Il PMI manifatturiero italiano, un indice che riflette le condizioni operative nel settore, è salito in settembre a 50,7, in area di espansione (cioè al di sopra della soglia di 50 che indica nessuna variazione congiunturale) dopo il 49,8 toccato in agosto (minimo da giugno 2013). Il recupero è guidato principalmente dal miglioramento degli indicatori relativi alla produzione (indice a 51,4 da 50,3) e all’occupazione (51,0 da 49,0). È invece calato l’indice relativo alla componente ordini (50,2 da 50,9, minimo da 15 mesi), che indica in settembre una sostanziale stagnazione della domanda e non preannuncia miglioramenti dell’attività in autunno. A spingere al ribasso l’indicatore è la componente interna della domanda, essendo invece in accelerazione quella estera (54,1 da 53,0) grazie alle maggiori commesse provenienti dai paesi extra-UE.
Il PMI manifatturiero ha registrato un valore medio di 50,8 nel terzo trimestre, da 53,3 nel secondo; l’indice della componente produzione è sceso a 51,8 (da 55,8), quello relativo agli ordini a 51,1 (da 54,2). Il PMI segnala nei mesi estivi un marginale incremento dell’attività (più contenuto rispetto a quello che era indicato nel trimestre precedente). C’è da rilevare, però, che nel corso della seconda recessione questo indicatore non è stato coerente con i dati effettivi: la produzione infatti è calata nei primi due trimestri mentre il relativo PMI segnalava variazioni positive, anche significative (specie in primavera). La dinamica del PMI non contrasta dunque con le stime CSC (diffuse ieri) di una contrazione dell’attività anche nel terzo trimestre, più profonda di quella rilevata nel secondo (-0,5% dal -0,4%).
Il PMI manifatturiero sorprende negativamente in Germania, dove l’indice è calato poco sotto 50 (49,9 da 51,4, minimo da 15 mesi) segnalando un peggioramento delle condizioni nel settore. Frena l’incremento della produzione, il cui relativo indice è sceso a 51,0 (da 51,5); mentre è stata rilevata una contrazione della domanda, con l’indice dei nuovi ordini sceso a 48,0 (da 51,1), in gran parte attribuibile alla componente interna; gli ordini esteri risultano in lieve incremento, ma meno ampio di quello rilevato in agosto (50,3 da 51,3), specie per le conseguenze della crisi russo-ucraina, che ha generato una maggiore incertezza, e dell’embargo russo su alcuni prodotti.
In Francia si attenua la contrazione nel manifatturiero (PMI a 48,8 da 46,9), specie per effetto di un parziale miglioramento degli indici relativi alle componenti produzione (48,4 da 45,8), ordini (46,9 da 44,6) e occupazione (48,2 da 45,9). Le prospettive rimangono ancora negative.
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La terza stima del PIL britannico per il 2° trimestre 2014 (che include la revisione dei conti nazionali e l'adozione dell'ESA 2010 in luogo dell'ESA95) indica che l'economia del Regno Unito è cresciuta dello 0,9% congiunturale (dal +0,7% nel 1°), con una revisione al rialzo di 0,1 punti percentuali rispetto alle precedenti stime. La crescita su base annua è stata confermata al +3,2%.
La revisione metodologica ha portato all'anticipazione del recupero dal picco pre-crisi: nel 2° trimestre il PIL era del 2,7% superiore rispetto al picco pre-crisi toccato nel 1° 2008 e non solo dello 0,2%, come precedentemente stimato. Il picco pre-crisi è stato recuperato nel 3° 2013, nove mesi prima di quanto stimato finora.
Dal lato dell'offerta la crescita appare più bilanciata di quanto stimato in precedenza: il settore dei servizi ha guidato la crescita con un +1,1% trimestrale, mentre quello delle costruzioni è salito di uno 0,7%. La produzione industriale ha registrato un timido +0,2% mentre si è contratto il settore agricolo (-0,3%).
La domanda interna è cresciuta dell'1,0% su base trimestrale: +0,6% i consumi (sostenuti da fiducia dei consumatori, alto tasso di occupazione e inflazione al minimo dal 2009), +1,3% gli investimenti (al 7° incremento congiunturale consecutivo) e +1,0% la spesa pubblica (che si era però precedentemente contratta dello 0,3% nel 1° 2014 e dello 0,1% nel 4° 2013). Hanno contribuito positivamente alla crescita del PIL anche le scorte (0,2 punti percentuali), mentre è stato nullo il contributo delle esportazioni nette. Le esportazioni di beni e servizi si sono contratte dello 0,4% rispetto al trimestre precedente (stessa variazione relaizzatasi nel 1° 2014 sul 4° 2013) a causa della debola domanda interna dell'Eurozona e dell'apprezzamento della sterlina dall'inizio dell'anno. Le importazioni sono scese dello 0,3% nel 2° trimestre (-2,0% nel 1°).
La revisione al rialzo del PIL rende ancora più probabile il rinvio ai primi mesi del 2015 del primo rialzo del tasso ufficiale da parte della Banca d'Inghilterra.

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E' uscito ai primi di Agosto sulla rivista Science un articolo di Erica Fuchs, Prof.ssa di ingegneria alla Carnegie Mellon University, intitolato "Global Manufacturing and the Future of Technology". E' analizzata in particolare la relazione tra presenza sul territorio dell'industria manifatturiera e capacità di innovazione del sistema economico. E' un argomento di assoluta attualità, sul quale anche il CSC si è lungamente soffermato in diverse edizioni di Scenari Industriali (compresa l'ultima in cui è dedicato un intero capitolo).
Il testo dell'articolo (2 pagine) è allegato di seguito (ho evidenziato in giallo alcune parti significative). Per chi fosse interessato, invito a guardare anche la bibliografia.
Science-2014-Fuchs-519-20_evidenziato.pdf|Visualizza dettagli
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Gli ultimi dati ISTAT sull’occupazione confermano il quadro delineatosi da inizio anno: al di là delle fluttuazioni mensili, il numero di persone occupate si è stabilizzato. Ad agosto si registra una variazione positiva (+32mila unità) che quasi compensa la perdita di luglio (-48mila) e porta a una variazione nel bimestre estivo pressoché nulla rispetto al secondo trimestre (+0,05%), quando già l’occupazione era rimasta piatta sui livelli del primo.
A fronte di una forza lavoro sostanzialmente piatta da inizio 2013, anche il tasso di disoccupazione è rimasto nei primi otto mesi del 2014 ancorato sui livelli di fine 2013 (12,5% nel quarto trimestre). Ad agosto i disoccupati in percentuale della forza lavoro si sono attestati sul 12,3% (-0,3 punti percentuali su luglio), tornando sui livelli di giugno.
L’impatto della crisi continua a essere più marcato per i giovani: in agosto il tasso di disoccupazione tra i 15-24enni ha toccato il 44,2% e il tasso di occupazione è sceso a un minimo storico del 15,0%.
Tasso di disoccupazione fermo su alti livelli anche nella media dell’Eurozona (in agosto sull’11,5% per il terzo mese consecutivo); elevatissimo in Spagna (24,4%), seppur in lenta riduzione dal picco di febbraio 2013 (26,4%); alto e fermo in Francia (10,5%), ai minimi in Germania (4,9%). Tra i 15-24enni il tasso di disoccupazione medio nell’Eurozona è al 23,3% (dal 23,9% di un anno prima), con ancora più ampia variabilità tra paesi membri: 53,7% in Spagna, 24,0% in Francia e 7,6% in Germania.
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A luglio il commercio mondiale in volume cresce dell’1,4% su giugno, accelerando rispetto a giugno (+0,3% su maggio). Le due componenti, esportazioni (+2,3% luglio su giugno) e importazioni (+0,6%), tornano in territorio positivo. Gli scambi internazionali dei paesi avanzati crescono in tutte le aree e per entrambe le direzioni, ad eccezione delle importazioni giapponesi (-1,6%). Le esportazioni delle economie emergenti rafforzano la crescita al +3,3% mentre i loro acquisti dall’estero stagnano (-0,2%) a causa della riduzione delle importazioni dell’Europa Centro-Orientale (-2,4%) e di quelle dell’Africa e del Medio Oriente (-1,1%). Le tensioni geopolitiche nell’area e le sanzioni commerciali imposte in Russia e Ucraina pesano sui loro acquisti dall’estero.
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Il dato finale del PMI HSBC manifatturiero cinese conferma che il settore ha continuato a espandersi nel mese di settembre anche se a un ritmo modesto: 50,2 come in agosto e giù rispetto al 50,5 della stima flash. L'analisi delle componenti del PMI mostra che la produzione è aumentata al ritmo più lento nell'attuale sequenza espansiva che dura da 4 mesi (51,3), mentre la componente ordini esteri ha toccato il massimo da marzo 2010, a conferma che in questo momento l'economia cinese soffre per la debolezza della domanda interna piuttosto che di quella estera. Secondo il chief economist di HSBC i dati di settembre suggeriscono che l'attività manifattuirera continua ad espandersi a un ritmo lenti, esistono ancora rischi al ribasso per la crescita e necessitano politiche monetarie e fiscali più accomodanti.
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In onore di Jean-Paul Fitoussi, macroeconomista francese da sempre voce fuori dal coro nel panorama accademico internazionale, il premio nobel Joseph Stiglitz ha scritto un interessantissimo working paper (che trovate allegato in fondo a questo testo), in cui non solo smonta gran parte delle "fashionable" macro-theories (à la Alesina-Giavazzi tanto per intenderci) utilizzate ancora oggi a livello europeo per guidare la politica economica comunitaria, ma offre anche delle risposte all'attuale crisi che vi invito a leggere. Si tratta di un articolo accademico, non sempre facile da capire per chi non è esperto di macroeconomia.
Quoto solo un capoverso, in cui mette in guardia da misure fiscali di riduzione della spesa pubblica volte a rilanciare l'economia attraverso una minor pressione fiscale sulle imprese:
"There have been some discussions of instances in which government cutbacks have been associated with economic expansion. Some have suggested that these benefits arise from supply-side responses (e.g., as a result of the lower tax rates, now or in the future, there is a negative balanced-budget multiplier). But in situations such as the current one, where aggregate demand is limiting output, supply-side responses can even increase unemployment and have an adverse effect on output: the downward pressure on wages shifts the distribution of income towards profits, lowering aggregate demand. This suggests that the few instances of government cutbacks bringing on expansion must be special and peculiar. And indeed that is the case: they happened in small countries that had the good fortune to have exports expand more than enough to fill the gap in aggregate demand caused by reduced government expenditures."
Buona lettura!
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Secondo calo mensile consecutivo dell’indice di fiducia delle imprese, sceso in settembre a 86,6 da 88,1, per effetto del peggioramento rilevato in tutti i settori : la flessione più marcata si è avuta nel commercio al dettaglio (-5,2 punti da agosto), -2,5 punti nei servizi di mercato, -1,3 nelle costruzioni.
Nel manifatturiero la fiducia è diminuita di 0,3 punti (indice a 95,1), in arretramento per il quarto mese consecutivo (-4,5 punti da maggio) con giudizi più sfavorevoli sui livelli di produzione (saldo a -22 da -21).
Le prospettive per l’attività nel quarto trimestre non sono positive: per il terzo mese di fila sono peggiorati gli ordini totali (saldo dei giudizi a -27 da -25, sui livelli di un anno fa) in conseguenza di una valutazione più negativa di entrambe le componenti delle domanda (il saldo dei giudizi è diminuito di 2 punti sia per la domanda interna sia per quella estera per la quale, invece, il mese scorso era migliorato). Sono peggiorate anche le attese di ordini, mentre è stato rilevato un marginale miglioramento di quelle sulla produzione.
Le prospettive sull’evoluzione della domanda interna a fine anno restano ancora negative o, quantomeno, molto deboli: il saldo dei giudizi sugli ordini interni dei produttori di beni di consumo, un indicatore che anticipa la dinamica della spesa delle famiglie, è in calo da giugno e in settembre ha perso 2 punti (-8 punti cumulati in quattro mesi; saldi delle risposte a -34 nel terzo trimestre da -29 nel secondo); quello dei produttori dei beni strumentali, che indica la tendenza della spesa per investimenti, è più alto in settembre (saldi a -37 da -40) e nel terzo trimestre (-38 da -39).
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Il WTO taglia nettamente le previsioni di crescita del commercio mondiale: +3,1% nel 2014 (da +4,7% previsto in aprile) e +4,0% nel 2015 (da +5,3%).
Le nuove previsioni convergono verso quelle del CSC (Scenari economici n.21, settembre 2014): +2,6% nel 2014 e +4,0% nel 2015.
Pesano, secondo il WTO, la debolezza della crescita del PIL mondiale e, in particolare, lo stallo delle importazioni. Inoltre sono presenti rischi al ribasso, determinati dalla persistenza di tensioni geo-politiche e da prospettive di crescita disomogenea tra macro-aree.
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La fiducia dei consumatori italiani in settembre si è sostanzialmente stabilizzata sui livelli di agosto (indice a 102,0 da 101,9), in calo di 4,1 punti dai massimi triennali raggiunti in maggio. Nella media del terzo trimestre 2014 l’indice è diminuito di 2,8 punti sul secondo (102,8 da 105,6).
Tra le componenti il clima di fiducia sono peggiorati i giudizi sulla situazione economica della famiglia e dell’Italia e quelli sul bilancio familiare, mentre il saldo relativo all’opportunità attuale all’acquisto di beni durevoli è notevolmente migliorato (+21 punti rispetto ad agosto), dopo il forte peggioramento del mese scorso. Le attese si confermano in linea con quelle di agosto ma risultano molto più negative rispetto ai mesi scorsi, specie quelle sulla situazione economica dell’Italia (-18 punti da giugno). Questa tendenza è coerente con una dinamica estremamente fiacca dei consumi durante i mesi estivi e autunnali.
Nell’Euroarea la fiducia dei consumatori è diminuita di 1,4 punti in settembre su agosto (stima flash della Commissione europea), in peggioramento per il quarto mese consecutivo.
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