A settembre l’indice ZEW, che misura il “sentimento economico” in Germania, è sceso di 12,9 punti rispetto ad agosto, attestandosi a 12,1 (media di lungo periodo: 24,9), il livello più basso dallo scorso dicembre. Pur restando complessivamente ancora ottimisti (il valore dell’indice resta, infatti, superiore allo zero), molti esperti intervistati cominciano, dunque, a nutrire forti dubbi sulle prospettive dell’economia tedesca nei prossimi sei mesi.
Si temono, in particolare, le ripercussioni negative del rallentamento delle economie emergenti. Nel secondo trimestre, infatti, l’economia tedesca è stata trainata dalla domanda estera, con un contributo netto del settore estero alla crescita del PIL pari a +0,7%: uno stimolo, questo, che difficilmente potrà essere replicato nei prossimi trimestri.
Tra gli esperti sono sensibilmente peggiorate anche le aspettative sull’economia dell’Eurozona: il relativo indice è calato di 14,3 punti (a 33,3 da 47,6 in agosto).
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Il PMI manifatturiero cinese segnala un’ulteriore frenata dell’attività in settembre, toccando il minimo da 78 mesi (47,0, stima flash). Tutte le principali componenti dell’indice generale registrano minimi pluriennali e mostrano una debolezza sia della domanda interna sia di quella estera: produzione a 45,7 (da 46,4 in agosto); occupazione a 46,5 (da 46,7); nuovi ordini totali a 46,0 (da 46,6) ed esteri a 45,8 (46,6).
I dati hanno deluso le attese della maggior parte degli analisti di una contrazione a un ritmo più moderato in settembre, per effetto degli stimoli di politica di bilancio e monetaria messi in campo nei mesi estivi. In agosto la spesa pubblica è cresciuta del 26% su base annua, mentre la Banca Popolare cinese ha iniettato liquidità per oltre 30 miliardi di dollari, oltre a proseguire nella politica dei tagli del tasso ufficiale (al 4,6%) e del coefficiente di riserva obbligatoria per le grandi banche (al 18%).
Ulteriori importanti misure sono attese nei prossimi mesi per stimolare la crescita del PIL verso l'obiettivo del Governo “intorno al 7,0%” nel 2015, che sembra sempre più difficile da centrare. Il CSC stima una crescita del 6,6% del PIL per l’intero 2015 e un ulteriore rallentamento al 6,0% nel 2016.
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A settembre l’indice PMI composito dell’Eurozona, elaborato da Markit, si è attestato a 53,9, in leggero calo rispetto ad agosto (54,3) ma ben al di sopra della soglia neutrale di 50. Il risultato porta la media degli ultimi tre mesi a 54,0 (da 53,9 nei tre mesi precedenti), il livello più elevato degli ultimi quattro anni e compatibile, secondo Markit, con una crescita del PIL pari a +0,4% nel terzo trimestre.
L’aumento dei nuovi ordini, ai ritmi più rapidi degli ultimi cinque mesi, e delle commesse inevase, inoltre, fa prevedere un’ulteriore robusta espansione dell’attività produttiva nell’Eurozona anche nei prossimi mesi.
Nonostante una modesta accelerazione, resta basso il ritmo di espansione in Francia (indice composito a 51,4 da 50,2), dove si arresta, però, la contrazione del manifatturiero (51,9 da 48,4). Rallenta leggermente, ma rimane sostenuta, la crescita in Germania (composito a 54,3 da 55,0), dove l’accelerazione dei nuovi ordini, al ritmo più rapido da novembre 2013, indica una forte vivacità sia della domanda estera sia di quella interna.
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Nella riunione di settembre la FED ha lasciato invariato il tasso ufficiale di interesse nella forchetta 0-0,25%, rinviando il rialzo dei tassi ai prossimi mesi. La banca centrale USA è preoccupata per gli eventuali effetti su crescita e prezzi domestici delle recenti turbolenze finanziarie originatesi all’estero (in particolare in Cina) e di un possibile ulteriore rallentamento dei paesi emergenti.
La decisione è stata presa nonostante il costante miglioramento del mercato del lavoro americano: il tasso di disoccupazione è sceso al 5,1% in agosto, in linea con il 4,9-5,2% indicato dal FOMC (Federal Open Market Committee) come valore di lungo periodo. L’inflazione totale resta bassa (+0,2% annuo in agosto), riflettendo la caduta del petrolio (-15% annuo i prezzi energetici al consumo). Al netto di energia e alimentari, però, i prezzi USA crescono dell’1,8% annuo, in linea con l’obiettivo FED.
Dalle minute della riunione del FOMC di settembre risulta che la vasta maggioranza dei membri (13 su 17) ritiene ancora opportuno alzare i tassi entro fine 2015 (ottobre o dicembre), sebbene tale numero si sia ridotto rispetto a giugno (era 15 su 17). A settembre, infatti, sono saliti a 3 (da 2) i membri FOMC che vorrebbero aspettare il 2016 e uno ora vorrebbe attendere il 2017. Il sentiero dei tassi indicato (in media) nelle minute FED è di 0,25-0,50% a fine 2015 (cioè un rialzo, erano due a giugno) e di 1,25-1,50% a fine 2016 (quattro rialzi).
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La dinamica annua dei prezzi al consumo in Italia è salita al +0,3% a settembre, da +0,2% nei tre mesi precedenti. Da un lato si approfondisce il calo dei prezzi energetici (-7,6% annuo, da -6,4%), sulla scia del nuovo ribasso delle quotazioni petrolifere nei mesi estivi; ma dall’altro accelera la crescita dei prezzi alimentari (+1,5% annuo, da +0,9%).
Al netto di tali due componenti, la dinamica dei prezzi core è salita al +0,8% annuo (da +0,7%). Al suo interno, accelerano sia quelli dei servizi (+0,9%, da +0,7%) sia quelli dei beni industriali (+0,5%, da +0,4%), riflettendo l’inizio del recupero dell’attività produttiva in Italia in quest’anno.
Nella media dell’Eurozona, invece, la dinamica dei prezzi è di nuovo scivolata in territorio negativo (-0,1% annuo a settembre, da +0,1% in agosto). L’inflazione core è stabile (+0,9% annuo), i prezzi alimentari accelerano poco (+1,4%, da +1,3%), ma quelli energetici si riducono fortemente (-8,9%, da -7,2%). L’indice totale, dunque, è lontanissimo dall’obiettivo BCE (poco sotto il +2,0% annuo).
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I prestiti erogati alle imprese italiane si sono di nuovo ridotti a luglio (-0,3%), dopo il dato positivo di giugno (+0,1%; dati destagionalizzati dal CSC). Nei primi sette mesi del 2015, comunque, lo stock di credito si è quasi stabilizzato, registrando una caduta pari al -0,1% in media al mese, molto meno che nel 2014 (-0,3%) e nel 2013 (-0,5%).
Ha frenato l’accumulo di crediti in sofferenza nei bilanci delle banche, che blocca ancora la ripartenza dei nuovi prestiti: 141 miliardi a luglio (da 140 a giugno), con una variazione mensile in netta flessione: +1,0 miliardi a luglio, da +1,5 in media nella prima metà del 2015 (+1,9 nel 2014, +2,1 nel 2013). Le misure varate a giugno (deducibilità fiscale in un anno, velocizzazione delle procedure fallimentari) aiuteranno ad appiattire il profilo delle sofferenze.
Pausa, intanto, nella discesa dei tassi pagati dalle imprese: 2,1% in media a luglio, stesso valore di giugno, anche se in forte calo dal 3,5% nei primi mesi del 2014. A luglio si è registrata una riduzione dei tassi solo per le imprese maggiori (1,6%, da 1,7%), mentre quelli per le aziende minori sono rimasti fermi al 2,9%. Il proseguire del QE della BCE dovrebbe favorire un’ulteriore flessione del costo del credito.
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In agosto i flussi commerciali italiani con i paesi extra-Ue registrano un crollo: -8,1% su luglio le esportazioni e -3,2% le importazioni, a prezzi correnti. In forte riduzione nel bimestre luglio-agosto, rispetto al secondo trimestre, sia le vendite all’estero (-4,4%) sia gli acquisti (-5,6%).
La caduta delle quotazioni del petrolio ad agosto (-17,3% rispetto a luglio) ha determinato una brusca diminuzione degli scambi con l’estero, a prezzi correnti, dei prodotti energetici (-13,3% l’export e -13,9% l’import). Al netto dell’energia, le importazioni sono aumentate dello 0,9%. Le esportazioni, invece, si sono ridotte per ogni tipologia di prodotto: -11,8% i beni strumentali, -7,3% quelli intermedi e -3,3% quelli di consumo.
In calo le vendite in molti mercati di destinazione extra-Ue: emergenti asiatici (-8,5% rispetto ad agosto 2014), Turchia (-15,2%) e Medio Oriente (-8,2%). Dimezzata anche la crescita di quelle verso gli Stati Uniti (+13,1% ad agosto, dopo +26,7% nei primi sette mesi dell’anno). La persistente debolezza delle economie emergenti continuerà a frenare il commercio italiano extra-Ue nell'ultima parte dell’anno.
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La produzione nelle costruzioni in Italia è aumentata dello 0,3% in luglio su giugno, quando era diminuita dell’1,2% su maggio. Nel secondo trimestre 2015 è calata dell’1,3% sul primo, quando aveva registrato un incremento (+0,3%) dopo cinque cali consecutivi. Il terzo trimestre ha una variazione acquisita di -0,7%.
Le indagini qualitative condotte presso le imprese del settore offrono segnali contrastanti. L’ISTAT ha rilevato una maggiore fiducia in agosto, dopo un calo in luglio: l’indice è salito di 1,9 punti dopo -2,1; nel bimestre risulta di 3,6 punti superiore alla media del secondo trimestre. I giudizi su ordini e piani di costruzione sono più favorevoli; stabili, invece, le attese. L’indagine Markit sul settore edilizio ha invece rilevato in agosto la quinta contrazione consecutiva dell’attività (dovuta all’edilizia residenziale) e un ulteriore arretramento degli ordini.
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La crescita mondiale è molto più lenta del passato e delle attese. Le previsioni correnti per il PIL globale sono +3,2% nel 2015 e +3,6% nel 2016, molto distanti dal +5,1% medio annuo pre-crisi e potrebbero rivelarsi ottimistiche. Le cause sono: rallentamento demografico, minori investimenti, più debole dinamica della produttività. Occorrono politiche per rilanciare la domanda, favorire la spesa in R&S, procedere con le riforme strutturali, puntando sul manifatturiero, motore dello sviluppo.
Le prospettive della crescita mondiale sono insoddisfacenti. Le previsioni di aumento del PIL globale sono state continuamente riviste al ribasso negli ultimi quattro anni: da un +4,8% medio annuo atteso nel 2011 per i cinque anni successivi a un +3,9% previsto nel 2015 (FMI). Per quest’anno nell’arco di 12 mesi le stime sono state abbassate dal 4,0% al 3,3%.
Il rallentamento è generalizzato, ma maggiore nelle economie emergenti strutturalmente più dinamiche: dall’inizio della crisi le prospettive di crescita sono diminuite di mezzo punto percentuale nei paesi avanzati (da +2,6% medio annuo nel 2008 a +2,1% nel 2015) e di quasi due punti in quelli emergenti (da +7,0% a +5,1%).
Nelle stime CSC, l’aumento del PIL mondiale è deludente: nel 2015 +3,2% e nel 2016 +3,6%. Rispetto al +5,1% osservato nel periodo pre-crisi (media annua nel 2002-2007). Aumentano, inoltre, i rischi al ribasso, derivanti da un rallentamento più brusco della Cina e degli altri maggiori emergenti.
Appare via via più evidente che gli effetti della crisi economica sugli investimenti, del rallentamento demografico e del minore impatto stimato delle nuove tecnologie sulla produttività sono molto persistenti.
Ciò abbassa il sentiero di crescita dell’output potenziale, verso cui il PIL tende nel lungo periodo. Tanto che alcuni economisti parlano di “stagnazione secolare”. Tuttavia, soprattutto nei paesi avanzati, un esito positivo è possibile, ma dipende molto dal mix di interventi pubblici che verranno adottati per rilanciare la crescita e innalzare il tasso di sviluppo potenziale dell’economia. È fondamentale sostenere la domanda, soprattutto di investimenti; stimolare l’attività di ricerca e sviluppo; procedere con le riforme strutturali; adottare una vera politica industriale coerente con la riscoperta del ruolo centrale del manifatturiero.
Nota CSC 12 2015 - Crescita mondiale.pdf|Visualizza dettagli
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In agosto il PMI composito per l’Italia (che sintetizza la dinamica complessiva nel manifatturiero e nel terziario) segnala una robusta espansione dell’attività, accelerando al ritmo più elevato da 53 mesi (indice a 55,0 da 53,5 in luglio) e ben superiore rispetto a quanto atteso (53,1 il consenso) e alla media europea. Nel bimestre luglio-agosto il valore dell’indice è superiore di 0,4 punti rispetto a quello dei mesi primaverili: questa dinamica è coerente con una crescita del PIL nel terzo trimestre almeno analoga a quella registrata nel secondo (+0,3% congiunturale).
Il PMI evidenzia una solida espansione dell’attività nel manifatturiero (56,0) e nei servizi (54,6, +2,6). Nel terziario, in particolare, è tornata a crescere l’occupazione (51,4), dopo una pausa in luglio, e i nuovi ordini sono rimasti in area di espansione per il sesto mese di fila. Tali indicazioni confermano un andamento positivo della domanda interna italiana nei mesi estivi.
Nell’Euroarea il PMI composito indica un’accelerazione dell’attività (54,3, +0,4 punti, massimo da 4 anni), grazie al ritmo più veloce - oltre che in Italia - anche in Spagna (58,8, +0,5) e Germania (55,0, +1,3); segnala un rallentamento, invece, in Francia (50,2, -1,3).
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