Secondo calo mensile consecutivo dell’indice di fiducia delle imprese, sceso in settembre a 86,6 da 88,1, per effetto del peggioramento rilevato in tutti i settori : la flessione più marcata si è avuta nel commercio al dettaglio (-5,2 punti da agosto), -2,5 punti nei servizi di mercato, -1,3 nelle costruzioni.
Nel manifatturiero la fiducia è diminuita di 0,3 punti (indice a 95,1), in arretramento per il quarto mese consecutivo (-4,5 punti da maggio) con giudizi più sfavorevoli sui livelli di produzione (saldo a -22 da -21).
Le prospettive per l’attività nel quarto trimestre non sono positive: per il terzo mese di fila sono peggiorati gli ordini totali (saldo dei giudizi a -27 da -25, sui livelli di un anno fa) in conseguenza di una valutazione più negativa di entrambe le componenti delle domanda (il saldo dei giudizi è diminuito di 2 punti sia per la domanda interna sia per quella estera per la quale, invece, il mese scorso era migliorato). Sono peggiorate anche le attese di ordini, mentre è stato rilevato un marginale miglioramento di quelle sulla produzione.
Le prospettive sull’evoluzione della domanda interna a fine anno restano ancora negative o, quantomeno, molto deboli: il saldo dei giudizi sugli ordini interni dei produttori di beni di consumo, un indicatore che anticipa la dinamica della spesa delle famiglie, è in calo da giugno e in settembre ha perso 2 punti (-8 punti cumulati in quattro mesi; saldi delle risposte a -34 nel terzo trimestre da -29 nel secondo); quello dei produttori dei beni strumentali, che indica la tendenza della spesa per investimenti, è più alto in settembre (saldi a -37 da -40) e nel terzo trimestre (-38 da -39).
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Il dato finale del PMI HSBC manifatturiero cinese conferma che il settore ha continuato a espandersi nel mese di settembre anche se a un ritmo modesto: 50,2 come in agosto e giù rispetto al 50,5 della stima flash. L'analisi delle componenti del PMI mostra che la produzione è aumentata al ritmo più lento nell'attuale sequenza espansiva che dura da 4 mesi (51,3), mentre la componente ordini esteri ha toccato il massimo da marzo 2010, a conferma che in questo momento l'economia cinese soffre per la debolezza della domanda interna piuttosto che di quella estera. Secondo il chief economist di HSBC i dati di settembre suggeriscono che l'attività manifattuirera continua ad espandersi a un ritmo lenti, esistono ancora rischi al ribasso per la crescita e necessitano politiche monetarie e fiscali più accomodanti.
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I prezzi delle nuove case in Cina sono scesi in agosto su base annua in 19 città tra le 70 monitorate dal National Bureau of Statistics (sono aumentati in 48 di esse); l'Housing Price Index, che rappresenta una media dei prezzi a livello nazionale, è cresciuto dello 0,5% rispetto allo stesso mese del 2013. I prezzi stanno costantemente rallentando da dicembre 2013 quando erano cresciuti del 9,9% su base annua. Il rallentamento del settore immobiliare peserà sulla crescita del PIL (il settore delle costruzioni è circa pari al 13% del PIL), ma non è l'unico segnale di frenata dell'economia cinese per la quale l'obiettivo del +7,5% del PIL nel 2014 resta sempre più appeso alle revisioni metodologiche nel calcolo del Prodotto Interno Lordo che saranno implementate per la prima volta a partire dal prossimo gennaio proprio per il calcolo del PIL dell'anno 2014 (la previsione del CSC per la crescita del PIL cinese nel 2014 è pari a +7,3%). In agosto la produzione industriale ha registrato il peggior dato dai tempi della grande crisi finanziaria (+6,9% dal +9,0% di luglio) e hanno rallentato anche le vendite al dettaglio (+11,9% da +12,2%). La dinamica dell'export è stata in linea con le attese (+9,4% annuo), anche se meno brillante che in luglio (+14,5%), mentre ha sorpreso la seconda contrazione consecutiva dell'import (-2,4% da -1,5%), sintomo di una domanda interna di nuovo debole, una volta che si sono esauriti gli effetti benefici dell'allentamento delle politiche fiscale e monetaria in maggio e giugno. Ieri la Banca centrale ha messo a disposizione delle 5 più grandi banche cinesi 81 miliardi di dollari di liquidità per 3 mesi attraverso la Standing Lending Facility. L'intervento, che a un effetto equivalente a un taglio di 50 punti base della riserva obbligatoria, potrebbe rispondere alla maggiore domanda di liquidità, che generalmente coincide con le festività nazionali che iniziano il 1° ottobre, ma avrà comunque l'effetto di sostenere la crescita dell'aggregato monetario M2 all'obiettivo del 13% annuo (in agosto +12,8%).

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Il WTO taglia nettamente le previsioni di crescita del commercio mondiale: +3,1% nel 2014 (da +4,7% previsto in aprile) e +4,0% nel 2015 (da +5,3%).
Le nuove previsioni convergono verso quelle del CSC (Scenari economici n.21, settembre 2014): +2,6% nel 2014 e +4,0% nel 2015.
Pesano, secondo il WTO, la debolezza della crescita del PIL mondiale e, in particolare, lo stallo delle importazioni. Inoltre sono presenti rischi al ribasso, determinati dalla persistenza di tensioni geo-politiche e da prospettive di crescita disomogenea tra macro-aree.
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Nel documento preparato per il G20 del 20-21 settembre (scaricabile alla pagina http://www.imf.org/external/np/g20/091714.htm) l'FMI suona una serie di allarmi sulla crescita globale, in frenata nel 2014 rispetto alle stime di aprile (che erano pari al 3,7% dopo la revisione per l'utilizzo delle nuove Parità di Potere d'Acquisto) a causa della debolezza nella prima parte dell'anno. I rischi al ribasso sono aumentati: i nuovi rischi includono le crescenti tensioni geopolitiche (Ucraina, Medio Oriente) e l'aumento della propensione al rischo degli operatori a caccia di migliori rendimenti. Altri rischi all'orizzonte derivano da una bassa inflazione (se non deflazione) e da una stagnazione nei Paesi avanzati, da una minore crescita delle economie emergenti (specialmente l'America Latinae dalla sfida posta dalla fine della politica monetaria espansiva degli Stati Uniti (con la progressiva rimozione degli stimoli). Le nuove previsioni dell'FMI saranno pubblicate nel World Economic Outlook in uscita nei primi giorni di ottobre.
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A luglio il commercio mondiale in volume cresce dell’1,4% su giugno, accelerando rispetto a giugno (+0,3% su maggio). Le due componenti, esportazioni (+2,3% luglio su giugno) e importazioni (+0,6%), tornano in territorio positivo. Gli scambi internazionali dei paesi avanzati crescono in tutte le aree e per entrambe le direzioni, ad eccezione delle importazioni giapponesi (-1,6%). Le esportazioni delle economie emergenti rafforzano la crescita al +3,3% mentre i loro acquisti dall’estero stagnano (-0,2%) a causa della riduzione delle importazioni dell’Europa Centro-Orientale (-2,4%) e di quelle dell’Africa e del Medio Oriente (-1,1%). Le tensioni geopolitiche nell’area e le sanzioni commerciali imposte in Russia e Ucraina pesano sui loro acquisti dall’estero.
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La fiducia dei consumatori italiani in settembre si è sostanzialmente stabilizzata sui livelli di agosto (indice a 102,0 da 101,9), in calo di 4,1 punti dai massimi triennali raggiunti in maggio. Nella media del terzo trimestre 2014 l’indice è diminuito di 2,8 punti sul secondo (102,8 da 105,6).
Tra le componenti il clima di fiducia sono peggiorati i giudizi sulla situazione economica della famiglia e dell’Italia e quelli sul bilancio familiare, mentre il saldo relativo all’opportunità attuale all’acquisto di beni durevoli è notevolmente migliorato (+21 punti rispetto ad agosto), dopo il forte peggioramento del mese scorso. Le attese si confermano in linea con quelle di agosto ma risultano molto più negative rispetto ai mesi scorsi, specie quelle sulla situazione economica dell’Italia (-18 punti da giugno). Questa tendenza è coerente con una dinamica estremamente fiacca dei consumi durante i mesi estivi e autunnali.
Nell’Euroarea la fiducia dei consumatori è diminuita di 1,4 punti in settembre su agosto (stima flash della Commissione europea), in peggioramento per il quarto mese consecutivo.
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Il PMI composito - che sintetizza l’attività nel manifatturiero e nei servizi - segnala in settembre un ulteriore rallentamento nell’Euroarea: è sceso a 52,3 da 52,5 di agosto (>50 indica espansione), livello più basso da gennaio scorso. Nel manifatturiero mostra una sostanziale stagnazione (PMI a 50,5 da 50,7, minimo da 14 mesi), con nuovi ordini in calo per la prima volta in 15 mesi; nel terziario riflette una modesta crescita, ma più lenta di quella evidenziata nei mesi precedenti (52,8 da 53,1, minimo da giugno). La dinamica all’interno dell’Eurozona è diversificata: in Germania il PMI composito - grazie alla migliore performance nei servizi - riflette un’espansione più ampia (54,0), dopo il minimo da dieci mesi toccato in agosto (53,7); in Francia è invece proseguita, a un ritmo più negativo, la contrazione dell’attività (indice a 49,1 da 49,5, per il quinto mese sotto la soglia di 50), mentre nel resto dell’area si è avuto un generalizzato rallentamento.
I livelli del PMI composito nel terzo trimestre sono coerenti, secondo Markit, con un marginale incremento del PIL nell’Eurozona: +0,3%, grazie all’espansione in Germania (nel precedente trimestre si era avuta una variazione congiunturale nulla). Se si tiene conto che i livelli del PMI composito nel secondo trimestre erano 53,4 e nel terzo 52,9, questa previsione appare ottimistica.
Il peggioramento delle valutazioni dei direttori degli acquisti su ordini e attività futura preannuncia una dinamica ancora più debole nell’ultimo trimestre di quest’anno.
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Giù gli scambi con l’estero dell’Italia in luglio: -1,6% su giugno le esportazioni in valore (-1,4% in giugno) e -2,5% le importazioni (+2,2% in giugno).
Sono diminuite le vendite italiane all’estero nei paesi dell’Unione europea (-2,7%), in stallo quelle extra-Ue (-0,3%). In calo l’export di beni di consumo (-2,1%), strumentali (-1,0%), intermedi (-1,2%) e soprattutto energetici (-6,7%).
La debolezza delle importazioni sostiene il saldo commerciale che a luglio sfiora i 7 miliardi.
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Domani gli scozzesi saranno chiamati a rispondere alla domanda “Should Scotland be an independent country?” nel referendum che potrebbe mettere fine all'unione, vigente dal 1707, quando il Regno di Inghilterra e quello di Scozia si convertirono nel Regno Unito di Gran Bretagna (poi divenuto nel 1927 Regno Unito di Gran Bretagna e Irlanda del Nord). Sono ammessi a votare i residenti in Scozia di nazionalità britannica, irlandese e di paesi dell'UE e del Commonwealth, di 16 o più anni. Gli ultimi tre sondaggi, degli istituti ICM, Survation e Opinium, hanno presentato un leggero vantaggio per i sostenitori del "Better Together": il 52% degli intervistati ha dichiarato che voterà NO e il 48% YES. Dopo aver per lungo tempo rincorso da lontano, il fronte del SI all'indipendenza aveva messo la testa avanti nei sondaggi del 2-5 settembre. Tuttavia, le promesse di una maggiore autonomia in materia fiscale e di welfare e di una diversa ripartizione della spesa pubblica fatte dal premier britannico Cameron e il rinnovato schieramento di tutto l'establishment britannico, incluso l'ex primo ministro Gordon Brown (scozzese di nascita), a favore del NO hanno riportato avanti i sostenitori degli unionisti. Conta la percezione della propria situazione futura: dai sondaggi risulta in salita la percentuale di coloro che pensano che la loro situazione economica e finanziaria sarà peggiore nel caso di vittoria dei SI, eventualità che darebbe slancio ad altri movimenti indipendentisti esistenti nell'Unione europea (Catalogna in Spagna, Fiandre in Belgio, ecc.) e aprirebbe la questione di una eventuale adesione della Scozia indipendente all'UE. Il presidente dell'esecutivo comunitario Manuel Barroso ha detto che per una Scozia indipendente aderire all'Unione sarebbe "estremamente difficile se non impossibile"; la presa di posizione è sembrata a molti il tentativo di indurre gli scozzesi, ed altri, ad abbandondare la via dell'indipendenza.  
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