Il CSC stima un incremento della produzione industriale dello 0,4% in febbraio su gennaio quando c’è stato un calo dello 0,7% su dicembre, comunicato oggi dall’ISTAT1.
Il dato negativo di gennaio è stato inferiore alle stime CSC e a quelle di consenso (che puntavano a +0,2%) e si è mosso in direzione opposta rispetto a quanto segnalavano gli indicatori qualitativi e quantitativi disponibili (fiducia ISTAT, PMI Markit, immatricolazioni di auto). Il calo viene dopo due incrementi consecutivi dell’attività (+0,3% in novembre e +0,4% in dicembre) e potrebbe essere riconducibile, in parte, a un problema statistico legato al calendario: nella prima settimana di gennaio, infatti, erano possibili due ponti (venerdì 2 e lunedì 5) e i dati sui consumi elettrici dicono chiaramente che l’attività produttiva ne è stata negativamente influenzata. Un giorno di lavoro in meno nel mese comporta circa 3 punti percentuali di differenza sulla variazione rispetto a un anno prima; ma i programmi statistici di destagionalizzazione correggono solo per il numero di giornate lavorative del calendario ufficiale e non per i giorni effettivamente lavorati.
L’intonazione del trimestre rimane comunque positiva. In febbraio è possibile un rimbalzo dell’attività anche più forte di quello stimato. Nello stesso mese il PMI manifatturiero è salito di due punti, a 51,9 (massimo da luglio 2014), ben al di sopra delle attese che puntavano a 50,2. Tutte le componenti hanno mostrato significativi progressi: quella della produzione, in particolare, è aumentata di 2,9 punti (a 54,1, massimo da otto mesi); per la prima volta da ottobre scorso i nuovi ordini segnalano un incremento (51,2 da 47,8), che è stato sostenuto anche dalla domanda interna, sebbene quella estera sia in forte accelerazione rispetto al mese precedente (+2,3 punti, a 55,2).
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I prestiti alle imprese italiane sono rimasti invariati a gennaio, interrompendo la forte caduta registrata sul finire del 2014 (-0,8% a dicembre e -0,4% al mese in ottobre-novembre). L’offerta di credito bancario resta molto stretta, nonostante l’allentamento nel 4° trimestre dello scorso anno (Bank Lending Survey di Banca d’Italia).
Al netto del rimborso di debiti bancari effettuato dalle imprese grazie ai pagamenti PA di crediti commerciali scaduti (36,5 miliardi fino a gennaio), i prestiti risultano saliti marginalmente a inizio 2015 (+0,05%) e caduti meno nel 2014 (-0,2% in media al mese, contro -0,3%).
Il costo del credito per le imprese continua a scendere lentamente in Italia: 2,5% a gennaio sulle nuove erogazioni, da 2,6% a dicembre (era al 3,6% nel settembre 2013). Il calo proseguirà, sulla scia della riduzione dei tassi a lungo termine (il BTP decennale è all’1,28% a marzo, da 1,89% a inizio gennaio). Il minore costo contribuirà alla risalita della domanda di credito.
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Continua a salire, e a ritmi più elevati delle attese, l’occupazione negli USA, dove a febbraio sono stati creati 295mila nuovi posti di lavoro nel settore non agricolo. Si tratta del dodicesimo mese consecutivo di aumenti occupazionali al di sopra delle 200mila unità, il periodo più lungo dal 1994. Scende ai minimi da maggio 2008 il tasso di disoccupazione (a 5,5% da 5,7%).
Sono, in particolare, aumentati gli occupati nei servizi privati (+259mila), in linea con le indicazioni provenienti dal relativo indice ISM, che segnala un’ulteriore, seppur leggera, accelerazione dell’attività nel settore, già in forte espansione (a 56,9, da 56,7 di gennaio). Pressoché invariata è rimasta, invece, l’occupazione nel manifatturiero (+8mila nuovi posti), dove l’indice ISM (passato da 57,9 di ottobre 2014 all’attuale 52,9) ha rilevato un progressivo rallentamento della crescita dell’attività negli ultimi mesi.
Il moderato aumento delle retribuzioni (+0,1% i guadagni orari) indica che la saturazione del mercato del lavoro è ancora lontana. E ciò, anche per la bassa inflazione, non metterà alcuna pressione sulla FED per un rapido aumento dei tassi.
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A gennaio, in Germania, gli ordini all’industria si sono ridotti del 3,9% rispetto a dicembre, un calo più forte delle attese e il più pesante da agosto 2014, quando si era nel pieno della crisi ucraina. La caduta ha interessato sia il mercato interno (-2,5%) sia, specialmente, quello estero (-4,8%), con il crollo, in particolare, degli ordini provenienti dai paesi partner dell’Eurozona (-9,0%).
Il dato negativo sugli ordini di gennaio sconta, almeno parzialmente, il balzo da essi registrato a dicembre (+4,4%) ed è in contrasto con l’andamento di altri indicatori più recenti, dai quali scaturisce, invece, un quadro complessivamente positivo dell’economia tedesca. A febbraio, l’indice PMI composito è aumentato di 0,4 punti rispetto a gennaio, segnalando un’accelerazione dell’attività sia nel manifatturiero (51,1 da 50,9) sia, specialmente, nei servizi dove l’espansione prosegue ai ritmi più rapidi degli ultimi 5 mesi (54,9 da 50,0).
A gennaio è ulteriormente aumentata l’occupazione (+41mila unità rispetto a dicembre, +412mila rispetto a gennaio 2014) ed è di nuovo sceso il numero dei disoccupati; il tasso di disoccupazione, fermo al 6,5%, è ai minimi dal 1991 e il più basso dell’Eurozona. Ciò, insieme a sostanziosi aumenti retributivi e al calo del prezzo della benzina, continuerà a sostenere la fiducia e i consumi. Come, peraltro, confermato dall’aumento a gennaio, per il quarto mese consecutivo, delle vendite al dettaglio (+2,9% rispetto a dicembre, +5,3% annuo).
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Nella riunione di oggi del Consiglio Direttivo, la BCE ha confermato l’imminente inizio dei suoi acquisti sul mercato secondario di titoli di stato emessi dai paesi dell’Eurozona: da lunedì 9 marzo. Come già stabilito a fine gennaio, si tratterà di 60 miliardi di euro al mese, compresi gli acquisti già in corso di titoli privati (ABS e covered bond). La BCE effettuerà tali acquisti di titoli almeno fino a settembre 2016, ma anche oltre se nel frattempo l’inflazione non avrà dato segnali di stare tornando vicina al +2,0% annuo. La dimensione del programma calcolata in 1.140 miliardi di euro in 19 mesi va perciò interpretata come la sua ampiezza minima.
Il Presidente BCE Mario Draghi ha sottolineato che sui mercati si sono già registrati vari effetti positivi di questo programma espansivo e delle misure precedenti. In particolare, l’allentamento delle condizioni finanziarie, tramite un cambio meno forte e minori tassi a lungo termine. Questi sviluppi si sono trasmessi al costo del credito, sceso in misura marcata negli ultimi mesi in molti paesi dell’Eurozona, compresa l’Italia. Dove, però, non si è ancora arrestata la riduzione dei prestiti alle imprese.
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Il Pil italiano si è stabilizzato nel quarto trimestre 2014, dopo un modesto arretramento nel terzo (-0,1%). Sulla base dei nuovi profili non si ha un incremento dal terzo trimestre 2013 e la distanza rispetto al picco pre-crisi (1° trimestre 2008) è del 9,6%.
Dal lato della domanda vi sono alcune indicazioni positive. Gli investimenti fissi lordi sono aumentati dello 0,2%, dopo cinque trimestri consecutivi in calo. Tra le componenti, il sostegno principale è venuto dagli investimenti in mezzi di trasporto (+7,7%, ma sono molto oscillanti); è tornata positiva - per la prima volta dall’estate del 2013 - la variazione della spesa in macchinari (+0,2%) mentre quella in costruzioni ha registrato il 19° arretramento trimestrale consecutivo (-0,6%, il meno marcato dell’ultimo anno). I consumi delle famiglie sono avanzati, in misura marginale, per il 6° trimestre di fila (+0,1% congiunturale, +0,8% cumulato). Per quanto riguarda, invece, gli scambi con l’estero, è risultata in significativa accelerazione la crescita delle esportazioni (+1,6% da +0,4% nel terzo), mentre ha rallentato il recupero delle importazioni (+0,3% dal +0,7%).
La variazione delle scorte ha sottratto ben 0,6 punti alla crescita del PIL nel 4° trimestre, annullando interamente il supporto della domanda finale interna (+0,2 punti) e della domanda estera netta (+0,4). Un contributo negativo delle scorte, meno ampio, si era avuto anche nei due precedenti trimestri. È probabile all’inizio del 2015 un’inversione della dinamica del ciclo delle scorte - coerente con il riavvio della ripresa - che darà sostegno alla ripartenza del PIL. L’ulteriore aumento della domanda - sia interna sia estera - evidente nei dati dei primi mesi dell’anno, e l’allentamento della morsa del credito (fattore che ha contribuito a frenare il finanziamento del magazzino da parte delle imprese) favoriranno tale inversione.
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La Cina ha fissato per il 2015 l'obiettivo di crescita economica intorno al 7%, il più basso dal 1999 (l’anno scorso era al 7,5% e il PIL è cresciuto del 7,4%). Alla riunione annuale del parlamento cinese il premier Li Keqiang ha detto che la politica fiscale rimarrà proattiva, la politica monetaria prudente e il tasso di cambio sarà mantenuto a un livello ragionevole ed equilibrato.
Il governo si impegna a mettere in campo misure che supportino la crescita nel lungo termine, riformando il sistema di bilancio delle amministrazioni locali, incentivando i consumi privati e rafforzando la sicurezza sociale, e a continuare la lotta contro gli effetti collaterali dell'espansione travolgente del paese che negli ultimi anni ha stimolato la corruzione, alimentato il debito di amministrazioni pubbliche e grandi imprese statali e danneggiato l'ambiente. I fattori contrari allo sviluppo nel breve periodo sono indicati nella forte frenata del settore immobiliare, nella capacità industriale in eccesso e non ultimo nel marcato rallentamento dei prezzi, che ha indotto la Banca popolare cinese al secondo taglio del tasso di interesse ufficiale in tre mesi nello scorso fine settimana (meno 25 punti base, a 5,35%).
Con l'obiettivo di circa il 7%, che è coerente con le previsioni per un’espansione del 6,8% secondo il Fondo monetario internazionale e del 7,1% secondo la Banca mondiale, la Cina è tra i paesi del G-20 il secondo con la crescita più rapida del PIL dopo l’India (prevista crescere all’8% nel 2015) e soprattutto quello che fornisce il più elevato contributo alla crescita del PIL mondiale (30% nel 2015 secondo le stime dell'FMI).
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La Banca centrale indiana ha abbassato, a sorpresa, per la seconda volta dall’inizio dell’anno il tasso ufficiale di riferimento, che è sceso con effetto immediato di 25 punti base al 7,5%. Dal comunicato ufficiale emerge come il persistente sottoutilizzo della capacità produttiva e gli ancora deboli indicatori relativi a produzione e domanda di credito hanno convinto l’autorità monetaria ad anticipare le proprie mosse e utilizzare i margini di manovra offerti dai dati sull’inflazione.
La dinamica dei prezzi al consumo è scesa dai livelli a due cifre di fine 2013 al 5,1% annuo in gennaio a un ritmo più veloce di quanto atteso, grazie al calo del prezzo dei beni petroliferi e all’effetto sui prezzi all’import del recente apprezzamento della rupia. Da marzo l’obiettivo primario è solo la stabilità dei prezzi, essendo il target d’inflazione stato fissato al 4% con una banda di oscillazione di due punti (quindi tra il 2% e il 6%).
La Banca centrale ha anche giudicato positivamente il potenziamento, previsto nel budget di bilancio 2015/16 approvato dal Governo, della carente rete logistica e infrastrutturale, che aiuterà a contenere i costi di trasporto, e quindi anche i prezzi alimentari. La spesa in opere pubblica passerà dall’11% al 14% della spesa complessiva e aumenterà del 25% rispetto al bilancio precedente. Altre riforme a favore della crescita, come il taglio dell’imposta sugli utili d’impresa dal 30% al 25% in quattro anni, sono state giudicate positive e compatibili con un equilibrato piano di consolidamento del bilancio pubblico.
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In febbraio il PMI composito per l’Italia (che sintetizza la dinamica nel manifatturiero e nel terziario) segnala una lieve decelerazione dell’attività rispetto a gennaio (51,0 da 51,2), ma rimane in territorio espansivo e indica un’accelerazione rispetto a fine anno (51,1 nel bimestre da 50,3 nel quarto trimestre 2014).
Al miglioramento del PMI manifatturiero (51,9 da 49,9) si è associato un calo dell’indice nel terziario, che segnala una sostanziale stagnazione dell'attività dopo il marginale incremento rilevato in gennaio: a 50,0 da 51,2, al di sotto delle attese che puntavano a 51,8; nella media dei primi due mesi il livello è comunque in linea con quello del quarto 2014 (50,6 da 50,7). Tra le componenti, i nuovi affari segnalano un lieve arretramento, meno forte di quello registrato in gennaio; sono stati, invece, rilevati incrementi occupazionali per la prima volta da maggio 2011 (il relativo indice è a 50,2 da 47,4). Tali indicazioni mostrano nel complesso una debolezza della domanda interna.
Tuttavia, valutazioni più positive vengono dal forte miglioramento della fiducia dei consumatori in febbraio (l’indice è salito di 6,5 punti in un mese, fonte ISTAT) e dalle immatricolazioni di auto che sono aumentate dell’1,4% su gennaio, quando erano avanzate del 9,9% su dicembre (+7,0% nel bimestre sul quarto 2014). Ciò suggerisce il proseguimento di una dinamica favorevole della spesa delle famiglie anche nel trimestre in corso.
Il CSC
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Il fabbisogno delle amministrazioni pubbliche nel 2014 è stato pari a 65,8 miliardi, 11,2 miliardi in meno di quello registrato nel 2013. Tenendo conto delle dismissioni mobiliari effettuate (che riducono il fabbisogno) dei prestiti ai paesi membri dell'Unione monetaria, dei contributi ai fondi salva stati (EFSF e ESM; che aumentano il fabbisogno), del pagamento dei debiti alle imprese (che accrescono il fabbisogno) e delle altre operazioni straordinarie, il fabbisogno risulta sensibilmente maggiore dell'anno precedente per circa 8 miliardi.
Fabbisogno delle amministrazioni pubbliche
(Periodo gennaio-dicembre; milioni di euro) |
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2013 |
2014 |
Fabbisogno PA |
77.038 |
65.815 |
(+) Dismissioni |
1.877 |
3.328 |
(-) Prestiti a EFSF e paesi membri |
7.224 |
1.842 |
(-) Contributi a ESM |
5.732 |
2.866 |
(-) Pagamenti debiti alle imprese |
17.800 |
14.700 |
(+) Altre operazioni straordinarie |
-3.600 |
3.000 |
Fabbisogno al netto delle operazioni straordinarie |
44.559 |
52.735 |
Fonte: elaborazioni CSC su dati Banca d'Italia. |
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Le entrate tributarie nei primi 11 mesi del 2014 sono aumentate, nel complesso, di 2,5 miliardi di euro (+0,7%) rispetto allo stesso periodo del 2013. Buona parte dell'aumento è concentrato sulle entrate degli enti territoriali (+5,3% rispetto al 2013 pari a 2,3 miliardi in più) e in particolare sull'IMU comunale. In diminuzione il gettito IRAP (-1,7 miliardi), IRES (-2,6 miliardi) e IRPEF (-1,7 miliardi). In aumento il gettito delle imposte indirette e in particolare dell'IVA (+1,7 miliardi). In riduzione le poste correttive.
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Add. Regionale |
9.761 |
10.058 |
297 |
3 |
Add. Comunale |
3.567 |
3.814 |
247 |
6,9 |
IRAP |
22.180 |
20.465 |
-1.715 |
-7,7 |
IMU comuni |
7.712 |
8.765 |
1.053 |
13,7 |
Ruoli (incassi) |
6.431 |
7.423 |
992 |
15,4 |
Poste correttive |
-27.639 |
-27.219 |
420 |
1,5 |
Totale |
377.498 |
379.960 |
2.462 |
0,7 |
Fonte: elaborazioni CSC su dati Ministero Economia e Finanze. |