Italia: inatteso calo dell’occupazione in marzo
Inatteso calo dell’occupazione in marzo: gli ultimi dati ISTAT sul numero di persone occupate in Italia registrano un’altra contrazione mensile (-59mila unità rispetto a febbraio, dopo le -50mila unità del mese precedente).
Nel primo trimestre dell’anno l’occupazione è scesa rispetto ai livelli dell’ultimo quarto 2014 (-0,2%), quando era rimasta piatta. Con una forza lavoro in contrazione (-0,5%), il tasso di disoccupazione si attesta al 12,8% dal 13,0% del quarto trimestre. Sebbene nel corso del trimestre si è osservato un aumento, dal 12,6% di gennaio al 13,0% di marzo.
L’andamento dell’occupazione diverge rispetto a quanto emerso dalle indagini qualitative condotte presso le imprese che segnalano invece progressi occupazionali e dal forte calo sia delle ore di cassa integrazione autorizzate sia delle richieste di sussidi di disoccupazione.
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Si allenta un po’ la stretta creditizia, domanda stabileL’indagine realizzata da Banca d’Italia presso gli istituti di credito segnala un nuovo timido allentamento della stretta dell’offerta in Italia nel primo trimestre 2015. Ciò fa seguito al miglioramento registrato a fine 2014. Sia la posizione patrimoniale delle banche, sia la loro percezione del rischio su specifici settori e imprese sono ora giudicati fattori favorevoli all’erogazione di credito. La domanda di credito da parte delle imprese, secondo i dati qualitativi, è rimasta stabile a inizio 2015, come già nel corso del 2014. In particolare, da due trimestri hanno smesso di ridursi le richieste per finanziare investimenti produttivi, mentre salgono quelle per finanziare le scorte e il capitale circolante. Le indicazioni qualitative, quindi, sono di un miglioramento nel mercato del credito. Tuttavia, ciò non trova ancora riscontro nell’andamento effettivo dei prestiti alle imprese italiane, il cui stock si è ulteriormente ridotto a febbraio, dopo essere rimasto fermo a gennaio. Una ripartenza delle erogazioni si dovrebbe comunque materializzare più avanti, nel corso del 2015, anche grazie alla riduzione dei tassi a lunga favorita dal QE. |
Non si arresta la caduta del credito alle imprese, scende il costoLo stock di prestiti erogati alle imprese italiane è diminuito di un ulteriore 0,6% a febbraio, dopo essere rimasto invariato a gennaio (dati destagionalizzati dal CSC). Non si è fermata, quindi, l’emorragia del credito: dal settembre 2011 la riduzione totale è del 13,5% (-124 miliardi di euro). Il pagamento di 36,5 miliardi di euro di debiti commerciali scaduti da parte della PA fino a gennaio spiega parte della riduzione dei prestiti (-0,2% al mese nel 2014 al netto di tale fattore, rispetto a -0,3%). Prosegue, intanto, la discesa dei tassi di interesse fatti pagare alle imprese: 2,4% a febbraio sulle nuove operazioni, da 2,5% a gennaio (e da 3,6% nel settembre 2013). Le piccole imprese pagano ora il 3,3% (da 4,3%), quelle più grandi l’1,8% (da 3,0%). Ciò favorirà la risalita della domanda di prestiti da parte delle aziende. |
Ai massimi da giugno 2014 la fiducia delle imprese tedescheL’indice IFO di fiducia delle imprese tedesche è salito a 108,6 in aprile (da 107,9 in marzo), un livello che non raggiungeva da giugno 2014. Il risultato conferma la solidità della crescita dell’economia tedesca agli inizi del secondo trimestre. Migliorano considerevolmente i giudizi sulla situazione corrente (da 112,1 a 113,9); peggiorano, seppur leggermente, le aspettative (da 103,9 a 103,5). Il dato è in apparente contrasto con quello fornito, a inizio settimana, dall’indagine ZEW presso gli analisti e operatori finanziari, che ha rilevato, invece, un leggero peggioramento del “sentimento economico” (indice a 53,3 da 54,8) riguardo, in particolare, le prospettive di crescita dell’economia tedesca. La divergenza tra i due indici sta probabilmente nel diverso peso dato dai rispondenti alle indagini a fattori chiave, quali il calo del prezzo dell’energia, l’indebolimento dell’euro, il QE della BCE e la crisi del debito greco. Diversa è, infatti, la valutazione dell’impatto che tali elementi esercitano sulla propria attività a seconda che si tratti di imprese produttrici (nel manifatturiero, nelle costruzioni e nel commercio), come nel caso dell’indagine IFO, o di imprese finanziarie, come nel caso dell’indagine ZEW. |
R&S nelle grandi impreseHo caricato nella cartella "Pubblicazioni esterne", un interessante NBER WP di quest'anno, suggeritomi da Mauro Sylos Labini. L'articolo, analizzando l'andamento negli ultimi 30 anni dell'attività di ricerca delle grandi corporation americane (e in parte anche di quelle europee), evidenzia come negli anni sia diminuita l'attività di ricerca scientifica di base, ma non l'attività brevettuale. In parallelo, il valore attribuito dai mercati alla ricerca scientifica (in termini di prezzo delle azioni) è diminuito, mentre ciò non è accaduto per i brevetti detenuti dall'impresa. L'evidenza quindi suggerisce che le grandi imprese hanno ridotto l'investimento nella "R" ma non nella "S": si sono sempre più focalizzate nell'incrementare le conoscenze proprietarie detenute e sempre meno nel crearne internamente di nuove. Le possibili spiegazioni (che vengono testate empiricamente nell'articolo) citate sono, da un lato, l'accresciuta globalizzazione, che ha ridotto i margini di profitto e reso instabili e meno prevedibili i frutti delle scoperte scientifiche; dall'altro, la maggior focalizzazione delle imprese sul core business, che ha ridotto il vantaggio della cross fertilization della ricerca di base tra le diverse attività svolte dalle imprese. Forti implicazioni di policy: se le grandi imprese smettono di fare ricerca, subappaltandola a centri di ricerca pubblici o alle piccole imprese innovative, e questi ultimi soggetti non sono equipaggiati delle risorse (finanziarie e non soo) necessarie per compensare gli sforzi innovativi prima svolti dalle corporation, il risultato è una diminuzione netta della capacità innovativa dei sistemi economici nel loro complesso. |
Ristagna l’economia USA nel primo trimestre 2015L’economia americana ha rallentato più del previsto nel primo trimestre 2015. Il PIL è cresciuto di appena lo 0,2% trimestrale (annualizzato), un ritmo ben lontano dal +2,2% registrato nel quarto trimestre 2014 e il più lento da un anno. Il dato conferma le indicazioni di una quasi stagnazione dell’economia emerse dalla gran parte degli indicatori qualitativi e di attività disponibili in questi ultimi mesi. Hanno rallentato i consumi (+1,9%, dopo un +4,4% nel trimestre precedente), frenati dal maltempo. Sono calati gli investimenti (-2,5%): crollati, in particolare, quelli in impianti e infrastrutture (-23,1%), a causa del ridimensionamento dei piani di sviluppo di molte compagnie nel settore energetico; limitati, per le condizioni climatiche avverse, quelli in costruzioni residenziali (+1,3%). Si sono contratte le esportazioni (-7,2%), penalizzate dal dollaro forte, dalla debolezza dei mercati emergenti e dagli scioperi nei porti della West Coast, che hanno pesantemente contribuito a ridurre i flussi commerciali sia con l’estero sia interni. La caduta del prezzo del petrolio e il rafforzamento del dollaro hanno tuttavia effetti positivi sul potere d’acquisto delle famiglie e, con il miglioramento della fiducia, si tradurranno in graduali ma consistenti aumenti della domanda. |
Fatturato e ordinativi dell’industria: correzione in febbraio ma tendenza positiva
Il fatturato totale dell’industria italiana, misurato a prezzi costanti (cioè depurato dagli effetti di prezzo), è diminuito dello 0,1% in febbraio, da -0,4% in gennaio (stime CSC). La variazione complessiva è frutto di un incremento nel mercato estero (+0,1%) - dopo una caduta nel mese precedente - e di un calo in quello interno (-0,3%) - il primo dopo due recuperi di fila. Nel primo bimestre, in media, il fatturato è comunque aumentato dello 0,8% sul quarto trimestre 2014.
Al netto dell’energia, la dinamica del fatturato industriale è risultata piatta in febbraio. Nella media dei primi due mesi dell’anno si è avuto un progresso dello 0,3% sul trimestre precedente.
Gli ordinativi dell’industria hanno registrato un marginale aumento (+0,4% a prezzi costanti), dopo un -2,4% in gennaio. Come nei due mesi precedenti, si conferma il contributo positivo della domanda interna (+0,7%); si è avuta, invece, una marginale correzione nella componente estera (-0,1%). Nel primo bimestre il livello degli ordini totali è superiore dell’1,0% rispetto a quello del quarto trimestre 2014.
Le informazioni qualitative segnalano il proseguimento di una dinamica positiva: secondo l’indagine ISTAT sulle imprese manifatturiere, infatti, sono migliorati in marzo giudizi e attese sugli ordini; l'indagine PMI segnala un’accelerazione dei nuovi ordinativi totali grazie soprattutto alla robusta espansione di quelli esteri.
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Il PIL cinese rallenta, ma centra il target del Governo
Il PIL cinese è cresciuto del 7,0% nel primo trimestre 2015 sul primo 2014, centrando per ora l’obiettivo del Governo (“intorno al 7,0%” nel 2015), ma registrando la variazione più bassa degli ultimi sei anni. I dati trimestrali destagionalizzati confermano il rallentamento: +1,3% sui tre mesi precedenti (+1,5% nel quarto trimestre 2014).
I dati di marzo di vendite al dettaglio (+10,2% annuo, da +10,7% in febbraio), produzione (+5,6% da +6,8%) ed export (-15,0% da +48,3%) hanno deluso le attese e potrebbero preludere a un ulteriore rallentamento nel secondo trimestre. Il fatto che il PIL risulti comunque in linea con le aspettative riflette soprattutto il cambiamento strutturale dell’economia, con i servizi cresciuti nel primo trimestre del 7,9% annuo.
Le autorità cinesi continueranno nel corso dell’anno a mettere in atto azioni di politica monetaria (agendo su tassi d’interesse, coefficiente di riserva obbligatoria e cambio) e di bilancio (velocizzando i finanziamenti di progetti infrastrutturali) per sostenere la domanda, il settore finanziario e immobiliare.
Il Fondo Monetario Internazionale ieri ha pubblicato le nuove stime di crescita e per la Cina prevede un aumento del PIL del 6,8% nel 2015 e del 6,3% nel 2016 (nessuna variazione rispetto alle previsioni di gennaio), considerando favorevolmente le politiche economiche delle autorità cinesi.
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Stati Uniti: forte rimbalzo delle vendite al dettaglio a marzoNegli USA sono tornate a salire a marzo, per la prima volta dallo scorso novembre, le vendite al dettaglio (+0,9% su febbraio), sospinte in particolare dalle auto. L’aumento è il più forte da marzo 2014 e chiude tre mesi di contrazioni dovute principalmente al maltempo. Il dato conferma la tesi che il rallentamento dell’economia americana nel primo trimestre è stato temporaneo. Vi hanno concorso, oltre al maltempo, la forza del dollaro, che ha penalizzato le esportazioni, e il sensibile aumento del tasso di risparmio, che ha frenato la spesa delle famiglie. I robusti aumenti occupazionali, i minori costi energetici e il miglioramento delle ragioni di scambio hanno, però, aumentato significativamente il potere d’acquisto delle famiglie. Ciò, con la graduale ripresa dei salari, rafforzerà la fiducia, aumenterà la propensione al consumo e sosterrà la spesa già a partire dal secondo trimestre. |
Produzione industriale italiana: in marzo +0,1% su febbraio
Il CSC stima un incremento della produzione industriale dello 0,1% in marzo su febbraio quando c’è stato un aumento dello 0,6% su gennaio, comunicato oggi dall’ISTAT. |