Prosegue la risalita dell’occupazione in Italia: dopo la marcata crescita del secondo trimestre (+0,5%, 103mila unità), il numero di persone occupate è aumentato nel bimestre luglio-agosto di altre 126mila unità e il livello in agosto è ai massimi da settembre 2012.
Il tasso di disoccupazione è sceso all’11,9%, sui livelli di inizio 2013. La forza lavoro, al di là delle fluttuazioni mensili, mostra una graduale crescita (+0,2% in agosto), segno di più fiducia nel trovare un posto.
Tasso di disoccupazione stabile nella media dell’Eurozona (11,0%); alto in Spagna (22,2%), ma in costante riduzione da inizio 2013; in lieve aumento in Francia (10,8% da 10,7%) e ai minimi in Germania (4,5%).
Il CSC
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La quinta T-LTRO della BCE ha fornito alle banche dell’Eurozona 15,5 miliardi di euro, di cui 3,0 a istituti italiani. Si tratta di valori molto inferiori rispetto a quelli delle quattro operazioni precedenti che avevano erogato in media 96,0 miliardi ciascuna (24,0 a istituti nazionali) e rispetto alle attese del mercato (intorno ai 50 miliardi).
La riduzione della domanda delle banche per tali fondi BCE, disponibili a costi quasi nulli (0,05%), riflette anzitutto un fattore positivo: il miglioramento delle condizioni di raccolta sui mercati internazionali, ottenuto nel corso del 2015 anche grazie al Quantitative Easing della stessa BCE. Gli istituti in genere, quando possibile, preferiscono diversificare il funding, piuttosto che dipendere da un unico prestatore.
A spiegare la scarsa richiesta a settembre è anche il fatto che molti istituti avevano già fatto il pieno nelle prime quattro operazioni: il totale prestato finora da Francoforte con le prime cinque T-LTRO è salito a 400 miliardi (98 a banche italiane), risorse che gli istituti devono utilizzare solo per accrescere i prestiti a imprese e famiglie. Goldman Sachs stima che il totale delle otto T-LTRO arriverà intorno a 460 miliardi. Ciò significa che mancano solo altri 60 miliardi, a fronte di ulteriori tre aste in calendario fino a metà 2016 (20 miliardi in media attesi per operazione).
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La crescita mondiale è molto più lenta del passato e delle attese. Le previsioni correnti per il PIL globale sono +3,2% nel 2015 e +3,6% nel 2016, molto distanti dal +5,1% medio annuo pre-crisi e potrebbero rivelarsi ottimistiche. Le cause sono: rallentamento demografico, minori investimenti, più debole dinamica della produttività. Occorrono politiche per rilanciare la domanda, favorire la spesa in R&S, procedere con le riforme strutturali, puntando sul manifatturiero, motore dello sviluppo.
Le prospettive della crescita mondiale sono insoddisfacenti. Le previsioni di aumento del PIL globale sono state continuamente riviste al ribasso negli ultimi quattro anni: da un +4,8% medio annuo atteso nel 2011 per i cinque anni successivi a un +3,9% previsto nel 2015 (FMI). Per quest’anno nell’arco di 12 mesi le stime sono state abbassate dal 4,0% al 3,3%.
Il rallentamento è generalizzato, ma maggiore nelle economie emergenti strutturalmente più dinamiche: dall’inizio della crisi le prospettive di crescita sono diminuite di mezzo punto percentuale nei paesi avanzati (da +2,6% medio annuo nel 2008 a +2,1% nel 2015) e di quasi due punti in quelli emergenti (da +7,0% a +5,1%).
Nelle stime CSC, l’aumento del PIL mondiale è deludente: nel 2015 +3,2% e nel 2016 +3,6%. Rispetto al +5,1% osservato nel periodo pre-crisi (media annua nel 2002-2007). Aumentano, inoltre, i rischi al ribasso, derivanti da un rallentamento più brusco della Cina e degli altri maggiori emergenti.
Appare via via più evidente che gli effetti della crisi economica sugli investimenti, del rallentamento demografico e del minore impatto stimato delle nuove tecnologie sulla produttività sono molto persistenti.
Ciò abbassa il sentiero di crescita dell’output potenziale, verso cui il PIL tende nel lungo periodo. Tanto che alcuni economisti parlano di “stagnazione secolare”. Tuttavia, soprattutto nei paesi avanzati, un esito positivo è possibile, ma dipende molto dal mix di interventi pubblici che verranno adottati per rilanciare la crescita e innalzare il tasso di sviluppo potenziale dell’economia. È fondamentale sostenere la domanda, soprattutto di investimenti; stimolare l’attività di ricerca e sviluppo; procedere con le riforme strutturali; adottare una vera politica industriale coerente con la riscoperta del ruolo centrale del manifatturiero.
Nota CSC 12 2015 - Crescita mondiale.pdf|Visualizza dettagli
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In luglio le esportazioni italiane sono diminuite, a prezzi correnti, dello 0,4% su giugno. La variazione negativa è dovuta interamente alla caduta delle vendite all’estero di beni energetici (-18,1%), componente molto volatile e legata anche alle fluttuazioni del prezzo del petrolio (-7,5%). Al netto dell’energia, l’export è aumentato dello 0,4%, trainato dalle vendite di beni di investimento (+1,9%); in marginale calo quelle di beni di consumo e semilavorati.
Le importazioni italiane si sono ridotte, a prezzi correnti, del 3,7% in luglio su giugno, quando erano aumentate del 4,3%. In calo gli acquisti dall’estero per tutte le tipologie di beni. Nella media degli ultimi tre mesi la dinamica resta ampiamente positiva (+2,7% sui tre precedenti).
In prospettiva, le importazioni continueranno a essere sostenute da una domanda interna più robusta; le esportazioni dall’euro debole e da una graduale ripartenza del commercio mondiale.
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I prestiti erogati alle imprese italiane si sono di nuovo ridotti a luglio (-0,3%), dopo il dato positivo di giugno (+0,1%; dati destagionalizzati dal CSC). Nei primi sette mesi del 2015, comunque, lo stock di credito si è quasi stabilizzato, registrando una caduta pari al -0,1% in media al mese, molto meno che nel 2014 (-0,3%) e nel 2013 (-0,5%).
Ha frenato l’accumulo di crediti in sofferenza nei bilanci delle banche, che blocca ancora la ripartenza dei nuovi prestiti: 141 miliardi a luglio (da 140 a giugno), con una variazione mensile in netta flessione: +1,0 miliardi a luglio, da +1,5 in media nella prima metà del 2015 (+1,9 nel 2014, +2,1 nel 2013). Le misure varate a giugno (deducibilità fiscale in un anno, velocizzazione delle procedure fallimentari) aiuteranno ad appiattire il profilo delle sofferenze.
Pausa, intanto, nella discesa dei tassi pagati dalle imprese: 2,1% in media a luglio, stesso valore di giugno, anche se in forte calo dal 3,5% nei primi mesi del 2014. A luglio si è registrata una riduzione dei tassi solo per le imprese maggiori (1,6%, da 1,7%), mentre quelli per le aziende minori sono rimasti fermi al 2,9%. Il proseguire del QE della BCE dovrebbe favorire un’ulteriore flessione del costo del credito.
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Gli ordinativi dell’industria italiana sono aumentati, a prezzi correnti, dello 0,6% congiunturale in luglio, dopo un rimbalzo del 3,0% in giugno, portando al +9,8% l’incremento rispetto al precedente minimo (luglio 2014). Il miglioramento in luglio è attribuibile interamente alla domanda interna (+3,1% dopo +0,6%), in crescita da otto mesi di fila (+12,9% cumulato), mentre quella estera ha corretto (-2,9%) dopo il balzo di giugno (+6,5%). La variazione congiunturale acquisita per gli ordinativi nel terzo trimestre è di +1,7%.
Il fatturato è diminuito dell’1,1% in luglio, dopo +0,7% in giugno. La variazione complessiva è frutto di un calo nel mercato interno (-1,7%), dove era aumentato nei precedenti cinque mesi (+3,6% cumulato), e un incremento in quello estero (+0,2%, dopo -0,3% in giugno). In luglio l’acquisito per il terzo trimestre è di -0,3% rispetto alla media del secondo.
Tali dati riflettono una tendenza positiva della domanda nel terzo trimestre, in particolare di quella interna. Ulteriori conferme vengono dalla dinamica positiva delle vendite al dettaglio e dalle indagini qualitative (ISTAT e Markit).
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A settembre l’indice ZEW, che misura il “sentimento economico” in Germania, è sceso di 12,9 punti rispetto ad agosto, attestandosi a 12,1 (media di lungo periodo: 24,9), il livello più basso dallo scorso dicembre. Pur restando complessivamente ancora ottimisti (il valore dell’indice resta, infatti, superiore allo zero), molti esperti intervistati cominciano, dunque, a nutrire forti dubbi sulle prospettive dell’economia tedesca nei prossimi sei mesi.
Si temono, in particolare, le ripercussioni negative del rallentamento delle economie emergenti. Nel secondo trimestre, infatti, l’economia tedesca è stata trainata dalla domanda estera, con un contributo netto del settore estero alla crescita del PIL pari a +0,7%: uno stimolo, questo, che difficilmente potrà essere replicato nei prossimi trimestri.
Tra gli esperti sono sensibilmente peggiorate anche le aspettative sull’economia dell’Eurozona: il relativo indice è calato di 14,3 punti (a 33,3 da 47,6 in agosto).
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La dinamica annua dei prezzi al consumo in Italia è salita al +0,3% a settembre, da +0,2% nei tre mesi precedenti. Da un lato si approfondisce il calo dei prezzi energetici (-7,6% annuo, da -6,4%), sulla scia del nuovo ribasso delle quotazioni petrolifere nei mesi estivi; ma dall’altro accelera la crescita dei prezzi alimentari (+1,5% annuo, da +0,9%).
Al netto di tali due componenti, la dinamica dei prezzi core è salita al +0,8% annuo (da +0,7%). Al suo interno, accelerano sia quelli dei servizi (+0,9%, da +0,7%) sia quelli dei beni industriali (+0,5%, da +0,4%), riflettendo l’inizio del recupero dell’attività produttiva in Italia in quest’anno.
Nella media dell’Eurozona, invece, la dinamica dei prezzi è di nuovo scivolata in territorio negativo (-0,1% annuo a settembre, da +0,1% in agosto). L’inflazione core è stabile (+0,9% annuo), i prezzi alimentari accelerano poco (+1,4%, da +1,3%), ma quelli energetici si riducono fortemente (-8,9%, da -7,2%). L’indice totale, dunque, è lontanissimo dall’obiettivo BCE (poco sotto il +2,0% annuo).
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Le vendite al dettaglio sono aumentate dello 0,4% congiunturale in luglio (a prezzi correnti), compensando l’arretramento del mese precedente (-0,4%). Al di là delle oscillazioni mensili, la tendenza è positiva anche nel terzo trimestre (+0,1% l’acquisito), dopo tre trimestri nei quali si sono avuti incrementi congiunturali (+1,0% cumulato), grazie soprattutto al contributo delle vendite di beni alimentari.
In termini reali il commercio al dettaglio è aumentato dello 0,4% in luglio su giugno (-0,3% su maggio). Da settembre scorso, minimo precedente, le vendite totali sono aumentate dello 0,9% (stessa variazione per gli acquisti di prodotti alimentari e non).
Tale dinamica conferma che la domanda interna continua a dare un contributo positivo anche nel trimestre in corso.
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Nella riunione di settembre la FED ha lasciato invariato il tasso ufficiale di interesse nella forchetta 0-0,25%, rinviando il rialzo dei tassi ai prossimi mesi. La banca centrale USA è preoccupata per gli eventuali effetti su crescita e prezzi domestici delle recenti turbolenze finanziarie originatesi all’estero (in particolare in Cina) e di un possibile ulteriore rallentamento dei paesi emergenti.
La decisione è stata presa nonostante il costante miglioramento del mercato del lavoro americano: il tasso di disoccupazione è sceso al 5,1% in agosto, in linea con il 4,9-5,2% indicato dal FOMC (Federal Open Market Committee) come valore di lungo periodo. L’inflazione totale resta bassa (+0,2% annuo in agosto), riflettendo la caduta del petrolio (-15% annuo i prezzi energetici al consumo). Al netto di energia e alimentari, però, i prezzi USA crescono dell’1,8% annuo, in linea con l’obiettivo FED.
Dalle minute della riunione del FOMC di settembre risulta che la vasta maggioranza dei membri (13 su 17) ritiene ancora opportuno alzare i tassi entro fine 2015 (ottobre o dicembre), sebbene tale numero si sia ridotto rispetto a giugno (era 15 su 17). A settembre, infatti, sono saliti a 3 (da 2) i membri FOMC che vorrebbero aspettare il 2016 e uno ora vorrebbe attendere il 2017. Il sentiero dei tassi indicato (in media) nelle minute FED è di 0,25-0,50% a fine 2015 (cioè un rialzo, erano due a giugno) e di 1,25-1,50% a fine 2016 (quattro rialzi).
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