La dinamica annua dei prezzi al consumo in Italia ha registrato una decisa flessione a maggio (+1,4%, da +1,9% in aprile). L’inflazione si è così riportata sui valori di marzo, di nuovo lontana dall’obiettivo BCE per i prezzi (poco sotto il +2,0%).
Tale flessione a maggio è stata dovuta a tutte le componenti dell’indice. I prezzi energetici hanno rallentato al +6,5% annuo (da +7,5%) e quelli alimentari al +1,8% (da +2,1%). Inoltre la core inflation, calcolata al netto di tali due componenti, ha frenato al +0,8% annuo (da +1,1%); al suo interno, i prezzi al consumo dei beni industriali sono in calo (-0,2%, da -0,1%), sintomo di una perdurante difficoltà dei consumi interni.
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Il CSC rileva un calo della produzione industriale ita-liana dello 0,2% in maggio su aprile, quando è stima-ta una variazione di +0,3% su marzo.
Nel secondo trimestre 2017 la variazione congiuntu-rale acquisita è di +0,8%; nel primo trimestre l’attività industriale è diminuita dello 0,3% sul quarto 2016.
La produzione, al netto del diverso numero di giornate lavorative, è avanzata in maggio del 2,4% rispetto a maggio del 2016; in aprile si è avuto un incremento del 2,8% sullo stesso mese dell’anno scorso.
Gli ordini in volume hanno registrato una crescita dello 0,5% in maggio su aprile (+1,7% su maggio 2016); il mese scorso sono aumentati dello 0,6% su marzo (+3,8% sui dodici mesi).
Gli indicatori ISTAT sulla fiducia nel manifatturiero, dopo la graduale e significativa risalita dal precedente minimo di novembre 2016 (+5,2 punti cumulati fino ad aprile), hanno registrato una battuta d’arresto in maggio. L’indice complessivo è diminuito di 0,8 punti (a 106,9) rispetto al picco pluriennale raggiunto in aprile (massimo da gennaio 2008); il saldo dei giudizi sui livelli di produzione è sceso a -4 (-2 il mese scorso) e quello sugli ordini totali a -7 (da -4), specie per il peggioramento delle valutazioni sulla componente estera della domanda; sono invariate rispetto ad aprile le attese sugli ordini e in lieve calo quelle sulla produzione a tre mesi.
Nonostante il peggioramento della fiducia in maggio, l’andamento degli indicatori qualitativi (incluso il PMI manifatturiero) risulta coerente con il proseguimento di una graduale risalita dell’attività industriale italiana anche nei mesi centrali dell’anno, sostenuta da entrambe le componenti della domanda.
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L’indice di fiducia delle imprese è calato lievemente in maggio, dopo il livello massimo dall’ottobre 2007 raggiunto in aprile: -0,6 punti (dopo +1,6), per effetto del peggioramento rilevato in due dei quattro settori considerati. Nei servizi di mercato si è avuta una correzione di 1,7 punti, nel manifatturiero di -0,8; sostanzialmente stabile, invece, la fiducia tra gli imprenditori che operano nelle costruzioni (+0,1) e in lieve miglioramento quella tra gli operatori del commercio al dettaglio (+0,3).
Il calo nel manifatturiero, in particolare, è il primo da novembre 2016 (+5,7 punti cumulati fino ad aprile). Riflette il peggioramento di tutte le componenti: sono scesi i saldi dei giudizi sugli ordini totali (-3,0 punti, specie per l’arretramento di quelli esteri) e sulla produzione (-2,0); sono meno positive anche le attese, soprattutto sull’occupazione.
Tra i consumatori l’indice di fiducia è tornato a diminuire in maggio (-2,0 punti), allontanandosi di oltre 5 punti dal precedente picco di dicembre 2016. Sono peggiorate tutte le componenti dell’indice complessivo. In particolare, la diminuzione è stata più marcata per quelle relative al clima futuro (-2,0) e personale (-1,3); sono molto peggiorati giudizi e attese sulla situazione economica della famiglia e sulle possibilità future di risparmio, mentre sono invariate rispetto al mese scorso le valutazioni sui bilanci familiari. L’andamento della fiducia tra le famiglie suggerisce un atteggiamento prudente nella gestione delle spese e del risparmio e potrebbe riflettere il proseguimento di un andamento debole dei consumi anche nei mesi primaverili.
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In aprile le esportazioni italiane extra-UE sono calate del 4,9% mensile in valore, dopo il +6,4% in marzo. Debole, quindi, l’inizio del secondo trimestre: -2,4% la variazione acquisita sul primo, quando si era registrato un aumento molto robusto (+4,6% sul quarto 2016).
La correzione all’ingiù in aprile riguarda tutti i principali settori (a eccezione dell’energia), specie quello dei beni strumentali, che aveva registrato incrementi molto sostenuti a inizio anno. Tra i mercati di destinazione, ha rallentato l’espansione delle vendite italiane in Russia e nei paesi asiatici (Giappone, Cina e area ASEAN), mentre si registra una calo nei paesi OPEC e, per la prima volta nell’anno, negli Stati Uniti.
Lo stop dell’export italiano extra-UE in aprile è, in parte, coerente con il contemporaneo rallentamento della domanda di importazioni in Asia (specie in Cina). Le prospettive, comunque, restano ampiamente positive, sostenute dal nuovo ciclo internazionale degli investimenti. Segnali robusti vengono anche dagli indicatori qualitativi sugli ordini manifatturieri esteri sia in Italia sia nel Mondo.
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La crescita mondiale prosegue rapida, a un ritmo superiore alla media dei passati venticinque anni. È guidata dal nuovo ciclo internazionale degli investimenti (riconosciuto ora dall’FMI) e dal manifatturiero. Ne trae maggiore spinta il commercio con l’estero, canale di trasmissione degli impulsi espansivi tra settori e paesi. La fiducia delle imprese nelle economie avanzate è ai livelli più alti dal 2005. I mercati azionari incorporano, nelle quotazioni elevate e in aumento, il perdurare dello scenario favorevole.
Al quale contribuiscono tutti i principali motori. Anzitutto gli USA, dove ci sono tutte le condizioni e le indicazioni perché la battuta d’arresto del primo trimestre sia già superata. Tra gli emergenti Cina e Russia hanno rallentato, mentre l’India mantiene la velocità.
La novità è rappresentata dall’Eurozona nelle vesti inedite di locomotiva: marcia a un passo superiore al 2% annualizzato e la fiducia è ai massimi dal 2007; la Germania traina e la Francia rincalza, ma anche gli altri membri partecipano, pur con forti differenze di velocità. Il buon andamento della domanda interna, superiore a quello del PIL, deriva dagli effetti ritardati del calo del prezzo del petrolio e delle misure monetarie iper-espansive della BCE, ma anche dai bilanci pubblici, che da molto restrittivi nel triennio 2012-14 sono diventati leggermente espansivi dal 2015. Con la crisi dietro le spalle, come ha affermato Mario Draghi, la stessa BCE si prepara a cambiare politica, seppure nelle parole molto prima che nei fatti e con grande gradualità. Tuttavia, un primo mutamento c’è già stato con la risalita del tasso di cambio dell’euro, che si ripercuoterà sulla congiuntura dell’Area nei prossimi trimestri.
L’Italia si accoda all’andamento positivo europeo: il PIL va meglio dell’atteso ed è in accelerazione; l’export continua a guadagnare quote di mercato; gli investimenti proseguono nello slancio, con l’aggiunta di quelli in costruzioni. I consumi continuano a essere alimentati dai guadagni nel monte retribuzioni, anche se risentono del rincaro della bolletta energetica. L’incertezza politica costituisce un freno al pieno dispiegarsi delle forze del recupero.
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A maggio l’indice PMI composito è stabile a 56,8 (stima flash di IHS-Markit), come in aprile, livello record da 6 anni. L’espansione dell’attività ha accelerato in Francia (PMI composito a 57,6, +1,0 punti su aprile) e, in misura minore, in Germania (a 57,3 da 56,7), mentre ha rallentato nella media degli altri paesi europei. A livello settoriale, è aumentato il ritmo di crescita nel manifatturiero (PMI a 57,0 da 56,7), mentre i servizi hanno rallentato il passo (a 56,2 da 56,4). I livelli del PMI composito in aprile-maggio sono coerenti con un’accelerazione del PIL dell’Eurozona tra lo 0,7-0,8% congiunturale nel secondo trimestre.
Inoltre, in Germania e Francia sale la fiducia delle imprese. In maggio l’indice IFO tedesco è cresciuto di 1,6 punti su aprile, attestandosi a 114,6, massimo storico dal 1991; a livello settoriale, la fiducia è aumentata significativamente nel manifatturiero (saldo dei giudizi da +21 a +26, livello più alto da luglio 2011) e nelle costruzioni (valutazioni sulla situazione corrente ai massimi dal 1991). In Francia, l’indice INSEE ha rilevato un incremento di 1 punto su aprile, a 105, 5 punti al di sopra della media storica; in particolare, la componente relativa all’industria è rimasta stabile a 109 (dopo +4 punti in aprile), mentre sono aumentate di 2 punti quelle delle costruzioni e del commercio al dettaglio.
Il CSC
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In maggio la fiducia dei consumatori nell’Area euro è ulteriormente aumentata: il saldo delle risposte è salito di 0,3 punti, a -3,3 (da -3,6 di aprile, stima flash della Commissione Europea), il livello più elevato da agosto 2007 e di gran lunga al di sopra della media storica di -12,2.
Inoltre l’indice ZEW, che sintetizza le aspettative sull’economia dell’area da parte di esperti scelti tra banche, compagnie di assicurazione e grosse aziende, ha raggiunto in maggio il massimo da agosto 2015 (+35,1 il saldo delle risposte tra ottimisti e pessimisti, da +26,0 nella media del 1° trimestre); l’indice SENTIX (fonte GmbH), che misura la fiducia degli investitori istituzionali e privati, è salito a 27,4 da 23,9 (zero è la soglia neutrale).
Secondo gli indicatori qualitativi la crescita dell’Area euro è attesa accelerare a ritmi compresi tra 0,7-0,8% nel secondo trimestre dell’anno (dopo +0,5% nel primo).
Il CSC
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Il PIL italiano è aumentato dello 0,2% congiunturale nel primo trimestre 2017 (come nel quarto 2016) e dello 0,8% sullo stesso periodo del 2016 (stime preliminari ISTAT). La crescita acquisita nel 2017 è di +0,6%. Il recupero del PIL è iniziato nel secondo trimestre del 2013 e, dopo un andamento quasi piatto, è proseguito ininterrottamente dal primo trimestre del 2015 realizzando un incremento del 2,3% cumulato (+0,25% medio trimestrale).
Alla crescita del PIL nel primo trimestre 2017 ha contributo la domanda interna (al lordo delle scorte); tra i flussi di commercio internazionale, invece, il contributo positivo dell’export, che è aumentato in misura robusta, è stato più che annullato dal maggiore incremento dell’import. Tra i settori si è avuto un calo solo nell’industria, più che compensato dai progressi nell’agricoltura e nei servizi.
Gli indicatori congiunturali disponibili segnalano un’accelerazione nel trimestre in corso: in aprile l’indice composito di sentimento economico delle imprese (IESI, fonte ISTAT) è salito a 107,4 (+3,3 punti sulla media del primo trimestre), massimo da ottobre 2007, sospinto da rialzi in tutti i settori; il PMI Markit composito per l’Italia (che sintetizza la dinamica complessiva nel manifatturiero e nel terziario) segnala espansione dell’attività a un ritmo più vivace rispetto a marzo e al massimo da 117 mesi (a 56,8; +2,5 punti rispetto alla media del primo trimestre). Entrambi i settori hanno contribuito al robusto miglioramento dell’ultimo mese: il PMI manifatturiero è salito a 56,2 (da 55,7 a marzo), valore più alto in sei anni, il PMI dei servizi a 56,2 (da 52,9), massimo da agosto 2007. Nell’industria, secondo il CSC, l’attività è prevista crescere in aprile dello 0,5% (+1,1% l’acquisito nel secondo trimestre, dopo -0,3% nel primo sul quarto 2016).
Il quadro economico generale è previsto in netto miglioramento nella parte centrale dell’anno; persistono, tuttavia, alcuni rischi legati all’incertezza politica e alla conseguente impossibilità di realizzare le riforme necessarie per rafforzare il recupero del PIL.
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Il PIL italiano è aumentato dello 0,2% congiunturale nel primo trimestre 2017 (come nel quarto 2016) e dello 0,8% sullo stesso periodo del 2016 (stime preliminari ISTAT). La crescita acquisita nel 2017 è di +0,6%. Il recupero del PIL è iniziato nel secondo trimestre del 2013 e, dopo un andamento quasi piatto, è proseguito ininterrottamente dal primo trimestre del 2015 realizzando un incremento del 2,3% cumulato (+0,25% medio trimestrale).
Alla crescita del PIL nel primo trimestre 2017 ha contributo la domanda interna (al lordo delle scorte); tra i flussi di commercio internazionale, invece, il contributo positivo dell’export, che è aumentato in misura robusta, è stato più che annullato dal maggiore incremento dell’import. Tra i settori si è avuto un calo solo nell’industria, più che compensato dai progressi nell’agricoltura e nei servizi.
Gli indicatori congiunturali disponibili segnalano un’accelerazione nel trimestre in corso: in aprile l’indice composito di sentimento economico delle imprese (IESI, fonte ISTAT) è salito a 107,4 (+3,3 punti sulla media del primo trimestre), massimo da ottobre 2007, sospinto da rialzi in tutti i settori; il PMI Markit composito per l’Italia (che sintetizza la dinamica complessiva nel manifatturiero e nel terziario) segnala espansione dell’attività a un ritmo più vivace rispetto a marzo e al massimo da 117 mesi (a 56,8; +2,5 punti rispetto alla media del primo trimestre). Entrambi i settori hanno contribuito al robusto miglioramento dell’ultimo mese: il PMI manifatturiero è salito a 56,2 (da 55,7 a marzo), valore più alto in sei anni, il PMI dei servizi a 56,2 (da 52,9), massimo da agosto 2007. Nell’industria, secondo il CSC, l’attività è prevista crescere in aprile dello 0,5% (+1,1% l’acquisito nel secondo trimestre, dopo -0,3% nel primo sul quarto 2016).
Il quadro economico generale è previsto in netto miglioramento nella parte centrale dell’anno; persistono, tuttavia, alcuni rischi legati all’incertezza politica e alla conseguente impossibilità di realizzare le riforme necessarie per rafforzare il recupero del PIL.
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Ad aprile 2017 l’indice in base 2015 dei prezzi al consumo per le famiglie di operai e impiegati (FOI), considerato al netto dei tabacchi, è stato pari a 101,3, con una variazione di +0,3 rispetto al mese di marzo.
In allegato e in “Libreria del CSC/Rivalutazione crediti di lavoro” si riporta la tabella dei coefficienti di rivalutazione dei crediti di lavoro maturati dal 1° gennaio 1990, o data successiva, e liquidati dal 1° al 31 dicembre.
Tabella Rivalutazione crediti lavoro_apr17.xls|Visualizza dettagli
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Ad aprile 2017 l'indice in base 2015 dei prezzi al consumo per le famiglie di operai e impiegati (FOI), considerato al netto dei tabacchi, è risultato pari a 101,3.
Il coefficiente utile per la rivalutazione del trattamento di fine rapporto maturato al 31 dicembre 2016, secondo l’art. 1 della L. 297/1982, è dunque pari a 1,01247757.
In allegato e in “Libreria del CSC/TFR” si riporta la tabella con i valori dei coefficienti dal gennaio 2003.
Si ricorda che la comunicazione dell’aggiornamento del coefficiente del TFR è diffusa attraverso le News e il Servizio “annuncio TFR” che risponde al numero 06-5903417.
Tabella TFR_apr17.xls|Visualizza dettagli
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Nel primo trimestre del 2017 il PIL della Germania è cresciuto dello 0,6% congiunturale (stima flashdi Destatis), accelerando il passo rispetto al quarto 2016 (+0,4%). In base alle stime preliminari hanno contribuito all’accelerazione sia la domanda interna sia quella estera. Quanto alla domanda interna, in particolare, hanno fornito un apporto sostanziale gli investimenti fissi lordi in costruzioni e, in misura minore, in macchinari e attrezzature.
A livello settoriale, nel primo trimestre la produzione è cresciuta a ritmi sostenuti nelle costruzioni (+4,7% sul quarto 2016, quando aveva registrato -1,3%), grazie anche alle favorevoli condizioni meteorologiche, e nell’industria (+0,9%, dopo +0,2%).
Gli indicatori qualitativi hanno raggiunto in aprile livelli record in circa sei anni (PMI composito a 56,7 e sentimento economico ESI a 111,6 punti) e sono coerenti con una crescita del PIL tedesco nel secondo trimestre intorno allo 0,65-0,75%.
Il CSC
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Lo stock di prestiti bancari alle imprese italiane continua a diminuire lentamente: -0,2% a marzo, dopo il -0,1% al mese a gennaio e febbraio. Anche il primo trimestre 2017, dunque, si è chiuso senza alcun supporto del credito bancario all’attività economica.
In termini annui, lo stock di prestiti registra un -1,3% a marzo (+0,3% tenendo conto anche dei prestiti cartolarizzati e cancellati dai bilanci bancari negli ultimi 12 mesi).
Il fardello delle sofferenze bancarie resta invariato: 145 miliardi a marzo, come a febbraio, pari al 19,1% dei prestiti alle imprese. Questo resta il principale freno alla ripartenza del credito, perché tiene bassa la redditività degli istituti, limitando la loro capacità di espandere i bilanci e in particolare i prestiti, senza esaurire rapidamente le proprie risorse di capitale.
Il costo del credito per le imprese è salito di poco a marzo: 1,7% in media sulle nuove operazioni, da 1,5% a febbraio. Resta comunque molto basso, grazie anche alle misure iper-espansive della BCE, che sono state ancora una volta confermate in aprile.
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Il prezzo del petrolio Brent è caduto sotto i 50 dollari al barile nella prima settimana di maggio (49,4 oggi), da un picco oltre i 56 dollari a metà aprile. A gennaio e febbraio, ovvero nelle prime fasi dell’attuazione dei tagli all’estrazione di greggio decisi dall’Opec, la quotazione si era mantenuta sopra i 55 dollari. A marzo invece si era già registrata una temporanea flessione, sui 50 dollari.
I paesi del Cartello hanno effettivamente ridotto la produzione (-1,0 mbg a marzo da novembre), poco meno rispetto al taglio annunciato (-1,2 mbg). Tuttavia, nello stesso periodo si sta registrando un nuovo boom produttivo negli USA (+0,8 mbg in aprile dal minimo di ottobre), che quasi compensa i minori volumi Opec. Perciò, il riassorbimento dell’eccesso di offerta non avanza rapidamente come sperato e le scorte restano molto alte.
Una quotazione del petrolio più bassa si riflette sui prezzi al consumo energetici in Italia nel giro di 1-2 mesi. Ciò abbassa l’inflazione complessiva e rimpolpa il potere d’acquisto reale delle famiglie, sostenendo la dinamica dei consumi. Tuttavia, minori introiti da petrolio indeboliscono, di nuovo, le economie dei paesi petroliferi, pesando sulle prospettive dell’export italiano.
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Nell’Eurozona, secondo le stime preliminari dell’Eurostat, il PIL è aumentato dello 0,5% congiunturale nel primo trimestre dell’anno, come nel quarto 2016 (dato rivisto al rialzo da +0,4%). Sulla base delle informazioni disponibili, la crescita ha accelerato in Spagna (+0,8%, dopo +0,7%), mentre ha rallentato in Francia (+0,3%, dopo +0,5%). Nel complesso dell’Unione europea si è registrata una decelerazione (+0,4%, dopo +0,6%), anche a causa della netta frenata nel Regno Unito (+0,3%, dopo +0,7%). Nel confronto con il primo trimestre 2016, il PIL è cresciuto dell’1,7% nell’Eurozona e dell’1,9% nell’Unione europea.
La crescita nel primo trimestre dell’anno è stata verosimilmente trainata dalla domanda interna: consumi delle famiglie (favoriti dalle migliori condizioni del mercato del lavoro) e investimenti delle imprese (sostenuti dall’elevato grado di utilizzo degli impianti).
Il dato preliminare del PIL nell’Eurozona, pubblicato oggi dall’Eurostat, non rispecchia ancora appieno il miglioramento rilevato nei dati qualitativi. L’ulteriore incremento registrato in aprile dal PMI composito (a 56,7, record da sei anni) e dal sentimento economico ESI (a 109,6 punti, massimo da quasi dieci anni), comunque, è coerente con un’accelerazione del PIL dell’Eurozona nel secondo trimestre intorno allo 0,65-0,75%.
Il CSC
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Confermando quanto dichiarato dal Presidente Mario Draghi il 6 aprile, la Bce ha deciso di lasciare invariate le sue misure iper-espansive.
Esse comprendono: tassi ai minimi storici (a zero sui prestiti e a -0,40% sui depositi), acquisti di titoli a 60 miliardi al mese e forward guidance, secondo la quale gli acquisti andranno avanti fino a dicembre o oltre (se non ci sarà stato un aumento duraturo dell'inflazione nell'Area euro) e i tassi resteranno a tali livelli o anche più bassi molto dopo la fine degli acquisti. La Bce ha rimarcato che è anche pronta ad accrescere di nuovo il ritmo degli acquisti se ce ne fosse bisogno per sostenere ripresa e prezzi.
Buone notizie, quindi, sia per l'impatto positivo già registrato da tali misure sul costo del denaro, anche in Italia, sia per il loro effetto calmierante sui rendimenti dei titoli sovrani dei paesi più fragili.
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In aprile l'indice totale dei prezzi è risalito al +1,9% annuo nell'Eurozona, da +1,5% a marzo (era al +2,0% a febbraio).
La novità è che ciò è dipeso dal balzo della core inflation (al netto di energia e alimentari), al +1,2% da +0,7%, sulla scia dei prezzi dei servizi (+1,8% da +1,0%). La dinamica annua dei prezzi energetici è invece stabile (+7,5% da +7,4%). Ciò indica un aumento più solido dell'inflazione europea rispetto ai valori già toccati in febbraio, sebbene la dinamica core resti lontana dall'obiettivo Bce (+2,0%).
Dinamica simile in Italia, dove l'inflazione sale al picco di +1,8% annuo in aprile da +1,4%. Ciò soprattutto per il balzo della core inflation al +1,1% da +0,7%, trainata dai prezzi dei servizi, mentre la dinamica di quelli dei beni industriali è caduta in territorio negativo (-0,2% da zero). In Italia contribuiscono al balzo di aprile anche i prezzi dell'energia (+7,5% da +4,7%).
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