Il CSC saluta con tanto affetto una delle sue colonne!
Elena inizia la sua seconda giovinezza... le auguriamo di realizzare tutti i suoi sogni.
Ci mancherai tanto!
Grazie Elena!! |
Riconoscimento al CSC |
Si è stabilizzato il mercato del lavoro italianoI dati ISTAT sull’occupazione in giugno confermano che il mercato del lavoro italiano si è stabilizzato, al di là delle fluttuazioni mensili. L’ultima variazione mensile (+50mila unità) e quella precedente (+32mila unità) compensano la perdita di aprile (-79mila unità) portando a una variazione trimestrale nulla. Il tasso di disoccupazione si è attestato in giugno al 12,3% (-0,3 su maggio) grazie a una forza lavoro in contrazione (-0,1%), segnale che il mercato del lavoro resta debole.
Tasso di disoccupazione in calo anche nella media dell’Eurozona (11,5% in giugno dall’11,6% dei due mesi precedenti); elevatissimo in Spagna (24,5%), ma in lenta riduzione dal picco di febbraio 2013 (26,4%); in leggero aumento in Francia al 10,2% (da 10,1% di maggio e aprile), fermo in Germania al 5,1%. Tra i 15-24enni il tasso di disoccupazione medio europeo è al 23,2% (dal 23,9% di un anno prima), con ancora più ampia variabilità tra paesi membri: 53,5% in Spagna, 22,4% in Francia e 7,8% in Germania. |
BenvenutoCara/o collega di MentInsieme, ti do il benvenuto nella Piattaforma social di Confindustria, che potenzia la comunicazione nel Sistema e valorizza il patrimonio d’informazioni e di competenze. La nostra Comunità professionale trasloca in questo nuovo ambiente con l’obiettivo di rafforzare ulteriormente la condivisione di conoscenze, esperienze e analisi. Vi incoraggeremo a utilizzare gli strumenti della Piattaforma (forum, blog, libreria) per comunicare tra di noi. Insieme per rendere più forti le maglie della nostra rete. Un saluto social, Luca Paolazzi |
Modelli di industrializzazione oggi (Italia e Germania)Una recente analisi svolta dal CSC [ripresa anche in Scenari Economici del dicembre scorso (n. 17)] mostra che nel confronto diretto con la Germania l’Italia si caratterizza per una diversa collocazione all’interno delle catene internazionali del valore, che la vede maggiormente orientata “verso monte”. A questo riguardo si può osservare che la posizione relativa dell’Italia riflette direttamente le caratteristiche del suo “secondo” modello di industrializzazione. Il ridimensionamento del grado di integrazione verticale del sistema – a partire dalla metà degli anni 70 – ha infatti determinato una progressiva espansione dei mercati intermedi, che ha a sua volta comportato un aumento strutturale degli scambi di mercato tra le imprese. Detto in altri termini, una quota ormai molto elevata di imprese italiane della trasformazione è costituita da tempo da produttori di input intermedi – che, estendendo nel frattempo la loro area di mercato, sono diventati fornitori anche sui mercati internazionali. La de-verticalizzazione – che ha assunto in Italia speciale intensità, ma ha comunque investito negli stessi tempi anche la maggior parte degli altri grandi paesi industriali – è stata inizialmente quasi assente in Germania, per poi emergere rapidamente dopo la c.d. “caduta del muro”, quando è divenuto possibile includere le economie dell’Est Europa – che disponevano di una precedente knowledge manifatturiera e offrivano enormi differenziali negativi di costo – in una rete strutturata di scambi. In questo modo l’avvio di un processo di outsourcing (non necessariamente sostitutivo della produzione già realizzata, ma ampiamente aggiuntivo o se si vuole “integrativo”) ha coinciso per la Germania con quello dell’offshoring : mantenendo in patria le imprese collocate a valle delle catene del valore e dislocando i mercati intermedi direttamente all’estero. Questo fenomeno, che ha verosimilmente implicazioni tutt’altro che trascurabili sulla stessa produttività, è stato caratterizzato da una velocità addirittura superiore a quella, già alta, con cui si era realizzato – su basi nazionali – in Italia. Nel primo caso si era infatti trattato di trasferire la produzione dalla (grande) impresa verticalmente integrata a quella (piccola e nuova) che se ne caricava pro-quota sulle spalle l’onere produttivo (ossia di modificare l’intera organizzazione della produzione); mentre nel secondo è stato sufficiente attivare una domanda intermedia da parte di produttori (assemblatori) tedeschi già presenti sul mercato, avvalendosi di un capitale di know how già ampiamente disponibile all’estero. E’ in questo senso che la Polonia e gli altri paesi dell’Est (economie di “fornitori”) competono oggi direttamente – con costi di produzione non paragonabili – con l’Italia, e non con la Germania. |
Coefficienti utili per la rivalutazione dei crediti di lavoro da liquidare nel mese di maggio 2016A maggio 2016 l’indice in base 2015 dei prezzi al consumo per le famiglie di operai e impiegati (FOI), considerato al netto dei tabacchi, è stato pari a 99,7, con una variazione percentuale di 0,1 rispetto al mese di aprile.
In allegato e in “Libreria del CSC/Rivalutazione crediti di lavoro” si riporta la tabella dei coefficienti di rivalutazione dei crediti di lavoro maturati dal 1° gennaio 1990, o data successiva, e liquidati dal 1° al 31 dicembre. Tabella Rivalutazione crediti lavoro_mag16.xlsVisualizza dettagli |
MentInsieme diventa ConfIdeaMentInsieme cambia nome! Nella riunione annuale 2018, la decima dall'inizio della sua storia, la comunità che riunisce gli uffici studi del Sistema Confindustria ha scelto tramite brainstorming di chiamarsi ConfIdea. La comunità cambia nome ma non identità. Si consolida lo spirito di gruppo, la voglia di fare rete, la condivisione delle professionalità, il desiderio di conoscere per anticipare, il piacere di lavorare insieme. Confronto e confidenza gli ingredienti per trasfromare conf-fusione in conf-unione! |
Grazie a tutti!!! |
Coefficiente per la rivalutazione del TFR – Maggio 2016A maggio 2016 l'indice in base 2015 dei prezzi al consumo per le famiglie di operai e impiegati (FOI), considerato al netto dei tabacchi, è risultato pari a 99,7. Il coefficiente utile per la rivalutazione del trattamento di fine rapporto maturato al 31 dicembre 2015, secondo l’art. 1 della L. 297/1982, è dunque pari a 1,006250. In allegato e in “Libreria del CSC/TFR” si riporta la tabella con i valori dei coefficienti dal gennaio 2003.
Si ricorda che la comunicazione dell’aggiornamento del coefficiente del TFR è diffusa attraverso le News e il Servizio “annuncio TFR” che risponde al numero 06-5903417. Tabella TFR_mag16.xlsVisualizza dettagli |
Nuovo forte pacchetto di stimolo monetario della BCELa Banca Centrale Europea ha annunciato oggi un ampio pacchetto addizionale di misure monetarie espansive. L’obiettivo è sostenere la dinamica dei prezzi nell’Eurozona, allontanandola dalla deflazione (-0,2% annuo a febbraio) e riportandola vicino all’obiettivo (poco sotto il +2,0%). Le nuove misure sono pensate per stimolare il credito e quindi la ripresa economica e la dinamica dei prezzi nell’area. Primo, la BCE ha tagliato tutti i tassi ufficiali a sua disposizione: il tasso principale di rifinanziamento scende allo 0,00% (da 0,05%); il tasso sui prestiti marginali scende allo 0,25% (da 0,30%); il tasso sui depositi bancari, già negativo, viene ulteriormente ridotto a -0,40% (da -0,30%). Inoltre, la Banca ha sottolineato che i tassi resteranno a lungo a tali livelli o più bassi, sicuramente molto dopo la fine del programma di Quantitative Easing (QE, che durerà “almeno fino a marzo 2017”). Secondo, la Banca Centrale ha potenziato il QE: il ritmo mensile degli acquisti di bond pubblici e privati sale a 80 miliardi di euro (da 60); potranno essere comprati, da giugno 2016, anche bond emessi da imprese non bancarie, purché abbiano un rating almeno pari a investment grade (corporate sector purchase programme). Terzo, la BCE ha annunciato un nuovo round di prestiti T-LTRO alle banche, condizionati all'erogazione di credito all'economia, come le precedenti T-LTRO. Le nuove aste (T-LTRO 2) saranno quattro, partiranno da giugno 2016, una ogni tre mesi, e avranno durata fissa di 4 anni (l’ultima scadrà a marzo 2021), senza obblighi di restituzione anticipata. Le banche potranno ottenere fondi pari fino al 30% dei loro prestiti all’economia e il tasso base sarà pari a quello corrente sulle operazioni principali di rifinanziamento (al momento, 0,00%), ma c’è un forte incentivo a prestare: se i nuovi crediti supereranno determinate soglie si potranno ottenere fondi a tassi più bassi, fino a raggiungere quello corrente sui depositi (ora a -0,40%). |
Prosegue la riduzione del credito per le imprese, salgono tassi e sofferenzeIl 2016 si è aperto con l’accentuarsi della caduta dello stock di prestiti alle imprese italiane: -0,5% a gennaio, dopo il -0,3% a dicembre (dati destagionalizzati dal CSC). Nella prima metà del 2015, invece, la riduzione si era quasi arrestata. Continua a mancare, dunque, un cruciale fattore di sostegno per il recupero dell’attività economica. I tassi di interesse sulle nuove operazioni, inoltre, sono bruscamente saliti a gennaio (2,0%, da 1,7% a dicembre), dopo una lunga fase di flessione partita a inizio 2014 (quando erano al 3,5%). Sono cresciuti maggiormente quelli pagati dalle grandi imprese (1,6%, da 1,3%), meno quelli per le PMI (2,8%, da 2,7%). Le sofferenze bancarie sul credito alle imprese sono aumentate a 144 miliardi a gennaio, da 143 a dicembre (pari al 18,6% dei prestiti, da 18,5%). Nonostante le diverse misure varate negli ultimi mesi, il peso delle sofferenze e i rischi che esse pongono restano un forte elemento di freno all’erogazione di nuovo credito. |
In ottobre prosegue il recupero dell’attività industriale: +0,4% su settembre
Il CSC rileva un incremento della produzione industriale dello 0,4% in ottobre su settembre, quando c’è stato un progresso dello 0,2% su agosto, comunicato oggi dall’ISTAT.
Nel terzo trimestre 2015 l’attività è aumentata dello 0,4% sul precedente (quarto incremento consecutivo). Il quarto 2015 eredita una variazione congiunturale di +0,4%.
Le indagini qualitative presso le imprese manifatturiere delineano un’accelerazione nei mesi autunnali: secondo i direttori degli acquisti (indagine PMI Markit) in ottobre gli ordini sono aumentati per il nono mese consecutivo e a un passo più veloce (indice a 55,3 contro 53,9 di settembre); indicazioni analoghe vengono dall’indagine condotta dall’ISTAT.
|
Povertà in Italia: prima flessione dopo la crisi
Secondo le nuove serie storiche ricostruite dall’ISTAT e diffuse oggi, il numero di individui in condizione di povertà assoluta era, nel 2014, pari a 4 milioni e 102mila (6,8% della popolazione residente), in leggero calo rispetto a un anno prima (-318mila). Le famiglie povere erano 1 milione e 470mila (5,7% di quelle residenti, -144mila rispetto al 2013).
Durante la crisi le persone in forte difficoltà economica sono aumentate di circa il 130%, con ampie differenze territoriali. Nel Mezzogiorno l’incidenza della povertà assoluta è cresciuta di 5,2 punti percentuali tra il 2007 e il 2014, contro i 2,7 e 3,1 registrati rispettivamente nel Centro e nel Nord. Ciò ha ampliato ulteriormente le già forti differenze tra aree geografiche: la quota di persone povere ha raggiunto il 9,0% nel Mezzogiorno, mentre si ferma al 5,5% nel Centro e al 5,7% nel Nord.
|
Da immatricolazioni di auto e PMI dei servizi segnali positivi per l’economia italiana nel primo trimestre
Il primo trimestre 2015 è partito con il piede giusto per l’Italia, anche se resta qualche ombra all'orizzonte. Aumento delle immatricolazioni di auto e incremento dell'attività rilevato nell'indagine PMI dei servizi, confermano i segnali di ripresa della domanda interna, in linea con quanto le indagini di fiducia ISTAT avevano evidenziato nei giorni scorsi.
Dopo il crollo di dicembre (-5,8%), le immatricolazioni di auto in Italia sono migliorate del 9,6% congiunturale in gennaio (stime CSC), portando la variazione acquisita nel primo trimestre 2015 a +5,7%. Nel quarto 2014 si è avuto un incremento del 2,5% (+1,4% nel terzo). Rispetto al minimo toccato nel gennaio 2013 sono aumentate del 18,0%.
Sempre in gennaio, il PMI dei servizi è risalito oltre la soglia di 50 (a 51,2 da 49,4), ben sopra le attese che lo davano a 49,9. In negativo, però, si registra - rispetto a dicembre - un calo più marcato di ordini e occupazione. Il PMI composito (che sintetizza la dinamica nel manifatturiero e nel terziario) segnala un incremento dell’attività, dopo il calo rilevato in dicembre: 51,2 da 49,3 (50,3 nel quarto trimestre).
Per i prossimi mesi gli ordini PMI prospettano, nel complesso, il persistere di debolezza, specie per la domanda interna. Tuttavia, contrastano con queste valutazioni il forte miglioramento della fiducia dei consumatori in gennaio (ISTAT) e - per quel che riguarda le prospettive di spesa delle famiglie - i giudizi più favorevoli sui bilanci familiari, sull’opportunità all’acquisto di beni durevoli e sulle condizioni economiche future. Ciò suggerisce che nei prossimi mesi i consumi interni potrebbero dare un contributo positivo e significativo
|
Italia: balzo dell’occupazione già a dicembre
Le persone occupate in Italia sono cresciute di 93mila unità in dicembre (+0,4% su novembre), un risultato doppiamente positivo. Ci si attendeva infatti un calo, data l’opportunità per le imprese di rinviare le assunzioni al 2015 alla luce degli sgravi contributivi in vigore da gennaio. Questi ultimi, insieme ai cambiamenti normativi in atto, sosterranno quest’anno le assunzioni a tempo indeterminato. L’aumento dell’occupazione in dicembre neutralizza i cali registrati nei due mesi precedenti, determinando nella media trimestrale una sostanziale tenuta rispetto all’estate (-0,1%). Il quadro di stabilizzazione dell’occupazione delineatosi da inizio 2014 risulta quindi confermato, in linea con un’economia italiana pronta a ripartire. Il tasso di disoccupazione è sceso di 0,4 punti in dicembre, da 13,3% a 12,9%. Il calo mensile è quasi interamente dovuto alla crescita dell’occupazione. Nella media trimestrale, il 2014 si chiude con un tasso di disoccupazione di 0,8 punti più elevato rispetto a un anno prima (13,2% da 12,4%), un aumento principalmente dovuto a una forza lavoro in espansione (+1,0% da fine 2013), segno di diffusione di una percezione di maggiore probabilità e della necessità di trovare un lavoro. Scende di poco il tasso di disoccupazione nella media dell’Eurozona (11,4% in dicembre da 11,5%), elevatissimo in Spagna (23,7%), seppur in lenta riduzione dal picco di febbraio 2013 (26,3%); alto e fermo in Francia (10,3%), ai minimi in Germania (4,8%). |
La competitività del sistema produttivo italiano secondo l'FMIE' uscito di recente un working paper del FMI, a cura di A. Tiffin, che guarda alla performance sui mercati esteri dell'industria italiana e che ci restituisce un quadro complessivamente positivo di questa fetta di sistema produttivo. Un quadro assolutamente in linea con le analisi svolte in questi anni dal CSC, non da ultimo nel rapporto di giugno di Scenari Industriali.
L'analisi si prefigge di spiegare l'apparente incongruenza che c'è tra l'andamento degli indicatori tradizionali di performance, basati su stime del costo del lavoro (Unit Labor Cost) e di prezzo del prodotto, che vedono l'Italia in svantaggio rispetto ai principali competitor, e le quote di mercato dell'export italiano che, anche negli anni della crisi, hanno retto bene, anche in termini di composizione merceologica. La spiegazione, variamente documentata nel testo, è che non solo le imprese italiane sono riuscite a non ribaltare per intero gli aumenti di costo sui prodotti venduti, facendo anche leva su prezzi in calo degli input importati, rimanendo così competitivi sui prezzi finali, ma anche e soprattutto che esse sono riuscite a migliorare la qualità dei prodotti offerti, svincolandosi da una pura competizione di prezzo, e a posizionarsi su mercati con buone prospettive di crescita.
Nello stesso documento non mancano comunque delle note di preoccupazione. In particolare, si segnala la perdita di quote di export nei settori presidiati da fornitori specializzati, ossia lì dove l'industria italiana ha storicamente uno dei suoi punti di forza. In questo caso, i problemi principali sembrerebbero legati ad una scarsa competitività del sistema paese, piuttosto che a carenze imprenditoriali.
Per concludere, una breve riflessione. Come scritto in precedenza, l'analisi si focalizza esclusivamente su quella parte di imprese che è presente sui mercati esteri con i propri prodotti. Ossia, quasi per definizione, sulle imprese più strutturate e innovative del nostro paese. I grandi vuoti produttivi lasciati dalla crisi, purtroppo, sappiamo essere in larga parte concentrati tra quelle imprese che avevano nel mercato interno il principale sbocco commerciale. Il messaggio che se ne trae è quindi che: le imprese di testa, nonostante in parte azzoppate da un sistema paese inadeguato, sono ancora in larga parte competitive, anzi, vanno complessivamente meglio delle cugine francesi e inglesi e quasi allo stesso passo di quelle tedesche. Dietro di esse, però, non c'è da stare tranquilli...
Qui sotto il link da cui è possibile scaricare il documento originale: http://www.imf.org/external/pubs/ft/wp/2014/wp1479.pdf
|
Peggiora per il terzo mese consecutivo la fiducia dei consumatori italianiLa fiducia dei consumatori italiani è diminuita in agosto per il terzo mese consecutivo. L’indice complessivo è calato a 101,9 da 104,4 di luglio (-4,2 punti dal picco di maggio, quando aveva raggiunto il valore massimo da gennaio 2010). Il calo dell’indice generale è spiegato soprattutto dalle valutazioni più pessimistiche sul clima economico. Tra le componenti più strettamente legate ai comportamenti di spesa delle famiglie, quella relativa alle opportunità attuali all’acquisto di beni durevoli ha mostrato il maggiore peggioramento (-11 punti in un mese); sono più sfavorevoli le attese sulla situazione economica della famiglia e sulle possibilità attuali di risparmio; in marginale miglioramento, invece, i giudizi sul bilancio familiare e sulla situazione economica della famiglia. La tendenza recente dell’indicatore di fiducia segnala che anche nel terzo trimestre le famiglie hanno adottato un comportamento estremamente prudente nella gestione della spesa e non preannuncia un miglioramento nella dinamica dei consumi durante i mesi estivi. |
varietà di capitalismoE’ appena uscito un libro di Gianfelice Rocca che – con la fondatezza di chi l’industria la fa, e da più di una generazione – attira l’attenzione di tutti su una questione con cui ci si ostina non fare i conti, e che invece è sempre più decisiva per definire l’orizzonte dentro cui si deve inscrivere il futuro industriale del paese. Il punto è semplice, e ruota attorno all’idea che l’Italia abbia eccellenti possibilità di impostare un vero e proprio programma di reindustrializzazione della sua economia a partire da quello che già è. Quando si parla del nostro futuro industriale, emerge spesso l’idea che le cose che sappiamo fare non siano quelle “giuste” per competere nel mondo. E che dovremmo invece cambiare radicalmente direzione, e sforzarci (si sa che la sofferenza paga) di spostare i nostri investimenti verso le famose produzioni “ad alta tecnologia”. Il modello tradizionalmente evocato è ineluttabilmente quello americano; fondato, nelle parole di Rocca, “sull’innovazione straordinaria e sul merito straordinario”. Ma che, come conseguenza ovvia, è anche un modello che dissipa moltissime energie potenziali, perché trascura di coltivare quelle energie invece “ordinarie” che costituiscono il grosso delle risorse di qualunque sistema (e che, come che sia, dovranno pure trovare una collocazione nella società, dal momento che una società non può essere costituita tutta di geni). Quasi mai, di fronte alle grandi storie di successo che vengono da oltreoceano, ci si sofferma a pensare che quello che ci viene raccontato oggi è semplicemente quello che è risultato un caso di successo ex-post, e che nulla sappiamo di tutte le storie che sono invece sfociate in un fallimento. Come dire, non abbiamo una misura di quanto, all’interno di quel modello, quel singolo successo sia costato, in termini non soltanto di disagio sociale, ma anche semplicemente in termini di perdita economica potenziale. Da questo punto di vista vale la pena di riprendere l’osservazione di Rocca secondo cui l’elemento costitutivo del nostro modo di fare impresa è, da sempre, quello del “merito ordinario”: ossia quello che è basato sulla “intelligenza combinatoria” degli imprenditori e dei manager; e che consente innovazioni di tipo incrementale nel continuo, anziché innovazioni radicali una volta ogni tanto. Questo tipo di risorsa trova la sua espressione migliore non nell’alta o altissima tecnologia, ma nel medium tech: dove può meglio esprimersi un’organizzazione produttiva in cui quello che conta sono l’accrescimento costante delle conoscenze e l’interazione continua tra gruppi di persone che si occupano dello sviluppo delle produzioni – “seguendo” le indicazioni che vengono dalla domanda e dai suoi cambiamenti, e non aspettandosi sempre l’evento pathbreaking che ridefisce il mondo sempre e solo dal lato dell’offerta. Ora, il modello industriale orientato al medium tech basato sull’intelligenza combinatoria corrisponde esattamente a quello della Germania (o, se si vuole a quello giapponese): ossia a quelli che sono stati eletti da sempre (e ora più che mai) a benchmark di ogni valutazione in merito all’efficienza manifatturiera. Ma a guardare bene (non occorre neanche sforzarsi troppo) questo è anche il NOSTRO modello: competenze in ambito manifatturiero elevate e diffuse; un territorio intessuto di relazioni fittissime tra i diversi operatori, e tra essi e le istituzioni, ossia un grande capitale sociale; una specializzazione produttiva già ora largamente orientata verso il medium tech; una vocazione “storica” all’innovazione incrementale, che ha mostrato di essere in grado di generare posizioni di primo piano a livello mondiale; un serbatorio di saper fare, nelle mani di una generazione di risorse umane ancora attiva, senza uguali forse nel mondo. Se i modelli di sviluppo fossero delineati a partire dai fatti, e non da ideologie malamente riciclate, la “varietà di capitalismo” italiana dovrebbe essere vista in una prospettiva completamente diversa, e tanto semplice da cogliere quanto capace di sottrarre il funzionamento del sistema dal letto di Procuste dentro cui è costretto da un’idea dell’economia che vorrebbe tutto il mondo clonato in termini di un unico codice genetico. |
Il mercato globale. Riflessione critica di un premio NobelHo letto un interessante articolo di Joseph Stiglitz di qualche giorno fa, in cui il premio Nobel offre il suo punto di vista critico sugli effetti degli accordi di libero scambio commerciale di questi ultimi decenni sul benessere dei cittadini, americani e non solo. Di sicuro è un punto di vista non molto comune nel mondo dell'accademia, e per questo poco condiviso anche a livello di istituzioni internazionali. Siccome però è la diversità che arricchisce il pensiero umano, secondo me, vale la pena condividere il suo pensiero con voi. Vi copio alcuni passi dell'articolo (apparso Lunedì 24 Marzo su Repubblica). "Il libero scambio è stato un principio cardine dell'economia nei primi anni di questa disciplina. Sì, vincitori e perdenti esistono, diceva la teoria, ma i vincitori possono sempre risarcire i perdenti, così che il libero commercio sia una soluzione vantaggiosa per tutti. Questa conclusione, purtroppo, si basa su numerosi presupposti, molti dei quali sono semplicemente sbagliati. Teorie più vecchie, per esempio, ignoravano il rischio e presupponevano che i lavoratori potessero passare senza problemi da un posto di lavoro ad un altro. Si presumeva anche che l'economia fosse nella piena occupazione, così che i lavoratori spostati dalla globalizzazione si sarebbero rapidamente mossi da settori a bassa produttività a settori a più alta produttività. (...) Anche nella migliore delle ipotesi, la vecchia teoria del libero commercio diceva soltanto che i vincitori avrebbero potuto risarcire i perdenti, non che l'avrebbero fatto. E così è stato: non l'hanno fatto. Anzi, hanno fatto il contrario affermando che per diventare competitivi in America dovranno ridursi non solo i salari, ma anche le tasse e le spese pubbliche, soprattutto quelle che vanno a sostegno dei normali cittadini. Dovranno accettare di soffrire a breve termine, si dice, affinché nel lungo periodo ne traggano vantaggio. Ma, come disse una volta Keynes, "nel lungo periodo siamo tutti morti". Quando però c'è un livello alto di disoccupazione, e a maggior ragione quando una percentuale consistente di disoccupati resta senza lavoro, una simile compiacenza non ci può essere. (...) Abbiamo gestito male la globalizzazione. Le politiche economiche hanno incoraggiato l'esternalizzazione, l'outsourcing dei posti di lavoro, e le merci prodotte all'estero con manodopera a basso costo possono essere riportare negli Stati Uniti con pochi costi. Così, i lavoratori americani capiscono di competere con quelli all'estero, e il loro potere contrattuale è ridotto. (...) Tenuto conto che la disuguaglianza è la priorità numero uno del paese, ogni nuova politica, ogni nuovo programma, ogni nuova legge dovrebbe essere valutata dal punto di vista del suo effettivo influsso sulla disuguaglianza." |
Valute emergenti un mese e mezzo dopo l'annuncio del tapering
Annuncio tapering: le conseguenze sulle valute degli emergenti un mese e mezzo dopo Real brasiliano, peso cileno, peso messicano e zloty polacco hanno perso tra il 3% e il 5% del valore. Forint ungherese, rublo russo e rand sudafricano hanno perso tra il 6% e il 7%. Le due valute più colpite sono le stesse che hanno creato la più recente turbolenza a fine gennaio sui mercati finanziari. La lira turca ha perso l'11%, avendo toccato un picco di deprezzamento del 15% corrispondente al cambio record di 2,39 lire contro 1 dollaro in conseguenza del quale la Banca centrale ha dovuto più che raddoppiare il tasso di riferimento e aumentare di 425 punti base il tasso di rifinanziamento overnight. Il deficit di parte corrente turco è finanziato in proporzione maggiore, rispetto ad altri paesi emergenti, da investimenti di portafoglio e in misura minore da investimenti diretti. Il peso argentino ha perso circa il 30% del proprio valore, avendo toccato un picco del 34% il 23 gennaio quando la Banca centrale, viste le proprie riserve valutarie ridursi a circa 24 miliardi di dollari dopo mesi di difesa del cambio, ha annuciato che non difenderà più il peso. |
Prosegue su ritmi elevati l’attività economica dell’EurozonaA febbraio l’indice PMI Markit composito, che sintetizza la dinamica complessiva nel manifatturiero e nel terziario, si è attestato nell’Eurozona a 57.5 (stima flash) in calo di 1,3 punti rispetto a gennaio, quando aveva raggiunto il livello più alto in 12 anni. Nella media dei primi due mesi il livello dell’indice continua a essere elevato (58,2) e superiore a quello registrato nell’ultimo trimestre del 2017 (57,2), Tale valore è coerente con una crescita del PIL a inizio 2018 compresa nel range 0,6%-0,8% (dopo + 0,6% nel quarto 2017). Tra i settori, nel primo bimestre del 2018 l’attività ha accelerato nettamente nel terziario (indice a 57,4 da 55,9 del quarto), mentre ha lievemente decelerato nel manifatturiero (indice a 59,1 da 59,7) dove, però, è rimasta vicina ai livelli record raggiunti nel 2011 e ampiamente in territorio espansivo. Tra i paesi, l’indice composito ha segnalato a febbraio un rallentamento dell’attività economica sia in Germania (a 57,4 da 59,0 di gennaio) sia in Francia (a 57,8 da 59,6), pur restando nella media del primo bimestre intorno ai massimi toccati sette anni fa. Sul fronte della domanda, le indicazioni derivanti dalle stime flash sulla fiducia dei consumatori dell’area Euro sono, nel complesso, ancora positive: nel bimestre il livello dell’indice è in linea con quanto registrato a fine 2017, nonostante in febbraio il saldo si sia attestato a +0,1, in calo di 1,3 punti rispetto al picco pluriennale raggiunto a gennaio (record dal 2000). Il CSC |
A inizio 2018 continua a crescere a ritmi record l’economia dell’Eurozona
In gennaio l’indice PMI Markit composito (che sintetizza la dinamica complessiva nel manifatturiero e nel terziario) segnala un’accelerazione dell’attività nell’Eurozona a un ritmo record in 12 anni: a 58,8 da 58,1 in dicembre (con un lieve ritocco all’insù rispetto alla stima flash di 58,6). Il livello dell’indice è superiore a quello registrato in media nell’ultimo trimestre del 2017 (57,2).
Tra i paesi, si posiziona al primo posto per intensità di crescita la Francia (indice a 59,6, livello più alto da giugno 2011), seguita dalla Germania (59,0, massimo da maggio 2011) e dall’Italia (59,0, record da luglio 2006). A livello settoriale, l’attività accelera nel terziario (indice a 58,0, da 55,9 nel quarto trimestre, con una leggera revisione al rialzo rispetto alla stima flash di 57,6) e cresce a ritmi quasi record nel manifatturiero (a 59,6 da 59,7 nel quarto trimestre).
Anche l’indice di sentiment economico elaborato dalla Commissione Europea (ESI) si è attestato a gennaio su livelli record da ottobre 2000 (a 114,7 da 114,3 nel quarto trimestre), grazie al miglioramento dell’ottimismo dei consumatori (+1,5 punti il saldo delle risposte) e delle imprese nei settori delle costruzioni (+2,8 punti) e dell’industria (+0,5). In particolare, l’indice di fiducia delle imprese industriali ha raggiunto il livello record dal 1985 (saldo delle risposte a +8,8 punti), grazie a migliori valutazioni sul livello degli ordini (+1,4 punti rispetto al quarto trimestre) e da aspettative più rosee circa la dinamica della produzione (+0,4 punti).
Il CSC
|
Nell’Eurozona nuovo balzo in avanti della fiducia in dicembre
Nell’Eurozona l’indice sintetico del sentiment economico di imprese e consumatori (ESI) si è ulteriormente rafforzato in dicembre (+1,4 punti su novembre), attestandosi a 116,0, il valore più elevato da ottobre 2000. Il livello medio dell’indice nell’ultimo trimestre del 2017 è coerente con un ritmo di crescita del PIL vicino all’1,0% sul terzo trimestre, quando ha registrato +0,6% sul secondo.
L’aumento dell’ottimismo in dicembre è stato corale tra i settori; l’apporto maggiore è venuto dai servizi (saldo dei giudizi +2,0 punti su novembre), seguiti dal commercio al dettaglio (+1,9 punti), dalle costruzioni (+1,2) e dall’industria (+1,0). Dal lato della domanda, la fiducia dei consumatori ha registrato un ulteriore balzo in avanti e il saldo delle risposte è tornato a essere positivo per la prima volta da gennaio 2001 (a +0,5 punti, da zero in novembre), grazie soprattutto alle aspettative più rosee riguardo all’evoluzione dell’occupazione nei prossimi dodici mesi. Ciò è in linea con la risalita dei piani di assunzione, che hanno raggiunto i livelli più alti degli ultimi trenta anni nel settore industriale e degli ultimi dieci anni nei servizi e nelle costruzioni.
A livello paese, l’indice ESI è aumentato in Francia (+2,3 punti su novembre), in Germania (+1,6) e nei Paesi Bassi (+0,7), è rimasto stabile in Italia ed è diminuito in Spagna (-0,8), rimanendo comunque su livelli elevati.
Il CSC
|
Resta debole il credito per le imprese italianeLo stock di prestiti alle imprese italiane è diminuito dello 0,5% annuo in ottobre (-0,7% in settembre), correggendo per cartolarizzazioni e altri crediti cancellati dai bilanci bancari. Continua a mancare, dunque, il sostegno del credito alla risalita dell’economia italiana. Le sofferenze lorde sono salite marginalmente in ottobre, a 122 miliardi di euro (da 121 a settembre), mentre quelle al netto dei fondi rettificativi sono stabili a 66 miliardi (includendo anche i prestiti a famiglie e altri settori). Si allunga, quindi, la pausa nel processo di riduzione dello stock di sofferenze che era partito nei mesi estivi e che resta fondamentale per riavviare l’offerta di credito. Il tasso di interesse pagato dalle imprese, in media, sulle nuove operazioni di credito è stabile ai minimi (1,5% in ottobre, come a settembre). Il costo basso è cruciale nel sostenere la domanda di credito. |
PMI composito: in novembre accelera la dinamica dell’attività in Italia; buone le prospettive
In novembre il PMI Markit composito per l’Italia (che sintetizza la dinamica complessiva nel manifatturiero e nel terziario) segnala espansione dell’attività a un ritmo superiore a quello rilevato in ottobre (indice a 56,0 da 53,9) e al massimo da luglio. Il valore dell’indice negli ultimi due mesi è poco più basso rispetto a quello registrato nel terzo trimestre (55,0 da 55,5) ed è coerente con un incremento del PIL tra lo 0,4% e lo 0,5% nell’ultimo quarto dell’anno.
Il dettaglio settoriale per l’Italia indica un rafforzamento del manifatturiero, il cui indice è salito a 58,3 in novembre (massimo da inizio 2011; 55,9 nel terzo trimestre), con la componente produzione a 60,0 (da 59,2 in ottobre), grazie al forte incremento degli ordini totali (al top da 17 anni), che hanno beneficiato delle crescenti richieste da parte del mercato europeo.
Ha accelerato anche l’attività nei servizi: l’indice PMI terziario ha raggiunto il valore massimo da quattro mesi (54,7, +2,6 punti su ottobre), favorito dall'accelerazione dei nuovi ordini (+2,2 punti a 54,3), con quelli esteri ritornati in area di espansione; risultano più ottimistiche le valutazioni sull’andamento dell’occupazione, giudicata in marginale crescita (52,0 da 51,3 in ottobre); meno favorevoli rispetto a ottobre le attese sulla dinamica dell’attività nei prossimi 12 mesi.
|
Si rafforza a novembre, secondo i direttori degli acquisti, l’espansione nell’Eurozona
La seconda lettura del PMI composito dell’Eurozona in novembre conferma la stima flash a 57,5 (da 56,0 sia in ottobre sia nella media del terzo trimestre), segnalando un’accelerazione del ritmo di espansione dell’attività. Il livello medio dell’indice nel bimestre ottobre-novembre è in linea con una crescita del PIL pari a 0,8-0,9% nel quarto trimestre sul terzo. Inoltre, l’elevato livello degli ordini, l’accumulo di commesse inevase e le robuste prospettive di investimenti e occupazione suggeriscono che l’espansione proseguirà a buoni ritmi anche nei primi mesi del 2018.
L’accelerazione dell’attività in novembre è diffusa a livello settoriale. Fa da traino il manifatturiero, nel quale il PMI è salito a 60,1 da 58,5 in ottobre, il secondo valore più alto dopo il massimo storico dell’aprile del 2000. Anche il settore terziario ha registrato una crescita al passo più veloce degli ultimi sei anni e mezzo (PMI a 56,2 da 55,0).
Il rafforzamento dell’espansione dell’attività ha interessato tutte le principali economie dell’area. In testa alla classifica la Francia (PMI composito a 60,3, ritoccato all’insù da 60,1 della stima flash), con un’accelerazione del manifatturiero (PMI a 57,7 da 56,1 di ottobre, record da novembre 2010) e, soprattutto, dei servizi (a 60,3 da 57,4, massimo da maggio 2011). Segue la Germania (PMI composito a 57,3, rivisto all’ingiù dalla stima flash di 57,6), grazie, in particolare, alla forte crescita nel manifatturiero (PMI a 62,5, il secondo valore più alto dal 1996) e alla buona performance dei servizi (a 57,3, da 56,6 di ottobre).
Il CSC
|
Nell’Eurozona migliora ancora la fiducia in novembre
Nell’Eurozona l’ESI, l’indice sintetico del sentiment economico di imprese e consumatori, è aumentato in novembre di 0,5 punti su ottobre, attestandosi a 114,6, il valore più elevato da ottobre 2000. Il livello medio dell’indice nell’ultimo bimestre è coerente con una crescita del PIL intorno allo 0,9% nel quarto trimestre sul terzo, quando ha registrato +0,6% sul secondo.
Il nuovo incremento dell’indice, il settimo consecutivo da maggio 2017, è da attribuire al miglioramento della fiducia dei consumatori, con il saldo delle risposte tornato positivo per la prima volta da gennaio 2001 (a +0,1, +1,2 punti su ottobre), grazie soprattutto alle buone aspettative riguardo l’evoluzione dell’occupazione, e al maggiore ottimismo delle imprese nelle costruzioni (+1,2 punti su ottobre). La fiducia ha continuato a migliorare, sia pure lievemente, nell’industria (+0,2 punti su ottobre) e nei servizi (+0,1), mentre è diminuita nel commercio al dettaglio (-1,3).
A livello paese, la fiducia è aumentata in Francia (+1,9 punti su ottobre), nei Paesi Bassi (+0,8) e, in minor misura, in Italia (+0,2), mentre è rimasta sostanzialmente stabile in Germania (-0,1).
Il CSC
|
Aumenta l’attività industriale in novembre: +0,6% dopo +0,8% in ottobreIl CSC rileva un incremento della produzione industriale dello 0,6% in novembre su ottobre, quando è stata stimata una variazione di +0,8% su settembre. Nel quarto trimestre del 2017 la variazione acquisita dell’attività è di +0,6%. Nel terzo si è avuto un incremento dell’1,5% congiunturale. La produzione, al netto del diverso numero di giornate lavorative, è avanzata in novembre del 4,0% rispetto allo stesso mese dello scorso anno; in ottobre è stato rilevato un incremento del 3,8% su ottobre 2016. Gli ordini in volume hanno registrato una variazione di +0,4% in novembre su ottobre (+1,5% su novembre 2016), quando erano aumentati dello 0,7% su settembre (+3,0% sui dodici mesi). Gli indicatori qualitativi sono coerenti con l’ulteriore crescita della produzione industriale nell’ultimo trimestre del 2017, in linea con le stime CSC. In novembre la fiducia degli imprenditori manifatturieri è rimasta sostanzialmente stabile sugli elevati livelli di ottobre, intorno ai massimi dalla primavera del 2007: l’indice generale si è attestato a 110,8 (da 110,9), dopo +3,8 punti cumulati da giugno. Sono state rilevate valutazioni più favorevoli sugli ordini totali (spinti dalla componente interna) e sui livelli correnti di produzione. Le aspettative risultano, invece, in lieve peggioramento. Tra i comparti, la fiducia è aumentata solo tra i produttori di beni di consumo, dove nei mesi scorsi aveva registrato i più lenti progressi.
|
PIL italiano in accelerazione nel terzo trimestre, in linea con le attese
Il dato diffuso oggi dall'ISTAT indica un incremento del PIL italiano dello 0,5% congiunturale nel terzo trimestre, in linea con le previsioni del CSC. Il PIL era cresciuto dello 0,3% nel secondo e dello 0,5% nel primo. La variazione acquisita per il 2017 è pari a +1,5%. Se si confermasse il profilo tracciato dal CSC in settembre (+0,3% nel quarto trimestre), la crescita annua si attesterebbe all'1,5% (considerando il diverso numero di giorni lavorativi rispetto al 2016), con un trascinamento al 2018 pari a +0,5 punti percentuali.
L’incremento del PIL nel terzo trimestre risulta da un aumento del valore aggiunto nell’industria (la produzione è cresciuta dell’1,5% congiunturale) e nei servizi e da una diminuzione nell’agricoltura. Dal lato della domanda, il traino viene dalla componente nazionale ed è positivo anche il contributo di quella estera (esportazioni al netto di importazioni). Gli indicatori qualitativi in ottobre puntano a un ulteriore progresso del settore manifatturiero e a un buon andamento dei servizi nell’ultimo quarto dell’anno.
In Europa il PIL è aumentato dello 0,6% nel terzo trimestre (sia nell’Eurozona sia nell’Unione europea; stima flash Eurostat). Il divario in livelli del PIL italiano rispetto a quello degli altri paesi europei, quindi, in media aumenta ancora. In particolare, la crescita italiana nel terzo trimestre risulta nettamente inferiore a quelle tedesca e spagnola (+0,8% in entrambi i paesi); tuttavia, è in linea con il dato della Francia (+0,5%) e superiore a quelli di Paesi Bassi e Regno Unito (+0,4%).
|
Il credito alle imprese non sostiene la crescita economicaLa dinamica annua dei prestiti alle imprese, tenuto conto di cartolarizzazioni e altre cancellazioni di crediti dai bilanci bancari, è scivolata maggiormente in territorio negativo a settembre: -0,6%, da -0,1% in agosto. Continua a mancare, dunque, il sostegno del credito alla risalita dell’attività economica. Lo stock di sofferenze lorde sui prestiti alle imprese è rimasto fermo a 121 miliardi a settembre (era a 144 a maggio). Stabili anche le sofferenze al netto delle rettifiche, a 66 miliardi (relative a imprese, famiglie e altri settori). La riduzione che si era avviata negli scorsi mesi, dunque, sta registrando una pausa. Il tasso pagato dalle imprese sulle nuove operazioni di credito è sceso a 1,4% a settembre (da 1,6%). Il costo del credito ai minimi favorisce la crescita della domanda da parte delle imprese. |
In ottobre avanza l’attività industriale italiana: +0,4% su settembre
Il CSC rileva un incremento della produzione industriale dello 0,4% in ottobre su settembre, quando ha stimato una variazione di -0,6% su agosto. Nel terzo trimestre del 2017 l'attività è aumentata dell’1,8% sul secondo (+1,4% sul primo); nel quarto la variazione congiunturale acquisita è di +0,4%.
La produzione, al netto del diverso numero di giornate lavorative, è avanzata in ottobre del 4,0% rispetto allo stesso mese dello scorso anno; in settembre era aumentata del 3,9% su settembre 2016. Si tratta di incrementi forti, in linea con la media degli ultimi cinque mesi. Gli ordini in volume hanno registrato una variazione di +0,9% in ottobre su settembre (+3,5% su ottobre 2016), quando erano progrediti dell’1,6% su agosto (+0,5% sui dodici mesi).
Il dato congiunturale negativo di settembre va interpretato come una correzione tecnica dopo il significativo progresso di agosto, che è spiegato dalla necessità di soddisfare una domanda crescente in presenza di normali chiusure aziendali per ferie.
Il contesto economico rimane molto positivo anche in autunno, come peraltro è segnalato dalle indagini presso le imprese. Gli indicatori qualitativi preannunciano un buon andamento dell'attività industriale nei prossimi mesi. In ottobre la fiducia degli imprenditori manifatturieri è migliorata per il quinto mese consecutivo: l’indice generale è salito di 0,5 punti (a 111,0), dopo +2,0 in settembre. Il sostegno è venuto da valutazioni più ottimistiche su ordini interni e livelli di produzione corrente; sono risultate stabili le aspettative sugli ordini totali e più elevate quelle sulla produzione a tre mesi. I maggiori progressi della fiducia si sono avuti tra i produttori di beni intermedi.
|
Credito ancora debole per le imprese italiane, sofferenze fermeLo stock di prestiti bancari alle società non finanziarie italiane ha registrato un’ulteriore riduzione in aprile (-0,4%, dopo il -0,3% di marzo; dati destagionalizzati CSC). Nei primi quattro mesi del 2017 la flessione dello stock è stata pari al -0,2% medio al mese, un ritmo analogo a quello medio del 2016. In termini annui, lo stock di prestiti bancari alle imprese registra un -1,6% in aprile, ma se si tiene conto anche delle cartolarizzazioni e degli altri crediti ceduti e cancellati dai bilanci bancari, i prestiti alle imprese risultano cresciuti dello 0,2%. Lo stock di sofferenze lorde relative ai prestiti alle imprese è stabile a 145 miliardi di euro in aprile, stesso valore registrato nei primi tre mesi del 2017. Anche lo stock di sofferenze al netto dei fondi rettificativi, relativo ai prestiti a imprese, famiglie e altri settori, è stabile a 77 miliardi in aprile, stesso valore di gennaio (ma era a 87 miliardi a dicembre 2016). Il tasso di interesse pagato in media dalle imprese italiane sulle nuove operazioni di credito è tornato al minimo di 1,5% in aprile, dopo il temporaneo aumento a 1,7% a marzo. Le imprese di minore dimensione pagano un tasso pari al 2,2%, le maggiori pagano la metà (1,1%). |
Credito in calo, sofferenze ancora ampieI prestiti alle imprese italiane si sono ridotti nuovamente a novembre (-0,3%), dopo il dato positivo di ottobre (+0,2%, dati destagionalizzati dal CSC). Nei primi 11 mesi del 2016 si è registrato un calo al ritmo medio di -0,2% al mese (pari a -16 miliardi di euro rispetto a fine 2015). Le sofferenze bancarie sono ferme a 142 miliardi di euro a novembre (pari al 18,5% dei prestiti alle imprese). Questo enorme ammontare e i rischi ad esso collegati restano il principale elemento di freno all’offerta di credito in Italia. Il costo del credito per le imprese è stabile poco sopra i minimi: 1,6% a novembre in media il tasso sulle nuove operazioni (1,5% a settembre). Il minor costo dei finanziamenti, rispetto al 3,5% di inizio 2014, continua a stimolare la risalita della domanda di fondi da parte delle imprese. |
Prosegue in maggio il recupero dell’attività industriale: +0,2% su aprile
Il CSC rileva un aumento della produzione industriale dello 0,2% in maggio su aprile, quando c’è stato un incremento dello 0,5% su marzo, comunicato oggi dall’ISTAT. Il secondo trimestre 2016 registra una variazione congiunturale acquisita di +0,4%.
Gli indicatori qualitativi anticipatori segnalano che il recupero della produzione industriale proseguirà anche nei prossimi mesi, ma a un ritmo di espansione ancora debole. Secondo i direttori degli acquisti (indagine PMI Markit) in maggio ha rallentato la crescita degli ordini totali (indice a 52,6, -2,3 punti su aprile) a causa della componente estera (-3,2 punti, a 52,0) che è stata penalizzata soprattutto dal crollo della domanda dalla Russia. Nella media di aprile-maggio, comunque, i livelli dei due indici sono in linea con quelli registrati nel primo trimestre (53,8 per gli ordini totali, 53,6 per quelli esteri).
|
Festival dell'economia di Trento- flashQualche flash dal Festival dell'economia di Trento 2016! A questo link invece l'intervento completo su "Come cambia la globalizzazione": Buona visione!
|
CSC LUNCH SEMINAR: IS BUSINESS CONFIDENCE STILL A GOOD INDICATOR FOR INDUSTRIAL PRODUCTION? EVIDENCE FROM THE EC SURVEYDomani 12 maggio alle 13, presso la sala E-F di viale dell'Astronomia, avrà luogo il CSC lunch seminar di Maggio con ospite Marco Malgarini (ANVUR) che ci parlerà dell'evoluzione nel tempo della relazione tra indice di fiducia e produzione in Europa.
L'analisi mostra che la relazione tende a indebolirsi nei periodi di recessione; guardando in particolare alla crisi dei debiti sovrani, le due serie mostrano andamenti non coerenti in molti paesi europei. Ciò potrebbe essere dovuto da un lato a problemi statistici di selezione del campione, e dall'altro a modifiche nella percezione degli agenti causate dalla caduta prolungata dei livelli produttivi.
Di sotto potete scaricare l'articolo di Marco Malgarini, Stefano Fantacone e Petya Garalova-Stieg:
Fantacone-Garalova-Malgarini.pdfVisualizza dettagli
Per chi volesse partecipare scrivere una email a [email protected] o [email protected].
Buona lettura,
Il CSC
|
Puntare sulla manifattura per far ripartire la crescitaL’economia italiana è faticosamente avviata sulla strada della risalita, dopo una doppia recessione che, dal 2008, ha fatto calare il PIL del 9,1%. Circa la metà di questa diminuzione ha purtroppo carattere persistente e non ciclico, frutto della distruzione di capacità produttiva. Se non si ricostituisce il tessuto manifatturiero del Paese, che ha visto crollare il valore aggiunto del 17,0% tra il 2007 e il 2014 (-660 mila occupati), le prospettive di crescita dell’intera economia resteranno modeste negli anni a venire, schiacciate da una bassa dinamica della produttività. Dall’industria di trasformazione, infatti, originano gran parte degli sforzi innovativi del sistema produttivo italiano (il 72,1% del totale speso in R&S proviene dalla manifattura), da cui originano guadagni di efficienza a beneficio dell’intero sistema economico. Dal manifatturiero, poi, provengono la quasi totalità dei beni esportabili (l’82,3%) che servono a pagare le bollette energetiche e, in generale, a finanziare le importazioni di un paese povero di risorse naturali come l’Italia. L’importanza della manifattura per l’intera economia italiana appare sottostimata se valutata solo in termini del suo peso diretto sul PIL. La manifattura è il cuore nevralgico della rete degli scambi intersettoriali, acquistando, più di qualunque altro comparto produttivo, beni e servizi dal resto dell’economia. Per questo motivo, un euro attivato dalla manifattura genera un effetto moltiplicatore quasi doppio sull’output dell’intera economia italiana (1,83 euro), superiore anche a quello delle costruzioni (1,76). La politica industriale è indispensabile in questo contesto per spingere l’Italia verso nuove frontiere tecnologiche e guidarla su percorsi di sviluppo a più elevato potenziale, accelerando il recupero del terreno perso negli ultimi anni. Occorre con urgenza favorire la creazione di un sistema forte di relazioni tra imprese, università ed enti di ricerca, capace di generare nuove conoscenze e nuove competenze, attrarre forza lavoro qualificata e porre le basi di una crescita più elevata e sostenibile; Il primo passo della nuova attenzione all’industria e di un disegno della politica industriale sta nel riconoscere che anche interventi legislativi non espressamente indirizzati al manifatturiero hanno degli impatti significativi sul tessuto produttivo del Paese. Di questi impatti bisogna sempre tenere conto. A cominciare dal Documento di Economia e Finanzia (DEF) e dal Piano Nazionale della Ricerca (PNR), entrambi attualmente in discussione in Parlamento. Per ulteriori informazioni clicca qui: |
Prestiti in calo, ma scendono sofferenze e tassiProsegue la caduta dello stock di prestiti erogati alle imprese italiane: -0,4% a febbraio, dopo -0,5% a gennaio (dati destagionalizzati dal CSC). Il ritmo di riduzione del credito nei primi due mesi del 2016 (-0,4% al mese) ha accelerato nettamente rispetto a quello medio del 2015 (-0,1%). Buone notizie, però, arrivano sul fronte delle sofferenze bancarie, scese a 139 miliardi di euro a febbraio (18,0% dei prestiti), da 144 a gennaio (18,6%). Si tratta della prima riduzione significativa dal 2008, favorita dalle misure varate negli ultimi mesi e dal recupero dell’attività economica, che riporta lo stock ai valori di metà 2015. L’avvio di un duraturo percorso al ribasso dei crediti deteriorati è cruciale per favorire la ripartenza delle erogazioni di credito. Inoltre, i tassi di interesse pagati dalle imprese si sono riportati ai minimi, scendendo sui livelli di dicembre (1,7%), dopo il balzo di gennaio (2,0%). Il calo si è avuto soprattutto per le imprese di maggiori dimensioni (1,1%, da 1,6%), meno per quelle più piccole (2,7%, da 2,8%). Ciò rappresenta un fondamentale sostegno per il proseguire della risalita della domanda di credito, in atto già dalla primavera 2015. |
Buona Pasqua!!! |
A gennaio nuovo calo delle esportazioni italianeIn gennaio le esportazioni italiane sono diminuite dell’1,8% a prezzi costanti rispetto a dicembre, a causa del forte calo delle vendite nei paesi extra-Ue (-5,9%), parzialmente compensato dalla crescita di quelle verso i paesi Ue (+1,3%). In riduzione tutti i raggruppamenti di beni, con quello energetico che ha subito la contrazione più forte (-14,2%); al netto dell’energia le vendite all’estero italiane diminuiscono dell’1,4%. È molto debole la domanda di beni italiani dei paesi produttori di petrolio (Russia, Mercosur e OPEC), per il crollo delle quotazioni oil, di quelli asiatici e in particolare della Cina; paesi che rappresentano circa il 15% delle esportazioni italiane. Le importazioni invece sono aumentate dell’1,1% a gennaio, grazie all’aumento degli acquisti dall’estero dei beni di consumo, intermedi e strumentali. Al netto della componente energetica (-8,2%), l’import è aumentato dell’1,7%. A febbraio 2016 si sono indebolite le prospettive per l’export italiano, secondo gli indicatori qualitativi sugli ordini esteri nel manifatturiero (PMI e giudizi delle imprese), scesi sui valori minimi da tredici mesi. |
FED: tassi fermi, più basso il sentiero atteso dei rialziNella riunione di marzo la FED ha lasciato il tasso di interesse fermo nella forchetta 0,25%-0,50%. A fronte di una crescita economica americana che prosegue (+2,2% il PIL previsto nel 2016 dal Federal Open Market Committee, FOMC), la Banca centrale è preoccupata dei rischi che vengono dallo scenario globale e dai mercati finanziari. L’inflazione USA resta bassa (+1,0% annuo a febbraio, rispetto a un obiettivo del +2,0%), ma calcolata al netto di energia e alimentari è al +2,3%. Il tasso di disoccupazione (4,9% a febbraio) è già sceso in linea con il valore indicato dal FOMC per il lungo periodo (4,8%). La FED prevede di realizzare rialzi molto graduali dei tassi quest’anno: a marzo i membri del FOMC hanno indicato un tasso a 0,75-1,00% entro fine 2016, implicando quindi solo due ulteriori mosse da un quarto di punto. Rispetto a dicembre, quando ci si attendeva di portare il tasso a 1,25-1,50% entro fine 2016, il sentiero atteso dei tassi si è dunque abbassato di mezzo punto. |
Deboli a inizio anno le vendite al dettaglio negli USAIn febbraio le vendite al dettaglio negli Stati Uniti sono diminuite dello 0,1% rispetto a gennaio. Il calo, unito alla forte revisione al ribasso del dato di gennaio (da +0,2% a -0,4%), torna a sollevare dubbi sulle prospettive di crescita dell’economia USA. Esso è, peraltro, in netta controtendenza con i dati sull’andamento del mercato del lavoro, che avevano mostrato, in febbraio, un aumento consistente degli occupati nel settore non agricolo (+242mila unità) e i primi segnali di un’accelerazione dei salari. Anche la dinamica delle vendite al netto di auto, benzina e materiali da costruzione, cioè dell’aggregato più vicino alla componente “consumi delle famiglie” del PIL, è stata rivista all’ingiù in gennaio (da +0,6% a +0,2%) ed è stata pressoché nulla in febbraio. L’andamento piuttosto modesto delle vendite di questo inizio anno riflette quello della fiducia dei consumatori, calata di 5,6 punti a febbraio, e conferma che i consumi delle famiglie, cresciuti del 2% annualizzato nel quarto trimestre 2015, continueranno a essere deboli anche nel primo trimestre 2016. |
Grazie!
Cari colleghi, ancora una volta grazie per essere accorsi così numerosi e per aver reso l'incontro di venerdì un grande momento di incontro e partecipazione. Ringraziamo anche coloro che ci hanno seguito in diretta streaming, oltre trenta, che hanno contribuito a rendere la giornata di venerdì ancora più indimenticabile. Speriamo possano esserci maggiori opportunità di ritrovo come questa, che aiutano a conoscerci meglio e a comprendere fino in fondo il valore del confronto tra di noi. Per tutte le altre occasioni vi invitiamo a condividere i vostri pensieri, le vostre richieste e le vostre idee su questa piattaforma, affinchè diventi realtà il desiderio di creare una comunità sinergica ed attiva che tragga spunti e benefici dallo stare insieme. Invitiamo inoltre i presenti all'incontro annuale a compilare il questionario di valutazione (di sotto il link) sull'organizzazione dei lavori cui avete assistito, in modo da darci spunti e riflessioni per migliorarci il prossimo anno. Nella libreria del CSC sono invece disponibili tutte le slide che abbiamo proiettato e che riceverete anche via mail. Vi auguriamo una buona giornata, a presto, il CSC
(per una corretta visualizzazione vi consigliamo di copiare il link e di incollarlo sul vostro motore di ricerca)
|
Attività industriale in Italia: in febbraio -1,0% su gennaio
Il CSC rileva un calo della produzione industriale dell’1,0% in febbraio su gennaio, quando c’è stato un incremento dell’1,9% su dicembre, comunicato oggi dall’ISTAT.
Il dato positivo di gennaio è stato superiore alle stime CSC (+0,9%) e a quelle di consenso (+0,8%) ed è in parte riconducibile al rimbalzo tecnico dopo l’anomalo arretramento dell’attività rilevato dall’ISTAT in dicembre (-0,6%). Quest’ultimo è attribuibile a problemi di destagionalizzazione dovuti al ponte di lunedì 7 dicembre (i programmi statistici correggono solo per il numero di giornate lavorative del calendario ufficiale e non per i giorni effettivamente lavorati). Una parte del rimbalzo è dovuta, inoltre, al fatto che il dato di attività grezza in gennaio si confronta con un valore relativamente basso rilevato nel gennaio 2015, quando si sono avuti ben due ponti (venerdì 2 e lunedì 5 del mese).
Al di là delle forti oscillazioni mensili, il primo trimestre dell’anno registra una variazione acquisita di +0,6% congiunturale. La crescita dell’attività accelera rispetto al quarto trimestre del 2015, quando invece era stata nulla.
Pur in un contesto di minore ottimismo tra le imprese, gli indicatori qualitativi anticipatori puntano a una tendenza positiva della produzione. Secondo i direttori degli acquisti (indagine PMI Markit) gli ordini manifatturieri in febbraio sono ancora cresciuti, ma a un ritmo più lento rispetto al mese precedente (indice a 52,1 da 54,4), dopo aver raggiunto in dicembre il valore massimo da quasi cinque anni. Frenano gli ordini esteri, mentre la domanda interna, secondo il PMI dei servizi (in accelerazione a febbraio), dovrebbe continuare a sostenere l’attività nei mesi primaverili.
La dinamica positiva nell’industria, insieme all’andamento favorevole rilevato nei servizi, secondo il modello trimestrale del CSC determina un aumento del PIL nel trimestre in corso superiore al +0,1% registrato a fine 2015.
|
Riunione MentInsieme 2016Grande affluenza per l'incontro di venerdì prossimo: è stata finora raggiunta quota “48”, tenendo conto sia delle preferenze sulla data sia delle adesioni pervenute dopo l’invio dell’ordine del giorno.
Qualora a noi fosse sfuggita qualche mail o a voi di confermare la presenza, fateci sapere (anche per il pranzo)!
|
Economia mondiale con meno slancio e la crescita in Italia ne risenteL’economia mondiale è entrata nel 2016 con meno slancio dell’atteso e mostra ulteriori segni di indebolimento. Non nelle parti di fragilità già note (emergenti), ma in quelle con le dinamiche considerate più robuste o in miglioramento (gli avanzati), dai quali arrivano le sorprese negative. Il contagio congiunturale appare estendersi, ancor prima che si materializzino gli effetti della tempesta finanziaria. Quest’ultima si sta attenuando: alla prolungata e violenta caduta dei prezzi azionari (anche per lo smobilizzo dei fondi sovrani) e delle materie prime è subentrata una fase di alta volatilità senza un preciso trend. La tempesta ha causato una forte restrizione delle condizioni finanziarie (pari a un aumento dei tassi a breve di 1,7 punti percentuali in Italia e di 0,8 in USA) e ha iniziato a intaccare la fiducia. Cosa seguirà a questa pausa? L’affievolimento della crescita prelude a un ulteriore peggioramento o è momentaneo? L’incertezza rimane molto elevata. Le politiche economiche e la politica tout court non aiutano a dissolverla: i bilanci pubblici restano rivolti a tirare le redini (servirebbe invece un piano coordinato di rilancio degli investimenti); alcune decisioni delle principali banche centrali hanno creato sconcerto (pure per il risicato spazio di manovra rimasto); il referendum su Brexit, la questione migranti e l’instabilità in molti paesi (anche core) annebbiano lo scenario in Europa; la campagna delle presidenziali fa lo stesso negli Stati Uniti. Negli USA i fondamentali sono nel complesso solidi, sebbene preoccupi la contrazione del manifatturiero. Nell’Eurozona i consumi sostengono la domanda interna, con cambio, tassi e costi energetici ancora favorevoli. L’Italia risente del quadro globale e i dati hanno nuovamente deluso le aspettative positive basate sul netto progresso di indicatori qualitativi e non; banalmente per ragioni aritmetiche, le previsioni sull’anno in corso sono riviste all’ingiù da vari istituti italiani e internazionali. Il CSC |
Ai minimi da oltre un anno la fiducia delle imprese tedescheIn febbraio l’indice IFO, che misura la fiducia delle imprese industriali e dei servizi tedesche, è calato per il terzo mese consecutivo ed è al livello più basso da dicembre 2014 (a 105,7 da 107,3 in gennaio). Il dato, peggiore delle attese degli operatori, è peraltro in linea con la caduta dell’indice ZEW sulla fiducia di investitori e analisti finanziari tedeschi, sceso nello stesso mese di oltre 9 punti (a 1,0 da 10,2). Il risultato è alquanto preoccupante, anche perché dovuto esclusivamente al forte peggioramento delle prospettive di crescita in tutti i settori (a 98,8 da 102,3), mentre sono migliorati, seppur di poco, i giudizi sulla situazione corrente (a 112,9 da 112,5). Nel manifatturiero, in particolare, si è registrato il maggiore crollo da novembre 2008 delle aspettative di produzione (a -9,0 da +1,2 il saldo delle risposte). È migliorato leggermente il clima nelle costruzioni (a 0,3 da -0,5), nelle quali l’aumento della percentuale di giudizi positivi sulla situazione corrente, ai massimi storici, ha più che compensato il nuovo calo delle aspettative (il quarto consecutivo). |
In Italia segnali di stabilizzazione nel mercato delle case
Frena la discesa dei prezzi delle case in Italia: -0,1% nel secondo trimestre 2015 sul primo (-0,3% le abitazioni nuove e -0,1% quelle esistenti), dopo un calo dello 0,9% nel trimestre precedente. Il -0,1% è il dato migliore dal terzo trimestre 2011. |
Occupazione in Italia: -0,1% a giugno, +0,2% nel secondo trimestre
Secondo le stime preliminari ISTAT diffuse oggi, il numero di persone occupate è sceso in giugno di 22mila unità rispetto a maggio (-0,1%). Nel secondo trimestre si registra comunque un incremento degli occupati di 38mila unità sulla media del primo (+0,2%), grazie all’aumento record di aprile (+130mila unità).
A fronte di una forza lavoro in espansione (+0,3% sul primo trimestre, +0,1% mensile), il tasso di disoccupazione sale al 12,5% nel secondo trimestre (+0,1 punti percentuali sul primo; 12,7% in giugno).
|
Offerta di credito meno stretta, risalita della domandaL’indagine sul credito bancario, realizzata da Banca d’Italia, segnala un nuovo timido allentamento dell’offerta di credito nel secondo trimestre 2015, dopo i miglioramenti già registrati tra fine 2014 e inizio 2015. I criteri per l’erogazione di prestiti alle imprese, tuttavia, restano stretti. I dati qualitativi segnalano anche l’inizio della risalita della domanda di credito da parte delle imprese, che era rimasta sostanzialmente stabile per oltre un anno. Cresce, in particolare, la richiesta di fondi per finanziare nuovi investimenti fissi e scorte. |