I dati di commercio estero cinesi in settembre hanno superato le attese. L’avanzo commerciale (31 miliardi di dollari), seppure inferiore a quello di agosto (50 miliardi), è rimasto a livelli elevati; nel trimestre ha toccato il massimo storico grazie soprattutto alla debolezza dell’import nei mesi di luglio e agosto.
Le esportazioni sono cresciute del 15,3% su base annua (+12% la variazione attesa, da +9,4% in agosto), anche grazie a una base di riferimento molto bassa nel settembre 2013. Con riferimento alla destinazione dell’export il rimbalzo è legato alle vendite verso Hong Kong (+34,0% da -2,1%); in passato fluttuazioni congiunturali anomale di questo tipo sono state collegate a fenomeni di sovrafatturazione. Le importazioni sono tornate a salire (+7,0% annuo da -2,4% in agosto; -2,0% la variazione attesa per settembre), ma il recupero sembra essere legato a fenomeni di import di semilavorati per la riesportazione più che a un effettivo aumento della domanda interna.
Per i prossimi mesi l’export dovrebbe risentire ancora della debolezza della domanda globale e della forza della valuta cinese, ma l'aspetto importante è che l’import beneficerà di una domanda interna più vivace grazie al secondo ciclo di allentamento delle politiche monetaria e di bilancio varato dal Consiglio di Stato la scorsa settimana per favorire il raggiungimento dell’obiettivo di crescita del PIL (“intorno” a +7,5% nel 2014).
|
Il CSC stima un calo della produzione industriale dello 0,2% in settembre su agosto, quando c’è stato un aumento dello 0,3% su luglio, comunicato oggi dall’ISTAT.
Nel terzo trimestre del 2014 si rileva una flessione della produzione dello 0,6% sul precedente, in ulteriore peggioramento rispetto al -0,4% che si era registrato nel secondo e al -0,1% nel primo. Il quarto trimestre eredita dal terzo una variazione congiunturale nulla.
Questa dinamica è coerente con un marginale calo del PIL anche nei mesi estivi.
Le indagini qualitative condotte presso le imprese manifatturiere confermano un quadro nel complesso debole e non lasciano intravedere significativi miglioramenti nei mesi autunnali. Il PMI manifatturiero (fonte: Markit) in settembre registra una diminuzione della componente ordini (scesa a 50,2 da 50,9, minimo da 15 mesi), e ciò preannuncia una dinamica sostanzialmente piatta dell’attività nei prossimi mesi; la domanda interna ha spinto al ribasso gli ordini mentre quella estera ha offerto un contributo positivo, essendo giudicata in accelerazione rispetto ad agosto (54,1 da 53,0), grazie alle maggiori commesse provenienti dai paesi extra-UE.
|
L’indicatore anticipatore dell’OCSE segnala crescita stabile nei prossimi due-tre trimestri per l'insieme dei paesi avanzati, anche se con graduale perdita di slancio. L'indicatore ha registrato in agosto il quarto calo mensile consecutivo (anche se si tratta di variazioni molto contenute: -0,03% in agosto). L'indicatore precorre i punti di svolta del ciclo con un anticipo di circa un semestre.
Ma la situazione è molto differenziata e tra i principali paesi l'indicatore prefigura la prosecuzione del forte rallentamento in Giappone (-0,25% in agosto, -1,84% da gennaio 2014) e soprattutto in Germania (-0,32% su luglio, -1,29% cumulato da febbraio 2014).
In generale, l'indicatore conferma che il deterioramento del quadro economico nell'Eurozona proseguirà nei prossimi sei-nove mesi: -0,10% in agosto (quarta flessione consecutiva).
In Italia l’indicatore preannuncia un ulteriore peggioramento: il calo di agosto (-0,08%) è il secondo consecutivo, dopo che il -0,03% in luglio aveva interrotto il recupero protrattosi ininterrottamente dall’ottobre 2012. Ciò suggerisce che l'arretramento del PIL italiano proseguirà almeno fino alla primavera del 2015, a parità di politiche economiche.
|
I prestiti bancari alle imprese italiane si sono ridotti dello 0,3% in agosto, dopo il +0,2% registrato a luglio (dati destagionalizzati dal CSC). La lunga fase di caduta del credito, dunque, non è ancora alle spalle. Anche se i dati qualitativi forniti dall'indagine Banca d'Italia hanno mostrato un (timido) allentamento della forte stretta dell'offerta nel 2° trimestre e una stabilizzazione della domanda già dal primo.
La caduta dei prestiti che si sta registrando nel 2014 è molto più attenuata di quella vista nel biennio precedente. Nei primi otto mesi del 2014, infatti, la variazione mensile è stata pari in media a -0,2%, contro il -0,4% medio al mese registrato tra il picco del settembre 2011 e la fine del 2013. In agosto lo stock di prestiti risulta inferiore dell'1,4% rispetto al livello di fine 2013, ma da maggio si osserva una sostanziale stabilizzazione.
Sull'andamento di agosto ha sicuramente inciso lo sblocco della nuova tranche di pagamenti degli arretrati della pubblica amministrazione, che sono saliti di oltre 5 miliardi tra metà luglio e la seconda metà di settembre. Al netto di questo fattore, i prestiti dovrebbero essere di fatto invariati. Perciò il nuovo calo è in buona misura più apparente che reale. Le condizioni del credito rimangono molto severe, ma qualche piccolo progresso si intravede.
|
Il Fondo Monetario Internazionale (FMI) nel rapporto autunnale sull’economia mondiale ha abbassato le previsioni per la crescita mondiale: +3,3% nel 2014 (era al +3,4% nelle previsioni di luglio) e +3,8% nel 2015 (dal +4,0% di luglio).
La ripresa rimane “debole” e “diseguale” e il futuro resta “nuvoloso”. Sussistono chiari rischi al ribasso: i) la possibile sottovalutazione dei rischi sui mercati finanziari causata da un periodo molto lungo di bassi tassi di interesse; ii) le tensioni geopolitiche divenute più rilevanti; iii) la possibilità che la ripresa nell’Area euro entri in stallo, la domanda si indebolisca ulteriormente e la bassa inflazione si trasformi in deflazione.
Non cambia la previsione per i paesi avanzati che cresceranno dell’1,8% quest’anno e del 2,3% il prossimo. Faranno ancora da traino gli Stati Uniti che cresceranno del 2,2% nel 2014 (previsione rivista al rialzo dall’1,7% di luglio) e del 3,1% nel 2015, mentre si trova in una sostanziale fase di stagnazione l’Eurozona, il cui PIL salirà dello 0,8% nel 2014 (rivisto al ribasso da 1,1% in luglio) e dell’1,3% nel 2015 (da 1,5%). Per i paesi emergenti, che cresceranno del 4,4% nel 2014 e del 5,0% nel 2015, il tema dominante è la riduzione del potenziale di crescita. Se considerati nel loro insieme il potenziale è oggi più basso di 1,5 punti percentuali rispetto a quello del 2011.
Gli esperti dell’FMI raccomandano il mantenimento dell’attuale contesto di politica monetaria accomodante e bassi tassi di interesse fintanto che la domanda rimarrà debole e l’utilizzo di politiche economiche che non mettano in dubbio la credibilità dei percorsi di consolidamento dei conti pubblici messi in atto negli ultimi anni. Questo non significa che non c’è spazio per politiche di sostegno alla ripresa: gli investimenti pubblici in infrastrutture, anche quando finanziati dal debito, possono aiutare a sostenere la domanda nel breve termine e l’offerta potenziale nel medio termine. Resta fondamentale l’implementazione di riforme strutturali calibrate sulle necessità dei singoli paesi ed effettivamente attuabili a livello politico.
|
La Banca Mondiale ha tagliato le proprie previsioni di crescita per la Cina spiegando che “le misure prese per contenere il debito dei governi locali, per controllare il sistema bancario ombra e per contrastare le capacità in eccesso, la forte domanda energetica e l'elevato inquinamento, ridurranno gli investimenti e la produzione manifatturiera”.
Secondo la World Bank, il PIL della Cina si espanderà quest'anno del 7,4% (dal +7,7% nel 2013) in misura inferiore a quanto stimato in precedenza (+7,6%), sostanzialmente in linea con l'obiettivo di una crescita "intorno al +7,5%" più volte ribadito dal governo cinese. Nel 2015 l'economia cinese crescerà del 7,2% invece che del 7,5%, come previsto precedentemente.
Si tratta di un rallentamento fisiologico rispetto al ritmo di crescita medio del periodo 2000-2007 (+10,5%) per un'economia che sta riducendo il gap con i paesi avanzati e sta riequilibrando la struttura della domanda dagli investimenti ai consumi privati. La Cina contribuisce per poco meno di un terzo alla crescita del PIL mondiale in termini percentuali e la decelerazione della sua economia ha anche ripercussioni a livello globale su domanda e prezzi delle commodity.
Il CSC, già negli Scenari economici del dicembre 2013, ha abbassato le proprie previsioni per il PIL cinese nel 2014 a +7,3% e nel 2015 a +7,0%. Per la prossima settimana sono attese le nuove previsioni del Fondo Monetario Internazionale contenute nel World Economic Outlook.
|
In Germania gli ordini all’industria sono calati più dell'atteso in agosto (-5,7% su luglio, -4,1% rispetto ad un anno prima) e ciò rende sempre più concreto il rischio di contrazione dell'attività manifatturiera in autunno. Al crollo degli ordini esteri (-8,4%) si è aggiunto la flessione di quelli interni (-2,0%). I primi hanno risentito del rallentamento dei paesi emergenti; su di essi hanno, inoltre, pesato gli effetti delle sanzioni che hanno penalizzato l’export verso la Russia. Ma anche la domanda dal resto dell’Eurozona va male (-5,7%).
Stando alle indagini qualitative le difficoltà sono proseguite in settembre. L'indice IFO sulla fiducia delle imprese tedesche è sceso, infatti, per il quinto mese consecutivo: -1,6 punti, con la componente ordini passata da -11,7 a -14,3 (da -13,3 a -15,7 la valutazione sugli ordini esteri).
Modified on by Francesca Mazzolari 4FA354D1-7A29-494B-C125-75BD00453493 [email protected]
|
Più forte del previsto, a settembre, l’aumento di occupati non agricoli negli USA (+248 mila, dopo il +180 mila di agosto) e cala ancora il tasso di disoccupazione, a 5,9% della forza lavoro (da 6,1%), il livello più basso da luglio 2008.
L’andamento dell’occupazione riflette, con leggero ritardo, la forte ripresa del PIL nel secondo trimestre (+4,6% annualizzato) ma è anche foriero di un’ulteriore espansione dell’economia nel terzo come, peraltro, segnalato dagli indici di attività ISM sia nel manifatturiero (a 56,6% a settembre da 59,0), sia nei servizi (58,6 da 59,6).
|
Nel secondo trimestre 2014 è continuata la discesa dei prezzi delle abitazioni: -0,6% rispetto al primo trimestre, quando erano diminuiti dell'1,0% sul quarto 2013 (fonte ISTAT).
La velocità di caduta è in rallentamento, ma le prospettive per il terzo trimestre rimangono negative (indagine Banca d'Italia).
Da metà 2011 le quotazioni delle case sono diminuite del 12,8%. In particolare, dal picco di inizio 2008 le abitazioni esistenti hanno perso più di un quinto del loro valore (-20,8%).
Nonostante questo forte calo, senza precedenti nel secondo dopoguerra, il rapporto tra prezzi delle case e reddito disponibile pro-capite, che misura l'accessibilità delle abitazioni, è ancora del 2,2% superiore alla media di lungo periodo, a causa della contemporanea flessione dei redditi.
|
Nell’Eurozona il PMI dei servizi è sceso in settembre a 52,4 da 53,1 di agosto. Sono emersi ulteriori indicazioni di rallentamento della crescita di ordini e attività, i cui indici hanno toccato i minimi da sei mesi. Tra le principali economie europee l’indice terziario registra un’accelerazione solo in Germania (55,7 da 54,9), grazie al maggiore afflusso di nuovi ordini; in Spagna indica una minore espansione (55,8 da 58,1) con ordini in frenata e occupazione stabile; come rilevato in Italia, il PMI dei servizi continua a peggiorare anche in Francia, dove è sceso a 48,5 (da 50,3) con ordini in calo e prospettive in marcato deterioramento.
Il PMI composito, che sintetizza le performance del terziario e del manifatturiero, segnala un rallentamento dell’attività nell’Eurozona, soprattutto a causa della contrazione rilevata in Francia e Italia, che è stata mitigata dalla migliore performance della Germania, unica nazione dove si è registrata un’accelerazione del ritmo di crescita della produzione (grazie ai servizi). In settembre l’indice è sceso a 52,0 da 52,5 (minimo da 10 mesi), portando la media trimestrale a 52,8 (da 53,8 nel secondo) ai livelli più bassi dal quarto trimestre 2013. La componente nuovi ordini segnala una crescita meno veloce rispetto ai mesi scorsi e ciò preannuncia una dinamica debole dell’attività nell’ultimo trimestre dell’anno.
|
Sintesi della Nota di aggiornamento al Documento di Economia e Finanza
(approvata dal Governo il 30 settembre e resa pubblica il 2 ottobre 2014)
Quadro macroeconomico[1]: il Governo rivede al ribasso in modo significativo le stime di crescita: quest’anno si chiuderà con una riduzione del PIL dello 0,3% (contro una stima presentata ad aprile di un aumento dello 0,8%); il prossimo la crescita del PIL si attesterà allo 0,5%. Nel 2016 dovrebbe salire allo 0,8%, l’anno successivo all’1,1% e nel 2017 attestarsi all’1,2%. In termini nominali, la crescita del PIL è stimata allo 0,5% quest’anno (contro l’1,7% stimato ad aprile scorso), all’1,0% l’anno prossimo (contro il 2,5% di aprile), al 2,1% nel 2016, al 2,7% nel 2017 e al 2,8% nel 2018. Questo scenario incorpora gli effetti delle riforme immediatamente efficaci sinora approvate (quadro tendenziale). Accanto a questo, il Governo ha presentato uno scenario programmatico che incorpora anche gli effetti delle principali misure previste dal disegno di legge di stabilità che verrà presentato nei prossimi giorni (rifinanziamento dello sgravio IRPEF, riduzione del prelievo fiscale sulle imprese, effetti delle riforme di giustizia, PA, competitività e lavoro). In questo la crescita del PIL dovrebbe essere leggermente superiore rispetto allo scenario tendenziale sia nel 2015 (+0,1%) sia negli anni a seguire (+0,2%).
La revisione al ribasso delle previsioni di crescita sconta il peggioramento del quadro economico attribuibile, secondo la Nota, all’indebolimento del commercio internazionale e ad una dinamica sfavorevole dei prezzi relativi di beni e servizi tra Italia e gli altri paesi euro. A ciò si aggiunge un effetto negativo sugli investimenti privati attribuibile al pagamento dei debiti delle PA più diluito nel tempo di quanto programmato ad aprile e la revisione al ribasso degli effetti derivanti dalle riforme già realizzate e dovuta ai ritardi nella loro implementazione. Per il prossimo anno la debole ripresa sarebbe attribuibile, secondo il Governo, all’attenuazione del credit crunch, anche grazie agli interventi della BCE, e all’aumento delle esportazioni derivante dalla ripresa della domanda interna all’Eurozona.
Finanza pubblica: nella Nota i saldi di bilancio sono rivisti in peggioramento rispetto a quanto indicato nel DEF presentato ad aprile scorso. Nello scenario tendenziale il deficit quest’anno è stimato al 3,0% del PIL (contro il 2,6% di aprile), l’anno prossimo al 2,2% (contro l’1,8% di aprile), nel 2016 all’1,8%, nel 2017 all’1,2% e l’anno dopo allo 0,8% del PIL. Il rallentamento del PIL nominale, che influisce negativamente sul deficit, è solo in parte compensato dalla riduzione dei tassi di rendimento sui titoli di Stato che vale un risparmio di spesa, rispetto a quanto indicato ad aprile, quantificato dal Governo in 5,8 miliardi (0,4% del PIL) quest’anno e 7,8 miliardi (0,5% del PIL) il prossimo.
Nello scenario programmatico il Governo indica che intende rallentare il percorso di rientro del deficit rispetto a quanto indicato in precedenza. L’obiettivo del pareggio strutturale viene rinviato al 2017 (dal 2016) e per il 2015 è programmata un’espansione di 0,7 punti di PIL (11,5 miliardi) rispetto al deficit tendenziale che, nelle intenzioni del Governo, dovrebbe finanziare spese per la crescita e la riduzione della pressione fiscale. Il deficit programmato per il 2015 è quindi pari al 2,9% del PIL mentre quello strutturale allo 0,9%. La deviazione nel percorso di risanamento è giustificata, secondo quanto prevedono i trattati europei, con il peggioramento del quadro economico e con l’intenzione di realizzare importanti riforme strutturali.
D’altra parte, il Governo ha quantificato gli effetti che avrebbe sull’economia italiana, una manovra correttiva di dimensione tale da raggiungere il pareggio strutturale nel 2015: occorrerebbe una manovra da 0,9 punti percentuali di PIL che genererebbe una contrazione del PIL, rispetto al tendenziale, di 0,3 punti nel 2015 e di 0,1 punti nel 2016. Il rispetto della regola del debito imporrebbe una correzione di 2,2 punti di PIL e la contrazione del PIL salirebbe a 0,8 nel 2015 e a 0,1 punti nel 2016. Le stime delle ricadute sul PIL sono da considerare per difetto, perché utilizzano parametri che si sono rivelati negli ultimi anni decisamente sottostimati.
Nello scenario programmatico il percorso di rientro viene rinviato al biennio 2016-2017, anni in cui, per raggiungere il pareggio di bilancio (in termini strutturali), si intende realizzare una correzione strutturale di 0,9 punti (0,5 nel 2016 e 0,4 l’anno successivo). Il deficit complessivo dovrebbe scendere nel 2016 all’1,8% del PIL, l’anno seguente allo 0,8% per raggiungere lo 0,2% nel 2018. La correzione strutturale viene blindata da una clausola di salvaguardia che verrà inserita nella prossima legge di stabilità e che, in mancanza di interventi alternativi, recupererà 12,4 miliardi nel 2016, 17,8 miliardi nel 2017 e 21,4 miliardi nel 2018 attraverso l’aumento delle aliquote IVA e di altre imposte indirette. Si tratta di un intervento che, secondo le stime del Governo, se realizzato genererebbe una perdita di PIL quantificabile in 0,7 punti percentuali a tutto il 2018. Anche questa stima va considerata per difetto. D’altra parte la clausola di salvaguardia è in questo momento indispensabile per rendere credibile il nuovo percorso di rientro e quindi più accettabile per i partner e la Commissione europei l’aumento del deficit nel 2015 e il rinvio dell’aggiustamento del saldo strutturale.
Inevitabilmente, rallenta il percorso di riduzione del debito pubblico per effetto del peggioramento del quadro economico e del rinvio del pareggio di bilancio. Su quest’anno influiranno anche le minori entrate da privatizzazioni, rispetto a quelle previste, per circa 0,4 punti di PIL. Per il 2015-18 è invece confermato l’obiettivo di incassare, da queste, lo 0,7% del PIL all’anno.
[1] La Nota di aggiornamento al DEF tiene conto della revisione del sistema dei conti nazionali (passato dal SEC95 al SEC2010). Tale innovazione ha comportato per il 2013 un miglioramento di due decimi di punto del rapporto deficit/PIL e di 4,8 punti del rapporto debito/PIL.
Modified on by Alessandro Fontana F595E195-0F43-9B98-C125-74F6003724C0 [email protected]
|
L’indagine mensile sul settore terziario italiano (condotta da Markit) conferma in settembre il quadro di profonda debolezza già emerso nei mesi scorsi: il PMI dei servizi italiano è diminuito per il terzo mese consecutivo, attestandosi a 48,8 (da 49,8 di agosto, minimo da dicembre 2013), al di sotto della soglia neutrale di 50 che separa l’area di contrazione da quella di espansione. Il calo è guidato dalla riduzione degli ordini, dovuta all’ulteriore indebolimento della domanda interna.
Nel terzo trimestre l’indice è sceso a 50,5 (dal 52,2 nel secondo) segnalando una sostanziale stagnazione dell’attività nei servizi; più marcato il peggioramento della componente nuovi ordini, con il relativo indice che è calato a 50,9 (-2,4 punti in meno nel trimestre), evidenziando un debole afflusso di commesse.
Il PMI composito, che sintetizza la dinamica nel manifatturiero e nei servizi, è sceso in settembre a 49,6 (dal 49,9 in agosto, minimo da novembre scorso), per il secondo mese consecutivo in area di contrazione. La flessione è dovuta al settore terziario, visto che la produzione manifatturiera è stata giudicata in lieve aumento a settembre. Nel trimestre il PMI composito si è attestato a 50,9 da 53,2, valore coerente con una sostanziale stagnazione del PIL nei mesi estivi.
Il modello trimestrale del CSC, che tiene conto anche di altri indicatori (qualitativi e quantitativi), segnala invece una flessione dello 0,1% sul secondo trimestre.
|