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La produzione industriale cala dello 0,4% in marzo
Il CSC rileva una diminuzione della produzione industriale dello 0,4% in marzo su febbraio, quando c’è stato un incremento dell’1,0% su gennaio, comunicato oggi dall’ISTAT.
L’andamento dell’attività industriale negli ultimi due mesi risente negativamente del venir meno della spinta alla produzione di energia elettrica, che pesa l’8,3% sull’indice generale, che era stata data dalla minore produzione di fonte nucleare francese e che lo aveva sostenuto nella seconda metà del 2016; in febbraio la generazione di elettricità è arretrata del 7,1% su gennaio e in marzo tale andamento negativo dovrebbe essere proseguito.
Nel primo trimestre 2017 la produzione industriale è scesa dello 0,6% congiunturale (dopo +1,0% nel quarto 2016). Il secondo trimestre eredita dal primo una variazione acquisita nulla.
Gli indicatori qualitativi continuano a mostrare un’intonazione molto positiva, che si riflette solo parzialmente nei dati effettivi. Le indagini PMI Markit segnalano una tendenza favorevole della produzione nei prossimi mesi: secondo i direttori degli acquisti gli ordini manifatturieri sono cresciuti in marzo allo stesso ritmo di febbraio (componente a 56,2, valore massimo da dicembre 2015), sostenuti dalla domanda estera. Anche la fiducia delle imprese manifatturiere rilevata dall’ISTAT offre indicazioni molto favorevoli.
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La BCE resta iper-espansivaIl Presidente della BCE Mario Draghi, intervenendo a una conferenza a Francoforte, ha sottolineato con chiarezza che, prima di modificare l’attuale politica monetaria iper-espansiva, la Banca Centrale ha ancora bisogno di accumulare sufficiente fiducia sul fatto che l’inflazione convergerà davvero al suo obiettivo nel medio termine (poco sotto il +2,0% annuo) e che rimarrà a quei livelli anche con condizioni monetarie meno espansive. Perciò i tassi interesse rimarranno ai minimi storici (zero sui prestiti, -0,40% sui depositi delle banche) e gli acquisti di titoli pubblici e privati proseguiranno (60 miliardi di euro al mese fino a dicembre). Inoltre, la BCE continuerà a indicare che i tassi saranno ai valori attuali, o anche più bassi, ancora a lungo dopo la fine degli acquisti di titoli; e che tali acquisti proseguiranno anche oltre il 2017, fino a quando non si avrà un aumento duraturo dell’inflazione (forward guidance). Ciò contrasta con le recenti prese di posizione di analisti e anche di alcuni membri della stessa BCE sull’opportunità che la Banca Centrale inizi (almeno a ragionare su) un percorso di uscita dalla politica monetaria iper-espansiva. In particolare, nelle scorse settimane si era parlato molto di prossime modifiche della forward guidance (eliminare la possibilità di tassi “ancora più bassi” e/o l’indicazione di un “lungo periodo” tra la fine degli acquisti e l’inizio di eventuali rialzi), in modo da preparare i mercati alla transizione verso un contesto meno espansivo. |
Stabili i prezzi delle case in Italia
Le quotazioni delle case in Italia sono rimaste invariate nel quarto trimestre 2016 sul terzo, registrando, per la prima volta dopo 5 anni, una variazione marginalmente positiva sullo stesso periodo del 2015 (+0,1%); sono comunque inferiori del 19,1% rispetto al massimo di inizio 2008. Nella media del 2016 i prezzi sono calati dello 0,7% sul 2015.
In rapporto al reddito disponibile pro-capite, cioè alla capacità di spesa delle famiglie, le quotazioni delle case sono ormai più basse dei valori medi di lungo periodo (-2,0%; stima CSC). Inoltre, grazie ai tassi di interesse ai minimi storici, è fortemente aumentata la convenienza ad acquistare casa tramite mutuo ipotecario, misurata dall’affordability index (+40,6% rispetto al 2000 e +93,0% sul minimo del terzo trimestre 2008; stime CSC).
Le compravendite residenziali, finanziate in misura crescente da mutui (nell’80% dei casi, in media per il 75% del valore dell’immobile), sono in aumento da più di due anni (+15,2% tendenziale a fine 2016). Gli agenti immobiliari sono più ottimisti sull’evoluzione del mercato nazionale a inizio 2017.
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Al top da 6 anni le valutazioni dei direttori degli acquisti sul manifatturiero in Italia
Il PMI manifatturiero italiano (Markit), in area di espansione per il settimo mese consecutivo, segnala in marzo un’accelerazione della crescita rispetto ai ritmi rilevati in febbraio, oltre le aspettative dei mercati: l’indice generale è salito a 55,7 (da 55,0 in febbraio, era atteso a 55,2), toccando il valore più alto da aprile 2011. Nella media del primo trimestre del 2017 il livello del’indice PMI è pari a 54,6 contro 52,1 di fine 2016.
L’indice della componente produzione è salito di 1,0 punti (a 57,8, massimo da aprile 2011), grazie soprattutto ai beni intermedi. Invariato il livello degli ordini (a 56,2, massimo da agosto 2015), con una moderata accelerazione della domanda estera (+0,3 punti, a 55,7). Le valutazioni sull’andamento dell’occupazione sono molto positive, con l’indicatore in crescita su febbraio e ai massimi da fine 2000 (55,3). I prezzi medi d’acquisto risultano in crescita meno vivace rispetto a febbraio, seppur robusta; accelerano, invece, i prezzi di vendita.
Anche nell’Euroarea la crescita del manifatturiero procede con maggiore slancio: PMI a 56,2 in marzo, da 55,4 di febbraio (54,0 in media nel quarto trimestre 2016). L’espansione dell’attività è diffusa a tutte le economie europee, fatta eccezione per la Grecia, in cui l’indice si allontana ulteriormente dal valore soglia di 50 (46,7); guida la Germania, con un valore record da maggio 2001 (58,3), seguita da Paesi Bassi (57,8) e Austria (56,8). Nel complesso dell’area sono cresciuti ai tassi più veloci dal 2011 sia la produzione sia gli ordini (specie quelli esteri), con un aumento delle commesse inevase che segnala la difficoltà da parte delle imprese di tenere dietro agli incrementi di domanda.
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