Lo yen ha segnato oggi il cambio più basso da 8 anni contro il dollaro, oltre quota 123, e si dirige rapidamente verso il livello minimo dal 2002. La debolezza della valuta nipponica riflette la rinnovata forza del biglietto verde, sia per le notizie positive negli Stati Uniti derivanti da fiducia dei consumatori, ordini di beni capitali (al netto di difesa e aerei) e prezzi delle case sia per le recenti dichiarazioni della presidente Fed Yellen che alimentano le attese di un rialzo dei tassi entro l’anno.
La Bank of Japan in maggio ha confermato il suo programma di stimolo monetario. Dai verbali della riunione di aprile del board, pubblicati ieri, emerge che la maggioranza dei componenti ritiene che lo stimolo sia per ora sufficiente e dovrà essere mantenuto fino al raggiungimento dell’obiettivo dell’inflazione al 2%, ritenuto probabile nella seconda metà 2016, sulla base dell’ipotesi di un moderato aumento dei prezzi del petrolio.
L’andamento dello yen continua a favorire la Borsa di Tokio che ha chiuso stamattina la nona sessione positiva consecutiva, a 20.472,58 punti, toccando nuovi massimi da 15 anni.
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In marzo il commercio mondiale è rimasto sostanzialmente invariato (-0,1% in volume su febbraio); tale risultato è il combinato disposto di una crescita degli scambi dei paesi avanzati (+1,5%) e di una riduzione di quelli dei paesi emergenti (-1,7%).
Nel 2015 il commercio mondiale è partito con una pesante zavorra: nel primo trimestre si è ridotto dell’1,5% sul quarto 2014 (quando aveva registrato un +1,2%). Contrazione dovuta a una caduta degli scambi degli emergenti (-3,0%) e a una stagnazione di quelli degli avanzati (-0,1%). Dal lato dell’import, sono crollati gli acquisti degli emergenti (-4,3%), soprattutto di quelli asiatici (-7,2%), mentre sono cresciuti quelli degli avanzati (+1,1%). Dal lato dell’export, si sono ridotte le vendite sia dei paesi avanzati (-1,0) sia di quelli emergenti (-1,7%).
Incerte le prospettive. Sono fattori positivi la robusta crescita USA e la ripresa europea; negativi, invece, la persistente debolezza degli emergenti asiatici e le tensioni geopolitiche in Medio Oriente e nell’Est Europa. Segnala stagnazione la componente ordini esteri del PMI globale (a 50,1 in aprile).
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Uno sciopero di sei giorni e mezzo dei conducenti di treno (iniziato ieri pomeriggio per i treni merci ed esteso da oggi a domenica mattina ai treni passeggeri) potrebbe costare all'economia tedesca 500 milioni di euro, ovvero 0,1 punti percentuali di PIL nel secondo trimestre. Tra i settori più colpiti il chimico e il siderurgico (si stimano 200mila tonnellate di prodotti in acciaio trasportati su rotaia al giorno).
Lo sciopero è l'ottavo e il più lungo di una disputa tra il sindacato dei conducenti di treno (GDL) e la Deutsche Bahn, le ferrovie statali tedesche, centrata non tanto sugli aumenti salariali (5% la richiesta, 4,7% più una tantum di 1.000 euro l'offerta), quanto su un braccio di ferro relativo alla rappresentanza. La GDL rivendica il diritto a firmare un contratto separato per i conducenti di treno (in linea con l'orientamento giurisprudenziale prevalente da giugno 2010), opponendosi all'applicazione di un rinnovo unitario negoziato dal sindacato di settore maggioritario (EVG).
Un disegno di legge, la cui approvazione è attesa per il mese corrente, sta per reintrodurre in Germania il principio dell'estensione erga omnes dei contratti collettivi firmati dai sindacati più rappresentativi, istituzionalizzando la prassi che era prevalsa fino al 2010. La GDL, insieme ad altri sindacati minoritari, ha già minacciato di rivolgersi alla Corte Costituzionale se la legge dovesse essere approvata dal Parlamento.
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L’indice composito di sentimento economico delle imprese è rimasto quasi invariato in maggio su aprile (-0,1 punti, a 102,0), quando era diminuito per la prima volta da novembre scorso. Si è attestato intorno ai valori più elevati dall’estate del 2008 e, nella media degli ultimi due mesi, 3,7 punti sopra ai livelli del primo trimestre.
Tra i comparti, l’indicatore di fiducia è aumentato solo nei servizi di mercato (+0,4 punti); è diminuito, invece, nelle costruzioni (-1,5), per il secondo mese consecutivo, e nel commercio al dettaglio (-1,6), soprattutto per il peggioramento delle attese su ordini e occupazione (in entrambi i settori). Tra le imprese manifatturiere si è avuta una modesta correzione (-0,5 punti) dopo otto mesi di crescita ininterrotta (+6,5 punti da agosto 2014 ad aprile 2015). Il calo mensile è dipeso da valutazioni meno favorevoli su ordini esteri (invariati quelli interni) e livelli di produzione; sono migliorate, invece, le attese su occupazione e produzione.
Tra i consumatori la fiducia è diminuita per il secondo mese consecutivo (-2,3 punti), soprattutto per il calo delle componenti relative al clima economico generale e al clima futuro. È peggiorato, ma in misura meno ampia, anche il clima personale, più legato alle decisioni di spesa delle famiglie. La tendenza positiva dell’indice di fiducia non risulta comunque compromessa dalla correzione degli ultimi due mesi: +0,3 punti in aprile-maggio sulla media del primo trimestre.
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L'11 maggio 2015 il Centro Studi Confindustria e Prometeia hanno presentato a Expo la sesta edizione della ricerca “Esportare la dolce vita”: le opportunità per le esportazioni di beni belli e ben fatti (BBF) nei nuovi mercati (o mercati emergenti). I beni BBF sono costituiti da prodotti di fascia medio-alta dei settori alimentare, arredamento, abbigliamento e tessile casa, calzature, occhialeria e oreficeria-gioielleria.
La ricerca è stata condotta con il contributo delle Associazioni, ANFAO, ANICA, Assocalzaturifici, Confindustria Alberghi, Federalimentare, FederlegnoArredo, Federorafi e Sistema Moda Italia. Quest'anno hanno collaborato al rapporto anche ICE, ANICA China desk e Netcomm, oltre che, come sempre, l'Area Internazionalizzazione di Confindustria.
Nel rapporto sono presentate le previsioni al 2020 delle importazioni dei nuovi mercati, dal mondo e dall’Italia, di BBF.
In questa edizione ci sono approfondimenti sul turismo e sul settore audiovisivo come veicoli di promozione dei prodotti BBF.
Inoltre, c’è un importante approfondimento sulla Cina, che è il nuovo mercato più promettente per il BBF. Con la collaborazione dell’ICE è stata effettuata un’indagine presso esperti e distributori cinesi di BBF italiano per valutare la percezione del made in Italy e i suoi punti di forza e debolezza. Infine, con la collaborazione di Netcomm è stato analizzato il settore del commercio elettronico cinese.
Entrare nei nuovi mercati è una grande sfida per le PMI italiane, ma ciò che si è osservato, attraverso le analisi condotte per Esportare la dolce vita negli ultimi sei anni, è che molte ce l’hanno fatta vincendo forze contrarie che inizialmente sembravano insuperabili.
In un’ottica di lungo termine alcuni nuovi mercati (si pensi alla Cina, ma non solo) costituiscono anche l’arena competitiva dove confrontarsi con i migliori concorrenti internazionali e i luoghi nei quali intercettare le tendenze che, anche solo per la forza della demografia, sono destinate a diventare globali.
Il rapporto è destinato al sistema associativo e quindi non è divulgabile al di fuori della cerchia degli associati, fatta eccezione per la stampa
Nella libreria del CSC, nella cartella Esportare la dolce vita 2015, trovate l'edizione italiana e l'edizione inglese del rapporto e le presentazioni del convegno.
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Lo stock di prestiti erogati alle imprese italiane è aumentato dello 0,2% mensile a marzo, dopo il forte calo di febbraio (-0,5%; dati destagionalizzati dal CSC). Il parziale allentamento della stretta dell’offerta tra fine 2014 e inizio 2015, segnalato dalle indagini qualitative, è coerente con l’attenuazione della caduta dei prestiti che si sta registrando (-0,1% mensile in media nel primo trimestre, dopo -0,3% nel 2014 e -0,5% nel 2013). È urgente, però, per accompagnare la ripresa economica, invertire la rotta e favorire la risalita del credito (-13,1% dal settembre 2011, pari a -120 miliardi di euro).
Buoni segnali vengono dai tassi pagati dalle imprese sulle nuove operazioni. Sono scesi in media al 2,3% a marzo, da 2,4% a febbraio (erano al 3,5% nel marzo 2014). Nell’ultimo mese si sono ridotti in particolare quelli per le piccole aziende (3,1%, da 3,3%), mentre sono rimasti stabili per le grandi (all’1,8%). I minori tassi riducono il costo per interessi a carico delle imprese e stimolano la risalita della loro domanda di credito.
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Il CSC stima un incremento della produzione industriale dello 0,1% in aprile su marzo quando c’è stato un aumento dello 0,4% su febbraio, comunicato oggi dall’ISTAT.
Rispetto a settembre 2014, precedente punto di minimo, i livelli di attività sono superiori dell’1,5%.
Nel primo trimestre si è avuto un progresso dello 0,3% sul quarto 2014, quando si era registrato +0,2% sul terzo (rivisto all’insù dal -0,1% indicato precedentemente).
La variazione acquisita nel secondo trimestre del 2015 è di +0,6% (+0,5% ereditato dal primo). Gli indicatori qualitativi anticipatori segnalano un ulteriore rafforzamento dell’attività nel trimestre in corso: la componente ordini totali del Markit PMI manifatturiero - in area di espansione per il terzo mese consecutivo - indica in aprile una robusta crescita, superiore rispetto a quella rilevata in marzo (indice a 54,8, da 54,5) e sostenuta soprattutto dalla domanda interna; la componente ordini esteri mostra comunque un andamento molto positivo.
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In aprile è proseguita, a un ritmo più forte, l’espansione dell’attività manifatturiera in Italia, secondo l’indicatore PMI, che è salito a 53,8 (+0,5 punti su marzo), massimo da un anno.
Hanno mostrato significativi progressi le principali componenti: la produzione si conferma in area di espansione per il quarto mese consecutivo e risulta in progressiva accelerazione da febbraio (indice a 55,9, +1,2 punti su marzo); i nuovi ordini indicano un robusto incremento (a 54,8), il secondo più forte negli ultimi quattro anni, sostenuto sia dalla domanda interna sia da quella estera; in miglioramento anche le valutazioni relative alla creazione di posti di lavoro, in crescita al tasso più elevato da febbraio 2011 (a 54,4).
L’accelerazione di attività e ordini tracciata dal PMI manifatturiero è coerente con un maggiore vigore dell’economia italiana nei mesi primaverili (come già delineato dall’anticipatore OCSE), grazie al pieno dispiegarsi degli effetti delle spinte esterne (euro debole, tassi di interesse ridotti e prezzo del petrolio ancora basso).
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L’Italia con 29 miliardi di fatturato e 63 mila addetti è il secondo produttore farmaceutico della UE. Una posizione che si conferma con investimenti in prodotti e tecnologie sempre più innovative, che hanno reso possibile la forte crescita dell’export (+50% dal 2010 al 2014) e la ripresa dell’occupazione nel 2014 (+1%). Risultati che derivano anche da politiche pubbliche più attente al settore e che ora devono consolidarsi per non mettere a rischio un fondamentale patrimonio industriale.
L’industria farmaceutica in Italia si caratterizza per un ampio numero di imprese e una solida base produttiva, resa competitiva da risorse umane molto qualificate, da moderne e positive relazioni industriali, da un indotto di eccellenza, da un’intensa attività innovativa. Ha una composizione unica in Europa, costituita per il 60% da imprese a capitale estero con una forte presenza industriale nel Paese e per il 40% da aziende a capitale italiano sempre più internazionalizzate.
Valori, però, che sarebbe sbagliato dare per scontati. Specie in un contesto mondiale molto concorrenziale e in un settore ad alto tasso di internazionalizzazione, nel quale le scelte di localizzazione delle imprese a livello globale determinano la presenza industriale a livello nazionale. Per questo è fondamentale la competitività del sistema paese e delle aziende.
Le quali, però, non possono sopportare ulteriori costi per il contenimento della spesa pubblica (già oggi superiori a 1,3 miliardi all’anno, il 10% del loro ricavo industria dalle vendite al SSN), per non sottrarre risorse che possono essere invece destinate agli investimenti.
L’export è la variabile chiave per la crescita dell’industria farmaceutica in Italia, ma comprimere oltre misura la domanda nazionale può compromettere la tenuta del settore. Sia per le aziende a maggiore presenza sul mercato interno sia per quelle proiettate sui mercati internazionali, perché misure di taglio danneggiano la competitività generale del sistema.
Le imprese del farmaco stanno dimostrando di voler continuare a investire in Italia. Il loro impegno deve poter contare su politiche stabili per favorire gli investimenti: porre la giusta attenzione al valore industriale della farmaceutica e riconoscerne l’innovazione possono far vincere all’Italia la competizione internazionale.
Nota CSC 15-9_Farmaceutica.pdf|Visualizza dettagli
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In marzo l’export italiano è aumentato, a prezzi costanti, dell’1,7% su febbraio. Nel primo trimestre 2015 è cresciuto dell’1,4% sul quarto 2014. Hanno accelerato, in particolare, le vendite extra-UE (+3,0% trimestrale), con il dispiegarsi degli effetti favorevoli dell’euro debole; marginale, invece, l’incremento di quelle intra-UE (+0,2%). Sono aumentate, inoltre, le esportazioni di beni strumentali (+3,9%) e intermedi (+2,1%), mentre si sono ridotte quelle di beni di consumo (-0,9%) ed energetici (-4,9%).
In forte espansione le importazioni: +3,6% in marzo su febbraio e +4,0% nel primo trimestre sul quarto 2014. Segnale di una robusta ripresa della domanda interna.
Le esportazioni italiane sono attese accelerare nel secondo trimestre, anche grazie al rafforzamento della domanda europea e all’esaurirsi dell’effetto negativo dello shock petrolifero su quella dei paesi esportatori di oil. Lo confermano gli indicatori qualitativi degli ordini esteri nel manifatturiero: in aprile, in territorio fortemente espansivo il PMI (a 56,6) e ai massimi da novembre 2013 i giudizi delle imprese (saldo a -10).
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