Le persone occupate in Italia sono cresciute di 93mila unità in dicembre (+0,4% su novembre), un risultato doppiamente positivo. Ci si attendeva infatti un calo, data l’opportunità per le imprese di rinviare le assunzioni al 2015 alla luce degli sgravi contributivi in vigore da gennaio. Questi ultimi, insieme ai cambiamenti normativi in atto, sosterranno quest’anno le assunzioni a tempo indeterminato.
L’aumento dell’occupazione in dicembre neutralizza i cali registrati nei due mesi precedenti, determinando nella media trimestrale una sostanziale tenuta rispetto all’estate (-0,1%). Il quadro di stabilizzazione dell’occupazione delineatosi da inizio 2014 risulta quindi confermato, in linea con un’economia italiana pronta a ripartire.
Il tasso di disoccupazione è sceso di 0,4 punti in dicembre, da 13,3% a 12,9%. Il calo mensile è quasi interamente dovuto alla crescita dell’occupazione. Nella media trimestrale, il 2014 si chiude con un tasso di disoccupazione di 0,8 punti più elevato rispetto a un anno prima (13,2% da 12,4%), un aumento principalmente dovuto a una forza lavoro in espansione (+1,0% da fine 2013), segno di diffusione di una percezione di maggiore probabilità e della necessità di trovare un lavoro.
Scende di poco il tasso di disoccupazione nella media dell’Eurozona (11,4% in dicembre da 11,5%), elevatissimo in Spagna (23,7%), seppur in lenta riduzione dal picco di febbraio 2013 (26,3%); alto e fermo in Francia (10,3%), ai minimi in Germania (4,8%).
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Continua a ritmi sostenuti l’espansione dell’economia USA. Nel quarto trimestre 2014, il PIL è aumentato del 2,6% annualizzato rispetto al terzo, sostanzialmente in linea con il +2,5% atteso da gran parte degli operatori che si aspettavano un marcato rallentamento nel ritmo di crescita dopo l’eccezionale +5% del trimestre precedente. Il risultato porta a +2,5% la variazione media annua del PIL nel 2014.
Accelerano fortemente i consumi (+4,3%, l’aumento più elevato dal primo trimestre 2006), sostenuti dalla riduzione dei prezzi della benzina (-35% da luglio a dicembre 2014) e dall’aumento dell’occupazione (+289mila nuovi posti di lavoro in media nel settore non agricolo negli ultimi tre mesi dell’anno). Rallentano visibilmente gli investimenti in macchinari (-1,9%, ma dopo aumenti di oltre l’11% nei due trimestri precedenti), tengono i residenziali (+4,1%).
L’apprezzamento del dollaro rende più convenienti le importazioni (+8,9%) e più costose le esportazioni (+2,8%), queste ultime penalizzate anche dalla debolezza delle economie emergenti e dell’Eurozona. Torna così negativo il contributo alla crescita del settore estero (-1,0%).
Restano rosee le prospettive di crescita ad inizio 2015: l’ulteriore calo del prezzo della benzina (di circa il 15% nell’ultimo mese) contribuisce a rafforzare la fiducia dei consumatori, balzata, secondo il Conference Board, di altri 9,8 punti a gennaio. Ciò indurrà le famiglie a minore parsimonia e a ridurre ulteriormente la percentuale di reddito risparmiata, già leggermente scesa a 4,6% nel quarto trimestre dal 4,7% del terzo.
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La Banca centrale russa ha tagliato a sorpresa il tasso ufficiale di 200 punti base, al 15%, provocando l’immediato deprezzamento del rublo scambiato in mattinata a 72 contro il dollaro (69 la chiusura di ieri) e a 82 contro l’euro (78 ieri). Nel 2014 la Banca centrale ha aumentato il tasso per ben sei volte nel 2014, dal 5,5% al 17%, per contenere la fuga di capitali, che è iniziata per le sanzioni occidentali in seguito alla crisi in Ucraina e ha subito una drammatica accelerazione in dicembre con il crollo del prezzo del petrolio.
Nel comunicato ufficiale l’autorità monetaria russa conferma che l’economia affronterà un prolungato periodo di difficoltà (il CSC stima un PIL a -5,0% nel 2015) per le conseguenze della caduta dei prezzi petroliferi e della crisi in Ucraina, che peraltro proprio in questi giorni sembra essersi di nuovo aggravata. All’inizio di questa settimana la Russia ha perso lo status di “investment grade”; Standard & Poor's è stata la prima tra le grandi agenzie di rating ad abbassare la valutazione del debito sovrano russo al livello “junk”, spazzatura, gradino al di sotto del quale gli investimenti in un paese vengono considerati speculativi. Nelle scorse settimane sia Fitch sia Moody's avevano portato il rating della Russia all'ultimo livello “investment grade”.
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Secondo gli ultimi dati diffusi dall'ISTAT, nel 2014 le retribuzioni contrattuali per dipendente nell'intera economia italiana sono cresciute dell'1,2% in termini nominali (dopo il +1,4% nel 2013) e dello 0,9% in termini reali (+0,2% l'anno prima).
Sulla dinamica complessiva delle retribuzioni contrattuali ha continuato a pesare il blocco delle procedure negoziali nel settore pubblico, circa un quarto del monte retributivo totale. Il congelamento delle retribuzioni pubbliche, inizialmente introdotto per il triennio 2010-2012, è stato via via prorogato, da ultimo dalla Legge di Stabilità 2015, al 31 dicembre di quest'anno.
L'attività contrattuale è stata, invece, intensa nell'industria, dove è attualmente coperto da contratti in vigore circa il 97,2% del monte retributivo. Nel 2014 nell'industria escluse le costruzioni le retribuzioni contrattuali sono cresciute del 2,4% in termini nominali (+2,0% nel 2013) e del 2,2% in termini reali (+0,8%).
Nei servizi privati, dove la copertura degli accordi vigenti è attualmente solo del 18,1%, la crescita delle retribuzioni contrattuali nominali si è fermata nel 2014 all'1,1%, dal 2,0% del 2013. Stabile la dinamica di quelle reali (+0,7% nel 2013 e +0,8% nel 2014), grazie alla frenata dell'inflazione.
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Il CSC rileva una variazione della produzione industriale di +0,3% in gennaio su dicembre, quando è stato stimato un aumento dello 0,1% su novembre.
Nel quarto trimestre del 2014 l’attività industriale registra un calo dello 0,3% congiunturale, dopo il -1,0% nel terzo trimestre. Il primo trimestre 2015 ha una variazione acquisita di +0,5%.
La produzione, al netto del diverso numero di giornate lavorative, è diminuita in gennaio dello 0,3% rispetto a gennaio del 2014; in dicembre si era avuto un calo dello 0,5% sullo stesso mese dell’anno scorso.
Gli ordini in volume hanno registrato in gennaio una crescita dello 0,4% sul mese precedente (-1,2% su gennaio 2014). In dicembre erano aumentati dello 0,3% su novembre (-0,6% sui dodici mesi).
Gli indicatori qualitativi relativi al manifatturiero (indagine ISTAT sulla fiducia) segnalano il proseguimento di una tendenza favorevole, seppure ancora debole: in gennaio il saldo dei giudizi sui livelli di produzione è avanzato (-20 da -22), dopo il temporaneo arretramento di dicembre; quello sugli ordini totali è rimasto invariato; stabili attese a tre mesi sugli ordini (che erano in risalita da ottobre), mentre quelle sulla produzione sono in marginale arretramento. Sempre in gennaio, il forte miglioramento della fiducia dei consumatori - in particolare grazie a valutazioni più favorevoli sui bilanci familiari, sull’opportunità all’acquisto di beni durevoli e sulle condizioni economiche future - suggerisce che nei prossimi mesi la domanda interna potrebbe dare un contributo significativo al recupero ulteriore dell’attività.
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La stima preliminare del PIL britannico per il 4° trimestre 2014 indica che l’economia del Regno Unito è cresciuta dello 0,5% congiunturale, rallentando rispetto al +0,7% nel 3°; la variazione su base annua è stata del +2,7% per gli ultimi tre mesi dell’anno e del +2,6% nell’intero 2014, segnando il risultato annuo migliore dal 2007. Alla fine del 4° trimestre 2014 il PIL si trova a un livello del 3,4% superiore rispetto al picco pre-crisi del 1° trimestre 2008.
La produzione è aumentata in due dei quattro i principali comparti dell’economia nel 4° trimestre sul 3°: +0,8% i servizi, che ha fornito come sempre il maggiore contribuito alla crescita (0,6 punti percentuali) e +1,3% l’agricoltura; al contrario l’output si è ridotto dell’1,8% nelle costruzioni e dello 0,1% nell’industria.
Il Regno Unito è stato il paese avanzato con la crescita più elevata nel 2014 e sta sperimentando una disoccupazione ai minimi dal 2009 (5,8% nei tre mesi fino a novembre) e un rallentamento dell’inflazione (+0,5% l’indice generale dei prezzi in dicembre, minimo da maggio 2000) che, essendo causato essenzialmente dalla frenata dei prezzi energetici (+1,3% l’indice core al netto del’energia e dei prodotti alimentari), non preoccupa le autorità britanniche. Il Cancelliere dello Scacchiere Osborne ha parlato di joyflation (gioiosa deflazione), qualcosa di ben diverso dalla minaccia incombente sull'Eurozona a cui la BCE sta cercando di porre rimedio. La dinamica dei prezzi e il marginale rallentamento del PIL hanno come conseguenza immediata l'ulteriore slittamento del primo rialzo del tasso ufficiale da parte della Banca d’Inghilterra, atteso a questo punto tra la fine del 2015 e il primo trimestre 2016.
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In novembre il commercio mondiale è diminuito dell’1,0% su ottobre (da +0,1%) a causa della forte riduzione degli scambi internazionali dei paesi emergenti (-2,0%) e della stazionarietà di quelli dei paesi avanzati.
L’accelerazione registrata nel terzo trimestre 2014 (+2,0% sul secondo, da +0,8%) si dimostra, come previsto, non sostenibile anche nel quarto: nel bimestre ottobre-novembre il commercio mondiale ha realizzato una crescita dello 0,7% rispetto al terzo. Nelle previsioni del CSC è incorporato un incremento dell’1,3%.
Nella media del 2014 il commercio mondiale sta tornando a crescere a ritmi prossimi a quelli del Pil mondiale e superiori al 3,0% (dal +2,6% nel 2013). Per il 2015 il CSC prevede un'accelerazione al 4,4%.
Le prospettive per i primi mesi del 2015 sono meno positive; la componente ordini esteri del PMI globale sebbene, nel quarto trimestre, resti sempre in territorio positivo (+50,7) è in calo rispetto al terzo trimestre (+52,0).
Questa frenata può essere riconducibile anche alla diversa tempistica con cui si dispiegheranno le ricadute del crollo del prezzo del petrolio, che saranno rapide e intense nei paesi esportatori di oil e più lente quelle degli importatori, nei quali l'oro nero ha un'incidenza sull'economia molto più ridotta.
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In dicembre l’export italiano extra-UE in valore è aumentato del 3,2% rispetto a novembre; tutti i raggruppamenti di beni sono risultati in crescita; particolarmente forte l’incremento delle vendite di prodotti intermedi (+5,1%). In riduzione, invece, le importazioni dall’extra-UE (-3,7%), contrazione fortemente influenzata dal crollo degli acquisti energetici (-10,3%; -1,1% l’import al netto dell’energia).
Acquisisce forza sulla dinamica dell’export l’aumento di competitività dovuto alla svalutazione dell’euro, iniziata in aprile e tuttora in corso: nel quarto trimestre la crescita delle vendite extra-UE ha accelerato (+1,8% sul terzo trimestre, da +0,8%).
I mercati di destinazione più dinamici sono stati i paesi del Sud-est asiatico e gli Stati Uniti. La robusta crescita della domanda interna statunitense e il forte deprezzamento dell’euro sul dollaro (-16,7% da maggio) continueranno a sostenere l’export italiano.
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Continua, e a ritmi più rapidi del previsto, per il diciannovesimo mese consecutivo, l’espansione dell’economia dell’Eurozona. A gennaio, l’indice PMI composito, di manifatturiero e servizi, è salito di 0,8 punti, a 52,2, il livello più elevato degli ultimi cinque mesi. L’attività accelera sia nel manifatturiero (51,0 da 50,6) sia nei servizi (52,3 da 51,6) e si riflette anche sull’occupazione, che registra l’espansione mensile più rilevante dallo scorso luglio.
Forti restano, tuttavia, le divergenze tra i vari paesi: accelera la Germania (52,6 da 52,0); si accentua la contrazione della Francia (49,5 da 49,7), dove, però, si attenua la caduta nel manifatturiero (49,3 da 45,6). Il fatto che la dinamica in entrambi i due principali paesi dell'Eurozona è peggiore della media implica che il resto, e probabilmente anche l'Italia, sia andato meglio.
Calano fortemente sia i prezzi di acquisto, per il crollo dei prezzi energetici, riducendo significativamente i costi per le imprese, sia i prezzi di vendita, per una domanda ancora debole che spinge a trasferire rapidamente sui listini la diminuzione dei costi.
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Nel quarto trimestre 2014 le banche hanno allentato i criteri per l’offerta di credito alle imprese italiane, secondo l’indagine Banca d’Italia. Le condizioni patrimoniali e di liquidità degli istituti sono giudicati ora fattori favorevoli, come le prospettive per specifici settori dell’economia; pesano ancora, invece, i rischi sulle garanzie, legati al deterioramento della qualità del credito. L’allentamento ha preso soprattutto la forma di una riduzione dei margini di interesse, ma anche di maggiore disponibilità sui volumi e meno rigidità sulle scadenze. Nel terzo trimestre, i criteri d’offerta erano rimasti invariati.
La domanda di credito delle imprese è rimasta ferma nel quarto trimestre. In particolare, non si sono più ridotte le richieste per finanziare investimenti fissi e sono salite, sebbene di poco, quelle per scorte e capitale circolante. La domanda complessiva si era ridotta marginalmente nel terzo trimestre ed era rimasta ferma nella prima metà del 2014.
Nel complesso, i dati qualitativi di Banca d’Italia segnalano che ci sono le condizioni per una inversione di rotta nel credito alle imprese. Che, però, non si è ancora materializzata: le erogazioni effettive a ottobre e novembre hanno continuato a diminuire. Stanno scendendo, invece, i tassi di interesse pagati dalle aziende.
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