In febbraio l’indice IFO, che misura la fiducia delle imprese industriali e dei servizi tedesche, è calato per il terzo mese consecutivo ed è al livello più basso da dicembre 2014 (a 105,7 da 107,3 in gennaio). Il dato, peggiore delle attese degli operatori, è peraltro in linea con la caduta dell’indice ZEW sulla fiducia di investitori e analisti finanziari tedeschi, sceso nello stesso mese di oltre 9 punti (a 1,0 da 10,2).
Il risultato è alquanto preoccupante, anche perché dovuto esclusivamente al forte peggioramento delle prospettive di crescita in tutti i settori (a 98,8 da 102,3), mentre sono migliorati, seppur di poco, i giudizi sulla situazione corrente (a 112,9 da 112,5). Nel manifatturiero, in particolare, si è registrato il maggiore crollo da novembre 2008 delle aspettative di produzione (a -9,0 da +1,2 il saldo delle risposte).
È migliorato leggermente il clima nelle costruzioni (a 0,3 da -0,5), nelle quali l’aumento della percentuale di giudizi positivi sulla situazione corrente, ai massimi storici, ha più che compensato il nuovo calo delle aspettative (il quarto consecutivo).
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Il CSC rileva un incremento della produzione industriale dello 0,9% in gennaio su dicembre, quando c’è stato un calo dello 0,7% su novembre, comunicato oggi dall’ISTAT.
Il dato negativo di dicembre è stato inferiore alle stime CSC (+0,2%) e a quelle di consenso (+0,3%) e si è mosso in direzione opposta rispetto a quanto segnalavano gli indicatori qualitativi, tutti aumentati (fiducia ISTAT, PMI Markit). Il calo potrebbe essere riconducibile a un problema statistico legato al calendario: il 7 dicembre, lunedì, era possibile un ponte e i dati sui consumi elettrici dicono che l’attività produttiva ne è stata negativamente influenzata. Un giorno di lavoro in meno nel mese comporta circa 3 punti percentuali sulla variazione rispetto a un anno prima; ma i programmi statistici di destagionalizzazione correggono solo per il numero di giornate lavorative del calendario ufficiale e non per i giorni effettivamente lavorati. Problema analogo si è registrato in altri paesi europei: in Germania -1,2% (contro +0,2% atteso), in Francia -1,6% (+0,2% atteso), in Spagna -0,2% (+0,5% atteso).
Nel quarto trimestre 2015 si è avuto un arretramento dello 0,1% sul terzo (dopo +0,2% nel terzo sul secondo).
Nel 2015 l’attività è aumentata dell’1,7% (+1,0% a parità di giornate lavorative).
La variazione acquisita nel primo trimestre è di +0,3%. Pur in un contesto di minore ottimismo tra le imprese, gli indicatori qualitativi anticipatori per il manifatturiero puntano a una dinamica positiva della produzione. Secondo i direttori degli acquisti (indagine PMI Markit) gli ordini manifatturieri in gennaio sono cresciuti a un ritmo robusto (indice a 54,4 da 58,0, massimo da quasi cinque anni) grazie al rafforzamento della domanda interna (quella estera ha continuato ad aumentare a un ritmo meno vivace). Anche le attese di produzione di fonte ISTAT segnalano un andamento positivo. L’ampliamento del gap tra indicatori qualitativi e dati di produzione effettiva suggerisce, tuttavia, che la dinamica dell’attività rilevata dall’ISTAT potrebbe essere meno vivace di quanto atteso.
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La variazione annua dei prezzi al consumo in Italia è salita a gennaio al +0,3% (da +0,1% a dicembre). Resta, però, troppo bassa e lontana dall’obiettivo BCE (poco sotto il +2,0% annuo).
I prezzi energetici si riducono a un ritmo minore (-3,5% annuo, da -5,5%), poiché ancora non riflettono l’ulteriore ribasso del petrolio a gennaio. Quelli alimentari, viceversa, hanno frenato bruscamente (+0,5%, da +1,1%).
I prezzi core, calcolati al netto di tali due componenti, hanno accelerato la loro crescita (+0,7%, da +0,4%). Un andamento determinato sia dai prezzi dei servizi (+0,7%, da +0,3%), sia da quelli dei beni industriali (+0,8%, da +0,7%), sulla scia del graduale recupero dell’attività economica.
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In gennaio le esportazioni italiane verso i paesi extra-Ue sono diminuite, in valore, del 6,2% su dicembre (dopo +0,7%). In riduzione tutti i comparti; in particolare risultano in forte contrazione sia le vendite di beni strumentali (-7,8%) sia quelle di prodotti energetici (-28,5%), anche per il crollo del prezzo dell’energia.
Anche le importazioni italiane dai paesi extra-Ue hanno registrato una riduzione a gennaio (-3,6%), determinata quasi completamente dalla caduta degli acquisti di energia; al netto della componente energetica, infatti, la variazione dell’import extra-Ue è pari a -0,5%.
Il risultato negativo dell’export extra-Ue è spiegato sia dal calo delle importazioni di merci italiane da parte dei paesi emergenti sia dalla riduzione di quelle degli Stati Uniti, che erano stati, invece, il mercato di destinazione più dinamico nel 2015. Le prospettive per il primo trimestre dell’anno rimangono deboli: a febbraio sono scesi ulteriormente i giudizi sugli ordini esteri delle imprese manifatturiere, sui livelli minimi da inizio 2015 (-17, da -16 in gennaio).
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La produzione nelle costruzioni in Italia è diminuita dello 0,6% in dicembre su novembre, quando era aumentata del 3,0% su ottobre. Seppur con forti oscillazioni mensili, nel quarto trimestre 2015 si è registrato un +1,2% sul terzo, primo incremento dopo otto trimestri. La variazione congiunturale ereditata dal primo trimestre 2016 è di +0,6%.
La dinamica del quarto trimestre è coerente con le valutazioni degli imprenditori del settore (l’indice di fiducia ISTAT si è attestato sui livelli più elevati dall’inizio della crisi). A gennaio 2016 la fiducia è rimasta quasi invariata (indice a 114,6 da 114,8), con giudizi su ordini e piani di costruzione in marginale peggioramento (saldo dei giudizi in calo di due punti su dicembre, a -39), a fronte di un miglioramento delle attese (saldo a -9 da -11).
Ciò segnala che il recupero, seppure moderato, dovrebbe proseguire anche nel corso dei mesi invernali.
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A febbraio l’indice ZEW, che rileva la fiducia di investitori e analisti finanziari tedeschi, è sceso per il secondo mese consecutivo, attestandosi a quota 1,0 (da 10,2 in gennaio), peraltro in linea con le attese di un valore pari a zero. Oltre al peggioramento delle prospettive, sono diventati più negativi i giudizi degli operatori sulla situazione economica corrente (con il relativo indice in calo di 7,4 punti) e sull’economia dell’Eurozona (in calo di 9,1 punti).
I risultati del sondaggio sono stati fortemente influenzati dai timori per il rallentamento dell’economia globale e dall’incertezza circa le ripercussioni sui mercati finanziari del continuo calo del prezzo del petrolio. Questi fattori, insieme alle ripetute cadute delle quotazioni di borsa, frenano significativamente la crescita dell’economia tedesca e dell’Eurozona.
Aumentano, inoltre, i dubbi degli investitori sull’effettiva capacità della BCE di trovare gli strumenti adeguati a rilanciare la crescita nell’Eurozona.
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Lo stock di prestiti alle imprese italiane si è di nuovo ridotto a dicembre (-0,3%), dopo il dato positivo di novembre (+0,1%, dati destagionalizzati dal CSC). A fine 2015 il credito è diminuito dell’1,8%, pari a -13 miliardi di euro, rispetto a dicembre 2014. Una flessione minore di quella registrata nel 2014 (-3,2%, -27 miliardi) e nel 2013 (-5,9%, -50 miliardi), a riflesso di un’offerta di credito che è divenuta meno stretta e di una domanda in risalita.
Le sofferenze bancarie sono rimaste ferme a 143 miliardi a dicembre (18,5% dei prestiti alle imprese), stesso valore registrato a settembre (18,3%). La montagna di crediti deteriorati, che frena l’erogazione di nuovo credito, dunque, ha smesso di crescere. Ciò grazie al recupero dell’attività economica e anche ai primi effetti delle misure introdotte a giugno (deducibilità fiscale in un anno delle perdite su crediti, velocizzazione delle procedure fallimentari). Ci vorrà molto tempo per abbassarla, anche con il contributo del nuovo strumento che sta per essere varato, che mira a sviluppare un mercato dei crediti deteriorati (garanzia pubblica a prezzi di mercato sulle cartolarizzazioni di prestiti in sofferenza).
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L’economia mondiale è entrata nel 2016 con meno slancio dell’atteso e mostra ulteriori segni di indebolimento. Non nelle parti di fragilità già note (emergenti), ma in quelle con le dinamiche considerate più robuste o in miglioramento (gli avanzati), dai quali arrivano le sorprese negative. Il contagio congiunturale appare estendersi, ancor prima che si materializzino gli effetti della tempesta finanziaria.
Quest’ultima si sta attenuando: alla prolungata e violenta caduta dei prezzi azionari (anche per lo smobilizzo dei fondi sovrani) e delle materie prime è subentrata una fase di alta volatilità senza un preciso trend. La tempesta ha causato una forte restrizione delle condizioni finanziarie (pari a un aumento dei tassi a breve di 1,7 punti percentuali in Italia e di 0,8 in USA) e ha iniziato a intaccare la fiducia.
Cosa seguirà a questa pausa? L’affievolimento della crescita prelude a un ulteriore peggioramento o è momentaneo? L’incertezza rimane molto elevata. Le politiche economiche e la politica tout court non aiutano a dissolverla: i bilanci pubblici restano rivolti a tirare le redini (servirebbe invece un piano coordinato di rilancio degli investimenti); alcune decisioni delle principali banche centrali hanno creato sconcerto (pure per il risicato spazio di manovra rimasto); il referendum su Brexit, la questione migranti e l’instabilità in molti paesi (anche core) annebbiano lo scenario in Europa; la campagna delle presidenziali fa lo stesso negli Stati Uniti.
Negli USA i fondamentali sono nel complesso solidi, sebbene preoccupi la contrazione del manifatturiero. Nell’Eurozona i consumi sostengono la domanda interna, con cambio, tassi e costi energetici ancora favorevoli. L’Italia risente del quadro globale e i dati hanno nuovamente deluso le aspettative positive basate sul netto progresso di indicatori qualitativi e non; banalmente per ragioni aritmetiche, le previsioni sull’anno in corso sono riviste all’ingiù da vari istituti italiani e internazionali.
Il CSC
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Il PIL nipponico si è contratto nel 4° trimestre 2015 al tasso annualizzato dell’1,4% (stima preliminare), a causa soprattutto del calo dei consumi (-3,3%). È proseguita l’alternanza tra variazioni positive (1° e 3° trimestre 2015) e negative (2° e 4°) dell’economia che ha caratterizzato il 2015: la variazione sull’intero anno è stata pari al +0,4%.
Nonostante la performance negativa del PIL, l’indice Nikkei della Borsa di Tokio è rimbalzato del 7,2% (-11,1% la settimana scorsa), sull’onda della chiusura positiva di Wall Street venerdì scorso, della riapertura solo moderatamente negativa del mercato azionario cinese (dopo la settimana di stop per il Capodanno lunare), della rivalutazione dello yuan decisa dalla Banca Popolare Cinese e del deprezzamento per il secondo giorno consecutivo dello yen (che aveva toccato giovedì scorso il massimo da 15 mesi sul dollaro).
La performance negativa del PIL e la dinamica asfittica dell’inflazione (core a +0,1% annuo a dicembre) potrebbero convincere le autorità a stimoli di bilancio e monetari. La Bank of Japan, che a fine gennaio ha annunciato l’introduzione di tassi negativi sui depositi delle banche contribuendo peraltro ad alimentare la volatilità sui mercati, ha segnalato la disponibilità ad allargare il programma di acquisto di titoli e a ridurre ulteriormente i tassi.
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Le immatricolazioni di auto in Italia sono aumentate in gennaio del 7,0% congiunturale (dopo -2,2% in dicembre). Rispetto a gennaio 2015 si è avuto un progresso del 17,4%. La variazione congiunturale acquisita nel primo trimestre 2016 è di +7,0% (nel quarto trimestre 2015 si era registrato un +4,9% sul terzo).
Dal minimo di gennaio 2013 gli acquisti di autovetture sono aumentati del 42,5%. Tale recupero ha ridotto al -30,4% la distanza da dicembre 2007, massimo pre-crisi.
Secondo le intenzioni di acquisto di autovetture, un indicatore trimestrale che anticipa la dinamica delle immatricolazioni, la tendenza positiva proseguirà almeno fino alla prima metà dell’anno: il saldo dei giudizi si è attestato a -163 in gennaio (come in ottobre), in miglioramento da -168 del terzo trimestre.
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