Nel 2013 i flussi di IDE (1,45 trilioni di dollari) nel mondo sono tornati ai livelli pre-crisi (1,49 trilioni di dollari nel periodo 2005-2007). E’ il secondo anno consecutivo che i paesi in via di sviluppo (0,8 trilioni di dollari nel 2013) ricevono più capitali esteri dei paesi sviluppati (0,6 trilioni di dollari). I flussi di IDE nel mondo sono ancora sotto il massimo storico raggiunto nel 2007 (2,0 trilioni di dollari) ma stanno riducendo la distanza e l’UNCTAD stima che dal 2014 al 2016 i flussi continueranno a crescere a un ritmo di 1,73 trilioni di dollari annui. Nei prossimi due anni l’UNCTAD prevede un maggiore afflusso di capitali esteri nei paesi sviluppati, in seguito alla ripartenza delle principali economie, rispetto a quello previsto nei paesi in via di sviluppo a causa della fragilità di alcune economie e dei maggiori rischi politici in alcune regioni.
Nel 2013 il 52% del flusso di IDE mondiale è andato ai paesi in via di sviluppo. L’area più attrattiva resta l’Asia (con una quota mondiale del 29%), superando anche il flusso ricevuto dall’Unione Europea (tradizionalmente l’area con la più alta quota mondiale). Il 39% è andato ai paesi sviluppati e il restante 9% alle economie in transizione.
Il 39% dei flussi di capitali esteri nel mondo nel 2013 è venuto dai paesi emergenti (paesi in via di sviluppo e economie in transizioni) il restante 61% dai paesi sviluppati. Nel 1999 la quota dei paesi emergenti, come investitori internazionali, era appena pari al 12%. Più dei 2/3 delle acquisizioni da parte dei paesi emergenti ha riguardato imprese localizzate negli altri paesi emergenti (IDE da sud a sud del mondo). La metà di queste imprese acquisite era costituita da affiliate di imprese multinazionali di proprietà dei paesi sviluppati.
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Il 2017 si candida ad essere l'anno spartiacque, quello della svolta globale, il primo dal 2011 in cui le previsioni potrebbero essere non solo confermate ma addirittura ritoccate all’insù. Lo slancio trae forza dalla sua coralità: vi contribuiscono, come non accadeva da anni, sia i paesi avanzati sia gli emergenti.
L’industria manifatturiera, la cui produzione è osservata un po’ ovunque in rapido aumento, è il volano; il commercio estero, che è tornato a espandersi con vigore, è la cinghia di trasmissione. Il legame forte tra il primo e il secondo sono gli investimenti.
Nell'Eurozona gli investimenti sono attesi in aumento sulla base dell’indicatore anticipatore CSC (al top da 8 anni e mezzo). Il grado di utilizzo degli impianti ha toccato l’83% nel trimestre in corso, il massimo storico.
In Italia prosegue la corsa dell'export e volano gli investimenti grazie alle misure incentivanti. Nel 2016 sono cresciuti del 7,6% gli investimenti in macchinari e mezzi di trasporto e a inizio 2017 si registrano ulteriori progressi. Ma la crescita resta ancora troppo lenta e il credito insufficiente. Su questo quadro sostanzialmente positivo e che fa ben sperare pesa però l'ombra lunga del rischio protezionismo.
Per maggiori dettagli vedi qui.
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In dicembre l’export italiano extra-UE in valore è aumentato del 3,2% rispetto a novembre; tutti i raggruppamenti di beni sono risultati in crescita; particolarmente forte l’incremento delle vendite di prodotti intermedi (+5,1%). In riduzione, invece, le importazioni dall’extra-UE (-3,7%), contrazione fortemente influenzata dal crollo degli acquisti energetici (-10,3%; -1,1% l’import al netto dell’energia).
Acquisisce forza sulla dinamica dell’export l’aumento di competitività dovuto alla svalutazione dell’euro, iniziata in aprile e tuttora in corso: nel quarto trimestre la crescita delle vendite extra-UE ha accelerato (+1,8% sul terzo trimestre, da +0,8%).
I mercati di destinazione più dinamici sono stati i paesi del Sud-est asiatico e gli Stati Uniti. La robusta crescita della domanda interna statunitense e il forte deprezzamento dell’euro sul dollaro (-16,7% da maggio) continueranno a sostenere l’export italiano.
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L'indice ZEW che misura il sentimento economico di investitori e analisti tedeschi è aumentato per la seconda volta consecutiva in dicembre (a 16,1 punti, da 10,4 in novembre), al di sopra delle attese del mercato (15). I dati confermano le indicazioni fornite in novembre sia dall’indice IFO sulla fiducia delle imprese, aumentato sensibilmente rispetto a ottobre (a 109 da 108,2), sia dagli indici di attività PMI, in crescita di 0,8 punti nel manifatturiero (a 52,9) e di 1,1 punti nei servizi (a 55,6).
Il miglioramento delle prospettive economiche in Germania acquista particolare rilevanza se si considera l’attuale contesto economico e sociale del paese. Il maggiore ottimismo indica, infatti, che gli investitori hanno fiducia nella capacità dell’economia di superare le difficoltà legate al rallentamento delle economie emergenti, che si riflette marcatamente sulle esportazioni e frena l’espansione industriale, e alle forti tensioni sociali e politiche dovute all’afflusso dei rifugiati.
Migliorano tra gli operatori anche i giudizi sull’economia dell’Eurozona per quel che riguarda sia la situazione corrente (da -10 a -9,6) sia, in particolare, quella futura (da 28,3 a 33,9).
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In gennaio l’export italiano extra-UE in valore è diminuito del 2,4% rispetto a dicembre, correggendo parzialmente il precedente aumento (+3,2%). Il calo si riduce al netto della componente energetica: -1,6% (da +3,0%).
Ancora in aumento le vendite di beni intermedi (+0,4%, da +5,1%), mentre vira in negativo la dinamica di quelle di beni di consumo (-1,9%, da +2,7%) e di investimento (-2,7%, da +1,9%).
Prosegue il calo delle importazioni extra-UE (-0,4%, da -3,7%), determinato interamente dalla caduta degli acquisti di energia: al netto di questi, l’import è aumentato dell’1,6% (da -1,1%). Gli acquisti di beni intermedi costituiscono la componente più dinamica (+5,5%, da -1,0%).
Pesa in negativo il crollo degli scambi con la Russia: -36,7% tendenziale le esportazioni e -40,2% le importazioni. In positivo, invece, la corsa di quelli con gli Stati Uniti: +24,4% le vendite e +15,6% gli acquisti. La robusta domanda USA e l’euro meno forte continueranno a sostenere l’export italiano.
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In gennaio le esportazioni italiane sono diminuite dell’1,8% a prezzi costanti rispetto a dicembre, a causa del forte calo delle vendite nei paesi extra-Ue (-5,9%), parzialmente compensato dalla crescita di quelle verso i paesi Ue (+1,3%). In riduzione tutti i raggruppamenti di beni, con quello energetico che ha subito la contrazione più forte (-14,2%); al netto dell’energia le vendite all’estero italiane diminuiscono dell’1,4%. È molto debole la domanda di beni italiani dei paesi produttori di petrolio (Russia, Mercosur e OPEC), per il crollo delle quotazioni oil, di quelli asiatici e in particolare della Cina; paesi che rappresentano circa il 15% delle esportazioni italiane.
Le importazioni invece sono aumentate dell’1,1% a gennaio, grazie all’aumento degli acquisti dall’estero dei beni di consumo, intermedi e strumentali. Al netto della componente energetica (-8,2%), l’import è aumentato dell’1,7%.
A febbraio 2016 si sono indebolite le prospettive per l’export italiano, secondo gli indicatori qualitativi sugli ordini esteri nel manifatturiero (PMI e giudizi delle imprese), scesi sui valori minimi da tredici mesi.
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L’export italiano è diminuito del 2,4% in gennaio (a prezzi costanti), annullando in gran parte il rimbalzo di dicembre (+2,9% su novembre). Giù le vendite sia nei paesi UE (-2,7%) sia in quelli extra-UE (-2,2%). Al netto della componente energetica (scesa del 15,5%) la riduzione delle esportazioni si ferma al -2,1%. Incrementi sono stati registrati solo nei beni intermedi (+0,3%).
Nonostante questa correzione, nel trimestre novembre-gennaio la domanda estera è cresciuta dell’1,0% sui tre mesi precedenti.
Al dato negativo dell’export si è contrapposto un forte miglioramento delle importazioni, aumentate del 2,5% su dicembre (+0,5% su novembre); ciò segnala una dinamica positiva della domanda interna e attese più favorevoli sulle future vendite degli esportatori. In particolare, sono risultati in crescita gli acquisti di beni intermedi (+5,7%) e di beni strumentali (+1,7%).
A febbraio sono migliorati sia la componente PMI relativa agli ordini esteri (indice a 55,2 da 52,9) sia il saldo dei giudizi sulla domanda estera (a -23 da -25) nell’indagine ISTAT presso le imprese manifatturiere. Ciò delinea una possibile accelerazione delle esportazioni nei prossimi mesi.
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In gennaio l’indice PMI Markit composito (che sintetizza la dinamica complessiva nel manifatturiero e nel terziario) segnala un’accelerazione dell’attività nell’Eurozona a un ritmo record in 12 anni: a 58,8 da 58,1 in dicembre (con un lieve ritocco all’insù rispetto alla stima flash di 58,6). Il livello dell’indice è superiore a quello registrato in media nell’ultimo trimestre del 2017 (57,2).
Tra i paesi, si posiziona al primo posto per intensità di crescita la Francia (indice a 59,6, livello più alto da giugno 2011), seguita dalla Germania (59,0, massimo da maggio 2011) e dall’Italia (59,0, record da luglio 2006). A livello settoriale, l’attività accelera nel terziario (indice a 58,0, da 55,9 nel quarto trimestre, con una leggera revisione al rialzo rispetto alla stima flash di 57,6) e cresce a ritmi quasi record nel manifatturiero (a 59,6 da 59,7 nel quarto trimestre).
Anche l’indice di sentiment economico elaborato dalla Commissione Europea (ESI) si è attestato a gennaio su livelli record da ottobre 2000 (a 114,7 da 114,3 nel quarto trimestre), grazie al miglioramento dell’ottimismo dei consumatori (+1,5 punti il saldo delle risposte) e delle imprese nei settori delle costruzioni (+2,8 punti) e dell’industria (+0,5). In particolare, l’indice di fiducia delle imprese industriali ha raggiunto il livello record dal 1985 (saldo delle risposte a +8,8 punti), grazie a migliori valutazioni sul livello degli ordini (+1,4 punti rispetto al quarto trimestre) e da aspettative più rosee circa la dinamica della produzione (+0,4 punti).
Il CSC
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Secondo le stime preliminari ISTAT diffuse oggi, il numero di persone occupate è sceso in maggio di 63mila unità rispetto ad aprile (-0,3%). Il bimestre registra comunque un incremento degli occupati di 63mila unità sulla media del primo trimestre, grazie al forte rimbalzo di aprile (+131mila unità, aumento mensile record).
A fronte di una forza lavoro in calo (-0,3% su aprile, piatta in media nei primi cinque mesi), il tasso di disoccupazione resta al 12,4%, valore registrato anche nel primo trimestre.
Nelle stime del CSC il numero di persone occupate crescerà nel 2015, registrando una variazione in media d’anno pari a +0,4%, e il tasso di disoccupazione si attesterà al 12,3%.
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La produzione nelle costruzioni è calata del 4,5% in novembre su ottobre, quando si era avuto un rimbalzo del 3,2% congiunturale.
Le avverse condizioni meteorologiche (nel mese si sono registrati valori eccezionali di precipitazioni, soprattutto nel Centro-Nord Italia) hanno contribuito a determinare la brusca riduzione mensile.
Nel quarto trimestre la variazione congiunturale acquisita è di -2,0% sul terzo, quando era arretrata dell’1,6% sul secondo. Si tratta del quinto calo trimestrale consecutivo (-10,9% cumulato).
L’indagine sulla fiducia rilevata dall’ISTAT presso le imprese di costruzioni segnala un peggioramento in dicembre, dopo quello di novembre, e non lascia intravedere un'inversione di tendenza per il trimestre in corso: l’indice generale è calato di 1,4 punti rispetto a novembre (quando era sceso di 3,4 su ottobre) e si è attestato sui livelli più bassi da giugno 2013; sono peggiorati giudizi e attese su ordini e piani di costruzione.
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Le immatricolazioni di auto in Italia sono aumentate in settembre del 2,1% congiunturale, dopo il +3,1% registrato in agosto (stime CSC). Rispetto a settembre 2015 si è avuto un incremento del 17,4%. Dal minimo di febbraio 2013 le immatricolazioni sono cresciute del 49,7% (-26,4% la distanza rispetto a dicembre 2007, picco pre-crisi).
Nel terzo trimestre 2016 si è registrata una crescita congiunturale nulla (dopo +0,7% nel secondo). È il primo stop dopo 10 trimestri consecutivi di crescita. La variazione acquisita ereditata dal quarto trimestre è di +2,4%.
Secondo le intenzioni d’acquisto di auto, rilevate nell’indagine ISTAT sulla fiducia dei consumatori, è destinato a proseguire anche nei prossimi trimestri il rallentamento delle immatricolazioni in Italia.
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Dopo la stabilizzazione osservata dall’ultimo quarto 2013, l’occupazione in Italia mostra in settembre i primi segnali di ripresa. Secondo le stime preliminari ISTAT, il numero di persone occupate è cresciuto dello 0,4% (+82mila unità rispetto ad agosto). L’aumento mensile (il più ampio da marzo 2011) porta la variazione nel terzo trimestre 2014 a +0,2% sul secondo, quando l’occupazione era rimasta piatta sui livelli di fine 2013.
A fronte di una forza lavoro in forte espansione (+0,5% in settembre su agosto), segno di diffusione di una percezione di miglioramento, il tasso di disoccupazione si è attestato sul 12,6% (stesso livello di novembre 2013, +0,1 punti sul mese precedente) e il numero di persone in cerca di occupazione ha toccato il massimo storico di 3 milioni e 236mila unità.
L’impatto della crisi continua a essere più marcato per i giovani: in settembre il tasso di disoccupazione tra i 15-24enni rimane al 42,9% e il tasso di occupazione al 15,6%.
Tasso di disoccupazione fermo su alti livelli anche nella media dell’Eurozona (in settembre sull’11,5% per il quarto mese consecutivo); elevatissimo in Spagna (24,0%), seppur in lenta riduzione dal picco di febbraio 2013 (26,3%); alto e fermo in Francia (10,5%), ai minimi in Germania (5,0%). Tra i 15-24enni il tasso di disoccupazione medio nell’Eurozona è al 23,3% (dal 24,0% di un anno prima), con ancora più ampia variabilità tra paesi membri: 53,7% in Spagna, 24,4% in Francia e 7,6% in Germania.

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In settembre il commercio mondiale è aumentato dell’1,9% su agosto, chiudendo il terzo trimestre con una crescita del 2,0% rispetto al secondo, quando aveva registrato +0,7% (-0,6% nel primo), e con un trascinamento dell’1,1% sul quarto. Ciò influenza positivamente la dinamica del 2014, rendendo probabile una crescita annua superiore a quella del 2013 (+2,7%).
Questa accelerazione è stata determinata dal forte aumento degli scambi mondiali dei paesi emergenti (+3,3% nel terzo trimestre da +0,7% nel secondo), il cui peso è quasi pari al 40% di quelli totali, e dal rafforzamento della crescita di quelli degli avanzati (+0,8% da +0,6%).
Le prospettive per la fine dell’anno sono meno positive. In ottobre la componente ordini esteri del PMI globale è diminuita a 50,9 da 52,2 di settembre. In novembre la stessa componente indica minore espansione in Cina e calo in Francia e in Germania (per la prima volta da luglio 2013).
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Nel quarto trimestre 2014 l’economia dell’Area euro è cresciuta dello 0,3% rispetto al terzo. Accelera fortemente il PIL tedesco con un +0,7%, contro il +0,3% atteso . Resta, invece, pressoché stagnante l’economia francese (+0,1%). In media d’anno, nel 2014, il PIL è cresciuto dell’1,6% in Germania e dello 0,4% in Francia.
Secondo le indicazioni dell’ufficio statistico tedesco, determinante è stato il contributo alla crescita della domanda interna e dei consumi in particolare, già molto aumentati nel terzo trimestre. In linea con le attese il rimbalzo degli investimenti, mentre la buona performance delle esportazioni, favorite dalla debolezza dell’euro, è stata in parte compensata dall’aumento delle importazioni.
In Francia, tengono i consumi (+0,2% sul terzo trimestre) ma continua la contrazione degli investimenti (-0,5%). Compiono un balzo notevole le esportazioni (+2,3%).
Con una crescita acquisita dello 0,5%, il risultato pone la Germania in ottima posizione a inizio 2015. Una disoccupazione ai minimi storici, il calo dei prezzi della benzina e il miglioramento della fiducia delle famiglie lasciano prevedere una forte espansione dei consumi nei prossimi trimestri. E ciò si traduce, come peraltro confermato dall’aumento della fiducia tra le imprese, in migliori prospettive anche per la produzione, già favorita dagli effetti del deprezzamento dell’euro sulle esportazioni e dai minori costi delle commodity.
Questi ultimi due fattori contribuiranno a migliorare le prospettive di crescita anche in Francia che entra nel nuovo anno con un acquisito pari a +0,2%. La riduzione dei prezzi energetici aumenterà il potere d’acquisto delle famiglie, ne attenuerà il pessimismo e aumenterà la loro propensione alla spesa.
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Nel primo trimestre del 2017 il PIL della Germania è cresciuto dello 0,6% congiunturale (stima flashdi Destatis), accelerando il passo rispetto al quarto 2016 (+0,4%). In base alle stime preliminari hanno contribuito all’accelerazione sia la domanda interna sia quella estera. Quanto alla domanda interna, in particolare, hanno fornito un apporto sostanziale gli investimenti fissi lordi in costruzioni e, in misura minore, in macchinari e attrezzature.
A livello settoriale, nel primo trimestre la produzione è cresciuta a ritmi sostenuti nelle costruzioni (+4,7% sul quarto 2016, quando aveva registrato -1,3%), grazie anche alle favorevoli condizioni meteorologiche, e nell’industria (+0,9%, dopo +0,2%).
Gli indicatori qualitativi hanno raggiunto in aprile livelli record in circa sei anni (PMI composito a 56,7 e sentimento economico ESI a 111,6 punti) e sono coerenti con una crescita del PIL tedesco nel secondo trimestre intorno allo 0,65-0,75%.
Il CSC
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Secondo la stima preliminare del BEA (Bureau of Economic Analysis), il PIL degli Stati Uniti è cresciuto del 2,9% annualizzato nel terzo trimestre sul secondo, quando aveva registrato +1,4% sul primo. Il dato è superiore alle attese (+2,5%) e si aggiunge alle indicazioni positive provenienti dalla solida crescita dell’occupazione (+192mila nuovi posti al mese nel terzo trimestre) e dall’aumento dei salari orari (+2,6% annuo). Ciò rende ancora più probabile il primo aumento dei tassi FED entro fine 2016.
L’accelerazione del PIL è stata sostenuta, in particolare, da un maggiore accumulo di scorte (dopo cinque trimestri di diminuzione), da un forte aumento dell’export (a un passo molto più rapido di quello dell’import) e da un incremento della spesa pubblica (grazie a maggiori esborsi del governo federale e minori tagli di quelli statali e locali). Hanno offerto contributi positivi alla crescita del PIL anche i consumi, seppur in rallentamento rispetto al secondo trimestre, e gli investimenti fissi non residenziali, mentre quelli residenziali hanno continuato a scendere.
Nell’ultimo quarto dell’anno i consumi saranno ancora sostenuti dalla buona dinamica di occupazione e redditi. Prospettive deboli, invece, per gli investimenti fissi non residenziali provengono dall’andamento altalenante degli ordini di beni capitali (esclusi difesa e aerei; -1,2% in settembre dopo +1,2% in agosto). Gli ultimi dati qualitativi segnalano un consistente aumento degli ordini sia nel terziario sia nel manifatturiero, che garantisce una buona dinamica dell'economia anche nei prossimi mesi.
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Il deprezzamento del rublo nei confronti di dollaro ed euro prosegue a ritmi sempre più forti. La decisione di ieri della Banca centrale di alzare il tasso di interesse di riferimento al 17% (+650 punti base, sesta stretta da inizio 2014) ha provocato un rimbalzo della valuta russa che è durato solo poche ore. A metà mattinata la moneta russa è scambiata a 92 contro l’euro (80 in chiusura ieri, 45 all’inizio del 2014) e a 74 contro il dollaro (64 ieri, da 33 a gennaio).
Il valore del rublo si è sostanzialmente dimezzato nel corso del 2014, in cui la fuga dei capitali dalla Russia, iniziata per la crisi con l’Ucraina e le sanzioni occidentali, ha drammaticamente accelerato nelle ultime settimane per il forte calo del prezzo del petrolio, oramai sotto i 60 dollari al barile. Poiché dall’energia derivano un quarto del PIL, il 70% dell’export e metà del bilancio russi, gli interventi restrittivi della Banca centrale sui tassi di interesse hanno poche chance di fermare la fuoriuscita di capitali. Anzi, rischiano di alimentarla perché aggravano le prospettive dell’economia russa, in contrazione già dal trimestre in corso.
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L’attività edile italiana è aumentata dell’1,8% in agosto su luglio, quando c’era stato un incremento dello 0,1% su giugno. Il terzo trimestre registra una variazione congiunturale acquisita (cioè quella che si avrebbe se la variazione in settembre fosse nulla) di +1,2%, dopo -1,0% nel secondo e +0,6% nel primo. La produzione edile dovrebbe quindi tornare a contribuire positivamente alla variazione congiunturale del PIL nei mesi estivi.
Gli indicatori qualitativi nel settore delle costruzioni offrono segnali incoraggianti. Tra luglio e settembre la fiducia degli imprenditori edili (indagine ISTAT) è migliorata rispetto a quella registrata nel secondo trimestre (+1,9 punti), con giudizi più favorevoli su attività corrente e su ordini e piani di produzione. In particolare, in settembre l’indicatore ha più che compensato la caduta di agosto (+3,7 punti dopo -2,7) e ha raggiunto il livello più elevato da marzo 2008 (132,1). Sono inoltre migliorate, in settembre (al top da febbraio 2007) e nella media del terzo trimestre, le valutazioni dei direttori degli acquisti (indagine PMI Markit).
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La dinamica di ordinativi e fatturato dell’industria italiana risulta vivace a fine 2016 e le prospettive appaiono favorevoli. Ciò è coerente con un miglioramento dello scenario economico italiano a inizio 2017.
In dicembre gli ordinativi, in volume, sono aumentati del 2,2% (stime CSC, +2,8% a prezzi correnti), dopo +1,8 in novembre e +1,2% in ottobre. L’incremento mensile è dipeso esclusivamente dalla domanda interna (+6,2%), che era aumentata nei due mesi precedenti (+2,6% cumulato). Gli ordini esteri sono diminuiti del 2,6% (dopo +3,5% cumulato in ottobre e novembre). Nel quarto trimestre gli ordini totali registrano una variazione congiunturale di +1,7% (invariati nel terzo) e lasciano intravedere un miglioramento dell’attività nella prima parte dell’anno in corso.
L’andamento in volume del fatturato dell’industria italiana è risultato in crescita per il terzo mese di fila: +1,9% a dicembre (+2,6% a prezzi correnti), dopo +2,5% in novembre e +1,0% in ottobre. L’aumento dei volumi è da attribuirsi principalmente al mercato estero (+4,9%) poiché quello interno è rimasto quasi stabile (+0,5%). Il fatturato totale mostra nel quarto trimestre una variazione congiunturale in volume di +1,7%, dopo +1,2% nel terzo.
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Continua, e a ritmi più rapidi del previsto, per il diciannovesimo mese consecutivo, l’espansione dell’economia dell’Eurozona. A gennaio, l’indice PMI composito, di manifatturiero e servizi, è salito di 0,8 punti, a 52,2, il livello più elevato degli ultimi cinque mesi. L’attività accelera sia nel manifatturiero (51,0 da 50,6) sia nei servizi (52,3 da 51,6) e si riflette anche sull’occupazione, che registra l’espansione mensile più rilevante dallo scorso luglio.
Forti restano, tuttavia, le divergenze tra i vari paesi: accelera la Germania (52,6 da 52,0); si accentua la contrazione della Francia (49,5 da 49,7), dove, però, si attenua la caduta nel manifatturiero (49,3 da 45,6). Il fatto che la dinamica in entrambi i due principali paesi dell'Eurozona è peggiore della media implica che il resto, e probabilmente anche l'Italia, sia andato meglio.
Calano fortemente sia i prezzi di acquisto, per il crollo dei prezzi energetici, riducendo significativamente i costi per le imprese, sia i prezzi di vendita, per una domanda ancora debole che spinge a trasferire rapidamente sui listini la diminuzione dei costi.
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L’indice ZEW - che misura la fiducia degli analisti e degli operatori finanziari tedeschi - è aumentato per il quinto mese consecutivo a marzo portandosi a quota 54,8 (da 53,0), il livello più elevato da febbraio 2014 e ben al di sopra della media di lungo periodo (24,7). Migliorano, in particolare, i giudizi sulla situazione economica corrente (+9,6 punti, a 55,1). Sale, inoltre, significativamente, l’ottimismo degli operatori finanziari sulla condizione economica dell’Eurozona (+9,7 punti, a 62,4, sopra le attese che puntavano a 58,2).
L’economia tedesca è sostenuta dall’euro debole, dal calo dei prezzi energetici e dagli effetti del programma di quantitative easing (QE) recentemente avviato dalla BCE, di cui la Germania è il maggiore beneficiario. I dati sul mercato del lavoro confermano l’attuale momento positivo (tasso di disoccupazione al 6,5%, minimo dal 1991). Il calo dei prezzi della benzina e i forti aumenti salariali sosterranno ulteriormente i redditi delle famiglie e la fiducia.
In prospettiva, alcuni tra gli investitori tedeschi esprimono, però, qualche preoccupazione per i limitati progressi nella soluzione delle crisi russo-ucraina e del debito sovrano greco; mostrano, inoltre, alcuni timori anche per la creazione di un’eventuale bolla finanziaria come possibile effetto del QE.
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In novembre l’indice IFO sulla fiducia delle imprese industriali e dei servizi tedesche è sensibilmente aumentato rispetto ad ottobre (109 da 108,2). Sono, infatti, migliorati sia giudizi sulla situazione economica corrente (di 0,7 punti) sia le aspettative a breve termine (di 0,8). Per il momento la fiducia delle imprese tedesche sembra non risentire eccessivamente né del rallentamento della crescita delle economie emergenti né degli scandali Volkswagen e Deutsche Bank. È ancora presto per valutare appieno se vi saranno ripercussioni per i recenti attacchi terroristici in Francia.
Maggiore ottimismo in tutti i settori: il saldo delle risposte, tra chi vede un miglioramento e chi un peggioramento, passa da 9,7 a 12,1 nel manifatturiero, da 0,7 a 2,6 nelle costruzioni e sale al massimo storico nel terziario (a 33,4 da 32,5).
Ciò conferma che il fattore trainante dell’economia tedesca resta la domanda interna. I consumi delle famiglie, aumentati dello 0,6% nel terzo trimestre, sono sostenuti da un’occupazione record, forti aumenti salariali, bassa inflazione e bassi tassi di interesse. Anche la spesa pubblica, aumentata dell’1,3% nello stesso periodo, contribuirà in modo significativo alla crescita nei prossimi trimestri, in particolare per gli stanziamenti previsti per i nuovi immigrati.
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L’indice IFO di fiducia delle imprese tedesche è salito a 108,6 in aprile (da 107,9 in marzo), un livello che non raggiungeva da giugno 2014. Il risultato conferma la solidità della crescita dell’economia tedesca agli inizi del secondo trimestre. Migliorano considerevolmente i giudizi sulla situazione corrente (da 112,1 a 113,9); peggiorano, seppur leggermente, le aspettative (da 103,9 a 103,5).
Il dato è in apparente contrasto con quello fornito, a inizio settimana, dall’indagine ZEW presso gli analisti e operatori finanziari, che ha rilevato, invece, un leggero peggioramento del “sentimento economico” (indice a 53,3 da 54,8) riguardo, in particolare, le prospettive di crescita dell’economia tedesca.
La divergenza tra i due indici sta probabilmente nel diverso peso dato dai rispondenti alle indagini a fattori chiave, quali il calo del prezzo dell’energia, l’indebolimento dell’euro, il QE della BCE e la crisi del debito greco. Diversa è, infatti, la valutazione dell’impatto che tali elementi esercitano sulla propria attività a seconda che si tratti di imprese produttrici (nel manifatturiero, nelle costruzioni e nel commercio), come nel caso dell’indagine IFO, o di imprese finanziarie, come nel caso dell’indagine ZEW.
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In aprile l’indice composito di fiducia economica (ESI), elaborato dalla Commissione europea, è aumentato di 1,6 punti su marzo nell’Area euro (a 109,6), registrando il sesto incremento mensile consecutivo e raggiungendo il livello più alto da agosto 2007; anche nell’Unione europea l’indice è ai massimi da quasi 10 anni. Il valore dell’ESI di aprile è coerente con una variazione del PIL nell’Area euro intorno a +0,7% nel secondo trimestre dell'anno, in ulteriore accelerazione rispetto alle stime di crescita nel primo.
Nel dettaglio paese, la fiducia è migliorata in Germania (+1,8 punti), Italia (+1,4), Francia (+1,2), Spagna (+1,0 punti) e Paesi Bassi (+0,8); è rimasta sostanzialmente stabile nel Regno Unito (+0,3 punti, a 110,5), su livelli di gran lunga superiori a quelli pre-Brexit (105,6 nel primo semestre 2016) e alla media storica (101,6). A livello settoriale, l’incremento della fiducia nell’Area euro ha riguardato diffusamente tutti i comparti: costruzioni (+3,7 punti), servizi (+1,4), commercio al dettaglio (+1,4) e industria (+1,3). In particolare, nell’industria sono migliorati significativamente i giudizi sugli ordini e sulle scorte di prodotti finiti mentre le attese di produzione sono rimaste invariate.
Anche tra i consumatori è aumentato l’ottimismo: l’indice di fiducia è salito di 1,4 punti, al livello più alto da agosto 2007, grazie soprattutto alle migliori aspettative circa la disoccupazione e la situazione economica futura.
Il CSC
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È continuata a giugno, al ritmo più rapido da quattro anni, l’espansione dell’economia dell’Eurozona, a conferma della solidità della ripresa economica nell’area. L’indice PMI composito, di manifatturiero e servizi, è salito di 0,5 punti (54,1), al livello più elevato da maggio 2011. L’attività accelera, in particolare, nei servizi (54,4 da 53,8) e acquista vigore anche nel manifatturiero (52,5 da 52,2).
Nel secondo trimestre l’indice composito risulta superiore, in media, di 0,6 punti rispetto al primo ed è coerente con una crescita del PIL pari ad almeno +0,4%. L’attività economica, sostenuta dal cambio favorevole, dai bassi prezzi dell’energia e dal QE della BCE, ha quindi intensificato il ritmo di crescita, nonostante l’incertezza generata dal prolungarsi della crisi greca.
Favorevoli le indicazioni provenienti dai due maggiori paesi dell’area. In Germania l’espansione è continuata, per il 26esimo mese consecutivo, a tassi sostenuti (PMI composito a 54,0 da 52,6), con un’accelerazione soprattutto nei servizi (54,2 da 53,0). In Francia (composito a 53,4 da 52,0) è tornato in espansione il manifatturiero (50,5 da 49,4), per la prima volta da aprile 2014, e ha alzato significativamente il ritmo di crescita il terziario (54,1 da 52,8), ai massimi da 46 mesi.
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L’indice di fiducia IFO, basato su un’indagine tra circa 7.000 imprese del manifatturiero, delle costruzioni e del commercio, è salito per il quinto mese consecutivo, ai massimi da luglio 2014, a marzo (a 107,9 da 106,8 in febbraio), a conferma del ritmo sostenuto della crescita dell’economia tedesca nel primo trimestre 2015.
Gli imprenditori si sono mostrati più ottimisti sia sulla situazione economica corrente sia sulle prospettive di crescita per i prossimi sei mesi. Secondo i loro giudizi, la debolezza dell’euro, il calo dei prezzi energetici e il programma di acquisto di titoli da parte della BCE (QE) continueranno a sostenere l’espansione economica in Germania e nel resto dell’Eurozona per un certo periodo di tempo.
L’indice di fiducia INSEE delle imprese francesi è balzato di ben due punti, a 96, il livello più elevato da aprile 2012. Cala leggermente la fiducia tra le imprese industriali, con l’indice a 99, un punto in meno sia rispetto a febbraio sia rispetto alla media di lungo periodo. Risale quella nel commercio al dettaglio (a 104 da 101) e nei servizi (a 93 da 92).
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A settembre l’indice ZEW, che misura il “sentimento economico” in Germania, è sceso di 12,9 punti rispetto ad agosto, attestandosi a 12,1 (media di lungo periodo: 24,9), il livello più basso dallo scorso dicembre. Pur restando complessivamente ancora ottimisti (il valore dell’indice resta, infatti, superiore allo zero), molti esperti intervistati cominciano, dunque, a nutrire forti dubbi sulle prospettive dell’economia tedesca nei prossimi sei mesi.
Si temono, in particolare, le ripercussioni negative del rallentamento delle economie emergenti. Nel secondo trimestre, infatti, l’economia tedesca è stata trainata dalla domanda estera, con un contributo netto del settore estero alla crescita del PIL pari a +0,7%: uno stimolo, questo, che difficilmente potrà essere replicato nei prossimi trimestri.
Tra gli esperti sono sensibilmente peggiorate anche le aspettative sull’economia dell’Eurozona: il relativo indice è calato di 14,3 punti (a 33,3 da 47,6 in agosto).
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In febbraio l’indice IFO, che misura la fiducia delle imprese industriali e dei servizi tedesche, è calato per il terzo mese consecutivo ed è al livello più basso da dicembre 2014 (a 105,7 da 107,3 in gennaio). Il dato, peggiore delle attese degli operatori, è peraltro in linea con la caduta dell’indice ZEW sulla fiducia di investitori e analisti finanziari tedeschi, sceso nello stesso mese di oltre 9 punti (a 1,0 da 10,2).
Il risultato è alquanto preoccupante, anche perché dovuto esclusivamente al forte peggioramento delle prospettive di crescita in tutti i settori (a 98,8 da 102,3), mentre sono migliorati, seppur di poco, i giudizi sulla situazione corrente (a 112,9 da 112,5). Nel manifatturiero, in particolare, si è registrato il maggiore crollo da novembre 2008 delle aspettative di produzione (a -9,0 da +1,2 il saldo delle risposte).
È migliorato leggermente il clima nelle costruzioni (a 0,3 da -0,5), nelle quali l’aumento della percentuale di giudizi positivi sulla situazione corrente, ai massimi storici, ha più che compensato il nuovo calo delle aspettative (il quarto consecutivo).
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Nel primo rilevamento dopo lo scoppio dello scandalo delle emissioni diesel alla Volkswagen, l’indice ZEW, che misura la fiducia tra analisti e investitori tedeschi, è sceso in ottobre di ben 10,2 punti rispetto a settembre, attestandosi a 1,9 (ampiamente sotto i 6 punti attesi dai mercati). Si tratta del valore minimo da un anno, molto sotto la media di lungo periodo (24,8). Peggiorano significativamente anche le valutazioni sulla situazione economica corrente (a 55,2 da 67,5).
Non hanno certamente aiutato a rinsaldare la fiducia tra gli operatori i recenti dati negativi (relativi ad agosto) sulla produzione industriale (-1,2% su luglio), sugli ordini (-2,1%) e sulle esportazioni (-5,8%), tutti peraltro fortemente influenzati dal minor numero di giorni lavorati. Inoltre, hanno pesato sul giudizio degli analisti i timori per i riflessi sulle prospettive di crescita della Germania del sensibile rallentamento delle economie emergenti.
La riduzione dei costi di produzione per il calo dei prezzi dell’energia, la maggiore competitività di prezzo per l’indebolimento dell’euro e il graduale recupero delle economie dell’Eurozona dovrebbero però limitare gli effetti negativi del calo della domanda estera; mentre i consumi, favoriti dai forti guadagni di potere d’acquisto delle famiglie e dai sensibili aumenti salariali, dovrebbero trainare quella interna.
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La fiducia delle imprese arretra ulteriormente in gennaio, pur restando su livelli elevati: l’indice composito di sentimento economico è sceso di 4,1 punti su dicembre, a 101,5 (terzo calo mensile consecutivo, minimo da marzo 2015). È stata forte la flessione della fiducia nei servizi di mercato (-7,3 punti in un mese) e nel commercio al dettaglio (-1,3); debole, invece, nelle costruzioni (-0,2 punti, dopo una forte caduta in dicembre).
Nel manifatturiero la fiducia è diminuita di 0,8 punti; tale correzione è da attribuirsi prevalentemente al peggioramento dei giudizi sugli ordini esteri e sui livelli di produzione (in entrambi i casi il saldo è sceso di 5 punti). Il livello in gennaio, comunque, resta tra i più alti da inizio 2011. Tra i settori la fiducia è migliorata solo nella produzione di beni di consumo.
È stato rilevato un maggiore ottimismo tra i consumatori: la fiducia è rimbalzata in gennaio (+1,2 punti dopo -0,7 in dicembre) toccando il record dall’inizio della rilevazione (1995). Il miglioramento dell’indice è dovuto soprattutto alle componenti relative al clima corrente (+4,4 punti) e al clima personale (+3,1). Le valutazioni strettamente connesse alle decisioni di spesa sono nettamente più favorevoli: migliorano ancora i giudizi sulla situazione economica della famiglia, sui bilanci familiari e sull’opportunità di acquisto di beni durevoli. Tale maggiore ottimismo si potrà tradurre in un atteggiamento meno prudente nelle decisioni di spesa, che è sostenuta anche dall’accresciuto potere d’acquisto dovuto alla caduta dei prezzi dei beni energetici.
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In aprile il PMI composito nell’Eurozona (che sintetizza la dinamica complessiva nel manifatturiero e nel terziario) si attesta sul livello più alto da maggio 2011 (56,7; stima flash Markit), segnalando espansione dell’attività a un ritmo superiore rispetto sia a quello rilevato in marzo (56,4) sia alla media del primo trimestre (55,6). Il valore del PMI composito in aprile, se confermato in maggio e giugno, è compatibile con una crescita del PIL dell’Eurozona dello 0,7% nei mesi primaverili (dopo il +0,6% coerente con i livelli medi registrati nel primo trimestre).
Il dettaglio settoriale indica un’accelerazione più marcata nel manifatturiero (indice PMI a 56,8 da 56,2 in marzo) rispetto ai servizi (a 56,2 da 56,0); si tratta in entrambi i casi di valori record in 6 anni.
A livello paese si segnala una decelerazione in Germania, dove il PMI composito, anche a causa del rallentamento degli ordini interni, è sceso al minimo da due mesi (56,3, da 57,1 in marzo, top degli ultimi 6 anni), pur restando al di sopra del livello medio del primo trimestre (56,0); è aumentato, invece, il PMI composito in Francia (57,4 da 56,8), segnando un record in quasi 6 anni, grazie in particolare al maggior slancio del manifatturiero (indice a 55,1 da 53,3). Inoltre, la crescita dell’attività nell’Eurozona è diventata corale: negli altri paesi coperti dall’indagine, infatti, ha accelerato ai ritmi massimi da quasi dieci anni.
Il CSC
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Il PMI manifatturiero italiano (Markit), in area di espansione per il settimo mese consecutivo, segnala in marzo un’accelerazione della crescita rispetto ai ritmi rilevati in febbraio, oltre le aspettative dei mercati: l’indice generale è salito a 55,7 (da 55,0 in febbraio, era atteso a 55,2), toccando il valore più alto da aprile 2011. Nella media del primo trimestre del 2017 il livello del’indice PMI è pari a 54,6 contro 52,1 di fine 2016.
L’indice della componente produzione è salito di 1,0 punti (a 57,8, massimo da aprile 2011), grazie soprattutto ai beni intermedi. Invariato il livello degli ordini (a 56,2, massimo da agosto 2015), con una moderata accelerazione della domanda estera (+0,3 punti, a 55,7). Le valutazioni sull’andamento dell’occupazione sono molto positive, con l’indicatore in crescita su febbraio e ai massimi da fine 2000 (55,3). I prezzi medi d’acquisto risultano in crescita meno vivace rispetto a febbraio, seppur robusta; accelerano, invece, i prezzi di vendita.
Anche nell’Euroarea la crescita del manifatturiero procede con maggiore slancio: PMI a 56,2 in marzo, da 55,4 di febbraio (54,0 in media nel quarto trimestre 2016). L’espansione dell’attività è diffusa a tutte le economie europee, fatta eccezione per la Grecia, in cui l’indice si allontana ulteriormente dal valore soglia di 50 (46,7); guida la Germania, con un valore record da maggio 2001 (58,3), seguita da Paesi Bassi (57,8) e Austria (56,8). Nel complesso dell’area sono cresciuti ai tassi più veloci dal 2011 sia la produzione sia gli ordini (specie quelli esteri), con un aumento delle commesse inevase che segnala la difficoltà da parte delle imprese di tenere dietro agli incrementi di domanda.
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E' uscito da qualche settimana un articolo sulla rivista Economia Italiana che analizza, in ottica comparata, la performance e le strategie delle imprese familiari italiane negli anni della crisi. L'ho scritto insieme a due co-autori, provenienti dalla Banca d'Italia e dal CSEF di Napoli. Se qualcuno fosse interessato, basta cliccare sul link qui sotto dove lo si scarica gratuitamente:
http://papers.ssrn.com/sol3/papers.cfm?abstract_id=2428677
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La Banca Mondiale ha tagliato le proprie previsioni di crescita per la Cina spiegando che “le misure prese per contenere il debito dei governi locali, per controllare il sistema bancario ombra e per contrastare le capacità in eccesso, la forte domanda energetica e l'elevato inquinamento, ridurranno gli investimenti e la produzione manifatturiera”.
Secondo la World Bank, il PIL della Cina si espanderà quest'anno del 7,4% (dal +7,7% nel 2013) in misura inferiore a quanto stimato in precedenza (+7,6%), sostanzialmente in linea con l'obiettivo di una crescita "intorno al +7,5%" più volte ribadito dal governo cinese. Nel 2015 l'economia cinese crescerà del 7,2% invece che del 7,5%, come previsto precedentemente.
Si tratta di un rallentamento fisiologico rispetto al ritmo di crescita medio del periodo 2000-2007 (+10,5%) per un'economia che sta riducendo il gap con i paesi avanzati e sta riequilibrando la struttura della domanda dagli investimenti ai consumi privati. La Cina contribuisce per poco meno di un terzo alla crescita del PIL mondiale in termini percentuali e la decelerazione della sua economia ha anche ripercussioni a livello globale su domanda e prezzi delle commodity.
Il CSC, già negli Scenari economici del dicembre 2013, ha abbassato le proprie previsioni per il PIL cinese nel 2014 a +7,3% e nel 2015 a +7,0%. Per la prossima settimana sono attese le nuove previsioni del Fondo Monetario Internazionale contenute nel World Economic Outlook.
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L’inflazione in Italia ha ulteriormente frenato in ottobre, al +1,0% annuo (da +1,1% a settembre). Continua, quindi, ad allontanarsi dall’obiettivo BCE (+2,0%).
Al netto di energia e alimentari, la dinamica annua dei prezzi al consumo è caduta al +0,5% annuo (da +0,8%). Una flessione in antitesi con il graduale rafforzamento della ripresa economica nel paese. Il calo è stato determinato dai prezzi dei servizi (+0,7% annuo, da +1,3%), mentre la dinamica annua dei prezzi dei beni industriali non energy è ferma su valori già negativi (-0,1%).
La variazione dell’indice totale, viceversa, è stata sostenuta in ottobre dai prezzi energetici (+3,8% annuo, da +3,4%) e da quelli alimentari (+1,9%, da +1,3%), che riflettono maggiormente gli andamenti delle quotazioni internazionali delle commodity.
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L’indicatore anticipatore dell’OCSE preannuncia per i prossimi due-tre trimestri una sostanziale stabilizzazione della crescita economica nel complesso dei paesi avanzati, anche se con una perdita di slancio (-0,03% su agosto -0,06% cumulato in cinque mesi).
Le dinamiche tracciate dall’indicatore per i principali paesi risultano divergenti: consolidamento della crescita in USA, Canada e BRIC (con l’India che accelera) e forte frenata in Giappone (-0,15% in settembre, -1,53% in un anno) e Regno Unito; deterioramento del contesto economico nell’Euroarea (-0,06% sul mese precedente) specie a causa del peggioramento in Germania, dove il calo dell’anticipatore è iniziato a marzo ed è il più profondo tra i paesi europei (-0,28% su agosto, -1,48% cumulato in sette mesi); in Francia, dove l’indice è migliorato per il terzo mese di fila (+0,09% cumulato), si preannuncia una fase di stabilizzazione.
In Italia l’anticipatore è diminuito per il secondo mese consecutivo: -0,03% in settembre, stessa variazione di agosto (+1,21% su settembre 2013), dopo un recupero che era iniziato nell’ottobre del 2012. Nei mesi estivi l’indice è salito dello 0,03% sul secondo trimestre (dal +0,39% sul primo), in marcato rallentamento dai trimestri precedenti (aveva registrato la massima espansione - +0,69% - nel terzo 2013). Questa dinamica suggerisce arretramento del PIL fino alla primavera 2015, in assenza di adeguate misure di politica economica.
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Sulla base dei dati diffusi oggi dall’Eurostat, in agosto la produzione industriale nell'Area euro è cresciuta dell'1,4% su luglio, al ritmo più alto dal novembre 2016; su base annuale è aumentata del 3,8%.
A livello settoriale, l’espansione è stata trainata dai due comparti più rilevanti in termini di peso relativo: +3,1% congiunturale i beni strumentali (che pesano per il 29% dell’indice complessivo) e +1,3% i beni intermedi (34%). A livello paese, l’incremento ha interessato i paesi a più alta vocazione industriale, con in testa la Germania (+3,0% congiunturale) e l’Italia (+1,2%), mentre si è registrato un calo in Francia (-0,4%) e nei Paesi Bassi (-2,3%).
La produzione industriale è prevista in ulteriore espansione anche nei mesi invernali, sulla base delle attese di produzione (il saldo è pari a 16 nel terzo trimestre, a fronte di una media storica di 6) e delle aspettative sull’export (a 16 il saldo, contro una media storica di 7).
Il CSC
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Sulla base dei dati diffusi oggi dall’Eurostat, in novembre la produzione industriale nell'Area euro è cresciuta dell'1,0% su ottobre e del 3,2% su base annuale.
A livello settoriale, l’espansione è stata corale, con ritmi particolarmente sostenuti nei due comparti più importanti: +3,0% su ottobre i beni strumentali (29% il peso relativo sull’indice complessivo) e +1,1% i prodotti intermedi (34% il peso), mentre i beni di consumo sono cresciuti dello 0,3% (22%) e quelli energetici sono rimasti invariati (15%). A livello paese, la produzione è aumentata in Germania (+3,6% congiunturale) e Spagna (+1,0%), mentre è calata in Francia (-0,5%) e nei Paesi Bassi (-1,0%).
L’espansione è prevista proseguire a ritmi sostenuti anche nei prossimi mesi, sulla base dell'ottimismo espresso dalle imprese industriali intervistate dalla Commissione Europea: la produzione è attesa in ulteriore aumento (saldo delle risposte a 20 nell’ultimo trimestre 2017 da 18 nel terzo), anche grazie al miglioramento delle aspettative circa la domanda estera (saldo a 17 da 16).
Il CSC
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Il CSC rileva un calo della produzione industriale dello 0,4% in novembre su ottobre, quando è stata stimata una variazione di +0,7% su settembre.
Nel quarto trimestre del 2016 la variazione congiunturale acquisita dell’attività è di +0,5%. Nel terzo si è avuto un incremento dell’1,2%.
La produzione, al netto del diverso numero di giornate lavorative, è avanzata in novembre dell’1,7% rispetto allo stesso mese dello scorso anno; in ottobre è stato rilevato un incremento del 2,9% su ottobre 2015.
Gli ordini in volume hanno registrato una variazione di +0,1% in novembre su ottobre (+1,3% su novembre 2015), quando erano aumentati dello 0,5% su settembre (+0,5% sui dodici mesi).
Gli indicatori qualitativi sono coerenti con una debole crescita della produzione nell’ultimo trimestre del 2016. In novembre la fiducia degli imprenditori manifatturieri è tornata a peggiorare dopo due mesi di recupero: l’indice generale è sceso di 0,9 punti (a 102,0), dopo +1,7 punti cumulati in settembre e ottobre. Dopo il netto miglioramento nel mese precedente, sono state rilevate valutazioni meno favorevoli sugli ordini totali (specie per il peggioramento della componente estera), e sui livelli correnti di produzione. Salgono, invece, le aspettative. Tra i comparti, la fiducia è aumentata solo tra i produttori di beni di consumo.
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Il CSC rileva una variazione della produzione industriale di -0,2% in gennaio su dicembre, quando è stato stimato un calo dello 0,3% su novembre.
Nel quarto trimestre del 2016 l’attività industriale registra un aumento dello 0,6% congiunturale, dopo il +1,3% nel terzo trimestre. Il primo trimestre 2017 ha una variazione acquisita di -0,2%.
La produzione, al netto del diverso numero di giornate lavorative (2 in più questo mese), è aumentata in gennaio dello 0,3% rispetto a gennaio del 2016 e in dicembre del 2,5% sullo stesso mese dell’anno precedente.
Gli ordini in volume hanno registrato in gennaio una crescita dello 0,7% sul mese precedente (+6,9% su gennaio 2016). In dicembre erano aumentati dello 0,8% su novembre (2,9% sui dodici mesi).
Gli indicatori qualitativi relativi al manifatturiero (indagine ISTAT) offrono indicazioni positive sulla tendenza dell’attività nei prossimi mesi, anche se a gennaio si è avuto un calo dei giudizi sul livello corrente di attività. Comunque, per il secondo mese consecutivo la fiducia degli imprenditori manifatturieri è aumentata (+1,1 punti, a 104,8, massimo da ottobre 2015) grazie al miglioramento dei giudizi sugli ordini (+2 punti) e delle attese sulla produzione (+1) e sull’andamento dell’economia (+3). La dinamica della fiducia dei consumatori, in calo a gennaio con un peggioramento di giudizi e attese su bilanci familiari, suggerisce una maggiore parsimonia delle famiglie italiane a inizio anno. Ciò potrebbe frenare la risalità dell’attività nei prossimi mesi
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Il CSC stima un incremento della produzione industriale dello 0,2% in gennaio su dicembre quando c’è stato un aumento dello 0,4% su novembre, comunicato oggi dall’ISTAT.
Nel quarto trimestre 2014 si è avuto un calo congiunturale di -0,1% (-0,8% nel terzo). Questa dinamica è coerente con una variazione nulla del PIL nei mesi autunnali, dopo il -0,1% nel terzo trimestre.
L’incremento stimato dal CSC in gennaio porta la crescita acquisita della produzione industriale nel primo trimestre a +0,6%. Le prospettive sono favorevoli, anche se permane ancora incertezza, legata soprattutto al quadro politico internazionale (Grecia, Russia-Ucraina).
Sostegno alla produzione industriale, comunque, verrà sia dalla domanda interna sia da quella estera: vi sono diversi segnali di recupero della prima (immatricolazioni di autovetture, fiducia delle famiglie, occupazione) e la seconda è vista in accelerazione (indagine PMI Markit). Inoltre, nei prossimi mesi si avrà il pieno dispiegarsi degli effetti espansivi del calo del prezzo del petrolio e del deprezzamento dell’euro.
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Il CSC stima un incremento della produzione industriale dello 0,4% in febbraio su gennaio quando c’è stato un calo dello 0,7% su dicembre, comunicato oggi dall’ISTAT1.
Il dato negativo di gennaio è stato inferiore alle stime CSC e a quelle di consenso (che puntavano a +0,2%) e si è mosso in direzione opposta rispetto a quanto segnalavano gli indicatori qualitativi e quantitativi disponibili (fiducia ISTAT, PMI Markit, immatricolazioni di auto). Il calo viene dopo due incrementi consecutivi dell’attività (+0,3% in novembre e +0,4% in dicembre) e potrebbe essere riconducibile, in parte, a un problema statistico legato al calendario: nella prima settimana di gennaio, infatti, erano possibili due ponti (venerdì 2 e lunedì 5) e i dati sui consumi elettrici dicono chiaramente che l’attività produttiva ne è stata negativamente influenzata. Un giorno di lavoro in meno nel mese comporta circa 3 punti percentuali di differenza sulla variazione rispetto a un anno prima; ma i programmi statistici di destagionalizzazione correggono solo per il numero di giornate lavorative del calendario ufficiale e non per i giorni effettivamente lavorati.
L’intonazione del trimestre rimane comunque positiva. In febbraio è possibile un rimbalzo dell’attività anche più forte di quello stimato. Nello stesso mese il PMI manifatturiero è salito di due punti, a 51,9 (massimo da luglio 2014), ben al di sopra delle attese che puntavano a 50,2. Tutte le componenti hanno mostrato significativi progressi: quella della produzione, in particolare, è aumentata di 2,9 punti (a 54,1, massimo da otto mesi); per la prima volta da ottobre scorso i nuovi ordini segnalano un incremento (51,2 da 47,8), che è stato sostenuto anche dalla domanda interna, sebbene quella estera sia in forte accelerazione rispetto al mese precedente (+2,3 punti, a 55,2).
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Il CSC rileva un incremento della produzione industriale italiana dello 0,1% in aprile su marzo, quando è stata stimata una variazione di +0,3% su febbraio.
Nel primo trimestre 2016 l’attività è cresciuta dello 0,8% sul quarto 2015, quando si era avuta una crescita nulla sul precedente. La variazione congiunturale acquisita per il secondo trimestre 2016 è di +0,1%.
La produzione al netto del diverso numero di giornate lavorative è avanzata in aprile dell’1,4% rispetto ad aprile del 2015; in marzo si era avuto un incremento dell'1,3% sullo stesso mese dell’anno scorso.
Gli ordini in volume hanno registrato una crescita dello 0,4% in aprile su marzo (-0,8% su aprile 2014); il mese scorso erano aumentati dello 0,4% su febbraio (+0,5% sui dodici mesi).
Gli indicatori ISTAT sulla fiducia nel manifatturiero sono coerenti con il proseguire di un andamento positivo dell’attività nei prossimi mesi, anche se non segnalano un’accelerazione. In aprile l’indice complessivo è migliorato per il secondo mese di fila (+0,5 punti, a 102,7); il saldo dei giudizi sui livelli di produzione è rimasto invariato rispetto a marzo (a -11) mentre quello sugli ordini totali è diminuito di 1 punto (a -14), per il calo di entrambe le componenti della domanda (soprattutto di quella estera); sono, invece, più favorevoli le attese su ordini e produzione.
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Il CSC rileva un incremento della produzione industriale italiana dello 0,5% in aprile su marzo, quando è stata stimata una variazione di -0,1% su febbraio.
Nel primo trimestre 2015 l’attività è cresciuta dello 0,1% sul quarto 2014, quando si era avuto un calo dello 0,1% sul precedente. La variazione congiunturale acquisita per il secondo trimestre 2015 è di +0,6%.
La produzione, al netto del diverso numero di giornate lavorative (una in più quest’anno in entrambi i mesi), è avanzata in aprile dell’1,0% rispetto ad aprile del 2014; in marzo si era avuto un arretramento dello 0,1% sullo stesso mese dell’anno scorso.
Gli ordini in volume hanno registrato una crescita dello 0,7% su marzo (+1,9% su aprile 2014), quando erano aumentati dello 0,9% su febbraio (+0,6% sui dodici mesi).
Gli indicatori ISTAT sulla fiducia nel manifatturiero segnalano in aprile un miglioramento: l’indice complessivo è salito per l’ottavo mese di fila (+0,4 punti, a 104,1); il saldo dei giudizi sui livelli di produzione ha registrato un incremento di 2 punti (a -9); quello sugli ordini totali di 1 (a -10), grazie al contributo della domanda estera (invariato il saldo relativo alla domanda interna); le attese su ordini e produzione sono stabili sui livelli di marzo, al top da fine 2013.
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Il CSC rileva un calo della produzione industriale dell’1,0% in febbraio su gennaio, quando c’è stato un incremento dell’1,9% su dicembre, comunicato oggi dall’ISTAT.
Il dato positivo di gennaio è stato superiore alle stime CSC (+0,9%) e a quelle di consenso (+0,8%) ed è in parte riconducibile al rimbalzo tecnico dopo l’anomalo arretramento dell’attività rilevato dall’ISTAT in dicembre (-0,6%). Quest’ultimo è attribuibile a problemi di destagionalizzazione dovuti al ponte di lunedì 7 dicembre (i programmi statistici correggono solo per il numero di giornate lavorative del calendario ufficiale e non per i giorni effettivamente lavorati). Una parte del rimbalzo è dovuta, inoltre, al fatto che il dato di attività grezza in gennaio si confronta con un valore relativamente basso rilevato nel gennaio 2015, quando si sono avuti ben due ponti (venerdì 2 e lunedì 5 del mese).
Al di là delle forti oscillazioni mensili, il primo trimestre dell’anno registra una variazione acquisita di +0,6% congiunturale. La crescita dell’attività accelera rispetto al quarto trimestre del 2015, quando invece era stata nulla.
Pur in un contesto di minore ottimismo tra le imprese, gli indicatori qualitativi anticipatori puntano a una tendenza positiva della produzione. Secondo i direttori degli acquisti (indagine PMI Markit) gli ordini manifatturieri in febbraio sono ancora cresciuti, ma a un ritmo più lento rispetto al mese precedente (indice a 52,1 da 54,4), dopo aver raggiunto in dicembre il valore massimo da quasi cinque anni. Frenano gli ordini esteri, mentre la domanda interna, secondo il PMI dei servizi (in accelerazione a febbraio), dovrebbe continuare a sostenere l’attività nei mesi primaverili.
La dinamica positiva nell’industria, insieme all’andamento favorevole rilevato nei servizi, secondo il modello trimestrale del CSC determina un aumento del PIL nel trimestre in corso superiore al +0,1% registrato a fine 2015.
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Il CSC rileva un incremento della produzione industriale italiana dello 0,9% in settembre su agosto, quando c’è stato un calo dello 0,5% su luglio, comunicato oggi dall’ISTAT.
Nel terzo trimestre 2015 è stimato un aumento dell’attività dello 0,7% sul precedente, il più alto da inizio 2011 e in accelerazione dal +0,4% del secondo. Rispetto al terzo trimestre
2014 si è avuto un progresso del 2,1%.
Il quarto 2015 eredita una variazione congiunturale di +0,4%.
Nei mesi autunnali la tendenza dell’attività si delinea ancora in miglioramento. Secondo i direttori degli acquisti (indagine PMI Markit) in settembre gli ordini ricevuti dalle imprese
manifatturiere hanno continuato ad aumentare, seppure a un passo più lento (indice a 53,9, per l’ottavo mese sopra la soglia neutrale di 50). Nei mesi estivi l’indice è risultato superiore al valore medio registrato in primavera (+0,3 punti, a 55,7). Tale progresso è dovuto soprattutto all’andamento della domanda interna.
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Il CSC rileva un incremento della produzione industriale italiana dello 0,3% in maggio su aprile, quando è stata stimata una variazione di +0,4% su marzo.
La variazione congiunturale acquisita per il secondo trimestre 2016 è di +0,3%.
La produzione al netto del diverso numero di giornate lavorative è avanzata in maggio dell’1,5% rispetto a maggio del 2015; in aprile si era avuto un incremento dell'1,4% sullo stesso mese dell’anno scorso.
Gli ordini in volume hanno registrato una crescita dello 0,2% in maggio su aprile (+4,8% su maggio 2015), quando erano aumentati dello 0,4% su marzo (-0,4% sui dodici mesi).
Le valutazioni degli imprenditori sono meno favorevoli rispetto ai mesi scorsi e non lasciano intravedere un’accelerazione dell’attività in estate. L’indicatore di fiducia nel manifatturiero (indagine ISTAT) è diminuito in maggio (-0,6 punti su aprile, a 102,1), annullando l’aumento dei due mesi precedenti. Tra le componenti, sono peggiorati i giudizi sui livelli di produzione (saldo a -12 da -11 di aprile) e sugli ordini totali (a -15 da -14, per il calo di quelli esteri). Sono rimaste invariate, rispetto ad aprile, le attese di produzione e ordini.
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Il CSC rileva un aumento della produzione industriale dello 0,4% in novembre su ottobre, quando c’è stata una variazione nulla su settembre, comunicata oggi dall’ISTAT.
Nel quarto trimestre 2016 la variazione congiunturale acquisita è di +0,3% (+1,2% nel terzo trimestre sul secondo).
L’incremento nell’ultimo mese è spiegato: a) da un effetto base, in quanto l’indice destagionalizzato di novembre si confronta con un indice in ottobre più basso di quanto precedentemente stimato; b) dal proseguimento della crescita della produzione di energia elettrica, necessaria per compensare l'azzeramento delle importazioni dalla Francia dove diverse centrali nucleari sono chiuse per manutenzione o per ragioni di sicurezza. Negli ultimi anni la quota di energia importata dalla Francia era pari a circa il 5% del fabbisogno nazionale.
Le indagini qualitative condotte presso le imprese manifatturiere italiane segnalano una moderata crescita dell’attività. Il PMI manifatturiero in novembre ha accelerato a un ritmo più forte dell’atteso, attestandosi a 52,2, massimo da giugno scorso, da 50,9 (le attese erano di 51,4). L’indice della componente produzione è salito di 1,8 punti (a 53,4), segnalando il più forte incremento dell’attività da giugno scorso. È risultata robusta la crescita degli ordini totali (53,2, +2,8 punti su ottobre), sostenuta soprattutto dalla domanda interna (la componente estera ha guadagnato 1,4 punti a 52,5).
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Il CSC rileva un aumento della produzione industriale dello 0,2% in marzo su febbraio, quando c’è stato un calo dello 0,6% su gennaio, comunicato oggi dall’ISTAT.
Nel primo trimestre dell’anno il CSC stima un incremento dello 0,8% congiunturale (massimo dal 4° trimestre 2010), in accelerazione rispetto alla crescita nulla che si era avuta
nel quarto del 2015. Il secondo trimestre eredita dal primo una variazione congiunturale di -0,1%.
Gli indicatori qualitativi anticipatori puntano a una tendenza positiva della produzione nei prossimi mesi. Secondo i direttori degli acquisti (indagine PMI Markit) gli ordini manifatturieri in marzo sono ancora cresciuti (per il 14° mese consecutivo), a un ritmo più veloce rispetto a quello rilevato in febbraio (indice a 54,3 da 52,1) e sospinti specialmente dalla domanda interna. Migliore dinamica anche degli ordini esteri (53,3 da 52,9), grazie alle maggiori commesse provenienti da Regno Unito, Stati Uniti e Nord Europa.
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Il CSC rileva una crescita della produzione industriale italiana dello 0,4% in giugno su maggio, quando è stato stimato un incremento dello 0,4% su aprile.
Nel secondo trimestre 2017 l’attività è aumentata dello 0,6% sul prim (da -0,3% sul quarto 2016). Il terzo trimestre eredita una variazione congiunturale di +0,6%.
La produzione al netto del diverso numero di giornate lavorative è avanzata in giugno del 3,2% rispetto a giugno del 2016; in maggio si era avuto un progresso del 2,4% sullo stesso mese dell’anno scorso.
Gli ordini in volume sono cresciuti dell’1,0% in giugno su maggio (+1,7% su giugno 2016), quando erano aumentati dello 0,6% su aprile (+2,0% sui dodici mesi).
Le valutazioni degli operatori del manifatturiero sono molto positive e lasciano intravedere un buon andamento dell’attività nei mesi estivi. L’indicatore di fiducia (indagine ISTAT) è salito in giugno a 107,3 (+0,4 punti su maggio), sostenuto da un netto miglioramento delle valutazioni sulle condizioni attuali: il saldo dei giudizi sugli ordini totali è aumentato di 1,5 punti, spinto da entrambe le componenti (+3,2 quella interna e +5,3 quella estera); +1,9 il saldo relativo alla produzione. Il livello della fiducia nel 2° trimestre è superiore di 1,2 punti rispetto a quello medio del primo. Nella stessa direzione muovono il PMI manifatturiero e le sue componenti (indagine IHS-Markit).
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