseff (Partito dei lavoratori) con il 51,6% dei voti è stata confermata presidente nel ballottaggio con Aecio Neves (SocGen) nelle elezioni più equilibrate degli ultimi venti anni. Il paese si è spaccato in due: il nord ancora povero ha votato per Rouseff, il sud ricco, industrializzato e alla ricerca di un passo avanti nei diritti di cittadinanza dopo l’uscita dalla povertà per Neves.
I due candidati portavano infatti due proposte diverse di modello economico: quello interventista-protezionista della Rousseff, basato sull’aumento del reddito individuale, sussidi e crediti al consumo, calo della povertà e riduzione della disuguaglianza, ha prevalso sul liberismo economico di Neves, basato su una minore presenza dello Stato e un maggiore coinvolgimento dei privati nei processi di investimento.
Il secondo mandato della Rousseff (che corrisponde al quarto consecutivo per il suo partito, dopo i due mandati di Lula) vedrà quindi una politica economica in linea con il passato: attenzione all’interno ai programmi socio-economici e protezionismo verso l’estero; lo Stato rimarrà protagonista come regolatore, nelle politiche economiche, nella politica industriale e come finanziatore negli investimenti. A ciò la Rousseff ha aggiunto nel suo programma l'importante novità per una "competitività produttiva per aumentare la produttività del paese".
Modified on by Alessandro Gambini F5B4F76E-066B-8FF0-C125-77CA0051B08D
|
In Ucraina una robusta maggioranza filo-europeista e riformatrice sembra emergere dai risultati non definitivi delle elezioni per il rinnovo della Rada, il parlamento ucraino: sia il Fronte nazionale del premier Yatseniuk sia il Blocco, che fa capo al presidente Poroshenko, hanno ottenuto tra il 21% e il 22% dei voti, mentre i nazionalisti moderati di Samopomich si piazzano al terzo posto con più del 10%.
Entrano in parlamento anche i filo-russi del Blocco Opposizione che raccolgono voti (tra l’8% e il 10% in totale) soprattutto nelle regioni separatiste di Lugansk e Donetsk, dove l’affluenza alle 16 di ieri era molto più bassa che a livello nazionale (23%, 27% e 40% rispettivamente). Si stima che tre milioni di persone nelle due regioni separatiste non abbiano potuto votare a causa dell’occupazione armata dei separatisti.
Una possibile soluzione negoziata nell’Est del paese dipende da quanto forte uscirà dalle urne l’attuale premier Yatseniuk, fortemente contrario al dialogo con la Russia che ha già riconosciuto la validità delle elezioni. L'ampia maggioranza filo-occidentale in parlamento sembra comunque assicurare il sostegno alle riforme politiche ed economiche che dovrebbero permettere all’Ucraina di bussare alle porte dell’Unione europea nel 2020.
|
La fiducia dei consumatori italiani è scesa di 0,8 punti in ottobre, lungo la tendenza calante iniziata lo scorso maggio, quando aveva raggiunto il valore massimo degli ultimi tre anni. La riduzione dell'indice generale è dovuta soprattutto al rapido ridimensionamento della componente economica (che riguarda principalmente le valutazioni sull’Italia), il cui saldo è diminuito di 16 punti in cinque mesi; la componente personale (relativa alla situazione economica della famiglia), che incide più direttamente sulle decisioni di spesa, ha mostrato invece una sostanziale stabilità sin dalla scorsa primavera, al di là delle modeste oscillazioni mensili.
In ottobre le variabili più strettamente connesse con le scelte di consumo hanno evidenziato dinamiche divergenti: sono migliorati in misura marginale i giudizi sulla situazione economica della famiglia (sostanzialmente stabili rispetto al terzo trimestre), mentre sono peggiorati, per il secondo mese consecutivo, quelli sul bilancio finanziario famigliare (in ottobre il saldo è inferiore di 4 punti rispetto alla media dei mesi estivi). Il saldo dei giudizi relativo all’opportunità di acquisto di beni durevoli, dopo un forte rimbalzo in settembre, è tornato sui livelli di luglio (e del 3° trimestre).
Le attese non offrono indicazioni chiare: le famiglie italiane mostrano infatti una maggiore preoccupazione per le prospettive della propria situazione economica (saldo in peggioramento da cinque mesi), mentre migliorano le aspettative sulla disoccupazione.
La tendenza di questi indicatori è coerente con una dinamica ancora fiacca della spesa delle famiglie nel terzo e nel quarto trimestre. Nei primi due era aumentata, rispettivamente, dello 0,1% e dello 0,2% congiunturale.
|
La stima preliminare del PIL britannico per il 3° trimestre indica che l’economia del Regno Unito è cresciuta dello 0,7% congiunturale (dal +0,9% nel 2°); la variazione su base annua è stata del +3,0% (da +3,2% nel 2°). Alla fine del 3° trimestre 2014 il PIL si trova a un livello del 3,4% superiore rispetto al picco pre-crisi del 1° trimestre 2008.
La produzione è aumentata in tutti e quattro i principali comparti dell’economia nel 3° trimestre sul 2°: +0,7% i servizi, che ha fornito il maggiore contribuito alla crescita (0,58 punti percentuali), +0,5% l’industria, +0,8% le costruzioni e +0,3% l'agricoltura.
Il Regno Unito si conferma il paese avanzato con la crescita più vivace, ma secondo il Cancelliere dello Scacchiere Osborne non è immune dalla debolezza dell’area euro e dall’incertezza derivante dalle condizioni economiche globali. Considerate anche le ridotte spinte inflazionistiche (+1,2% l’indice dei prezzi in settembre) il primo rialzo del tasso ufficiale da parte della Banca d’Inghilterra, atteso nel primo trimestre 2015, potrebbe essere ulteriormente posticipato a dopo le elezioni generali del prossimo maggio.

Modified on by Alessandro Gambini F5B4F76E-066B-8FF0-C125-77CA0051B08D
|
L'indicatore PMI, costruito sulla base delle risposte dei responsabili nelle imprese per gli acquisti sia nel manifatturiero sia nei servizi, segnala in ottobre una maggior crescita nell’Eurozona: l’indice è salito a 52,2 da 52,0 di settembre (>50 indica espansione), quando aveva raggiunto il livello più basso da dicembre 2013. Il valore di ottobre è migliore delle attese (che erano di 51,5) ma risulta inferiore alla media registrata nel terzo trimestre (52,8). Il modesto afflusso di nuovi ordini preannuncia per l’autunno una dinamica nel complesso ancora debole.
Nel manifatturiero il PMI mostra un modesto incremento (50,7 da 50,3), ma con nuovi ordini in calo per il secondo mese consecutivo; nel terziario riflette una bassa crescita, a un ritmo analogo a quello evidenziato in settembre (52,4), ma inferiore rispetto alla media che si è avuta nei mesi estivi (53,2).
La dinamica tra i principali paesi dell’Eurozona è divergente. In particolare, in Germania il PMI composito indica un ritmo di crescita quasi costante rispetto a settembre (54,3 da 54,1), ma con un minor incremento degli ordini; si registra un aumento di attività nel manifatturiero (il cui PMI è tornato in territorio espansivo: 51,8, da 49,9) e una più bassa dinamica nei servizi (54,8 da 55,7 di settembre). In Francia, all'opposto, si è accentuata la caduta dell'attività (indice a 48,0 da 48,4, sotto 50 da sei mesi), con produzione e ordini in maggiore calo (questi ultimi al ritmo più negativo dal giugno 2013) sia nel manifatturiero sia nel terziario.
I livelli del PMI composito nel terzo trimestre sono coerenti, secondo Markit, con un lieve aumento del PIL nell’Eurozona: +0,25% sul secondo, quando si era avuta una variazione congiunturale nulla. Se si tiene conto che il valore medio nel secondo trimestre era 53,4 e nel terzo 52,8, questa previsione appare ottimistica.
|
Il PMI flash manifatturiero del Giappone ha accelerato in ottobre a 52,8 (da 51,7), segnalando un'attività manifatturiera in espansione al ritmo più veloce dal febbraio scorso. Tra le componenti la produzione ha registrato una moderata espansione per il terzo mese consecutivo (52,3 da 53,4), mentre hanno segnato un'accelerazione i nuovi ordini (55,1 al massimo da 8 mesi) e gli ordini dall'estero (52,6 da 51,1).
I segnali di recupero dell'attività manifatturiera e dell'export (+6,9% annuo a settembre, variazione più elevata da 7 mesi) potrebbero smorzare le preoccupazioni emerse a vari livelli nell'opinione pubblica nipponica che la terza economia mondiale non sia pronta a sopportare un secondo aumento della tassa dei consumi nel 2015 (dall'attuale 8% al 10%), dopo il rialzo dal 5% all'8% messo in atto nello scorso aprile.
La decisione sarà presa a dicembre dal governo dopo la pubblicazione dei risultati del PIL del terzo trimestre. Il Fondo Monetario Internazionale, che prevede una crescita trimestrale annualizzata del PIL del 3-4% per il periodo luglio-settembre e una crescita dello 0,9% per l'intero 2014, ha ieri di nuovo stimolato le autorità giapponesi a continuare con il secondo aumento dell'IVA nel 2015 per mantenere la credibilità del processo di risanamento dei conti pubblici.
|
L'ottimismo dei consumatori americani non è frenato né dalle tensioni geopolitiche in Ucraina e Medio Oriente, né dai timori per una possibile diffusione dell’epidemia Ebola. E in ottobre ha toccato i massimi dal luglio del 2007. Ciò consolida l'attesa di buona crescita dell'economia USA.
L’indice di fiducia dei consumatori elaborato dall’Università del Michigan è, infatti, salito a 86,4 in ottobre (+1,8 punti su settembre). In particolare, sono migliorate le aspettative (di ben 3 punti, ai massimi da ottobre 2012) mentre è restato invariato a 98,9 il giudizio sulla situazione corrente.
Alimentano l’ottimismo la continua creazione di nuovi posti di lavoro (248mila in settembre), il calo della disoccupazione (a 5,9% della forza lavoro) e il buon andamento del mercato immobiliare: in settembre, sono salite più dell'atteso le vendite di case esistenti (+2,4% su agosto), sono stati aperti 1,017 milioni di nuovi cantieri (+6,3%) e rilasciati 1,018 milioni di nuovi permessi di costruzione residenziali (+1,5%).
Il calo del prezzo della benzina (-13,4% dagli inizi di luglio), che contribuisce a rafforzare il reddito disponibile delle famiglie, è un altro fattore emotivamente importante nel forgiarne la fiducia.
Il CSC
|
In linea con il recupero della produzione industriale, in agosto il fatturato totale (in volume) è aumentato dello 0,4% congiunturale, per effetto di un incremento nel mercato estero (+3,0%) e di un calo in quello interno (-1,0%). Dal livello massimo in un anno e mezzo raggiunto a gennaio, il fatturato totale ha perso il 2,3%; la domanda interna risulta la componente più debole: -3,8% cumulato dall’inizio dell’anno; quella estera, nonostante il rimbalzo di agosto, risulta sostanzialmente piatta (+0,2%).
Stando agli ordinativi, le prospettive per l’attività nei prossimi mesi non sono favorevoli, soprattutto per l’arretramento della componente estera della domanda. Pur avendo registrato un incremento dell’1,5% in agosto su luglio, gli ordini totali sono diminuiti da aprile (picco da fine 2011) del 3,4% cumulato, con un significativo calo di quelli esteri (-7,7%) e un’invarianza di quelli interni (-0,1%).
|
Secondo il governatore della Banca centrale del Giappone l'economia sta gradualmente recuperando dopo lo shock indotto dall'aumento dell'IVA dal 5% all'8% in aprile, i cui effetti stanno via via scomparendo nonostante alcuni segni di debolezza siano ancora presenti nella dinamica della produzione industriale (-1,9% mensile in agosto su luglio, da -0,4%). L'inflazione core rimarrà intorno all'1,3% nel prossimo futuro e la Bank of Japan continuerà il suo allentamento qualitativo e quantitativo fino al raggiungimento dell'obiettivo del 2%. Eventuali modifiche della politica monetaria saranno decisi dopo la pubblicazione delle nuove previsioni sull'andamento dell'economia e dei prezzi nella riunione del 31 ottobre.
Nel frattempo il primo ministro Abe ha fatto capire che potrebbe rinviare il secondo aumento dell'IVA dall'8% al 10%, che è fortemente richiesto dalla Banca centrale, dal ministero dell'economia, dalle grandi imprese e infine anche dal Fondo Monetario Internazionale al fine di ridurre il fardello pesantissimo del debito pubblico (240% del PIL). Secondo Abe non ha senso aumentare ancora la tassa sui consumi se questo contribuisce a decelerare troppo l'economia comportando una contrazione delle entrate pubbliche che annullerebbe l'effetto del nuovo regime di tassazione indiretta. Una decisione sul secondo aumento dell'IVA verrà preso all'inizio di dicembre quando i dati sul PIL del terzo trimestre saranno definitivi, ma a questo punto la decisione appare meno scontata rispetto a tre mesi fa.
Il governo nipponico deve prendere decisioni importanti non solo dal punto di vista fiscale, ma anche sulle riforme strutturali dell'Abenomics e sulla possibile riapertura delle centrali nucleari, la cui attività è stata fermata dopo il disastro di Fukushima nel 2011 rendendo il paese dipendente dall'import di beni energetici. Sul fronte interno Abe non è aiutato dalle dimissioni annunciate oggi di due ministri, il ministro della giustizia, accusata di aver violato la legge elettorale, e la quarantenne appena incaricata del ministero dell'industria e del commercio coinvolta in uno scandalo sull'utilizzo di fondi pubblici. Nonostante ciò la borsa di Tokio, sulla scia dei buoni dati USA (nuove case e fiducia dei consumatori) di venerdì, ha chiuso con un +3,7% stamattina, segnando il più forte rialzo dal giugno del 2013 e annullando in buona parte le perdite del 5% registrate nella scorsa settimana.
|
La produzione nelle costruzioni è aumentata del 6,0% in agosto su luglio, con l’indice risalito sui livelli di gennaio 2014. Il rimbalzo di agosto è spiegato in gran parte dal fatto che molti cantieri hanno ripreso l'attività dopo averla sospesa in luglio per le cattive condizioni meteorologiche (quest’anno è stato il luglio più piovoso degli ultimi 80 anni).
Nel bimestre luglio-agosto l’attività è diminuita dello 0,7% rispetto al secondo trimestre, quando era calata dell’1,0% sul primo.
L’evoluzione per i prossimi mesi, nelle valutazioni degli imprenditori edili, è negativa: in settembre l’indagine trimestrale Banca d’Italia-Il Sole 24 Ore ha rilevato un peggioramento dei giudizi sull’andamento della domanda nel settore (il saldo è sceso a -14,1 da -7,2 in giugno); analoghe indicazioni vengono dall’indagine ISTAT condotta in settembre presso le imprese di costruzioni.
|
In agosto l’export italiano è aumentato dell’1,1% su luglio a prezzi costanti. In crescita le vendite sia nei mercati UE (+1,4%) sia in quelli extra-UE (+0,9%). L’import è rimasto sostanzialmente invariato (-0,1%). Si è quindi ampliato il saldo commerciale (+500 milioni di euro rispetto a luglio, dato destagionalizzato).
Tuttavia nel bimestre luglio-agosto l’export è diminuito dell’1,3% sul secondo trimestre. Peggiorano le prospettive per il quarto trimestre in base agli indicatori qualitativi del commercio estero: in calo i giudizi sugli ordini e le attese sul fatturato; giù le previsioni sull’andamento della domanda; in rallentamento anche la componente ordini esteri del PMI manifatturiero.
La crescita acquisita delle esportazioni nei primi otto mesi del 2014 è pari all’1,2%, grazie a un aumento delle vendite intra-UE (+3,3%) che ha più che compensato una riduzione di quelle extra-UE (-1,3%).
|
Un po' più basse delle attese, in settembre le vendite al dettaglio negli Stati Uniti sono diminuite rispetto ad agosto (-0,3%) ma aumentate del 4,3% rispetto a settembre 2013. In calo, benché elevate, anche le vendite di auto e veicoli leggeri (-0,8% su agosto, +10,4% in un anno).
Le prospettive rimangono buone: nei primi 8 mesi del 2014 il reddito disponibile delle famiglie è aumentato del 2,5% in termini reali rispetto allo stesso periodo del 2013 grazie, in particolare, all’aumento degli occupati (+227mila unità in media al mese da gennaio a settembre) e delle ore complessivamente lavorate.
Ciò, insieme al miglioramento della situazione finanziaria delle famiglie e al calo del prezzo della benzina, terrà alta la propensione al consumo e scongiurerà un ulteriore rialzo del tasso di risparmio, che in agosto era al 5,4% del reddito disponibile, un livello pressoché identico a quello dell’agosto 2013 (5,3%).
|
L'indice dei prezzi al consumo del Regno Unito in settembre ha rallentato al ritmo più basso dall'ottobre 2009: +1,2% su base annua, dal +1,5% di agosto (+1,4% la variazione attesa), segnando per il nono mese consecutivo una variazione inferiore all'obiettivo del +2,0% della Banca d'Inghiterra. Su base mensile il livello dei prezzi è rimasto invariato, dopo il +0,4% in agosto (ci si attendeva un +0,2%).
Il rallentamento dell'inflazione negli ultimi mesi è dovuto a una serie di fattori: il rafforzamento della sterlina, la disinflazione in atto nei prezzi degli alimentari (accresciuta da una sorta di guerra sui prezzi tra le principali catene di supermercati), incrementi più lenti dei prezzi energetici e dei costi di trasporto (che riflettono la diminuzione del prezzo del petrolio). Anche l'indice core dei prezzi al consumo ha rallentato al +1,5% (da +1,9%), ai minimi da aprile 2009, a ulteriore dimostrazione che molti rivenditori al dettaglio stanno cercando di competere sul prezzo per incentivare all'acquisto i consumatori. I cui salari nominali aumentano a un ritmo più lento dell'inflazione, nonostante un tasso di disoccupazione in luglio ai minimi dalla fine del 2008 (6,2%).
La dinamica dei prezzi potrebbe ulteriormente posticipare la decisione della Banca d'Inghiterra di essere la prima Banca centrale a rialzare il tasso ufficiale di interesse, attualmente allo 0,50%. Finora ci si attendeva questa mossa nella riunione di febbraio 2015, ma non è escluso a questo punto che essa possa arrivare più avanti nel corso dell'anno. Molto dipenderà, come ha più volte ribadito il governatore Carney, dall'andamento dell'economia negli ultimi mesi dell'anno e da quanto aumentaranno i salari in risposta alle condizione più favorevoli del mercato del lavoro. La Banca centrale ha comunque escluso che il momento del primo rialzo sarà influenzato dal fatto che le prossime elezioni nazionali si svolgeranno il 7 maggio 2015.
|
Secondo le nuove stime di contabilità nazionale (con cui l’ISTAT aggiorna il sistema di misurazione alle regole europee Sec 2010 e contemporaneamente introduce innovazioni nelle fonti e nelle metodologie) l’industria manifatturiera italiana risulta più produttiva che nei vecchi conti. Dal 2000 al 2013 la produttività per ora lavorata è cresciuta del 9,6% cumulato, più del 6,3% precedentemente stimato ma comunque troppo poco nel confronto internazionale e, in particolare, rispetto al +48,3% del manifatturiero spagnolo, il +35,9% di quello tedesco e il +32,6% del francese (le stime per gli altri paesi sono ancora sui vecchi conti, ma è difficile che le revisioni possano incidere su una forbice così ampia).
Nei nuovi conti nazionali si registra inoltre una crescita del costo del lavoro per unità di prodotto inferiore rispetto a prima. Un’altra buona notizia, ma anche in questo caso la revisione non incide in maniera significativa sul confronto internazionale. Dal 2000 al 2013, il CLUP nel manifatturiero italiano è aumentato del 36,7% (non del 39,3%), comunque troppo rispetto all’11,6% in Francia, il 10,0% in Spagna e il -3,1% in Germania.
Più elevato, infine, il margine operativo lordo, che, in percentuale del valore aggiunto, risulta di 4-5 punti più alto nella nuova contabilità rispetto alle vecchie stime: 22,3% nel 2013 (dal 17,0% precedentemente stimato). Si conferma tuttavia il trend di decennale discesa: la perdita complessiva dal 1995 è di 15,4 punti.

|
A settembre la variazione annua dei prezzi al consumo in Italia è scesa a -0,2%, da -0,1% in agosto. Il dato definitivo di settembre è più basso di quello preliminare, che indicava un -0,1% annuo. I prezzi si sono ridotti dello 0,4% mensile, la maggiore flessione dal novembre 2008 (nel settembre 2013 si era registrato un -0,3%).
I prezzi energetici sono sempre più in calo (-4,5% annuo a settembre, da -3,6% in agosto), sulla scia della flessione delle quotazioni petrolifere. I beni alimentari registrano prezzi fermi in termini annui.
La dinamica dei prezzi core (esclusi energia e alimentari) resta positiva, sebbene sia bassa e calante: +0,4% annuo a settembre (da +0,5% in agosto). Al suo interno, i prezzi dei beni industriali hanno frenato al +0,2% annuo, a causa della persistente debolezza dell’attività economica, quelli dei servizi al +0,6%.
|