Nel 2013 i flussi di IDE (1,45 trilioni di dollari) nel mondo sono tornati ai livelli pre-crisi (1,49 trilioni di dollari nel periodo 2005-2007). E’ il secondo anno consecutivo che i paesi in via di sviluppo (0,8 trilioni di dollari nel 2013) ricevono più capitali esteri dei paesi sviluppati (0,6 trilioni di dollari). I flussi di IDE nel mondo sono ancora sotto il massimo storico raggiunto nel 2007 (2,0 trilioni di dollari) ma stanno riducendo la distanza e l’UNCTAD stima che dal 2014 al 2016 i flussi continueranno a crescere a un ritmo di 1,73 trilioni di dollari annui. Nei prossimi due anni l’UNCTAD prevede un maggiore afflusso di capitali esteri nei paesi sviluppati, in seguito alla ripartenza delle principali economie, rispetto a quello previsto nei paesi in via di sviluppo a causa della fragilità di alcune economie e dei maggiori rischi politici in alcune regioni.
Nel 2013 il 52% del flusso di IDE mondiale è andato ai paesi in via di sviluppo. L’area più attrattiva resta l’Asia (con una quota mondiale del 29%), superando anche il flusso ricevuto dall’Unione Europea (tradizionalmente l’area con la più alta quota mondiale). Il 39% è andato ai paesi sviluppati e il restante 9% alle economie in transizione.
Il 39% dei flussi di capitali esteri nel mondo nel 2013 è venuto dai paesi emergenti (paesi in via di sviluppo e economie in transizioni) il restante 61% dai paesi sviluppati. Nel 1999 la quota dei paesi emergenti, come investitori internazionali, era appena pari al 12%. Più dei 2/3 delle acquisizioni da parte dei paesi emergenti ha riguardato imprese localizzate negli altri paesi emergenti (IDE da sud a sud del mondo). La metà di queste imprese acquisite era costituita da affiliate di imprese multinazionali di proprietà dei paesi sviluppati.
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Il 2017 si candida ad essere l'anno spartiacque, quello della svolta globale, il primo dal 2011 in cui le previsioni potrebbero essere non solo confermate ma addirittura ritoccate all’insù. Lo slancio trae forza dalla sua coralità: vi contribuiscono, come non accadeva da anni, sia i paesi avanzati sia gli emergenti.
L’industria manifatturiera, la cui produzione è osservata un po’ ovunque in rapido aumento, è il volano; il commercio estero, che è tornato a espandersi con vigore, è la cinghia di trasmissione. Il legame forte tra il primo e il secondo sono gli investimenti.
Nell'Eurozona gli investimenti sono attesi in aumento sulla base dell’indicatore anticipatore CSC (al top da 8 anni e mezzo). Il grado di utilizzo degli impianti ha toccato l’83% nel trimestre in corso, il massimo storico.
In Italia prosegue la corsa dell'export e volano gli investimenti grazie alle misure incentivanti. Nel 2016 sono cresciuti del 7,6% gli investimenti in macchinari e mezzi di trasporto e a inizio 2017 si registrano ulteriori progressi. Ma la crescita resta ancora troppo lenta e il credito insufficiente. Su questo quadro sostanzialmente positivo e che fa ben sperare pesa però l'ombra lunga del rischio protezionismo.
Per maggiori dettagli vedi qui.
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In dicembre l’export italiano extra-UE in valore è aumentato del 3,2% rispetto a novembre; tutti i raggruppamenti di beni sono risultati in crescita; particolarmente forte l’incremento delle vendite di prodotti intermedi (+5,1%). In riduzione, invece, le importazioni dall’extra-UE (-3,7%), contrazione fortemente influenzata dal crollo degli acquisti energetici (-10,3%; -1,1% l’import al netto dell’energia).
Acquisisce forza sulla dinamica dell’export l’aumento di competitività dovuto alla svalutazione dell’euro, iniziata in aprile e tuttora in corso: nel quarto trimestre la crescita delle vendite extra-UE ha accelerato (+1,8% sul terzo trimestre, da +0,8%).
I mercati di destinazione più dinamici sono stati i paesi del Sud-est asiatico e gli Stati Uniti. La robusta crescita della domanda interna statunitense e il forte deprezzamento dell’euro sul dollaro (-16,7% da maggio) continueranno a sostenere l’export italiano.
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L'indice ZEW che misura il sentimento economico di investitori e analisti tedeschi è aumentato per la seconda volta consecutiva in dicembre (a 16,1 punti, da 10,4 in novembre), al di sopra delle attese del mercato (15). I dati confermano le indicazioni fornite in novembre sia dall’indice IFO sulla fiducia delle imprese, aumentato sensibilmente rispetto a ottobre (a 109 da 108,2), sia dagli indici di attività PMI, in crescita di 0,8 punti nel manifatturiero (a 52,9) e di 1,1 punti nei servizi (a 55,6).
Il miglioramento delle prospettive economiche in Germania acquista particolare rilevanza se si considera l’attuale contesto economico e sociale del paese. Il maggiore ottimismo indica, infatti, che gli investitori hanno fiducia nella capacità dell’economia di superare le difficoltà legate al rallentamento delle economie emergenti, che si riflette marcatamente sulle esportazioni e frena l’espansione industriale, e alle forti tensioni sociali e politiche dovute all’afflusso dei rifugiati.
Migliorano tra gli operatori anche i giudizi sull’economia dell’Eurozona per quel che riguarda sia la situazione corrente (da -10 a -9,6) sia, in particolare, quella futura (da 28,3 a 33,9).
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In gennaio l’export italiano extra-UE in valore è diminuito del 2,4% rispetto a dicembre, correggendo parzialmente il precedente aumento (+3,2%). Il calo si riduce al netto della componente energetica: -1,6% (da +3,0%).
Ancora in aumento le vendite di beni intermedi (+0,4%, da +5,1%), mentre vira in negativo la dinamica di quelle di beni di consumo (-1,9%, da +2,7%) e di investimento (-2,7%, da +1,9%).
Prosegue il calo delle importazioni extra-UE (-0,4%, da -3,7%), determinato interamente dalla caduta degli acquisti di energia: al netto di questi, l’import è aumentato dell’1,6% (da -1,1%). Gli acquisti di beni intermedi costituiscono la componente più dinamica (+5,5%, da -1,0%).
Pesa in negativo il crollo degli scambi con la Russia: -36,7% tendenziale le esportazioni e -40,2% le importazioni. In positivo, invece, la corsa di quelli con gli Stati Uniti: +24,4% le vendite e +15,6% gli acquisti. La robusta domanda USA e l’euro meno forte continueranno a sostenere l’export italiano.
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In gennaio le esportazioni italiane sono diminuite dell’1,8% a prezzi costanti rispetto a dicembre, a causa del forte calo delle vendite nei paesi extra-Ue (-5,9%), parzialmente compensato dalla crescita di quelle verso i paesi Ue (+1,3%). In riduzione tutti i raggruppamenti di beni, con quello energetico che ha subito la contrazione più forte (-14,2%); al netto dell’energia le vendite all’estero italiane diminuiscono dell’1,4%. È molto debole la domanda di beni italiani dei paesi produttori di petrolio (Russia, Mercosur e OPEC), per il crollo delle quotazioni oil, di quelli asiatici e in particolare della Cina; paesi che rappresentano circa il 15% delle esportazioni italiane.
Le importazioni invece sono aumentate dell’1,1% a gennaio, grazie all’aumento degli acquisti dall’estero dei beni di consumo, intermedi e strumentali. Al netto della componente energetica (-8,2%), l’import è aumentato dell’1,7%.
A febbraio 2016 si sono indebolite le prospettive per l’export italiano, secondo gli indicatori qualitativi sugli ordini esteri nel manifatturiero (PMI e giudizi delle imprese), scesi sui valori minimi da tredici mesi.
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L’export italiano è diminuito del 2,4% in gennaio (a prezzi costanti), annullando in gran parte il rimbalzo di dicembre (+2,9% su novembre). Giù le vendite sia nei paesi UE (-2,7%) sia in quelli extra-UE (-2,2%). Al netto della componente energetica (scesa del 15,5%) la riduzione delle esportazioni si ferma al -2,1%. Incrementi sono stati registrati solo nei beni intermedi (+0,3%).
Nonostante questa correzione, nel trimestre novembre-gennaio la domanda estera è cresciuta dell’1,0% sui tre mesi precedenti.
Al dato negativo dell’export si è contrapposto un forte miglioramento delle importazioni, aumentate del 2,5% su dicembre (+0,5% su novembre); ciò segnala una dinamica positiva della domanda interna e attese più favorevoli sulle future vendite degli esportatori. In particolare, sono risultati in crescita gli acquisti di beni intermedi (+5,7%) e di beni strumentali (+1,7%).
A febbraio sono migliorati sia la componente PMI relativa agli ordini esteri (indice a 55,2 da 52,9) sia il saldo dei giudizi sulla domanda estera (a -23 da -25) nell’indagine ISTAT presso le imprese manifatturiere. Ciò delinea una possibile accelerazione delle esportazioni nei prossimi mesi.
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In gennaio l’indice PMI Markit composito (che sintetizza la dinamica complessiva nel manifatturiero e nel terziario) segnala un’accelerazione dell’attività nell’Eurozona a un ritmo record in 12 anni: a 58,8 da 58,1 in dicembre (con un lieve ritocco all’insù rispetto alla stima flash di 58,6). Il livello dell’indice è superiore a quello registrato in media nell’ultimo trimestre del 2017 (57,2).
Tra i paesi, si posiziona al primo posto per intensità di crescita la Francia (indice a 59,6, livello più alto da giugno 2011), seguita dalla Germania (59,0, massimo da maggio 2011) e dall’Italia (59,0, record da luglio 2006). A livello settoriale, l’attività accelera nel terziario (indice a 58,0, da 55,9 nel quarto trimestre, con una leggera revisione al rialzo rispetto alla stima flash di 57,6) e cresce a ritmi quasi record nel manifatturiero (a 59,6 da 59,7 nel quarto trimestre).
Anche l’indice di sentiment economico elaborato dalla Commissione Europea (ESI) si è attestato a gennaio su livelli record da ottobre 2000 (a 114,7 da 114,3 nel quarto trimestre), grazie al miglioramento dell’ottimismo dei consumatori (+1,5 punti il saldo delle risposte) e delle imprese nei settori delle costruzioni (+2,8 punti) e dell’industria (+0,5). In particolare, l’indice di fiducia delle imprese industriali ha raggiunto il livello record dal 1985 (saldo delle risposte a +8,8 punti), grazie a migliori valutazioni sul livello degli ordini (+1,4 punti rispetto al quarto trimestre) e da aspettative più rosee circa la dinamica della produzione (+0,4 punti).
Il CSC
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Secondo le stime preliminari ISTAT diffuse oggi, il numero di persone occupate è sceso in maggio di 63mila unità rispetto ad aprile (-0,3%). Il bimestre registra comunque un incremento degli occupati di 63mila unità sulla media del primo trimestre, grazie al forte rimbalzo di aprile (+131mila unità, aumento mensile record).
A fronte di una forza lavoro in calo (-0,3% su aprile, piatta in media nei primi cinque mesi), il tasso di disoccupazione resta al 12,4%, valore registrato anche nel primo trimestre.
Nelle stime del CSC il numero di persone occupate crescerà nel 2015, registrando una variazione in media d’anno pari a +0,4%, e il tasso di disoccupazione si attesterà al 12,3%.
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La produzione nelle costruzioni è calata del 4,5% in novembre su ottobre, quando si era avuto un rimbalzo del 3,2% congiunturale.
Le avverse condizioni meteorologiche (nel mese si sono registrati valori eccezionali di precipitazioni, soprattutto nel Centro-Nord Italia) hanno contribuito a determinare la brusca riduzione mensile.
Nel quarto trimestre la variazione congiunturale acquisita è di -2,0% sul terzo, quando era arretrata dell’1,6% sul secondo. Si tratta del quinto calo trimestrale consecutivo (-10,9% cumulato).
L’indagine sulla fiducia rilevata dall’ISTAT presso le imprese di costruzioni segnala un peggioramento in dicembre, dopo quello di novembre, e non lascia intravedere un'inversione di tendenza per il trimestre in corso: l’indice generale è calato di 1,4 punti rispetto a novembre (quando era sceso di 3,4 su ottobre) e si è attestato sui livelli più bassi da giugno 2013; sono peggiorati giudizi e attese su ordini e piani di costruzione.
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Le immatricolazioni di auto in Italia sono aumentate in settembre del 2,1% congiunturale, dopo il +3,1% registrato in agosto (stime CSC). Rispetto a settembre 2015 si è avuto un incremento del 17,4%. Dal minimo di febbraio 2013 le immatricolazioni sono cresciute del 49,7% (-26,4% la distanza rispetto a dicembre 2007, picco pre-crisi).
Nel terzo trimestre 2016 si è registrata una crescita congiunturale nulla (dopo +0,7% nel secondo). È il primo stop dopo 10 trimestri consecutivi di crescita. La variazione acquisita ereditata dal quarto trimestre è di +2,4%.
Secondo le intenzioni d’acquisto di auto, rilevate nell’indagine ISTAT sulla fiducia dei consumatori, è destinato a proseguire anche nei prossimi trimestri il rallentamento delle immatricolazioni in Italia.
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Dopo la stabilizzazione osservata dall’ultimo quarto 2013, l’occupazione in Italia mostra in settembre i primi segnali di ripresa. Secondo le stime preliminari ISTAT, il numero di persone occupate è cresciuto dello 0,4% (+82mila unità rispetto ad agosto). L’aumento mensile (il più ampio da marzo 2011) porta la variazione nel terzo trimestre 2014 a +0,2% sul secondo, quando l’occupazione era rimasta piatta sui livelli di fine 2013.
A fronte di una forza lavoro in forte espansione (+0,5% in settembre su agosto), segno di diffusione di una percezione di miglioramento, il tasso di disoccupazione si è attestato sul 12,6% (stesso livello di novembre 2013, +0,1 punti sul mese precedente) e il numero di persone in cerca di occupazione ha toccato il massimo storico di 3 milioni e 236mila unità.
L’impatto della crisi continua a essere più marcato per i giovani: in settembre il tasso di disoccupazione tra i 15-24enni rimane al 42,9% e il tasso di occupazione al 15,6%.
Tasso di disoccupazione fermo su alti livelli anche nella media dell’Eurozona (in settembre sull’11,5% per il quarto mese consecutivo); elevatissimo in Spagna (24,0%), seppur in lenta riduzione dal picco di febbraio 2013 (26,3%); alto e fermo in Francia (10,5%), ai minimi in Germania (5,0%). Tra i 15-24enni il tasso di disoccupazione medio nell’Eurozona è al 23,3% (dal 24,0% di un anno prima), con ancora più ampia variabilità tra paesi membri: 53,7% in Spagna, 24,4% in Francia e 7,6% in Germania.

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In settembre il commercio mondiale è aumentato dell’1,9% su agosto, chiudendo il terzo trimestre con una crescita del 2,0% rispetto al secondo, quando aveva registrato +0,7% (-0,6% nel primo), e con un trascinamento dell’1,1% sul quarto. Ciò influenza positivamente la dinamica del 2014, rendendo probabile una crescita annua superiore a quella del 2013 (+2,7%).
Questa accelerazione è stata determinata dal forte aumento degli scambi mondiali dei paesi emergenti (+3,3% nel terzo trimestre da +0,7% nel secondo), il cui peso è quasi pari al 40% di quelli totali, e dal rafforzamento della crescita di quelli degli avanzati (+0,8% da +0,6%).
Le prospettive per la fine dell’anno sono meno positive. In ottobre la componente ordini esteri del PMI globale è diminuita a 50,9 da 52,2 di settembre. In novembre la stessa componente indica minore espansione in Cina e calo in Francia e in Germania (per la prima volta da luglio 2013).
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Nel quarto trimestre 2014 l’economia dell’Area euro è cresciuta dello 0,3% rispetto al terzo. Accelera fortemente il PIL tedesco con un +0,7%, contro il +0,3% atteso . Resta, invece, pressoché stagnante l’economia francese (+0,1%). In media d’anno, nel 2014, il PIL è cresciuto dell’1,6% in Germania e dello 0,4% in Francia.
Secondo le indicazioni dell’ufficio statistico tedesco, determinante è stato il contributo alla crescita della domanda interna e dei consumi in particolare, già molto aumentati nel terzo trimestre. In linea con le attese il rimbalzo degli investimenti, mentre la buona performance delle esportazioni, favorite dalla debolezza dell’euro, è stata in parte compensata dall’aumento delle importazioni.
In Francia, tengono i consumi (+0,2% sul terzo trimestre) ma continua la contrazione degli investimenti (-0,5%). Compiono un balzo notevole le esportazioni (+2,3%).
Con una crescita acquisita dello 0,5%, il risultato pone la Germania in ottima posizione a inizio 2015. Una disoccupazione ai minimi storici, il calo dei prezzi della benzina e il miglioramento della fiducia delle famiglie lasciano prevedere una forte espansione dei consumi nei prossimi trimestri. E ciò si traduce, come peraltro confermato dall’aumento della fiducia tra le imprese, in migliori prospettive anche per la produzione, già favorita dagli effetti del deprezzamento dell’euro sulle esportazioni e dai minori costi delle commodity.
Questi ultimi due fattori contribuiranno a migliorare le prospettive di crescita anche in Francia che entra nel nuovo anno con un acquisito pari a +0,2%. La riduzione dei prezzi energetici aumenterà il potere d’acquisto delle famiglie, ne attenuerà il pessimismo e aumenterà la loro propensione alla spesa.
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Nel primo trimestre del 2017 il PIL della Germania è cresciuto dello 0,6% congiunturale (stima flashdi Destatis), accelerando il passo rispetto al quarto 2016 (+0,4%). In base alle stime preliminari hanno contribuito all’accelerazione sia la domanda interna sia quella estera. Quanto alla domanda interna, in particolare, hanno fornito un apporto sostanziale gli investimenti fissi lordi in costruzioni e, in misura minore, in macchinari e attrezzature.
A livello settoriale, nel primo trimestre la produzione è cresciuta a ritmi sostenuti nelle costruzioni (+4,7% sul quarto 2016, quando aveva registrato -1,3%), grazie anche alle favorevoli condizioni meteorologiche, e nell’industria (+0,9%, dopo +0,2%).
Gli indicatori qualitativi hanno raggiunto in aprile livelli record in circa sei anni (PMI composito a 56,7 e sentimento economico ESI a 111,6 punti) e sono coerenti con una crescita del PIL tedesco nel secondo trimestre intorno allo 0,65-0,75%.
Il CSC
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Secondo la stima preliminare del BEA (Bureau of Economic Analysis), il PIL degli Stati Uniti è cresciuto del 2,9% annualizzato nel terzo trimestre sul secondo, quando aveva registrato +1,4% sul primo. Il dato è superiore alle attese (+2,5%) e si aggiunge alle indicazioni positive provenienti dalla solida crescita dell’occupazione (+192mila nuovi posti al mese nel terzo trimestre) e dall’aumento dei salari orari (+2,6% annuo). Ciò rende ancora più probabile il primo aumento dei tassi FED entro fine 2016.
L’accelerazione del PIL è stata sostenuta, in particolare, da un maggiore accumulo di scorte (dopo cinque trimestri di diminuzione), da un forte aumento dell’export (a un passo molto più rapido di quello dell’import) e da un incremento della spesa pubblica (grazie a maggiori esborsi del governo federale e minori tagli di quelli statali e locali). Hanno offerto contributi positivi alla crescita del PIL anche i consumi, seppur in rallentamento rispetto al secondo trimestre, e gli investimenti fissi non residenziali, mentre quelli residenziali hanno continuato a scendere.
Nell’ultimo quarto dell’anno i consumi saranno ancora sostenuti dalla buona dinamica di occupazione e redditi. Prospettive deboli, invece, per gli investimenti fissi non residenziali provengono dall’andamento altalenante degli ordini di beni capitali (esclusi difesa e aerei; -1,2% in settembre dopo +1,2% in agosto). Gli ultimi dati qualitativi segnalano un consistente aumento degli ordini sia nel terziario sia nel manifatturiero, che garantisce una buona dinamica dell'economia anche nei prossimi mesi.
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Il deprezzamento del rublo nei confronti di dollaro ed euro prosegue a ritmi sempre più forti. La decisione di ieri della Banca centrale di alzare il tasso di interesse di riferimento al 17% (+650 punti base, sesta stretta da inizio 2014) ha provocato un rimbalzo della valuta russa che è durato solo poche ore. A metà mattinata la moneta russa è scambiata a 92 contro l’euro (80 in chiusura ieri, 45 all’inizio del 2014) e a 74 contro il dollaro (64 ieri, da 33 a gennaio).
Il valore del rublo si è sostanzialmente dimezzato nel corso del 2014, in cui la fuga dei capitali dalla Russia, iniziata per la crisi con l’Ucraina e le sanzioni occidentali, ha drammaticamente accelerato nelle ultime settimane per il forte calo del prezzo del petrolio, oramai sotto i 60 dollari al barile. Poiché dall’energia derivano un quarto del PIL, il 70% dell’export e metà del bilancio russi, gli interventi restrittivi della Banca centrale sui tassi di interesse hanno poche chance di fermare la fuoriuscita di capitali. Anzi, rischiano di alimentarla perché aggravano le prospettive dell’economia russa, in contrazione già dal trimestre in corso.
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L’attività edile italiana è aumentata dell’1,8% in agosto su luglio, quando c’era stato un incremento dello 0,1% su giugno. Il terzo trimestre registra una variazione congiunturale acquisita (cioè quella che si avrebbe se la variazione in settembre fosse nulla) di +1,2%, dopo -1,0% nel secondo e +0,6% nel primo. La produzione edile dovrebbe quindi tornare a contribuire positivamente alla variazione congiunturale del PIL nei mesi estivi.
Gli indicatori qualitativi nel settore delle costruzioni offrono segnali incoraggianti. Tra luglio e settembre la fiducia degli imprenditori edili (indagine ISTAT) è migliorata rispetto a quella registrata nel secondo trimestre (+1,9 punti), con giudizi più favorevoli su attività corrente e su ordini e piani di produzione. In particolare, in settembre l’indicatore ha più che compensato la caduta di agosto (+3,7 punti dopo -2,7) e ha raggiunto il livello più elevato da marzo 2008 (132,1). Sono inoltre migliorate, in settembre (al top da febbraio 2007) e nella media del terzo trimestre, le valutazioni dei direttori degli acquisti (indagine PMI Markit).
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La dinamica di ordinativi e fatturato dell’industria italiana risulta vivace a fine 2016 e le prospettive appaiono favorevoli. Ciò è coerente con un miglioramento dello scenario economico italiano a inizio 2017.
In dicembre gli ordinativi, in volume, sono aumentati del 2,2% (stime CSC, +2,8% a prezzi correnti), dopo +1,8 in novembre e +1,2% in ottobre. L’incremento mensile è dipeso esclusivamente dalla domanda interna (+6,2%), che era aumentata nei due mesi precedenti (+2,6% cumulato). Gli ordini esteri sono diminuiti del 2,6% (dopo +3,5% cumulato in ottobre e novembre). Nel quarto trimestre gli ordini totali registrano una variazione congiunturale di +1,7% (invariati nel terzo) e lasciano intravedere un miglioramento dell’attività nella prima parte dell’anno in corso.
L’andamento in volume del fatturato dell’industria italiana è risultato in crescita per il terzo mese di fila: +1,9% a dicembre (+2,6% a prezzi correnti), dopo +2,5% in novembre e +1,0% in ottobre. L’aumento dei volumi è da attribuirsi principalmente al mercato estero (+4,9%) poiché quello interno è rimasto quasi stabile (+0,5%). Il fatturato totale mostra nel quarto trimestre una variazione congiunturale in volume di +1,7%, dopo +1,2% nel terzo.
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Continua, e a ritmi più rapidi del previsto, per il diciannovesimo mese consecutivo, l’espansione dell’economia dell’Eurozona. A gennaio, l’indice PMI composito, di manifatturiero e servizi, è salito di 0,8 punti, a 52,2, il livello più elevato degli ultimi cinque mesi. L’attività accelera sia nel manifatturiero (51,0 da 50,6) sia nei servizi (52,3 da 51,6) e si riflette anche sull’occupazione, che registra l’espansione mensile più rilevante dallo scorso luglio.
Forti restano, tuttavia, le divergenze tra i vari paesi: accelera la Germania (52,6 da 52,0); si accentua la contrazione della Francia (49,5 da 49,7), dove, però, si attenua la caduta nel manifatturiero (49,3 da 45,6). Il fatto che la dinamica in entrambi i due principali paesi dell'Eurozona è peggiore della media implica che il resto, e probabilmente anche l'Italia, sia andato meglio.
Calano fortemente sia i prezzi di acquisto, per il crollo dei prezzi energetici, riducendo significativamente i costi per le imprese, sia i prezzi di vendita, per una domanda ancora debole che spinge a trasferire rapidamente sui listini la diminuzione dei costi.
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L’indice ZEW - che misura la fiducia degli analisti e degli operatori finanziari tedeschi - è aumentato per il quinto mese consecutivo a marzo portandosi a quota 54,8 (da 53,0), il livello più elevato da febbraio 2014 e ben al di sopra della media di lungo periodo (24,7). Migliorano, in particolare, i giudizi sulla situazione economica corrente (+9,6 punti, a 55,1). Sale, inoltre, significativamente, l’ottimismo degli operatori finanziari sulla condizione economica dell’Eurozona (+9,7 punti, a 62,4, sopra le attese che puntavano a 58,2).
L’economia tedesca è sostenuta dall’euro debole, dal calo dei prezzi energetici e dagli effetti del programma di quantitative easing (QE) recentemente avviato dalla BCE, di cui la Germania è il maggiore beneficiario. I dati sul mercato del lavoro confermano l’attuale momento positivo (tasso di disoccupazione al 6,5%, minimo dal 1991). Il calo dei prezzi della benzina e i forti aumenti salariali sosterranno ulteriormente i redditi delle famiglie e la fiducia.
In prospettiva, alcuni tra gli investitori tedeschi esprimono, però, qualche preoccupazione per i limitati progressi nella soluzione delle crisi russo-ucraina e del debito sovrano greco; mostrano, inoltre, alcuni timori anche per la creazione di un’eventuale bolla finanziaria come possibile effetto del QE.
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In novembre l’indice IFO sulla fiducia delle imprese industriali e dei servizi tedesche è sensibilmente aumentato rispetto ad ottobre (109 da 108,2). Sono, infatti, migliorati sia giudizi sulla situazione economica corrente (di 0,7 punti) sia le aspettative a breve termine (di 0,8). Per il momento la fiducia delle imprese tedesche sembra non risentire eccessivamente né del rallentamento della crescita delle economie emergenti né degli scandali Volkswagen e Deutsche Bank. È ancora presto per valutare appieno se vi saranno ripercussioni per i recenti attacchi terroristici in Francia.
Maggiore ottimismo in tutti i settori: il saldo delle risposte, tra chi vede un miglioramento e chi un peggioramento, passa da 9,7 a 12,1 nel manifatturiero, da 0,7 a 2,6 nelle costruzioni e sale al massimo storico nel terziario (a 33,4 da 32,5).
Ciò conferma che il fattore trainante dell’economia tedesca resta la domanda interna. I consumi delle famiglie, aumentati dello 0,6% nel terzo trimestre, sono sostenuti da un’occupazione record, forti aumenti salariali, bassa inflazione e bassi tassi di interesse. Anche la spesa pubblica, aumentata dell’1,3% nello stesso periodo, contribuirà in modo significativo alla crescita nei prossimi trimestri, in particolare per gli stanziamenti previsti per i nuovi immigrati.
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L’indice IFO di fiducia delle imprese tedesche è salito a 108,6 in aprile (da 107,9 in marzo), un livello che non raggiungeva da giugno 2014. Il risultato conferma la solidità della crescita dell’economia tedesca agli inizi del secondo trimestre. Migliorano considerevolmente i giudizi sulla situazione corrente (da 112,1 a 113,9); peggiorano, seppur leggermente, le aspettative (da 103,9 a 103,5).
Il dato è in apparente contrasto con quello fornito, a inizio settimana, dall’indagine ZEW presso gli analisti e operatori finanziari, che ha rilevato, invece, un leggero peggioramento del “sentimento economico” (indice a 53,3 da 54,8) riguardo, in particolare, le prospettive di crescita dell’economia tedesca.
La divergenza tra i due indici sta probabilmente nel diverso peso dato dai rispondenti alle indagini a fattori chiave, quali il calo del prezzo dell’energia, l’indebolimento dell’euro, il QE della BCE e la crisi del debito greco. Diversa è, infatti, la valutazione dell’impatto che tali elementi esercitano sulla propria attività a seconda che si tratti di imprese produttrici (nel manifatturiero, nelle costruzioni e nel commercio), come nel caso dell’indagine IFO, o di imprese finanziarie, come nel caso dell’indagine ZEW.
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In aprile l’indice composito di fiducia economica (ESI), elaborato dalla Commissione europea, è aumentato di 1,6 punti su marzo nell’Area euro (a 109,6), registrando il sesto incremento mensile consecutivo e raggiungendo il livello più alto da agosto 2007; anche nell’Unione europea l’indice è ai massimi da quasi 10 anni. Il valore dell’ESI di aprile è coerente con una variazione del PIL nell’Area euro intorno a +0,7% nel secondo trimestre dell'anno, in ulteriore accelerazione rispetto alle stime di crescita nel primo.
Nel dettaglio paese, la fiducia è migliorata in Germania (+1,8 punti), Italia (+1,4), Francia (+1,2), Spagna (+1,0 punti) e Paesi Bassi (+0,8); è rimasta sostanzialmente stabile nel Regno Unito (+0,3 punti, a 110,5), su livelli di gran lunga superiori a quelli pre-Brexit (105,6 nel primo semestre 2016) e alla media storica (101,6). A livello settoriale, l’incremento della fiducia nell’Area euro ha riguardato diffusamente tutti i comparti: costruzioni (+3,7 punti), servizi (+1,4), commercio al dettaglio (+1,4) e industria (+1,3). In particolare, nell’industria sono migliorati significativamente i giudizi sugli ordini e sulle scorte di prodotti finiti mentre le attese di produzione sono rimaste invariate.
Anche tra i consumatori è aumentato l’ottimismo: l’indice di fiducia è salito di 1,4 punti, al livello più alto da agosto 2007, grazie soprattutto alle migliori aspettative circa la disoccupazione e la situazione economica futura.
Il CSC
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È continuata a giugno, al ritmo più rapido da quattro anni, l’espansione dell’economia dell’Eurozona, a conferma della solidità della ripresa economica nell’area. L’indice PMI composito, di manifatturiero e servizi, è salito di 0,5 punti (54,1), al livello più elevato da maggio 2011. L’attività accelera, in particolare, nei servizi (54,4 da 53,8) e acquista vigore anche nel manifatturiero (52,5 da 52,2).
Nel secondo trimestre l’indice composito risulta superiore, in media, di 0,6 punti rispetto al primo ed è coerente con una crescita del PIL pari ad almeno +0,4%. L’attività economica, sostenuta dal cambio favorevole, dai bassi prezzi dell’energia e dal QE della BCE, ha quindi intensificato il ritmo di crescita, nonostante l’incertezza generata dal prolungarsi della crisi greca.
Favorevoli le indicazioni provenienti dai due maggiori paesi dell’area. In Germania l’espansione è continuata, per il 26esimo mese consecutivo, a tassi sostenuti (PMI composito a 54,0 da 52,6), con un’accelerazione soprattutto nei servizi (54,2 da 53,0). In Francia (composito a 53,4 da 52,0) è tornato in espansione il manifatturiero (50,5 da 49,4), per la prima volta da aprile 2014, e ha alzato significativamente il ritmo di crescita il terziario (54,1 da 52,8), ai massimi da 46 mesi.
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