Negli Stati Uniti, a settembre, l’occupazione nel settore non agricolo è aumentata di 142mila unità, molto meno dei 203mila nuovi posti di lavoro attesi dagli analisti. Il Labor Department ha anche rivisto al ribasso (per complessive 59mila unità) i dati degli ultimi due mesi. È rimasto invariato al 5,1% il tasso di disoccupazione, per il calo significativo della forza lavoro (-350mila).
Salgono, inoltre, i timori per le ripercussioni sull’economia USA del rallentamento dell’economia globale. A settembre, l’indice ISM (50,2 da 51,1 in agosto) ha segnalato un significativo rallentamento dell’attività nel settore manifatturiero, penalizzato anche dalla forza del dollaro. Pur restando appena al di sopra della soglia neutrale di 50, sono calate, in particolare, le componenti dell’indice relative a produzione, occupazione e ordini (con quelli esteri in forte contrazione, a 46,5).
Questi dati alimentano i dubbi sul timing dell’aumento dei tassi di interesse da parte della FED, in un contesto di bassa inflazione (+0,3% in agosto, ben al di sotto dell’obiettivo del 2%) e salari orari in crescita moderata (invariati rispetto ad agosto, +2,2% annuo). Tuttavia, le aspettative di rialzo dei tassi entro la fine dell’anno vengono corroborate dal buon andamento della domanda interna (balzate a 18,2 milioni le vendite annualizzate di auto a settembre, massimo da oltre 10 anni), favorita dal forte recupero di potere d’acquisto da parte delle famiglie. Nei prossimi mesi, essa è attesa compensare il rallentamento di quella estera e trainare al rialzo la produzione.