Sintesi della Nota di aggiornamento al Documento di Economia e Finanza
(approvata dal Governo il 30 settembre e resa pubblica il 2 ottobre 2014)
Quadro macroeconomico[1]: il Governo rivede al ribasso in modo significativo le stime di crescita: quest’anno si chiuderà con una riduzione del PIL dello 0,3% (contro una stima presentata ad aprile di un aumento dello 0,8%); il prossimo la crescita del PIL si attesterà allo 0,5%. Nel 2016 dovrebbe salire allo 0,8%, l’anno successivo all’1,1% e nel 2017 attestarsi all’1,2%. In termini nominali, la crescita del PIL è stimata allo 0,5% quest’anno (contro l’1,7% stimato ad aprile scorso), all’1,0% l’anno prossimo (contro il 2,5% di aprile), al 2,1% nel 2016, al 2,7% nel 2017 e al 2,8% nel 2018. Questo scenario incorpora gli effetti delle riforme immediatamente efficaci sinora approvate (quadro tendenziale). Accanto a questo, il Governo ha presentato uno scenario programmatico che incorpora anche gli effetti delle principali misure previste dal disegno di legge di stabilità che verrà presentato nei prossimi giorni (rifinanziamento dello sgravio IRPEF, riduzione del prelievo fiscale sulle imprese, effetti delle riforme di giustizia, PA, competitività e lavoro). In questo la crescita del PIL dovrebbe essere leggermente superiore rispetto allo scenario tendenziale sia nel 2015 (+0,1%) sia negli anni a seguire (+0,2%).
La revisione al ribasso delle previsioni di crescita sconta il peggioramento del quadro economico attribuibile, secondo la Nota, all’indebolimento del commercio internazionale e ad una dinamica sfavorevole dei prezzi relativi di beni e servizi tra Italia e gli altri paesi euro. A ciò si aggiunge un effetto negativo sugli investimenti privati attribuibile al pagamento dei debiti delle PA più diluito nel tempo di quanto programmato ad aprile e la revisione al ribasso degli effetti derivanti dalle riforme già realizzate e dovuta ai ritardi nella loro implementazione. Per il prossimo anno la debole ripresa sarebbe attribuibile, secondo il Governo, all’attenuazione del credit crunch, anche grazie agli interventi della BCE, e all’aumento delle esportazioni derivante dalla ripresa della domanda interna all’Eurozona.
Finanza pubblica: nella Nota i saldi di bilancio sono rivisti in peggioramento rispetto a quanto indicato nel DEF presentato ad aprile scorso. Nello scenario tendenziale il deficit quest’anno è stimato al 3,0% del PIL (contro il 2,6% di aprile), l’anno prossimo al 2,2% (contro l’1,8% di aprile), nel 2016 all’1,8%, nel 2017 all’1,2% e l’anno dopo allo 0,8% del PIL. Il rallentamento del PIL nominale, che influisce negativamente sul deficit, è solo in parte compensato dalla riduzione dei tassi di rendimento sui titoli di Stato che vale un risparmio di spesa, rispetto a quanto indicato ad aprile, quantificato dal Governo in 5,8 miliardi (0,4% del PIL) quest’anno e 7,8 miliardi (0,5% del PIL) il prossimo.
Nello scenario programmatico il Governo indica che intende rallentare il percorso di rientro del deficit rispetto a quanto indicato in precedenza. L’obiettivo del pareggio strutturale viene rinviato al 2017 (dal 2016) e per il 2015 è programmata un’espansione di 0,7 punti di PIL (11,5 miliardi) rispetto al deficit tendenziale che, nelle intenzioni del Governo, dovrebbe finanziare spese per la crescita e la riduzione della pressione fiscale. Il deficit programmato per il 2015 è quindi pari al 2,9% del PIL mentre quello strutturale allo 0,9%. La deviazione nel percorso di risanamento è giustificata, secondo quanto prevedono i trattati europei, con il peggioramento del quadro economico e con l’intenzione di realizzare importanti riforme strutturali.
D’altra parte, il Governo ha quantificato gli effetti che avrebbe sull’economia italiana, una manovra correttiva di dimensione tale da raggiungere il pareggio strutturale nel 2015: occorrerebbe una manovra da 0,9 punti percentuali di PIL che genererebbe una contrazione del PIL, rispetto al tendenziale, di 0,3 punti nel 2015 e di 0,1 punti nel 2016. Il rispetto della regola del debito imporrebbe una correzione di 2,2 punti di PIL e la contrazione del PIL salirebbe a 0,8 nel 2015 e a 0,1 punti nel 2016. Le stime delle ricadute sul PIL sono da considerare per difetto, perché utilizzano parametri che si sono rivelati negli ultimi anni decisamente sottostimati.
Nello scenario programmatico il percorso di rientro viene rinviato al biennio 2016-2017, anni in cui, per raggiungere il pareggio di bilancio (in termini strutturali), si intende realizzare una correzione strutturale di 0,9 punti (0,5 nel 2016 e 0,4 l’anno successivo). Il deficit complessivo dovrebbe scendere nel 2016 all’1,8% del PIL, l’anno seguente allo 0,8% per raggiungere lo 0,2% nel 2018. La correzione strutturale viene blindata da una clausola di salvaguardia che verrà inserita nella prossima legge di stabilità e che, in mancanza di interventi alternativi, recupererà 12,4 miliardi nel 2016, 17,8 miliardi nel 2017 e 21,4 miliardi nel 2018 attraverso l’aumento delle aliquote IVA e di altre imposte indirette. Si tratta di un intervento che, secondo le stime del Governo, se realizzato genererebbe una perdita di PIL quantificabile in 0,7 punti percentuali a tutto il 2018. Anche questa stima va considerata per difetto. D’altra parte la clausola di salvaguardia è in questo momento indispensabile per rendere credibile il nuovo percorso di rientro e quindi più accettabile per i partner e la Commissione europei l’aumento del deficit nel 2015 e il rinvio dell’aggiustamento del saldo strutturale.
Inevitabilmente, rallenta il percorso di riduzione del debito pubblico per effetto del peggioramento del quadro economico e del rinvio del pareggio di bilancio. Su quest’anno influiranno anche le minori entrate da privatizzazioni, rispetto a quelle previste, per circa 0,4 punti di PIL. Per il 2015-18 è invece confermato l’obiettivo di incassare, da queste, lo 0,7% del PIL all’anno.
[1] La Nota di aggiornamento al DEF tiene conto della revisione del sistema dei conti nazionali (passato dal SEC95 al SEC2010). Tale innovazione ha comportato per il 2013 un miglioramento di due decimi di punto del rapporto deficit/PIL e di 4,8 punti del rapporto debito/PIL.