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L’indice di fiducia dei consumatori americani elaborato dal Conference Board è risalito di 2,5 punti, a 101,3, a marzo, recuperando parzialmente la contrazione di febbraio (-5,0 punti). L’aumento è da attribuirsi per intero al forte miglioramento delle aspettative di breve termine (da 90,0 a 96,0), specialmente su occupazione e redditi. Sono, invece, peggiorati, per il secondo mese consecutivo, i giudizi sulla situazione economica corrente (da 112,1 a 109,1).
La dinamica della fiducia riflette il ritmo di crescita piuttosto moderato che ha caratterizzato l’economia americana in questa prima parte del 2015. La cautela dei consumatori è confermata dal forte incremento del tasso di risparmio, risalito in febbraio al 5,8% del reddito disponibile, dal 4,4% a novembre 2014. I consumi, infatti, sono diminuiti, in termini reali, dello 0,1% su gennaio, nonostante un aumento dei redditi dello 0,2%, dovuto, in particolare, al calo dei prezzi della benzina.
La maggiore fiducia, alimentata dalla crescita dell’occupazione (+295mila nuovi posti di lavoro a febbraio) e dei redditi, sosterrà un forte rimbalzo dei consumi nei prossimi mesi.
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A gennaio 2015 il fabbisogno della PA è stato pari a -4,6 miliardi, in netto miglioramento rispetto allo stesso mese del 2014. Tenendo conto dei pagamenti dei debiti verso le imprese che hanno inciso diversamente a gennaio di quest'anno e dello scorso anno, il fabbisogno risulta ancora migliore. Considerando la flessione delle entrate tributarie rispetto a gennaio 2014 (attribuibile principalmente alla riscossione, nel 2014, della "mini IMU" che si riferiva al 2013) non integralmente compensata dalle entrate contributive, il risultato positivo di gennaio è ascrivibile a una diminuzione della spesa. In particolare, hanno influito positivamente i minori pagamenti per interessi sul debito pubblico, i minori finanziamenti al bilancio europeo, nonché i minori prelevamenti degli enti della PA.
Migliora il fabbisogno della PA
(Gennaio; milioni di euro) |
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2014 |
2015 |
Fabbisogno PA |
1.291 |
-4.613 |
(+) Dismissioni |
0 |
0 |
(-) Prestiti a EFSF e paesi membri |
0 |
0 |
(-) Contributi a ESM |
0 |
0 |
(-) Pagamenti debiti alle imprese |
1.900 |
1.300 |
(+) Altre operazioni straordinarie |
0 |
0 |
Fabbisogno al netto delle operazioni straordinarie |
-609 |
-5.913 |
Fonte: elaborazioni CSC su dati Banca d'Italia. |
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La variazione annua dei prezzi al consumo in Italia è rimasta invariata a marzo (-0,1%, come a febbraio). Resta, quindi, debolmente negativa e perfettamente allineata con quella media dell’Eurozona (-0,1%, da -0,3%). Enorme il divario da colmare per avvicinarsi all’obiettivo BCE (poco sotto il +2,0% annuo).
In Italia a marzo si riducono meno i prezzi dei beni energetici (-6,5% annuo, da -8,5%), sulla scia del mini-rimbalzo della quotazione del petrolio espressa in euro. I prezzi dei beni alimentari, invece, continuano a salire a ritmo praticamente invariato (+1,0%, da +0,9%).
La core inflation, che è misurata al netto di energia e alimentari, frena ulteriormente, avvicinandosi allo zero (+0,3% annuo, da +0,5%). Ciò riflette soprattutto la flessione della dinamica dei prezzi dei servizi (+0,5%, da +0,8%), mentre i prezzi al consumo dei beni industriali hanno già da tempo una variazione quasi nulla (+0,1%, da +0,2%).
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Gli ultimi dati ISTAT sul numero di persone occupate in Italia registrano in febbraio una lieve flessione rispetto a gennaio (-44mila unità). Nella media dei primi due mesi dell’anno l’occupazione risulta sostanzialmente stabile sui livelli dell’ultimo quarto 2014, quando già era rimasta piatta. Si tratta di un arresto temporaneo dopo la progressiva risalita del numero di persone occupate tra settembre 2013 e settembre 2014 (+232mila unità).
Per i prossimi mesi ci si attende che le nuove norme sul contratto a tutele crescenti (in vigore dal 1° marzo), aggiungendosi all’impulso esercitato dagli sgravi contributivi validi da gennaio, sosterranno le assunzioni a tempo indeterminato. E l’occupazione nel suo complesso avanzerà in presa diretta con la congiuntura, innescando un circolo virtuoso, dato che il miglioramento del mercato del lavoro aiuterà le famiglie a liberarsi dall’incertezza causata dalla crisi.
Il tasso di disoccupazione si è attestato nel primo bimestre 2015 sul 12,7%, dal 13,0% del quarto trimestre, tornando sui livelli di inizio 2014. La sua evoluzione dipenderà anche dall’andamento della forza lavoro, in espansione già nel 2014 (+0,9%).
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Il CSC rileva un incremento della produzione industriale dello 0,2% in marzo su febbraio, quando è stato stimato un recupero dello 0,5% su gennaio1.
Nel primo trimestre 2015 si ha un aumento dello 0,1% sul quarto 2014, quando si era avuto un calo dello 0,1% sul precedente. Il secondo trimestre 2015 eredita statisticamente dal primo una variazione congiunturale di +0,3%.
La produzione, al netto del diverso numero di giornate lavorative, è avanzata in marzo dello 0,3% rispetto a marzo del 2014 (un giorno lavorativo in più quest’anno); in febbraio si era avuto un calo dello 0,3% sullo stesso mese dell’anno scorso.
Gli ordini in volume hanno registrato in marzo una crescita dell’1,1% sul mese precedente (+2,8% su marzo 2014). In febbraio erano aumentati dello 0,6% su gennaio (+0,8% sui dodici mesi).
Gli indicatori ISTAT sulla fiducia nel manifatturiero - ricostruiti secondo una nuova metodologia e ribasati al 2010 - segnalano in marzo un netto miglioramento delle condizioni nel settore: l’indice generale è salito di 3,2 punti (a 103,7, il valore più alto da maggio 2011); il saldo dei giudizi sui livelli di produzione ha registrato un incremento di 4 punti (a -11); quello sugli ordini totali di 6 (a -11), raggiungendo il livello massimo da 7 anni, grazie al contributo sia della domanda interna sia di quella estera; sono più positive anche le attese di ordini e produzione.
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Nel mese di gennaio 2015 le entrate tributarie erariali ammontano a 32,9 miliardi di euro (-48 milioni di euro rispetto allo stesso mese del 2014, -0,1%). Sono state pari a 22,8 miliardi
di euro (+54 milioni di euro, +0,2%) le imposte dirette e a 10,1 miliardi di euro (-102 milioni di euro, –1,0%) le imposte indirette.
Tra le imposte dirette, il gettito IRPEF si è attestato a 21,6 miliardi di euro (+58 milioni di euro, +0,3%) trainato dal buon andamento delle ritenute effettuate sui dipendenti del settore privato che ammontano a 10,2 miliardi di euro (+305 milioni di euro, +3,1%); l’IRES presenta un gettito di 154 milioni di euro (-119 milioni di euro, -43,6%).Add. Regionale |
166 |
180 |
14 |
8,4 |
Add. Comunale |
53 |
57 |
4 |
7,5 |
IRAP |
1.253 |
1.215 |
-38 |
-3,0 |
IMU comuni |
524 |
108 |
-416 |
-79,4 |
TASI |
|
27 |
27 |
100,0 |
Ruoli (incassi) |
460 |
727 |
267 |
58,0 |
Poste correttive |
-1.335 |
-1.399 |
-64 |
4,8 |
Totale |
34.032 |
33.778 |
-254 |
-0,7 |
Fonte: elaborazioni CSC su dati Ministero Economia e Finanze. |
Modified on by Alessandro Fontana F595E195-0F43-9B98-C125-74F6003724C0 [email protected]
Le entrate tributarie del 2014 sono risultate in flessione di circa 3 miliardi di euro (-0,6%) conseguenza principalmenteight: black; border-bottom: black; border-left: black">
10.617 |
10.950 |
333 |
3,1 |
Add. Comunale |
3.889 |
4.159 |
270 |
6,9 |
IRAP |
34.767 |
30.468 |
-4.299 |
-12,4 |
IMU comuni |
15.706 |
16.529 |
823 |
5,2 |
TASI |
|
4.607 |
4.607 |
100,0 |
Ruoli (incassi) |
8.365 |
8.812 |
447 |
5,3 |
Poste correttive |
-31.151 |
-30.680 |
471 |
-1,5 |
Totale |
466.826 |
463.792 |
-3.034 |
-0,6 |
Fonte: elaborazioni CSC su dati Ministero Economia e Finanze. |
L’indice di sentimento economico delle imprese - ricostruito dall’ISTAT in base 2010 e calcolato con una nuova metodologia - è aumentato di 5,5 punti in marzo su febbraio (a 110,9, massimo dal luglio 2008), per effetto di un miglioramento in tutti i settori.
Da rilevare soprattutto il significativo aumento della fiducia nei servizi di mercato (+7,7 punti), dove sale da quattro mesi, e nelle costruzioni (+7,5), dove il recupero è iniziato tre mesi fa, guidato (in entrambi i settori) da valutazioni più ottimistiche su attività corrente e aspettative. Tra le imprese manifatturiere la maggiore fiducia (+3,2 punti, settimo incremento mensile consecutivo) è stata sostenuta da migliori giudizi e attese su ordini (interni ed esteri) e produzione; nel commercio al dettaglio il miglioramento è meno ampio (+2,0 punti) ed è supportato da più favorevoli attese su domanda e occupazione.
Un maggiore ottimismo è stato rilevato anche tra i consumatori, la cui fiducia è aumentata per il terzo mese di fila (+3,2 punti su febbraio sulla base delle nuove serie), grazie soprattutto al miglioramento del clima economico. Anche il clima personale - più legato alle valutazioni sulla situazione economica, sui bilanci e sulle decisioni di spesa delle famiglie - è risalito per il terzo mese di fila (+1,7 punti in marzo, +4,3 nel trimestre) e riflette un’evoluzione positiva dei consumi.
La debolezza dell’euro, il calo dei prezzi dei prodotti energetici e le migliori condizioni nel mercato del lavoro stanno sostenendo la fiducia di imprese e consumatori e contribuiscono a una dinamica più favorevole dell’economia italiana. Nel primo trimestre l’indice di fiducia complessiva delle imprese è aumentato di 5,9 punti sul quarto 2014 (quando era calato di 0,6 punti sul terzo); quello dei consumatori è salito di 8,4 punti (dopo -2,0). Tale andamento è coerente con un incremento del PIL a inizio 2015 (+0,2% congiunturale secondo il CSC), dopo la stagnazione nel trimestre precedente.
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Il clima di fiducia nell’Eurozona è salito a marzo (di 1,6 punti, a 103,9), per il quarto mese consecutivo, confermando il significativo miglioramento delle prospettive di crescita dell’area. L’indice del “sentimento economico”, elaborato dalla Commissione europea, è ai massimi da luglio 2014 in Germania ed è tornato sui livelli di agosto 2011 in Francia e di agosto 2007 in Italia; addirittura su quelli di giugno 2001 in Spagna.
Il maggiore ottimismo degli operatori, ormai diffusosi in tutta l’area, ha, in particolare, interessato i consumatori (con il relativo indice salito di ben 3 punti) e le imprese manifatturiere (di 1,7 punti), i maggiori beneficiari della riduzione dei prezzi energetici, del deprezzamento dell’euro e del programma di acquisto di titoli pubblici (QE) varato dalla BCE. I consumatori vedono, infatti, aumentare il proprio potere d’acquisto mentre le imprese, grazie ai minori costi di produzione e al cambio favorevole, stanno recuperando rapidamente molte posizioni competitive sui mercati internazionali.
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Le potenti spinte esterne hanno rimesso in moto l’Eurozona e l’Italia. Gli effetti di euro più debole, tassi ridotti e prezzo dimezzato del petrolio iniziano a essere ben visibili negli indicatori; alcuni dei quali sono al top da quattro anni.
La ripresa accelera man mano che quelle spinte aumentano la fiducia e modificano le decisioni di spesa. E si consolida attraverso la sua stessa diffusione (la coralità fa la forza) sia tra le nazioni dell’Area euro sia tra i territori e i settori dell’economia nazionale, dove aumenta la quota di quelli che registrano incrementi di produzione e fatturato, anche interno.
Il PIL italiano viaggia verso un +0,2% nel primo trimestre, stima negativamente influenzata dall’inciampo della produzione industriale a gennaio (che potrebbe, però, essere ribaltato a febbraio). L'occupazione ha dato segnali di ripartenza già nel 2014 e avanzerà in presa diretta con la congiuntura; ciò aiuterà le famiglie a liberarsi dall’incertezza causata dalla crisi.
Al di là della persistente restrizione del credito (ma ci sono timidi progressi), le condizioni finanziarie complessive sono molto migliorate, grazie a cambio, Borsa e tassi; la liquidità delle imprese è stata sostenuta dal pagamento degli arretrati della pubblica amministrazione, che ha quasi compensato il calo dei prestiti bancari.
Il favorevole contesto non muta la posizione competitiva dell'Italia, perché è temporaneo e comune a tutta l’Eurozona; anzi, può evidenziarne le lacune se, essendo meglio sfruttato dai sistemi più dinamici, ampliasse il divario di performance con gli altri paesi. Anche perciò deve essere di sprone alle riforme.
Nel resto del Mondo, il rallentamento USA è passeggero e verrà superato in primavera perché legato più al meteo e agli scioperi nei porti che alla rivalutazione del dollaro. È invece duratura, perché programmatica, la frenata della Cina, che comunque continuerà a fornire il maggiore contributo alla crescita globale. Bene l’India, male il Brasile, malissimo la Russia.
Per maggiori dettagli si veda la Congiuntura Flash di marzo nella Libreria del CSC.
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L’indice di fiducia IFO, basato su un’indagine tra circa 7.000 imprese del manifatturiero, delle costruzioni e del commercio, è salito per il quinto mese consecutivo, ai massimi da luglio 2014, a marzo (a 107,9 da 106,8 in febbraio), a conferma del ritmo sostenuto della crescita dell’economia tedesca nel primo trimestre 2015.
Gli imprenditori si sono mostrati più ottimisti sia sulla situazione economica corrente sia sulle prospettive di crescita per i prossimi sei mesi. Secondo i loro giudizi, la debolezza dell’euro, il calo dei prezzi energetici e il programma di acquisto di titoli da parte della BCE (QE) continueranno a sostenere l’espansione economica in Germania e nel resto dell’Eurozona per un certo periodo di tempo.
L’indice di fiducia INSEE delle imprese francesi è balzato di ben due punti, a 96, il livello più elevato da aprile 2012. Cala leggermente la fiducia tra le imprese industriali, con l’indice a 99, un punto in meno sia rispetto a febbraio sia rispetto alla media di lungo periodo. Risale quella nel commercio al dettaglio (a 104 da 101) e nei servizi (a 93 da 92).
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In gennaio il commercio mondiale è diminuito, in volume, dell’1,4% su dicembre, annullando l’aumento del mese precedente (+1,3%). Nella media degli ultimi tre mesi, comunque, la dinamica degli scambi globali resta positiva (+0,6% sui tre precedenti).
In particolare, nei paesi emergenti sono cadute le importazioni (-5,0% in gennaio su dicembre; -6,3% negli emergenti asiatici), mentre hanno tenute le esportazioni (-0,1%; -1,1% in quelli asiatici). Giù anche gli scambi internazionali degli Stati Uniti: -1,4% gli acquisti e -2,6% le vendite. Nell’Area euro ha accelerato l’import (+2,0%) mentre ha registrato una battuta d’arresto l’export (-1,1%).
La debolezza della domanda dei paesi emergenti sarà persistente, soprattutto a causa della frenata controllata dell’economia cinese. Si tratta di uno stop and go, invece, per il commercio estero USA, che è stato bloccato da scioperi portuali e meteo avverso. La dinamica delle esportazioni europee, infine, si rafforzerà con il pieno dispiegarsi degli effetti dell’euro debole.
Nel complesso, dunque, le prospettive restano positive; come confermato dalla componente ordini esteri del PMI globale, sostanzialmente stabile in febbraio sopra la soglia neutrale di 50 (a 50,9, da 51,0 in gennaio).
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In febbraio le esportazioni italiane extra-UE sono aumentate, in valore, del 4,5% rispetto a gennaio (da -2,4%). Il rimbalzo è dovuto alla forte crescita delle vendite di beni strumentali (+13,7%); su anche le esportazioni di energia (+2,4%), giù quelle di beni di consumo e di prodotti intermedi (-1,5% entrambe).
In crescita anche le importazioni (+1,1%, da -0,4% in gennaio); al netto della componente energetica (-1,6%), l’aumento è pari al 2,0%. Hanno contribuito positivamente soprattutto gli acquisti di beni strumentali (+9,5%); in crescita quelli di beni di consumo (+0,5%), in riduzione quelli di prodotti intermedi (-0,4%).
I mercati di destinazione dell’export italiano più dinamici sono gli Stati Uniti (+49,3% tendenziale), grazie alla svalutazione dell’euro sul dollaro (-28% da marzo 2014 a marzo 2015) e alla robusta crescita della domanda interna, e in misura minore la Turchia (+10,7%) e l’OPEC (+6,6%). Il forte aumento delle vendite in questi mercati ha più che compensato il calo di quelle in alcuni paesi esportatori netti di petrolio, dove ha pesato la caduta delle quotazioni oil: -28,5% in Russia, anche a causa degli embarghi e della pessima situazione economica del paese, e -17,6% nel Mercosur.
Negli ultimi tre mesi (dicembre-febbraio) le esportazioni italiane extra-UE sono cresciute dell’1,5% rispetto ai tre precedenti. Continueranno a essere sostenute dall’aumento della competitività di prezzo dovuto all’euro meno forte.
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Accelera a un ritmo più rapido delle attese l’attività nell’Eurozona, stimolata dall’euro debole, dal calo dei prezzi energetici e dagli effetti del QE della BCE. L’indice PMI composito, di manifatturiero e servizi, elaborato da Markit, è balzato ai massimi da quasi quattro anni a marzo (54,1 da 53,3 in febbraio); ed è ormai da ventuno mesi al di sopra di 50, la soglia che separa contrazione da espansione. Il dato alza la media per il primo trimestre 2015 a 53,3 (da 51,5 nel quarto 2014), un risultato che, secondo Markit, è coerente con una crescita del PIL pari a +0,3%.
L’attività ha accelerato sia nel manifatturiero (51,9 da 51,0, ai massimi da dieci mesi) sia nei servizi (54,3 da 53,7, al top da quarantasei mesi). In particolare, hanno mostrato dinamiche molto elevate in entrambi i settori le componenti relative ai nuovi ordini, ai massimi da otto mesi, e all’occupazione, in crescita al ritmo più rapido da agosto 2011. Stentano però a risalire i prezzi di vendita, il cui sottoindice, benché ai massimi da otto mesi, segnala contrazione (49,0 da 47,9), a conferma di una domanda ancora piuttosto debole.
Tra i maggiori paesi dell’area, alza il ritmo la Germania (55,3 da 53,8), sia nel manifatturiero (52,4 da 51,1) sia nei servizi (55,3 da 54,7), rallenta leggermente la Francia (51,7 da 52,2), dove frenano i servizi (52,8 da 53,4) e riduce la velocità di caduta il manifatturiero (48,2 da 47,6).
La ritrovata vivacità del sistema produttivo si riflette sulla fiducia dei consumatori, che è aumentata significativamente a marzo (di 3 punti rispetto a febbraio, a -3,7). Ciò contribuirà alla ripresa della domanda.
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La BCE ha realizzato a marzo la terza operazione T-LTRO, prestando alle banche dell’Eurozona 97,8 miliardi di euro, con una durata di tre anni e mezzo. Un valore sopra le attese, che erano intorno a 50-60 miliardi. Gli istituti italiani dovrebbero avere ottenuto circa 32 miliardi, un terzo del totale.
Le operazioni T-LTRO vengono effettuate dalla BCE a cadenza trimestrale e con una durata decrescente (a partire da quattro anni). Le prime due aste, realizzate a settembre e dicembre 2014, avevano fornito alle banche dell’area 82,6 e 129,8 miliardi (di cui 23,3 e 26,5 agli istituti italiani). Il totale delle risorse immesse dalla BCE con le T-LTRO, quindi, è salito a 310,2 miliardi (di cui 81,8 prestati al sistema bancario italiano).
A partire da questa di marzo, le T-LTRO incorporano incentivi per le banche a usare le risorse per fare prestiti a imprese e famiglie, incluso l’obbligo di restituzione alla BCE in caso di mancato aumento del credito erogato. Nei prossimi mesi dovrebbero contribuire alla ripartenza dei prestiti. Fino a gennaio in Italia non si è registrata un’inversione di tendenza nei volumi di credito.
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L’export italiano è diminuito del 2,4% in gennaio (a prezzi costanti), annullando in gran parte il rimbalzo di dicembre (+2,9% su novembre). Giù le vendite sia nei paesi UE (-2,7%) sia in quelli extra-UE (-2,2%). Al netto della componente energetica (scesa del 15,5%) la riduzione delle esportazioni si ferma al -2,1%. Incrementi sono stati registrati solo nei beni intermedi (+0,3%).
Nonostante questa correzione, nel trimestre novembre-gennaio la domanda estera è cresciuta dell’1,0% sui tre mesi precedenti.
Al dato negativo dell’export si è contrapposto un forte miglioramento delle importazioni, aumentate del 2,5% su dicembre (+0,5% su novembre); ciò segnala una dinamica positiva della domanda interna e attese più favorevoli sulle future vendite degli esportatori. In particolare, sono risultati in crescita gli acquisti di beni intermedi (+5,7%) e di beni strumentali (+1,7%).
A febbraio sono migliorati sia la componente PMI relativa agli ordini esteri (indice a 55,2 da 52,9) sia il saldo dei giudizi sulla domanda estera (a -23 da -25) nell’indagine ISTAT presso le imprese manifatturiere. Ciò delinea una possibile accelerazione delle esportazioni nei prossimi mesi.
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La produzione nelle costruzioni è aumentata dell’1,0% in gennaio su dicembre, quando era rimbalzata del 2,6% su novembre (rivisto al rialzo dal +2,3% comunicato precedentemente).
Nel primo trimestre 2015 la variazione congiunturale acquisita dell’attività è pari a +1,3%. Nel quarto trimestre la produzione edile era diminuita dello 0,6% sul terzo.
L’indice di fiducia delle imprese di costruzioni registra una parziale correzione in febbraio (-0,8 punti in un mese), dopo il significativo miglioramento evidenziato in gennaio (+4,7 punti su dicembre). Nella media dei primi due mesi è superiore di 2,3 punti rispetto a quello del quarto trimestre 2014. Sono stabili da dicembre i giudizi sui piani di costruzione e, per il secondo mese di fila, sono più favorevoli le attese.
Queste indicazioni prefigurano una possibile svolta positiva a inizio 2015, dopo un calo di attività che si protrae dal quarto trimestre 2013.
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L’indice ZEW - che misura la fiducia degli analisti e degli operatori finanziari tedeschi - è aumentato per il quinto mese consecutivo a marzo portandosi a quota 54,8 (da 53,0), il livello più elevato da febbraio 2014 e ben al di sopra della media di lungo periodo (24,7). Migliorano, in particolare, i giudizi sulla situazione economica corrente (+9,6 punti, a 55,1). Sale, inoltre, significativamente, l’ottimismo degli operatori finanziari sulla condizione economica dell’Eurozona (+9,7 punti, a 62,4, sopra le attese che puntavano a 58,2).
L’economia tedesca è sostenuta dall’euro debole, dal calo dei prezzi energetici e dagli effetti del programma di quantitative easing (QE) recentemente avviato dalla BCE, di cui la Germania è il maggiore beneficiario. I dati sul mercato del lavoro confermano l’attuale momento positivo (tasso di disoccupazione al 6,5%, minimo dal 1991). Il calo dei prezzi della benzina e i forti aumenti salariali sosterranno ulteriormente i redditi delle famiglie e la fiducia.
In prospettiva, alcuni tra gli investitori tedeschi esprimono, però, qualche preoccupazione per i limitati progressi nella soluzione delle crisi russo-ucraina e del debito sovrano greco; mostrano, inoltre, alcuni timori anche per la creazione di un’eventuale bolla finanziaria come possibile effetto del QE.
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I prezzi dei prodotti industriali importati dalle imprese italiane sono in calo del 6,4% annuo a gennaio. In particolare, i beni energetici registrano una forte discesa (-27,8% annuo), sulla scia dei ribassi petroliferi. Si riducono anche i prezzi all’import dei beni di consumo (-0,7% annuo) e dei beni intermedi (-0,6%), ma rincarano quelli dei beni strumentali (+2,1% annuo; +0,1% l’indice totale al netto dell’energia).
Questa dinamica porta un beneficio netto all’economia italiana e favorirà la risalita di investimenti e consumi. I minori prezzi importati, infatti, sostengono i margini delle imprese, in calo da oltre un decennio. Inoltre, nell’attuale contesto di domanda debole, i ribassi accrescono anche il reddito disponibile in termini reali delle famiglie, dato che le imprese trasferiscono in parte tali riduzioni sui prezzi finali al consumo.
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Il real ha toccato questa settimana il livello minimo dal 2004 nei confronti del dollaro, superando la soglia dei 3,2 contro la valuta americana e segnando una perdita di valore superiore al 20% da inizio 2015. Sembrano al momento inefficaci i ripetuti tentativi della Banca centrale brasiliana di sostenere la divisa nazionale e contenere l’inflazione, che ha sfondato l’obiettivo massimo fissato al 6,5% sia in gennaio (7,1% annuo) sia in febbraio (7,7%).
La valuta brasiliana è caduta sotto la pressione degli investitori internazionali negli ultimi mesi perché il calo dei prezzi del petrolio e delle commodity ha aumentato l’avversione al rischio nei mercati internazionali e penalizzato le valute più deboli rispetto al dollaro. Inoltre, il real paga sul fronte interno l’importante scandalo di corruzione che ha coinvolto Petrobas, il principale produttore di petrolio del Brasile, provocando la sospensione sia di rilevanti progetti di investimento sia dei pagamenti di contratti già conclusi da parte della controllata statale.
L'incertezza è alimentata, infine, dal quadro macroeconomico stagnante e dalla politica economica del nuovo governo. Il 2014 si è chiuso con una crescita nulla del PIL e con il primo deficit primario di bilancio in più di dieci anni, mentre nel 2015 l’economia brasiliana è prevista tornare in recessione. La presidente Dilma Rousseff, a pochi mesi dalla sua rielezione, ha affermato la necessità di un importante piano di austerità e invitato pubblicamente i brasiliani a stringere la cinghia, scatenando di nuovo la protesta nelle strade delle più grandi città.
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Nel quarto trimestre 2014 le esportazioni italiane sono aumentate in tutte le aree territoriali a eccezione di quelle dell’Italia meridionale e delle isole (-0,3% rispetto al terzo). L’incremento delle vendite all’estero del Nord-Est (+3,7%), del Centro (+1,6%) e del Nord-Ovest (+1,4%) ha determinato, comunque, un’accelerazione della dinamica dell’export complessivo (+2,1%, da -0,1%).
Nella media del 2014 le disparità geografiche si ampliano: le esportazioni del Nord-Est sono cresciute al tasso più elevato (+3,5% rispetto al 2013); seguono quelle del Centro (+3,0%) e, con uno scarto maggiore, del Nord-Ovest (+2,2%); le regioni meridionali e insulari, invece, hanno ridotto le vendite del 4,7%.
La diversa specializzazione settoriale delle aree territoriali spiega l’elevata variabilità della loro performance. Quasi il 26% dell’export delle regioni del Sud e delle isole è costituito da prodotti petroliferi raffinati, le cui vendite sono diminuite più del 14% nel 2014. A sostenere la crescita delle regioni del Nord è, invece, la quota elevata di vendite in macchinari e mezzi di trasporto, entrambi settori in crescita. La forte vocazione farmaceutica dell’Italia centrale, infine, ne ha determinato l’ottima performance.
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Sono di nuovo calate a febbraio, contro ogni previsione e per il terzo mese consecutivo, le vendite al dettaglio negli USA (-0,6% in termini nominali su gennaio). Come nei due mesi precedenti, buona parte della contrazione va attribuita alle condizioni meteorologiche avverse, che hanno colpito molte zone del paese, e alle agitazioni sindacali che hanno bloccato le operazioni di carico e scarico delle merci nella gran parte dei porti della West Coast. Le difficoltà negli spostamenti e i ritardi nelle consegne hanno infatti indotto molti potenziali acquirenti a rinviare l'acquisto di prodotti, beni durevoli e auto in particolare.
Il calo sarà comunque temporaneo per il forte miglioramento del mercato del lavoro. L'occupazione nel settore non agricolo è cresciuta in media di oltre 200mila unità al mese negli ultimi dodici mesi (+295mila solo a febbraio). E si sta rapidamente riducendo il tasso di disoccupazione, al 5,5% della forza lavoro. Ciò farà aumentare il potere contrattuale dei lavoratori e rafforzerà il ritmo di crescita dei salari, che dal 2010 è ancorato intorno al 2% annuo.
Un imminente slancio dei salari trova conferma nelle opinioni dei Chief Operating Officers delle principali società americane, il 63% dei quali prevede di aumentarli di almeno il 3% annuo per attirare e mantenere lavoratori qualificati (indagine Duke University/CFO Magazine). Ciò farà salire la fiducia dei consumatori che, seppur in calo di 7,4 punti a febbraio, resta di 3 punti sopra la media di lungo periodo e sui livelli di settembre/ottobre 2007.
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La produzione industriale nell’Eurozona è scesa leggermente a gennaio (-0,1% su dicembre) dopo quattro mesi consecutivi di crescita. Su base annua, la produzione aumenta dell’1,2%, il tasso di crescita più elevato da luglio 2014. Il calo di gennaio ha interessato, in particolare, la produzione di beni di consumo durevoli (-2,2%) e di beni intermedi (-0,5%).
Tra gli stati membri, la produzione resta invariata in Germania e aumenta leggermente in Francia, paesi in cui si erano, però, registrati forti incrementi a dicembre (+1,2% e +1,5% rispettivamente). Anche in Italia, la contrazione di gennaio (-0,7%) era stata preceduta da due consecutivi aumenti in novembre (+0,3%) e dicembre (+0,4%).
Molti sono i segnali di una pronta ripresa dell’attività produttiva. A febbraio, l’indice PMI manifatturiero è rimasto in territorio espansivo (invariato a 52,1). Il calo dei prezzi dell’energia, il deprezzamento dell’euro e gli effetti del QE su tassi e prestiti contribuiranno al recupero di competitività delle imprese dell’area e a sostenerne una fiducia già in miglioramento (da -4,8 in gennaio a -4,7 in febbraio, secondo la Commissione europea).
Il recupero di potere d’acquisto incoraggia la domanda: a gennaio, sono aumentate, per il quarto mese consecutivo, le vendite al dettaglio (+1,1% in termini reali su dicembre). L’ulteriore diminuzione del numero dei senza lavoro (-140mila su dicembre, -544mila da luglio 2014) e il conseguente calo del tasso di disoccupazione (a 11,2%) rafforzeranno, inoltre, la fiducia tra i consumatori, già migliorata sensibilmente a febbraio (-6,7 da -8,5 in gennaio).
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I dati di produzione, vendite e investimenti cinesi di gennaio e febbraio deludono le attese. La produzione in gennaio-febbraio ha registrato un +6,8% annuo (da +7,9% in dicembre), la crescita minima dal 1995 cioè da quando esiste la serie (al netto della crisi del 2009). Le vendite al dettaglio hanno segnato un +10,7% (da +11,9%) e gli investimenti un +13,9% (da +15,0%). Inoltre continua il rallentamento già in atto del mercato immobiliare, con i nuovi progetti che segnano un -17,7% (-10,7% nel 2014) e le aree in costruzione che rallentano a +7,6% (+9,2% nel 2014).
Tutto ciò deriva da una domanda interna debole, a causa di un rallentamento degli investimenti pubblici e degli effetti della politica anticorruzione del Governo (che si dovrebbe più correttamente tradurre dal cinese con “richiamo all’austerità”) che ha inciso enormemente nei mesi del capodanno lunare, il periodo dell’anno in cui si offrono più regali.
In questo quadro il Governo di sicuro allenterà ulteriormente le maglie della politica economica, anzitutto facilitando gli esborsi per i progetti d’investimento già in agenda.
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La sezione Libreria del CSC è stata aggiornata con la Nota del CSC uscita sabato 7 Marzo
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