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Nel quarto trimestre PIL italiano in crescita dello 0,2% sul terzo (+0,9% nel 2016); non si intravede un’accelerazione a inizio anno
Il PIL italiano è aumentato dello 0,2% congiunturale nel quarto trimestre 2016 (dopo +0,3% nel terzo) e dell’1,1% sullo stesso periodo del 2015 (stime preliminari ISTAT). Tale andamento è in linea con le stime CSC e inferiore alle attese di consenso (+0,3%). Il recupero del PIL italiano è iniziato nel primo trimestre del 2015 ed è proseguito ininterrottamente per otto trimestri, durante i quali ha accumulato un incremento del 2,0% cumulato (+0,25% medio trimestrale).
Nel quarto trimestre 2016 è stato positivo il contributo della domanda interna (al lordo delle scorte); quella estera netta (esportazioni meno importazioni) ha invece inciso negativamente. Tra i settori si è avuto un calo solo nell’agricoltura, più che compensato dai progressi nei servizi e, soprattutto, nell’industria. Nel 2016 il PIL ha registrato un aumento dello 0,9% sul 2015 (dati grezzi; +1,0% al netto del diverso numero di giornate lavorative). Il 2017 eredita una variazione acquisita di +0,3%.
Gli indicatori congiunturali disponibili sono positivi ma non segnalano una netta accelerazione nel trimestre in corso. Il quadro generale appare soggetto a rischi di peggioramento, specie per fattori legati all’incertezza politica.
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Prestiti scarsi e sofferenze ostinatamente alte, ma tassi ai minimiI prestiti bancari alle imprese italiane hanno registrato un aumento a dicembre 2016 (+0,2% mensile), dopo il calo di novembre (-0,2%). Negli ultimi quattro mesi del 2016 il ritmo di caduta si è attenuato, ma nel complesso dell’anno lo stock di prestiti si è ridotto dello 0,15% in media al mese (-1,8% a fine anno rispetto a fine 2015, pari a -14 miliardi di euro). Dal picco di fine 2011 il calo complessivo dei prestiti è del 15,8% (-145 miliardi). Le sofferenze nei bilanci delle banche sono aumentate a 143 miliardi a dicembre, da 142 a novembre (minimo di 139 a febbraio). Non si registra, dunque, nessuna flessione dello stock. Ciò continua a tenere alta l’avversione al rischio delle banche e a frenare il credito alle imprese. Il costo del credito per le imprese è ai minimi (1,5% a dicembre sulle nuove operazioni, da 1,6% a novembre). Ciò rimane uno stimolo significativo per la domanda di fondi, che è ormai risalita poco sotto i valori pre-crisi. |
L’inflazione risale, spinta da energia e alimentari, ma frena la misura coreLa variazione annua dei prezzi al consumo in Italia è salita al +0,9% a gennaio, da +0,5% a dicembre. Prosegue, dunque, il processo di graduale incremento dai minimi, in territorio negativo, toccati negli ultimi mesi del 2016 (-0,2% in ottobre). La risalita è spiegata anzitutto dall’andamento dei prezzi energetici, che ora risultano in aumento (+2,7% annuo a gennaio, da -1,9% a dicembre), sulla scia del rincaro delle quotazioni petrolifere negli ultimi mesi. Una dinamica molto simile si ha per i prezzi alimentari, il cui aumento è divenuto più marcato (+2,1%, da +0,7%). Viceversa, i prezzi misurati al netto di energia e alimentari hanno frenato al +0,4% annuo a gennaio (da +0,6% a dicembre). In particolare, i prezzi dei servizi crescono del +0,6% annuo (da +0,9%), mentre quelli dei beni industriali sono fermi in termini annui (+0,1% a dicembre). |
PMI composito: a inizio anno robusta crescita dell’attività in Italia e nell’Eurozona
In gennaio il PMI Markit composito per l’Italia (che sintetizza la dinamica complessiva nel manifatturiero e nel terziario) segnala espansione dell’attività a un ritmo sostanzialmente invariato rispetto a dicembre (indice a 52,8 da 52,9). Il valore dell’indice a inizio 2017 è più elevato di quello registrato, in media, nel quarto trimestre 2016 (52,4).
Il dettaglio settoriale per l’Italia indica nel manifatturiero un incremento meno robusto, rispetto a dicembre, di produzione e ordini, ma un rafforzamento della dinamica occupazionale. Nei servizi la crescita dell’attività si consolida: l’indice PMI terziario è in marginale aumento (52,4, +0,1 punti su dicembre); rallenta l’espansione dei nuovi ordini (52,7, -0,8 punti), ma quelli esteri salgono al ritmo più rapido in 13 mesi; risultano più ottimistiche le valutazioni sull’andamento dell’occupazione, giudicata in crescita per il quarto mese consecutivo (51,5, +0,9 punti); meno favorevoli, infine, le attese sull’andamento futuro dell’attività.
Nell’Eurozona il PMI composito rimane invariato a gennaio sui livelli di dicembre (54,4), con un lieve ritocco all’insù rispetto alla stima flash (54,3). Il valore dell’indice è superiore a quello medio nell’ultimo trimestre del 2016 (53,9) e rappresenta un record da giugno 2013. In accelerazione l’Irlanda (59,3) e la Francia (54,1, livello più alto da giugno 2011); rallentano, invece, la Germania (54,8, minimo negli ultimi 4 mesi) e la Spagna (54,7). A livello settoriale registrano un’accelerazione del ritmo di espansione sia il manifatturiero (indice a 56,1 da 54,9 del quarto trimestre 2016, massimo da aprile 2011) sia, in misura più contenuta, il terziario (a 53,7 da 53,4, con una leggera revisione al rialzo rispetto alla stima flash di 53,6).
Il CSC
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Attività in calo a gennaio: -0,2% su dicembre
Il CSC rileva una variazione della produzione industriale di -0,2% in gennaio su dicembre, quando è stato stimato un calo dello 0,3% su novembre.
Nel quarto trimestre del 2016 l’attività industriale registra un aumento dello 0,6% congiunturale, dopo il +1,3% nel terzo trimestre. Il primo trimestre 2017 ha una variazione acquisita di -0,2%.
La produzione, al netto del diverso numero di giornate lavorative (2 in più questo mese), è aumentata in gennaio dello 0,3% rispetto a gennaio del 2016 e in dicembre del 2,5% sullo stesso mese dell’anno precedente.
Gli ordini in volume hanno registrato in gennaio una crescita dello 0,7% sul mese precedente (+6,9% su gennaio 2016). In dicembre erano aumentati dello 0,8% su novembre (2,9% sui dodici mesi).
Gli indicatori qualitativi relativi al manifatturiero (indagine ISTAT) offrono indicazioni positive sulla tendenza dell’attività nei prossimi mesi, anche se a gennaio si è avuto un calo dei giudizi sul livello corrente di attività. Comunque, per il secondo mese consecutivo la fiducia degli imprenditori manifatturieri è aumentata (+1,1 punti, a 104,8, massimo da ottobre 2015) grazie al miglioramento dei giudizi sugli ordini (+2 punti) e delle attese sulla produzione (+1) e sull’andamento dell’economia (+3). La dinamica della fiducia dei consumatori, in calo a gennaio con un peggioramento di giudizi e attese su bilanci familiari, suggerisce una maggiore parsimonia delle famiglie italiane a inizio anno. Ciò potrebbe frenare la risalità dell’attività nei prossimi mesi
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Buone condizioni del manifatturiero italiano a inizio anno; ulteriore accelerazione nell'Eurozona
Il PMI manifatturiero italiano in gennaio ha mantenuto un ritmo di crescita in linea con quello rilevato in dicembre: l’indice si è attestato a 53,0, da 53,2, in area di espansione per il quinto mese consecutivo. Il livello di gennaio è superiore di 0,9 punti alla media registrata nel quarto trimestre 2016.
L’indice della componente produzione mostra un incremento di attività meno robusto rispetto a quello rilevato in dicembre (54,0 da 54,7); è meno forte anche la crescita degli ordini totali (53,8, -0,9 punti su dicembre), che è stata sostenuta dalla domanda estera, avanzata allo stesso ritmo del mese precedente (-0,1 punti a 54,8). Sono migliorate le valutazioni sulla dinamica occupazionale (a 53,9 da 52,2) e mostrano una netta accelerazione i prezzi di acquisto dei prodotti industriali (al massimo da aprile 2011), per effetto del maggior costo delle materie prime e della debolezza dell’euro rispetto al dollaro; per il terzo mese di fila sono aumentati i prezzi di vendita.
Nell’Eurozona la crescita dell’attività manifatturiera ha accelerato al passo più rapido da maggio 2014 (indice a 55,2 da 54,9 di dicembre). Fatta eccezione per la Grecia, l’espansione dell’attività è diffusa a tutti i paesi compresi nell’indagine Markit, con i Paesi Bassi al livello massimo su circa 3 anni (56,5), l’Austria con un valore record in quasi 6 anni (57,3) e la Germania che, pur con un leggero ritocco al ribasso rispetto alla stima flash, permane intorno al picco degli ultimi 3 anni (56,4); il livello dell’indice in Italia è superiore solo a quello della Grecia (46,6).
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