In settembre le esportazioni italiane, in valore, verso i paesi extra-Ue sono tornate a crescere (+5,2% mensile), recuperando solo parzialmente il crollo di agosto (-8,2%). Nel terzo trimestre, infatti, si sono ridotte del 4,2% rispetto al secondo; tutti i comparti hanno registrato una variazione negativa, con il calo maggiore nella componente energetica, anche per la caduta delle quotazioni petrolifere; al netto dell’energia, l’export extra-Ue è diminuito del 3,2%.
In crescita in settembre anche l’import dai paesi extra-UE (+1,5% rispetto ad agosto), dopo due riduzioni mensili consecutive (-2,7% ad agosto e -6,6% a luglio). Nella media del terzo trimestre l’import extra-Ue è comunque diminuito del 5,4% sul secondo (-3,4% al netto dell’energia). La debole performance delle importazioni risente della riduzione delle esportazioni.
Tra i mercati di destinazione, sono aumentate le vendite verso gli Stati Uniti, l’India e i paesi EDA (Economie Dinamiche Asiatiche: Tailandia, Malesia, Taiwan, Hong Kong, Singapore e Corea del Sud), mentre la Cina ha ridotto la domanda di prodotti italiani. Il rallentamento della domanda extra-Ue, soprattutto di quella cinese, continuerà a frenare le vendite italiane anche negli ultimi mesi dell’anno.
Centro Studi

Parziale recupero dell’export italiano extra-Ue in settembre |
Brusca caduta delle esportazioni italiane ad agosto
In agosto le esportazioni italiane sono diminuite del 3,2% a prezzi costanti, a causa del crollo delle vendite nei paesi extra-Ue (-7,9%), mentre sono aumentate quelle nei paesi Ue (+0,6%). Nel bimestre luglio-agosto l’export si è ridotto dell’1,7% sul secondo trimestre (+0,1% intra-Ue e -4,0% extra-Ue). |
Ai minimi da ottobre 2014 la fiducia degli investitori tedeschiNel primo rilevamento dopo lo scoppio dello scandalo delle emissioni diesel alla Volkswagen, l’indice ZEW, che misura la fiducia tra analisti e investitori tedeschi, è sceso in ottobre di ben 10,2 punti rispetto a settembre, attestandosi a 1,9 (ampiamente sotto i 6 punti attesi dai mercati). Si tratta del valore minimo da un anno, molto sotto la media di lungo periodo (24,8). Peggiorano significativamente anche le valutazioni sulla situazione economica corrente (a 55,2 da 67,5). Non hanno certamente aiutato a rinsaldare la fiducia tra gli operatori i recenti dati negativi (relativi ad agosto) sulla produzione industriale (-1,2% su luglio), sugli ordini (-2,1%) e sulle esportazioni (-5,8%), tutti peraltro fortemente influenzati dal minor numero di giorni lavorati. Inoltre, hanno pesato sul giudizio degli analisti i timori per i riflessi sulle prospettive di crescita della Germania del sensibile rallentamento delle economie emergenti. La riduzione dei costi di produzione per il calo dei prezzi dell’energia, la maggiore competitività di prezzo per l’indebolimento dell’euro e il graduale recupero delle economie dell’Eurozona dovrebbero però limitare gli effetti negativi del calo della domanda estera; mentre i consumi, favoriti dai forti guadagni di potere d’acquisto delle famiglie e dai sensibili aumenti salariali, dovrebbero trainare quella interna. |
Attività industriale in Italia: in settembre +0,9% su agostoIl CSC rileva un incremento della produzione industriale italiana dello 0,9% in settembre su agosto, quando c’è stato un calo dello 0,5% su luglio, comunicato oggi dall’ISTAT. Nel terzo trimestre 2015 è stimato un aumento dell’attività dello 0,7% sul precedente, il più alto da inizio 2011 e in accelerazione dal +0,4% del secondo. Rispetto al terzo trimestre 2014 si è avuto un progresso del 2,1%. Il quarto 2015 eredita una variazione congiunturale di +0,4%. Nei mesi autunnali la tendenza dell’attività si delinea ancora in miglioramento. Secondo i direttori degli acquisti (indagine PMI Markit) in settembre gli ordini ricevuti dalle imprese manifatturiere hanno continuato ad aumentare, seppure a un passo più lento (indice a 53,9, per l’ottavo mese sopra la soglia neutrale di 50). Nei mesi estivi l’indice è risultato superiore al valore medio registrato in primavera (+0,3 punti, a 55,7). Tale progresso è dovuto soprattutto all’andamento della domanda interna. |
Credito ancora in riduzione, costo più bassoLo stock di prestiti erogati alle imprese italiane è calato in agosto dello 0,4%, dopo un’analoga flessione a luglio (dati destagionalizzati dal CSC). Nella prima metà del 2015, invece, la caduta del credito si era quasi fermata (-0,04% al mese). Rispetto al picco del settembre 2011, la riduzione dei prestiti è del 13,8% (pari a -126 miliardi). Le banche sono ancora prudenti nell’assumere nuovo rischio di credito, perché le sofferenze nei loro bilanci continuano a salire: 142 miliardi in agosto (18,2% dei prestiti), da 141 a luglio. Il ritmo di crescita dello stock di sofferenze, comunque, si è ridotto: +0,7% al mese a luglio-agosto, da +1,2% mensile nella prima metà del 2015, grazie alle misure varate dal Governo per favorirne lo smaltimento e all’inizio del recupero dell’attività economica. I tassi di interesse pagati dalle imprese italiane sono scesi al 2,0% in media in agosto, da 2,1% a luglio (3,5% a inizio 2014), grazie anche al QE che tiene bassi i rendimenti benchmark a medio-lungo termine. Il minor costo del credito favorirà il proseguire della risalita della domanda nei prossimi mesi. |
Stime Fmi in linea con quelle CSC per il Mondo. Incoerenti temporalmente quelle per l'Italia
Il Fondo Monetario Internazionale (FMI) ha rivisto all’ingiù le previsioni di crescita dell’economia mondiale: +3,1% nel 2015 (-0,2 punti percentuali rispetto alle stime di luglio) e +3,6% nel 2016 (-0,2). Previsioni in linea con le stime CSC di settembre (+3,2% quest’anno e +3,6% nel prossimo) e coerenti con una stabilizzazione della crescita a un ritmo inferiore a quello pre-crisi. |
Concluso il Trattato Transpacifico di libero commercio e investimenti
Ad Atlanta, dopo cinque anni di negoziati, è stato concluso il Trattato Transpacifico di libero commercio e investimenti (Trans-Pacific Partnership, TPP), il più grande accordo di libero scambio della storia, tra 12 economie che rappresentano il 40% del PIL mondiale e il 25% degli scambi globali (Stati Uniti, Canada, Giappone, Australia, Brunei, Cile, Malesia, Messico, Nuova Zelanda, Perù, Singapore e Vietnam). L’accordo entrerà in vigore soltanto dopo la ratifica di ogni paese coinvolto. La Cina, grande esclusa da questo primo round, potrebbe aderire in un secondo momento. |
PMI composito in settembre: prosegue, a un ritmo più lento, la crescita dell’attività in Italia e in Europa
In settembre il PMI composito per l’Italia (che sintetizza la dinamica complessiva nel manifatturiero e nel terziario) segnala una significativa espansione dell’attività, seppure a un ritmo più lento rispetto ad agosto, quando aveva raggiunto il massimo da 53 mesi (53,4 da 55,0). Nel terzo trimestre il valore dell’indice è poco superiore a quello registrato nel secondo (54,0 da 53,9, al top da inizio 2011) e segnala una crescita del PIL in linea con quella registrata nei mesi primaverili (+0,3% congiunturale).
Il dettaglio settoriale segnala il proseguimento di una tendenza positiva sia nel manifatturiero (53,8) sia nei servizi (54,6, -1,3 punti su agosto). Nel terziario, in particolare, attività e nuovi ordini sono rimasti in area di espansione per il settimo mese di fila e sono nettamente migliorate le attese. È tornato, invece, sotto la soglia neutrale di 50 l’indicatore dell’occupazione (il 13% delle aziende ha dichiarato di avere ridotto gli organici). Nel terzo trimestre, comunque, l’indice è superiore di 0,3 punti rispetto alla media del secondo e riflette un rafforzamento della domanda interna.
Nell’Euroarea continua l’espansione, ma a ritmi meno rapidi (53,6 da 54,3, minimo da 4 mesi), a causa, in particolare, del marcato rallentamento dell’occupazione (51,3 da 52,2). Resta, però, solida e in leggera accelerazione la crescita degli ordini (53,3 da 53,2). Tra i maggiori paesi, frenano Germania (54,1 da 55,0) e Spagna (54,6, minimo da 9 mesi) e accelera sensibilmente la Francia (51,9 da 50,2, massimo da 3 mesi).
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In Italia salari reali aumentati più della produttività e al lavoro una percentuale record del PILNegli ultimi tre anni le retribuzioni reali sono cresciute del 4,6% nel manifatturiero. L’arretramento del Paese e le maggiori tasse hanno reso poco percepiti gli aumenti. La quota del valore aggiunto che va al lavoro è ai massimi storici, mentre la redditività delle imprese è ai minimi, con un impatto negativo sulla dinamica degli investimenti e sulla crescita, anche futura.
In Italia il potere d’acquisto delle buste paga è migliorato tra il 2000 e il 2014. Le retribuzioni lorde per unità di lavoro sono aumentate del 6,5% più dell’incremento dei prezzi al consumo, con una variazione media annua dello 0,5%. Nel solo manifatturiero sono salite del 17,6% reale, +1,2% annuo. Incrementi ben superiori a quelli registrati dalla produttività. L’ultima tornata contrattuale ha determinando nel settore manifatturiero una crescita delle retribuzioni reali pari al 4,6% nel triennio 2013-15, essendosi basata su previsioni di inflazione che si sono rivelate molto più alte di quella effettiva. A regime l’extra-costo annuo per le imprese è di 4,1 miliardi e comporta una netta riduzione della competitività, che indebolisce i bilanci aziendali e abbassa il PIL e l’occupazione. Secondo le regole stabilite dai contratti stessi, lo scostamento tra inflazione prevista e inflazione effettiva andrebbe recuperato. Questo è un nodo che i prossimi rinnovi devono affrontare. In futuro le dinamiche retributive andranno maggiormente legate alla produttività. Dagli inizi degli anni Duemila il sostenuto andamento delle retribuzioni ha spinto in alto la quota del valore aggiunto che va al lavoro, tanto che essa è tornata ai picchi storici di metà anni Settanta. Nel manifatturiero è arrivata al 74,3% nel 2014 (74,2% nel 1975). Ciò ha causato una forte erosione dei margini di profitto che scoraggia gli investimenti, il cui minor livello indebolisce la crescita, anche futura. Questa erosione è in controtendenza con l’aumento dei profitti avvenuto in quasi tutti i maggiori paesi avanzati e smentisce l’opinione diffusa secondo cui in Italia i lavoratori sono stati sfavoriti a vantaggio del reddito di impresa. La questione salariale, cioè una dinamica delle retribuzioni ritenuta insoddisfacente, va ricondotta all’arretramento del reddito prodotto dal Paese e alle maggiori tasse. Non c’è stata, infatti, alcuna penalizzazione del fattore lavoro, che anzi è uscito rafforzato nella distribuzione del valore aggiunto. Il reddito da lavoro è l’unico ad aver tenuto durante la crisi, mentre tutte le altre forme di guadagno hanno subito pesanti diminuzioni. |
Rallenta negli USA la crescita dell’occupazioneNegli Stati Uniti, a settembre, l’occupazione nel settore non agricolo è aumentata di 142mila unità, molto meno dei 203mila nuovi posti di lavoro attesi dagli analisti. Il Labor Department ha anche rivisto al ribasso (per complessive 59mila unità) i dati degli ultimi due mesi. È rimasto invariato al 5,1% il tasso di disoccupazione, per il calo significativo della forza lavoro (-350mila). Salgono, inoltre, i timori per le ripercussioni sull’economia USA del rallentamento dell’economia globale. A settembre, l’indice ISM (50,2 da 51,1 in agosto) ha segnalato un significativo rallentamento dell’attività nel settore manifatturiero, penalizzato anche dalla forza del dollaro. Pur restando appena al di sopra della soglia neutrale di 50, sono calate, in particolare, le componenti dell’indice relative a produzione, occupazione e ordini (con quelli esteri in forte contrazione, a 46,5). Questi dati alimentano i dubbi sul timing dell’aumento dei tassi di interesse da parte della FED, in un contesto di bassa inflazione (+0,3% in agosto, ben al di sotto dell’obiettivo del 2%) e salari orari in crescita moderata (invariati rispetto ad agosto, +2,2% annuo). Tuttavia, le aspettative di rialzo dei tassi entro la fine dell’anno vengono corroborate dal buon andamento della domanda interna (balzate a 18,2 milioni le vendite annualizzate di auto a settembre, massimo da oltre 10 anni), favorita dal forte recupero di potere d’acquisto da parte delle famiglie. Nei prossimi mesi, essa è attesa compensare il rallentamento di quella estera e trainare al rialzo la produzione. |