L’indagine realizzata da Banca d’Italia presso gli istituti di credito segnala un nuovo timido allentamento della stretta dell’offerta in Italia nel primo trimestre 2015. Ciò fa seguito al miglioramento registrato a fine 2014. Sia la posizione patrimoniale delle banche, sia la loro percezione del rischio su specifici settori e imprese sono ora giudicati fattori favorevoli all’erogazione di credito.
La domanda di credito da parte delle imprese, secondo i dati qualitativi, è rimasta stabile a inizio 2015, come già nel corso del 2014. In particolare, da due trimestri hanno smesso di ridursi le richieste per finanziare investimenti produttivi, mentre salgono quelle per finanziare le scorte e il capitale circolante.
Le indicazioni qualitative, quindi, sono di un miglioramento nel mercato del credito. Tuttavia, ciò non trova ancora riscontro nell’andamento effettivo dei prestiti alle imprese italiane, il cui stock si è ulteriormente ridotto a febbraio, dopo essere rimasto fermo a gennaio. Una ripartenza delle erogazioni si dovrebbe comunque materializzare più avanti, nel corso del 2015, anche grazie alla riduzione dei tassi a lunga favorita dal QE.
|
Il CSC stima un incremento della produzione industriale dello 0,1% in marzo su febbraio quando c’è stato un aumento dello 0,6% su gennaio, comunicato oggi dall’ISTAT.
Dal profilo mensile si evince che il punto di minimo della recessione è stato toccato lo scorso ottobre e che una lenta ripresa è iniziata già nel corso dell’autunno.
Nel primo trimestre del 2015 è stimata una variazione di +0,2% sul quarto 2014 (quando si è avuto un arretramento dello 0,1% sul precedente). Il secondo trimestre eredita dal primo un abbrivio positivo (+0,3%). Gli indicatori qualitativi anticipatori segnalano il proseguimento della tendenza di recupero: la componente ordini totali del PMI manifatturiero - in area di espansione per il secondo mese consecutivo - indica in marzo un marcato recupero, nettamente superiore rispetto a quello rilevato in febbraio (54,5, massimo da maggio scorso, da 51,2); quella relativa agli ordini esteri mostra un significativo progresso (indice a 56,7 da 55,2, massimo da 8 mesi).
|
Lo stock di prestiti erogati alle imprese italiane è diminuito di un ulteriore 0,6% a febbraio, dopo essere rimasto invariato a gennaio (dati destagionalizzati dal CSC). Non si è fermata, quindi, l’emorragia del credito: dal settembre 2011 la riduzione totale è del 13,5% (-124 miliardi di euro). Il pagamento di 36,5 miliardi di euro di debiti commerciali scaduti da parte della PA fino a gennaio spiega parte della riduzione dei prestiti (-0,2% al mese nel 2014 al netto di tale fattore, rispetto a -0,3%).
Prosegue, intanto, la discesa dei tassi di interesse fatti pagare alle imprese: 2,4% a febbraio sulle nuove operazioni, da 2,5% a gennaio (e da 3,6% nel settembre 2013). Le piccole imprese pagano ora il 3,3% (da 4,3%), quelle più grandi l’1,8% (da 3,0%). Ciò favorirà la risalita della domanda di prestiti da parte delle aziende.
|
Ho caricato nella cartella "Pubblicazioni esterne", un interessante NBER WP di quest'anno, suggeritomi da Mauro Sylos Labini.
L'articolo, analizzando l'andamento negli ultimi 30 anni dell'attività di ricerca delle grandi corporation americane (e in parte anche di quelle europee), evidenzia come negli anni sia diminuita l'attività di ricerca scientifica di base, ma non l'attività brevettuale. In parallelo, il valore attribuito dai mercati alla ricerca scientifica (in termini di prezzo delle azioni) è diminuito, mentre ciò non è accaduto per i brevetti detenuti dall'impresa.
L'evidenza quindi suggerisce che le grandi imprese hanno ridotto l'investimento nella "R" ma non nella "S": si sono sempre più focalizzate nell'incrementare le conoscenze proprietarie detenute e sempre meno nel crearne internamente di nuove.
Le possibili spiegazioni (che vengono testate empiricamente nell'articolo) citate sono, da un lato, l'accresciuta globalizzazione, che ha ridotto i margini di profitto e reso instabili e meno prevedibili i frutti delle scoperte scientifiche; dall'altro, la maggior focalizzazione delle imprese sul core business, che ha ridotto il vantaggio della cross fertilization della ricerca di base tra le diverse attività svolte dalle imprese.
Forti implicazioni di policy: se le grandi imprese smettono di fare ricerca, subappaltandola a centri di ricerca pubblici o alle piccole imprese innovative, e questi ultimi soggetti non sono equipaggiati delle risorse (finanziarie e non soo) necessarie per compensare gli sforzi innovativi prima svolti dalle corporation, il risultato è una diminuzione netta della capacità innovativa dei sistemi economici nel loro complesso.
|
In marzo il PMI composito per l’Italia (che sintetizza la dinamica nel manifatturiero e nel terziario) segnala un’accelerazione dell’attività rispetto a febbraio (52,4 da 51,0), al ritmo più alto da otto mesi, confermando un consolidamento dell’espansione rispetto a fine anno (51,5 nel primo trimestre, da 50,3 nel quarto 2014).
Al miglioramento del PMI manifatturiero (53,3 da 51,9) si è associato il ritorno in territorio espansivo dell’indice nel terziario (51,6 da 50,0), che, nella media del primo trimestre, indica una lieve accelerazione dell’attività rispetto al quarto 2014 (50,9 da 50,7). Tra le componenti, i nuovi affari segnalano l’aumento maggiore in otto mesi, dopo quattro mesi sotto la soglia neutrale di 50 (indice a 53,1, da 49,6); sono stati, inoltre, rilevati incrementi occupazionali per il secondo mese consecutivo, al ritmo più rapido da novembre 2010 (a 51,1, da 50,2).
Insieme al miglioramento della fiducia dei consumatori (l’indice è salito per il terzo mese consecutivo, di 3,2 su febbraio), tali indicazioni mostrano una dinamica positiva della domanda interna italiana.
La crescita dell’attività ha accelerato anche nell’Area euro, secondo il PMI composito, ai massimi da undici mesi (54,0 da 53,3). Il consolidamento dell’espansione nel terziario (indice a 54,2, da 53,7) e il maggiore ottimismo dei consumatori (+3,0 punti) segnalano un rafforzamento della domanda interna, che sosterrà la ripresa in tutta l’area.
|
A marzo l’indice ISM, basato su un’indagine presso i responsabili degli acquisti delle maggiori aziende americane, è sceso ai minimi da maggio 2013, pur restando sopra quota 50, la soglia che separa espansione da contrazione (a 51,5 da 52,9 in febbraio). In particolare, rallenta la componente dei nuovi ordini (51,8 da 52,5) e segnala variazione nulla quella dell’occupazione (50,0 da 51,4), entrambe ai minimi da 22 mesi.
Nel primo trimestre 2015 il settore manifatturiero ha risentito degli effetti negativi dell’apprezzamento del dollaro (+14,9% il cambio nominale effettivo dal terzo 2014) e del rallentamento delle economie emergenti. A conferma di ciò, molte grandi imprese multinazionali, tra cui IBM, Intel, Honeywell e Procter & Gamble, hanno dichiarato che l’attuale livello del dollaro penalizzerà i loro profitti all’estero nell’anno in corso.
Inoltre, alcuni degli intervistati hanno dichiarato che il settore, che rappresenta circa il 12% dell’economia americana, ha ancora risentito delle agitazioni sindacali, ora terminate, che hanno colpito i porti della West Coast.
|
In marzo ha accelerato l’espansione dell’attività manifatturiera in Italia, secondo l’indicatore PMI, ai massimi da undici mesi (a 53,3, +1,4 punti su febbraio). Nel primo trimestre, in media, il livello è di 51,7, da 48,8 nel quarto 2014.
Tutte le componenti hanno mostrato significativi progressi. L’indice della produzione è salito a 54,7 (+0,6 punti su febbraio), in area di espansione per il terzo mese consecutivo. I nuovi ordini segnano un robusto incremento (a 54,5 da 51,2), sostenuto da entrambe le componenti, con quella estera in accelerazione al ritmo più rapido da giugno scorso (+1,5 punti, a 56,7), grazie soprattutto all’euro meno forte. In netto miglioramento anche le valutazioni relative alla creazione di posti di lavoro, in crescita al tasso più elevato da febbraio 2011 (a 54,0). La svalutazione del cambio, inoltre, ha esercitato pressione sui prezzi di acquisto, con il relativo indice sopra la soglia neutrale di 50 per la prima volta in tre mesi (a 55,6), contrastando le forze deflazionistiche.
L’accelerazione dell’attività tracciata dal PMI manifatturiero e l’aumento della fiducia di imprese e famiglie confermano una svolta positiva del ciclo nel primo trimestre, con il dispiegarsi degli effetti delle potenti spinte esterne: euro più debole, tassi ridotti e caduta del prezzo del petrolio.
Spinte che agiscono in tutta l’Area euro, dove il PMI manifatturiero è rivisto al rialzo a 52,2 in marzo (rispetto a 51,9 della stima flash; 51,0 in febbraio). Il rafforzamento della domanda interna dell’area darà maggiore slancio alla ripresa.
|