Nel 2013 i flussi di IDE (1,45 trilioni di dollari) nel mondo sono tornati ai livelli pre-crisi (1,49 trilioni di dollari nel periodo 2005-2007). E’ il secondo anno consecutivo che i paesi in via di sviluppo (0,8 trilioni di dollari nel 2013) ricevono più capitali esteri dei paesi sviluppati (0,6 trilioni di dollari). I flussi di IDE nel mondo sono ancora sotto il massimo storico raggiunto nel 2007 (2,0 trilioni di dollari) ma stanno riducendo la distanza e l’UNCTAD stima che dal 2014 al 2016 i flussi continueranno a crescere a un ritmo di 1,73 trilioni di dollari annui. Nei prossimi due anni l’UNCTAD prevede un maggiore afflusso di capitali esteri nei paesi sviluppati, in seguito alla ripartenza delle principali economie, rispetto a quello previsto nei paesi in via di sviluppo a causa della fragilità di alcune economie e dei maggiori rischi politici in alcune regioni.
Nel 2013 il 52% del flusso di IDE mondiale è andato ai paesi in via di sviluppo. L’area più attrattiva resta l’Asia (con una quota mondiale del 29%), superando anche il flusso ricevuto dall’Unione Europea (tradizionalmente l’area con la più alta quota mondiale). Il 39% è andato ai paesi sviluppati e il restante 9% alle economie in transizione.
Il 39% dei flussi di capitali esteri nel mondo nel 2013 è venuto dai paesi emergenti (paesi in via di sviluppo e economie in transizioni) il restante 61% dai paesi sviluppati. Nel 1999 la quota dei paesi emergenti, come investitori internazionali, era appena pari al 12%. Più dei 2/3 delle acquisizioni da parte dei paesi emergenti ha riguardato imprese localizzate negli altri paesi emergenti (IDE da sud a sud del mondo). La metà di queste imprese acquisite era costituita da affiliate di imprese multinazionali di proprietà dei paesi sviluppati.
|
Il 2017 si candida ad essere l'anno spartiacque, quello della svolta globale, il primo dal 2011 in cui le previsioni potrebbero essere non solo confermate ma addirittura ritoccate all’insù. Lo slancio trae forza dalla sua coralità: vi contribuiscono, come non accadeva da anni, sia i paesi avanzati sia gli emergenti.
L’industria manifatturiera, la cui produzione è osservata un po’ ovunque in rapido aumento, è il volano; il commercio estero, che è tornato a espandersi con vigore, è la cinghia di trasmissione. Il legame forte tra il primo e il secondo sono gli investimenti.
Nell'Eurozona gli investimenti sono attesi in aumento sulla base dell’indicatore anticipatore CSC (al top da 8 anni e mezzo). Il grado di utilizzo degli impianti ha toccato l’83% nel trimestre in corso, il massimo storico.
In Italia prosegue la corsa dell'export e volano gli investimenti grazie alle misure incentivanti. Nel 2016 sono cresciuti del 7,6% gli investimenti in macchinari e mezzi di trasporto e a inizio 2017 si registrano ulteriori progressi. Ma la crescita resta ancora troppo lenta e il credito insufficiente. Su questo quadro sostanzialmente positivo e che fa ben sperare pesa però l'ombra lunga del rischio protezionismo.
Per maggiori dettagli vedi qui.
|
In dicembre l’export italiano extra-UE in valore è aumentato del 3,2% rispetto a novembre; tutti i raggruppamenti di beni sono risultati in crescita; particolarmente forte l’incremento delle vendite di prodotti intermedi (+5,1%). In riduzione, invece, le importazioni dall’extra-UE (-3,7%), contrazione fortemente influenzata dal crollo degli acquisti energetici (-10,3%; -1,1% l’import al netto dell’energia).
Acquisisce forza sulla dinamica dell’export l’aumento di competitività dovuto alla svalutazione dell’euro, iniziata in aprile e tuttora in corso: nel quarto trimestre la crescita delle vendite extra-UE ha accelerato (+1,8% sul terzo trimestre, da +0,8%).
I mercati di destinazione più dinamici sono stati i paesi del Sud-est asiatico e gli Stati Uniti. La robusta crescita della domanda interna statunitense e il forte deprezzamento dell’euro sul dollaro (-16,7% da maggio) continueranno a sostenere l’export italiano.
|
L'indice ZEW che misura il sentimento economico di investitori e analisti tedeschi è aumentato per la seconda volta consecutiva in dicembre (a 16,1 punti, da 10,4 in novembre), al di sopra delle attese del mercato (15). I dati confermano le indicazioni fornite in novembre sia dall’indice IFO sulla fiducia delle imprese, aumentato sensibilmente rispetto a ottobre (a 109 da 108,2), sia dagli indici di attività PMI, in crescita di 0,8 punti nel manifatturiero (a 52,9) e di 1,1 punti nei servizi (a 55,6).
Il miglioramento delle prospettive economiche in Germania acquista particolare rilevanza se si considera l’attuale contesto economico e sociale del paese. Il maggiore ottimismo indica, infatti, che gli investitori hanno fiducia nella capacità dell’economia di superare le difficoltà legate al rallentamento delle economie emergenti, che si riflette marcatamente sulle esportazioni e frena l’espansione industriale, e alle forti tensioni sociali e politiche dovute all’afflusso dei rifugiati.
Migliorano tra gli operatori anche i giudizi sull’economia dell’Eurozona per quel che riguarda sia la situazione corrente (da -10 a -9,6) sia, in particolare, quella futura (da 28,3 a 33,9).
|
In gennaio l’export italiano extra-UE in valore è diminuito del 2,4% rispetto a dicembre, correggendo parzialmente il precedente aumento (+3,2%). Il calo si riduce al netto della componente energetica: -1,6% (da +3,0%).
Ancora in aumento le vendite di beni intermedi (+0,4%, da +5,1%), mentre vira in negativo la dinamica di quelle di beni di consumo (-1,9%, da +2,7%) e di investimento (-2,7%, da +1,9%).
Prosegue il calo delle importazioni extra-UE (-0,4%, da -3,7%), determinato interamente dalla caduta degli acquisti di energia: al netto di questi, l’import è aumentato dell’1,6% (da -1,1%). Gli acquisti di beni intermedi costituiscono la componente più dinamica (+5,5%, da -1,0%).
Pesa in negativo il crollo degli scambi con la Russia: -36,7% tendenziale le esportazioni e -40,2% le importazioni. In positivo, invece, la corsa di quelli con gli Stati Uniti: +24,4% le vendite e +15,6% gli acquisti. La robusta domanda USA e l’euro meno forte continueranno a sostenere l’export italiano.
|
In gennaio le esportazioni italiane sono diminuite dell’1,8% a prezzi costanti rispetto a dicembre, a causa del forte calo delle vendite nei paesi extra-Ue (-5,9%), parzialmente compensato dalla crescita di quelle verso i paesi Ue (+1,3%). In riduzione tutti i raggruppamenti di beni, con quello energetico che ha subito la contrazione più forte (-14,2%); al netto dell’energia le vendite all’estero italiane diminuiscono dell’1,4%. È molto debole la domanda di beni italiani dei paesi produttori di petrolio (Russia, Mercosur e OPEC), per il crollo delle quotazioni oil, di quelli asiatici e in particolare della Cina; paesi che rappresentano circa il 15% delle esportazioni italiane.
Le importazioni invece sono aumentate dell’1,1% a gennaio, grazie all’aumento degli acquisti dall’estero dei beni di consumo, intermedi e strumentali. Al netto della componente energetica (-8,2%), l’import è aumentato dell’1,7%.
A febbraio 2016 si sono indebolite le prospettive per l’export italiano, secondo gli indicatori qualitativi sugli ordini esteri nel manifatturiero (PMI e giudizi delle imprese), scesi sui valori minimi da tredici mesi.
|
L’export italiano è diminuito del 2,4% in gennaio (a prezzi costanti), annullando in gran parte il rimbalzo di dicembre (+2,9% su novembre). Giù le vendite sia nei paesi UE (-2,7%) sia in quelli extra-UE (-2,2%). Al netto della componente energetica (scesa del 15,5%) la riduzione delle esportazioni si ferma al -2,1%. Incrementi sono stati registrati solo nei beni intermedi (+0,3%).
Nonostante questa correzione, nel trimestre novembre-gennaio la domanda estera è cresciuta dell’1,0% sui tre mesi precedenti.
Al dato negativo dell’export si è contrapposto un forte miglioramento delle importazioni, aumentate del 2,5% su dicembre (+0,5% su novembre); ciò segnala una dinamica positiva della domanda interna e attese più favorevoli sulle future vendite degli esportatori. In particolare, sono risultati in crescita gli acquisti di beni intermedi (+5,7%) e di beni strumentali (+1,7%).
A febbraio sono migliorati sia la componente PMI relativa agli ordini esteri (indice a 55,2 da 52,9) sia il saldo dei giudizi sulla domanda estera (a -23 da -25) nell’indagine ISTAT presso le imprese manifatturiere. Ciò delinea una possibile accelerazione delle esportazioni nei prossimi mesi.
|
In gennaio l’indice PMI Markit composito (che sintetizza la dinamica complessiva nel manifatturiero e nel terziario) segnala un’accelerazione dell’attività nell’Eurozona a un ritmo record in 12 anni: a 58,8 da 58,1 in dicembre (con un lieve ritocco all’insù rispetto alla stima flash di 58,6). Il livello dell’indice è superiore a quello registrato in media nell’ultimo trimestre del 2017 (57,2).
Tra i paesi, si posiziona al primo posto per intensità di crescita la Francia (indice a 59,6, livello più alto da giugno 2011), seguita dalla Germania (59,0, massimo da maggio 2011) e dall’Italia (59,0, record da luglio 2006). A livello settoriale, l’attività accelera nel terziario (indice a 58,0, da 55,9 nel quarto trimestre, con una leggera revisione al rialzo rispetto alla stima flash di 57,6) e cresce a ritmi quasi record nel manifatturiero (a 59,6 da 59,7 nel quarto trimestre).
Anche l’indice di sentiment economico elaborato dalla Commissione Europea (ESI) si è attestato a gennaio su livelli record da ottobre 2000 (a 114,7 da 114,3 nel quarto trimestre), grazie al miglioramento dell’ottimismo dei consumatori (+1,5 punti il saldo delle risposte) e delle imprese nei settori delle costruzioni (+2,8 punti) e dell’industria (+0,5). In particolare, l’indice di fiducia delle imprese industriali ha raggiunto il livello record dal 1985 (saldo delle risposte a +8,8 punti), grazie a migliori valutazioni sul livello degli ordini (+1,4 punti rispetto al quarto trimestre) e da aspettative più rosee circa la dinamica della produzione (+0,4 punti).
Il CSC
|
Secondo le stime preliminari ISTAT diffuse oggi, il numero di persone occupate è sceso in maggio di 63mila unità rispetto ad aprile (-0,3%). Il bimestre registra comunque un incremento degli occupati di 63mila unità sulla media del primo trimestre, grazie al forte rimbalzo di aprile (+131mila unità, aumento mensile record).
A fronte di una forza lavoro in calo (-0,3% su aprile, piatta in media nei primi cinque mesi), il tasso di disoccupazione resta al 12,4%, valore registrato anche nel primo trimestre.
Nelle stime del CSC il numero di persone occupate crescerà nel 2015, registrando una variazione in media d’anno pari a +0,4%, e il tasso di disoccupazione si attesterà al 12,3%.
|
La produzione nelle costruzioni è calata del 4,5% in novembre su ottobre, quando si era avuto un rimbalzo del 3,2% congiunturale.
Le avverse condizioni meteorologiche (nel mese si sono registrati valori eccezionali di precipitazioni, soprattutto nel Centro-Nord Italia) hanno contribuito a determinare la brusca riduzione mensile.
Nel quarto trimestre la variazione congiunturale acquisita è di -2,0% sul terzo, quando era arretrata dell’1,6% sul secondo. Si tratta del quinto calo trimestrale consecutivo (-10,9% cumulato).
L’indagine sulla fiducia rilevata dall’ISTAT presso le imprese di costruzioni segnala un peggioramento in dicembre, dopo quello di novembre, e non lascia intravedere un'inversione di tendenza per il trimestre in corso: l’indice generale è calato di 1,4 punti rispetto a novembre (quando era sceso di 3,4 su ottobre) e si è attestato sui livelli più bassi da giugno 2013; sono peggiorati giudizi e attese su ordini e piani di costruzione.
|