Il CSC rileva un calo della produzione industriale dello 0,4% in novembre su ottobre, quando è stata stimata una variazione di +0,7% su settembre.
Nel quarto trimestre del 2016 la variazione congiunturale acquisita dell’attività è di +0,5%. Nel terzo si è avuto un incremento dell’1,2%.
La produzione, al netto del diverso numero di giornate lavorative, è avanzata in novembre dell’1,7% rispetto allo stesso mese dello scorso anno; in ottobre è stato rilevato un incremento del 2,9% su ottobre 2015.
Gli ordini in volume hanno registrato una variazione di +0,1% in novembre su ottobre (+1,3% su novembre 2015), quando erano aumentati dello 0,5% su settembre (+0,5% sui dodici mesi).
Gli indicatori qualitativi sono coerenti con una debole crescita della produzione nell’ultimo trimestre del 2016. In novembre la fiducia degli imprenditori manifatturieri è tornata a peggiorare dopo due mesi di recupero: l’indice generale è sceso di 0,9 punti (a 102,0), dopo +1,7 punti cumulati in settembre e ottobre. Dopo il netto miglioramento nel mese precedente, sono state rilevate valutazioni meno favorevoli sugli ordini totali (specie per il peggioramento della componente estera), e sui livelli correnti di produzione. Salgono, invece, le aspettative. Tra i comparti, la fiducia è aumentata solo tra i produttori di beni di consumo.
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La variazione annua dei prezzi al consumo in Italia è risalita appena in territorio positivo a novembre: +0,1%, da -0,2% in ottobre. Nella media dell’Eurozona i prezzi crescono a un ritmo di mezzo punto più elevato (+0,6% annuo, da +0,5%), comunque molto sotto l’obiettivo BCE (+2,0%).
In Italia la dinamica dei prezzi core (esclusi energia e alimentari) è risalita al +0,4% annuo, da un risicato +0,1% in ottobre. Un andamento ascrivibile interamente ai prezzi dei servizi (+0,6%, da +0,1%), visto che quelli dei beni industriali hanno ulteriormente rallentato (+0,2%, da +0,3%). Inoltre, alla risalita della variazione annua complessiva hanno contribuito anche i prezzi dell’energia, che registrano una minor flessione (-3,0%, da -3,6%), e quelli alimentari, che sono ora stabili (da -0,2%).
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Lo scenario globale registra progressi nell’economia e ulteriori turbolenze generate dal fronte politico. Sul quale un po’ di nebbia ha iniziato a diradarsi: si sta chiarendo chi governerà paesi chiave. La vera svolta che si sta materializzando è il ritorno a politiche di bilancio espansive. Nelle presidenziali USA ha vinto la promessa di una forte spinta alla domanda interna, da riservare all’offerta domestica via innalzamento di barriere tariffarie. La prossima scadenza foriera di incertezza è il referendum costituzionale italiano.
Tutto ciò accade mentre il PIL mondiale ha riaccelerato in estate e gli indicatori qualitativi mostrano un buon avvio d’autunno. A cominciare dalla locomotiva americana, pronta ad acquistare nuovo slancio ora che si è lasciata alle spalle l’incognita elezioni. Nei principali emergenti, Cina in testa, si registrano più alti ritmi di sviluppo (unico neo: il Brasile). Perfino l’Eurozona, grazie soprattutto agli effetti diretti e indiretti dell’azione della BCE, sfoggia un’inattesa vivacità, con la Germania che dà il la.
L’Italia rimane fanalino di coda, nonostante l’incremento di attività messo a segno nel terzo trimestre, cui sta seguendo un’altra frenata nel quarto. L’occupazione in rapido aumento e i maggiori salari reali sostengono il reddito delle famiglie italiane, che rimangono prudenti nella spesa. Gli investimenti rispondono in presa diretta agli incentivi fiscali e daranno un forte contributo alla crescita nel prossimo biennio. Rimane l’handicap della contrazione del credito alle imprese: la creditless recovery non può che rimanere lenta e affannosa.
Per maggiori dettagli vedi qui.
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I flussi di commercio estero italiano hanno registrato correzioni all’ingiù in settembre, dopo il forte aumento di agosto: a prezzi costanti, l’export è diminuito dell’1,8% mensile (dopo +3,0%) e l’import del 4,6% (dopo +4,4%; stime CSC). Nella media del terzo trimestre, comunque, le esportazioni sono cresciute dello 0,4% sul secondo e le importazioni dell’1,1%. La variazione acquisita nell’anno in corso è pari a +2,2% per l’export e +1,7% per l’import.
La performance positiva delle esportazioni risulta da una solida crescita delle vendite nei paesi UE (+0,5% nel terzo trimestre e +4,2% acquisito nel 2016) e una stagnazione di quelle extra-UE (+0,1% nel trimestre e -0,2% nel 2016). Per categorie di merci, nei mesi estivi l’export è aumentato nei beni strumentali (+0,8% sul secondo trimestre) e intermedi (+0,6%), è rimasto sostanzialmente invariato in quelli di consumo (+0,1%) ed è diminuito nei prodotti energetici (-2,8%).
L’espansione delle esportazioni è attesa proseguire nel trimestre in corso, ma a ritmi più bassi. La componente ordini esteri del PMI manifatturiero è scesa in ottobre ai minimi in tre anni e mezzo (51,1; Markit) e le attese sull’evoluzione della domanda estera nell’ultimo quarto dell’anno restano favorevoli ma in attenuazione (Banca d’Italia); migliorano sensibilmente, comunque, i giudizi delle imprese sugli ordini esteri (+2 punti mensili in ottobre, dopo +3 in settembre; ISTAT). In prospettiva, giocano un ruolo positivo le indicazioni di ripartenza di PIL e commercio mondiali e uno negativo l’elevata incertezza politica e le preoccupazioni di nuove misure protezionistiche, anche in seguito alla vittoria di Trump nelle elezioni USA.
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L’attività nelle costruzioni in Italia è diminuita del 3,9% in settembre su agosto, quando c’era stato un rimbalzo del 3,5% su luglio. Il terzo trimestre registra una crescita nulla, dopo -0,3% nel secondo (rivisto al ribasso da -0,1%) e -0,6% nel primo.
Il quarto trimestre parte con un abbrivio negativo: la variazione congiunturale ereditata dal terzo è infatti di -1,5%.
Gli indicatori di fiducia nel settore delle costruzioni offrono segnali contrastanti. In settembre e ottobre la fiducia degli imprenditori edili (indagine ISTAT) è migliorata (rispettivamente +1,8 e +0,5 punti) e nell’ultimo mese si è attestata a 102,4, un punto al di sopra della media dei mesi estivi. Sono invariati i giudizi su ordini e piani di produzione e in modesto miglioramento le attese. Sono ancora negative, invece, le valutazioni dei direttori degli acquisti rilevate nell’indagine PMI (Markit).
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Il Pil italiano è aumentato dello 0,3% nel terzo trimestre 2016, dopo la stagnazione registrata nei mesi primaverili. La crescita acquisita per il 2016, cioè quella che si avrebbe se si registrasse una variazione nulla nel quarto trimestre, è di +0,8% (nel 2015 il PIL è aumentato dello 0,7%).
Il progresso nel terzo trimestre è stato sostenuto dalla domanda interna (incluse le scorte), mentre quella estera netta ha offerto un contributo negativo. Non sono ancora disponibili i dati relativi alle componenti del PIL, ma si stima che gli investimenti, in particolare quelli in macchinari e apparecchiature, stiano traendo beneficio dagli incentivi governativi, dopo avere deluso le aspettative nel secondo trimestre (-0,9% congiunturale); la variazione delle scorte, che aveva dato un apporto negativo all’andamento del PIL nei mesi primaverili, dovrebbe avere contribuito positivamente in estate (i dati qualitativi sul loro andamento lo confermano); i consumi delle famiglie, cresciuti dello 0,1% nel secondo trimestre, secondo gli indicatori disponibili hanno proseguito ad aumentare debolmente nei mesi estivi, frenati da un atteggiamento molto prudente nella gestione dei bilanci (nonostante gli incrementi del reddito disponibile). Tra i settori è stato molto robusto il contributo dell’industria (specie del manifatturiero) e dei servizi, negativo invece quello dell’agricoltura.
Gli indicatori disponibili per il quarto trimestre preannunciano un rallentamento della crescita. Il quadro generale, inoltre, appare ancora fragile e soggetto a rischi al ribasso legati, soprattutto, all’incertezza politica e al peggioramento della fiducia. Il referendum costituzionale italiano, le prime mosse del neo eletto presidente degli Stati Uniti (specie quelle di politica estera) e l’esito degli importanti appuntamenti elettorali del prossimo anno in Europa rappresentano i maggiori rischi.
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A ottobre 2016 l’indice in base 2015 dei prezzi al consumo per le famiglie di operai e impiegati (FOI), considerato al netto dei tabacchi, è stato pari a 100,0, con una variazione nulla rispetto al mese di settembre.
In allegato e in “Libreria del CSC/Rivalutazione crediti di lavoro” si riporta la tabella dei coefficienti di rivalutazione dei crediti di lavoro maturati dal 1° gennaio 1990, o data successiva, e liquidati dal 1° al 31 dicembre.
Tabella Rivalutazione crediti lavoro_ott16.xls|Visualizza dettagli
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A ottobre 2016 l'indice in base 2015 dei prezzi al consumo per le famiglie di operai e impiegati (FOI), considerato al netto dei tabacchi, è risultato pari a 100,0.
Il coefficiente utile per la rivalutazione del trattamento di fine rapporto maturato al 31 dicembre 2015, secondo l’art. 1 della L. 297/1982, è dunque pari a 1,01320093.
In allegato e in “Libreria del CSC/TFR” si riporta la tabella con i valori dei coefficienti dal gennaio 2003.
Si ricorda che la comunicazione dell’aggiornamento del coefficiente del TFR è diffusa attraverso le News e il Servizio “annuncio TFR” che risponde al numero 06-5903417.
Tabella TFR_ott16.xls|Visualizza dettagli
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Il CSC rileva un aumento della produzione industriale dello 0,6% in ottobre su settembre, quando c’è stato un calo dello 0,8% su agosto, comunicato oggi dall’ISTAT.
La variazione congiunturale di ottobre è spiegata da: a) una stabilizzazione dell’attività nel comparto estrattivo, che in agosto e settembre aveva registrato forti incrementi congiunturali (rispettivamente +4,0% e +18,4%) conseguenti alla riapertura degli impianti in Val d’Agri (inattivi da marzo per questioni giudiziarie); b) un progresso dello 0,6% nel manifatturiero, dopo il calo dell’1,9% che si è avuto in settembre; c) un significativo aumento della produzione nazionale di energia (intorno al +1,0%) derivante dal blocco delle importazioni dalla Francia, dove circa un terzo degli impianti nucleari sono fermi da alcune settimane per manutenzione ordinaria e straordinaria.
Nel terzo trimestre 2016 la produzione industriale è cresciuta dell’1,2% sul secondo, quando si era avuto un arretramento dello 0,2% sul primo. Nel quarto trimestre 2016 la variazione congiunturale acquisita è di +0,6%.
Tale andamento dell’attività è coerente con un aumento del PIL nei mesi estivi superiore alle attese, dopo la stagnazione rilevata in primavera, e con un rallentamento in quelli autunnali.
Le indagini qualitative condotte presso le imprese manifatturiere italiane descrivono un contesto debole. È sostanzialmente stabile, ma più basso delle attese, il PMI manifatturiero italiano in ottobre, dopo il mini rimbalzo di settembre: 50,9 da 51,0 (49,8 in agosto; le attese erano per un aumento a 51,5). L’indice della componente produzione è sceso a 51,6, segnalando un più lento incremento dell’attività dopo l’accelerazione rilevata in settembre (52,2; 51,8 nel terzo trimestre). Marginale la crescita degli ordini totali (50,4 da 51,5 in settembre), grazie alla maggiore domanda dei soli beni strumentali; in forte rallentamento la componente estera (-1,6 punti a 51,1), il cui andamento è il più debole degli ultimi tre anni e mezzo.
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Si riduce senza sosta lo stock di prestiti bancari erogati alle imprese italiane: -0,3% a settembre, dopo il -0,2% di agosto (dati destagionalizzati CSC). Nei primi tre trimestri del 2016 si è registrato un calo del -0,2% in media al mese (-0,1% lo scorso anno), con una flessione complessiva dell’1,8% da fine 2015. La scarsità di credito contribuisce a rallentare l’attività economica, che è in debole risalita.
Il principale fattore di freno al credito in Italia resta, da anni, l’enorme peso delle sofferenze accumulate nei bilanci delle banche a causa della doppia recessione, che ha reso gli istituti molto avversi al rischio: 142 miliardi di euro a settembre (18,5% dei prestiti alle imprese), da un picco di 144 a gennaio. L’ampio set di misure varate fin dal 2015, tutte nella giusta direzione (GACS, Fondo Atlante, minori tempi di recupero), non è riuscito finora a favorire una diminuzione significativa delle sofferenze, che potrebbe consentire una ripartenza dei prestiti.
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Le reazioni iniziali sui mercati finanziari alla vittoria a sorpresa di Trump nelle presidenziali USA sono state negative, soprattutto su cambi e borse asiatiche. Man mano che l'effetto sorpresa è passato, tuttavia, la situazione si è stabilizzata. La borsa di Tokio ha chiuso in picchiata con l'indice Nikkei al -5,36%. In rialzo lo yen, considerato un bene rifugio in caso di instabilità. Brusco risveglio anche per i mercati europei: piazza Affari ha aperto a -2,4%, salvo poi recuperare parzialmente.
In USA, comunque, la ripresa è attesa procedere a buon ritmo nei mesi autunnali, dopo che il PIL è rimbalzato nel terzo trimestre (+2,9% annualizzato da +1,4%) sostenuto dai consumi; ciò avvicinava il rialzo dei tassi da parte della FED atteso per dicembre. Di fonte alla nuova ondata di incertezza, tuttavia, la FED probabilmente rimetterà “in attesa” il rialzo dei tassi.
La rinnovata incertezza è penalizzante per gli investimenti e, per questa via, rallenterà la già debole crescita globale e, in particolare, gli scambi commerciali che sono molto sensibili alla domanda di questo tipo di beni.
Il rischio maggiore in termini di politica economica riguarda il commercio internazionale. Nel breve termine, il Congresso potrebbe non ratificare il TPP negoziato da Obama con l’Asia e, soprattutto, non dare seguito al TTIP con l’Europa, che rischierebbe così di rimanere isolata. Nei prossimi mesi, inoltre, rimarrà un clima di incertezza riguardo l’incremento delle tariffe del commercio con la Cina e il Messico. Non è chiaro se alla retorica elettoralistica seguiranno azioni conseguenti oppure se quelle parole estreme si tradurranno in provvedimenti più moderati. Una cosa è certa: si va verso misure anti-globalizzazione e anti-immigrazione. Le economie in condizioni più fragili come quella italiana pagheranno un prezzo più alto. L’incertezza associata con la nuova situazione politica USA potrebbe comportare nel breve periodo un apprezzamento dell’euro, con conseguenze negative sulle esportazioni europee ed italiane.
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In ottobre il PMI Markit composito per l’Italia (che sintetizza la dinamica complessiva nel manifatturiero e nel terziario) segnala espansione dell’attività a un ritmo identico a quello rilevato in settembre (indice a 51,1). Il valore dell’indice nell’ultimo mese è poco inferiore rispetto a quello registrato nel terzo trimestre (51,7).
Il dettaglio settoriale per l’Italia indica un rallentamento dell’espansione di produzione, ordini ed esportazioni nel manifatturiero. Si consolida, invece, l’attività nei servizi: l’indice PMI terziario ha raggiunto 51,0 (+0,3 punti su settembre, quando era calato di 1,6 punti su agosto), favorito dall'accelerazione dei nuovi ordini (+0,3 punti a 51,8); risultano più ottimistiche le valutazioni sull’andamento dell’occupazione, giudicata in marginale crescita dopo la stagnazione rilevata in settembre (50,5 da 49,9); al massimo da aprile scorso le attese sull’andamento futuro dell’attività.
Nell’Eurozona il PMI composito segnala espansione ai ritmi più rapidi dell’anno: l’indice è salito a 53,3 in ottobre (da 52,6 in settembre e 52,9 nella media del terzo trimestre), seppure con una correzione all’ingiù rispetto alla stima flash (53,7). In accelerazione Germania (55,1) e Spagna (54,4); rallenta, invece, la Francia (51,6).
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La FED ha deciso di lasciare invariati i tassi di policy negli USA anche a novembre, nella forchetta 0,25%-0,50%. Sebbene il mercato del lavoro abbia già pienamente recuperato i valori di pieno impiego e la Banca noti che la ripresa americana ha accelerato, desta ancora qualche preoccupazione l’inflazione inferiore all’obiettivo del +2,0% annuo (+1,5% a settembre).
La banca centrale ha sottolineato che, rispetto alla riunione di settembre, si sono ulteriormente rafforzate le ragioni per un secondo rialzo dei tassi, dopo quello del dicembre 2015. La FED, però, ha scelto a maggioranza di aspettare ulteriori dati positivi, in particolare riguardo ai prezzi. Due membri votanti del FOMC (su dieci) avrebbero preferito alzare i tassi a novembre (a 0,50-0,75%).
Per risultare coerente con l’indicazione da tempo presente nelle sue minute, secondo cui una vasta maggioranza dei membri FOMC (14 su 17 a settembre) ritiene opportuno alzare i tassi almeno una volta prima di fine 2016, alla FED resta dunque solo la riunione del 14 dicembre. Che, peraltro, cade successivamente all’esito delle presidenziali USA.
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Sostanzialmente stabile, ma più basso delle attese, il PMI manifatturiero italiano in ottobre, dopo il mini rimbalzo nel mese precedente: 50,9 da 51,0 (49,8 in agosto; le attese erano per un aumento a 51,5). Nella media del terzo trimestre era pari a 50,7.
L’indice della componente produzione è sceso a 51,6, segnalando un più lento incremento dell’attività dopo l’accelerazione rilevata in settembre (52,2; 51,8 nel terzo trimestre). Marginale la crescita degli ordini totali (50,4 da 51,5 in settembre), grazie alla maggiore domanda dei soli beni strumentali; in forte rallentamento la componente estera (-1,6 punti a 51,1), il cui andamento è il più debole degli ultimi tre anni e mezzo. Sono più favorevoli, invece, le valutazioni sulla dinamica occupazionale (a 52,3 da 51,6; 51,9 nel terzo trimestre). Risultano in robusta accelerazione (al massimo da 15 mesi) i prezzi di acquisto dei prodotti industriali, per effetto del maggior costo delle materie prime (specie dei metalli); il contestuale calo dei prezzi di vendita ha ridotto i margini delle imprese.
Nell’Eurozona la crescita dell’attività manifatturiera ha accelerato al passo più rapido da gennaio 2014 (indice a 53,5 da 52,6). Il migliore andamento dell’attività è diffuso a tutti i paesi compresi nell’indagine Markit, con Germania (55,0) e Francia (51,8) al top da oltre due anni e mezzo; bene anche il PMI della Spagna (53,3), al massimo da aprile scorso. Fanno eccezione Italia e Grecia, che registrano le performance peggiori.
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