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Occupazione italiana a inizio 2016 ancora trainata dal lavoro a tempo indeterminato
Gli ultimi dati ISTAT sul numero di persone occupate in Italia registrano nel primo trimestre un aumento di 16mila unità rispetto all’ultimo quarto 2015 (+0,1%). La crescita è ascrivibile a un ulteriore aumento dei dipendenti a tempo indeterminato (+70mila), mentre calano ancora i lavoratori a termine (-49mila) e restano sostanzialmente stabili gli indipendenti. Il tasso di disoccupazione è pari all'11,5%, pressoché invariato dall’estate scorsa.
Sulla base dei dati storici diffusi in data odierna, si rileva che l’occupazione totale è cresciuta dello 0,8% nel 2015, a fronte di aumenti pronunciati nel secondo e nel terzo trimestre (+0,5% in entrambi) e di un lieve arretramento nel quarto (-0,1%). Le variazioni aggregate sono il risultato di un’espansione dell’occupazione a tempo indeterminato (+0,8%), che ha più che controbilanciato la contrazione di quella indipendente (-0,6%). I lavoratori a termine (10,6% dell’occupazione totale) sono aumentati in media d’anno (+4,3%), nonostante il calo nell’ultimo quarto 2015.
Anche in apertura del 2016, dunque, l’occupazione a tempo indeterminato continua a rimanere privilegiata, incentivata dalle nuove norme introdotte dal Jobs Act e dalla riconferma degli sgravi contributivi, seppur per importi e durata inferiori rispetto a quelli vigenti per il 2015.
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Terzo mese di prezzi in zona deflazione in ItaliaLa variazione annua dei prezzi al consumo in Italia scende ancor più in territorio negativo: -0,4% in aprile (da -0,2% a marzo). Per il terzo mese consecutivo, nel 2016, l’indice resta in zona deflazione. I prezzi dell’energia si riducono in misura marcata (-7,4% annuo, da -7,0%), sulla scia del ribasso petrolifero di inizio anno. Quelli degli alimentari di poco: -0,1% (da -0,3%). Frena, inoltre, su valori estremamente ridotti, la dinamica annua dei prezzi al netto di energia e alimentari (+0,5%, da +0,7%). Il rallentamento si registra sia per i prezzi dei beni industriali (+0,5%, da +0,7%) sia per quelli dei servizi (+0,4%, da +0,7%). Ciò riflette, in parte, la sottoutilizzazione ancora ampia degli input produttivi, nonostante il proseguire del recupero dell’attività. |
Nell’Area euro la crescita del PIL ha accelerato nel primo trimestre 2016L’economia dell’Area euro è cresciuta dello 0,6% nel primo trimestre 2016 sul quarto 2015, secondo la stima preliminare di Eurostat; un ritmo più rapido del previsto, nonostante il rallentamento dell’economia globale, le turbolenze finanziarie di inizio anno e le incertezze politiche legate, in particolare, alla crisi migratoria e al terrorismo. Il tasso di crescita congiunturale del PIL dell’area nel primo trimestre 2016 è raddoppiato rispetto a quello, modesto, registrato nel quarto 2015 (+0,3%). È restato, invece, invariato, rispetto all’ultima parte del 2015, il tasso di variazione tendenziale (+1,6% sullo stesso trimestre dell'anno precedente). La crescita è stata superiore alle attese anche nei due paesi per i quali i dati sono già disponibili. Il PIL, infatti, ha accelerato sensibilmente in Francia (+0,5%, dopo il +0,3% del quarto trimestre 2015), spinto dal più forte aumento dei consumi da fine 2004 (+1,2%), ed è aumentato alla stessa, sostenuta, velocità di fine 2015 in Spagna (+0,8%). In Italia il CSC si attende una crescita del PIL pari a +0,3% nel primo trimestre 2016, in accelerazione rispetto al +0,1% del quarto 2015. |
PIL +0,3%. Bene occupazione, consumi e investimenti. Export in stallo, credito ancora ostacoloNello scenario economico mondiale si sono delineate tendenze poco brillanti ma meno preoccupanti di qualche mese fa. Le stime della crescita globale sono state ulteriormente ribassate dall’FMI (3,2% nel 2016); sono ritmi appena inferiori a quelli di lungo periodo (3,5% nel 1980-2015) e andrebbero consolidati da un’azione internazionale coordinata che utilizzi tutte le leve disponibili. Azione che non si riesce a mettere in campo nemmeno nella UE, dove ce ne sarebbe più bisogno per contrastare le forze centrifughe e i movimenti nazional-populistici. Il fronte politico continua a generare turbolenze: il referendum sulla Brexit e le tensioni per la gestione dei flussi migratori offuscano l’orizzonte decisionale. L’espansione americana non è vorticosa ma mostra segni di accelerazione proprio nel manifatturiero, dove negli ultimi mesi era apparsa ingripparsi; jobs e redditi personali salgono e preparano il terreno per un più robusto aumento dei consumi. La locomotiva cinese non sta deragliando; qualche progresso si osserva perfino in Russia e Brasile. I prezzi delle materie prime hanno trovato un pavimento (il petrolio ben superiore ai minimi di gennaio). L’Eurozona avanza, trainata dalla domanda interna, ma ha un passo troppo modesto per sanare la voragine occupazionale scavata dalla crisi. In Italia il PIL è stimato dal CSC in aumento dello 0,3% nel primo trimestre e gli ordini interni fanno intravedere un analogo risultato nel secondo. Consumi e investimenti avanzano (ma segnali di rallentamento nella seconda metà dell’anno); l’export è in stallo. Bene l’occupazione. Il credito resta un grave ostacolo: i prestiti bancari scendono ancora benché la loro domanda sia rilevata in aumento anche per investimenti; il primo marcato calo delle sofferenze dal 2008, registrato in febbraio e favorito dalle misure governative, potrebbe costituire il punto di svolta. Il DEF programma una politica di bilancio correttamente meno restrittiva. Per maggiori dettagli vedi qui. |
In calo l’export italiano extra-Ue a marzoIn marzo le esportazioni italiane verso i paesi extra-Ue sono diminuite, in valore, dello 0,3% congiunturale. Nel primo trimestre dell’anno sono calate del 2,9%, anche a causa della riduzione dei prezzi dei prodotti venduti all’estero, specie di quelli energetici; al netto dell’energia, l’export extra-Ue è sceso dell’1,3% trimestrale. In calo le vendite verso tutti i principali mercati di destinazione extra-Ue, a eccezione del Giappone. Le esportazioni verso gli Stati Uniti hanno recuperato in marzo, grazie a maggiori vendite di mezzi di navigazione marittima, ma restano in contrazione nella media del primo trimestre. La caduta è particolarmente marcata nei paesi produttori di commodity (Brasile, Russia e paesi OPEC). La dinamica deludente dell’export italiano extra-Ue riflette la persistente debolezza, a inizio anno, della domanda mondiale di import, soprattutto da parte dei paesi emergenti. Le prospettive per il secondo trimestre restano negative, secondo la componente ordini esteri del PMI globali (poco sotto la soglia neutrale di 50 in febbraio e marzo). |
Indagine REC (Radar dell'Economia di Confindustria): accelera la crescita del PIL nel 1° trimestre 2016, si stabilizza nel 2°
L’indagine REC sul ciclo economico italiano, condotta presso i centri studi del Sistema Confindustria, rileva una modesta accelerazione congiunturale dell’economia nel primo trimestre 2016 e un consolidamento nel secondo. Sulla dinamica del PIL pesa il rallentamento della domanda estera mentre quella interna risulta in ulteriore miglioramento.
L’indicatore coincidente REC Nazionale nel primo trimestre 2016 ha raggiunto un valore di +0,13. Il livello del primo trimestre a consuntivo è più basso di quanto indicato come aspettativa dagli intervistati in dicembre (+0,44). L’indice riguardante le attese per il secondo trimestre 2016 ha segnato +0,012.
Valori positivi indicano maggiore crescita dell’attività economica, negativi segnalano un rallentamento, nulli preannunciano una stabilizzazione della dinamica.
L’andamento del Rec Nazionale segnala un’espansione del PIL italiano nei mesi invernali di poco superiore al +0,1% congiunturale rilevato dall’ISTAT nel quarto trimestre 2015, e una sostanziale stabilizzazione del ritmo di crescita in quelli primaverili.
Il REC Mentinsieme mostra per il primo trimestre (+0,36) una dinamica più vivace rispetto a quella rilevata dal REC Nazionale ; per il secondo (+0,07) segnala, invece, un andamento pressoché analogo. Nella precedente indagine il livello dell’indicatore sulle attese per il primo trimestre era risultato più elevato (+0,51).
Diversi intervistati hanno evidenziato un peggioramento delle aspettative sull’economia globale e un indebolimento della domanda estera. Entrambi questi fattori contribuiscono a frenare la crescita dell’attività nel secondo trimestre. È stato, invece, giudicato positivo il contributo della domanda interna sull’andamento del PIL italiano.
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Meno stretta l’offerta di credito per le imprese, domanda in costante recuperoSecondo l’indagine Banca d’Italia presso gli istituti creditizi nazionali, nel primo trimestre del 2016 è proseguito il lento e graduale allentamento delle condizioni per le imprese, iniziato dal 2014. L’offerta di credito, però, resta molto stretta, dopo il forte e prolungato irrigidimento del triennio 2011-2013. Inoltre, continua a inizio 2016 la risalita della domanda di credito bancario da parte delle imprese, partita dalla primavera 2015. In particolare, le aziende chiedono più fondi per finanziare investimenti fissi, oltre che per scorte e capitale circolante. Le richieste di credito, tuttavia, restano più basse di quanto fossero a fine 2011, cioè prima che, sulla scia della recessione in Italia, si riducessero durante il biennio 2012-2013. I dati qualitativi indicano, quindi, un ulteriore miglioramento su entrambi i lati del mercato del credito in Italia. Un miglioramento, però, che ancora non trova riscontro nei dati sullo stock di prestiti effettivamente erogati, che hanno continuato a diminuire nei primi due mesi del 2016. |
In recupero a febbraio l’attività nelle costruzioni in Italia. Prospettive positive
La produzione nelle costruzioni in Italia è aumentata dello 0,3% in febbraio su gennaio, quando era diminuita dell’1,6% su dicembre. Nel primo trimestre 2016 la variazione acquisita è di -0,6%; nel quarto 2015 l’attività era avanzata dell’1,3% (primo incremento dopo otto trimestri).
La dinamica degli ultimi mesi è coerente con le valutazioni degli imprenditori del settore, caratterizzate da un’estrema variabilità e prudenza. A marzo la fiducia è diminuita (indice a 118,4 da 119,3), dopo un rimbalzo in febbraio (+4,7 punti), con giudizi su ordini e attività in peggioramento anche rispetto al quarto trimestre. Le prospettive, però, appaiono più rosee. Le attese su ordini e piani di costruzione sono in significativo miglioramento (+8 punti in marzo, +4 nel primo trimestre). Inoltre, secondo l’Indagine trimestrale sulle aspettative di inflazione e di crescita (Banca d’Italia-Il Sole 24 Ore), è aumentata - rispetto a fine 2015 - la probabilità di uno scenario positivo dell’attività edile nel trimestre in corso, anche se l’incertezza legata a fattori politici ed economici continua ad agire da freno; un impulso positivo viene dalla domanda di lavori, sia nuovi sia già avviati, e dall’allentamento dei criteri di accesso al credito; inoltre, sono migliorati i giudizi sulle condizioni per investire.
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Migliorano in aprile le prospettive dell’economia tedescaL’indicatore ZEW, una misura del sentimento economico in Germania, è migliorato per il secondo mese consecutivo in aprile. L’indice, salito di 6,9 punti rispetto a marzo (a 11,2), resta comunque ben al di sotto della media di lungo periodo (24,5). Al miglioramento delle aspettative, inoltre, fa riscontro una valutazione più pessimistica della situazione corrente dell’economia tedesca (-3 punti). Hanno influito sulle opinioni degli investitori e degli esperti finanziari tedeschi le recenti notizie, inaspettatamente positive, sull’economia cinese. Tuttavia, resta in molti la convinzione che il rallentamento della Cina e di altre importanti economie emergenti sarà persistente e continuerà a frenare le esportazioni tedesche. Migliorano anche i giudizi sulle prospettive di crescita dell’Eurozona. L’indicatore del sentimento economico nell’Area è risalito di ben 10,9 punti (a 21,5), pur restando sotto la media di lungo periodo (25,7). Pressoché invariato quello relativo alla situazione corrente (-0,3 punti). |
Puntare sulla manifattura per far ripartire la crescitaL’economia italiana è faticosamente avviata sulla strada della risalita, dopo una doppia recessione che, dal 2008, ha fatto calare il PIL del 9,1%. Circa la metà di questa diminuzione ha purtroppo carattere persistente e non ciclico, frutto della distruzione di capacità produttiva. Se non si ricostituisce il tessuto manifatturiero del Paese, che ha visto crollare il valore aggiunto del 17,0% tra il 2007 e il 2014 (-660 mila occupati), le prospettive di crescita dell’intera economia resteranno modeste negli anni a venire, schiacciate da una bassa dinamica della produttività. Dall’industria di trasformazione, infatti, originano gran parte degli sforzi innovativi del sistema produttivo italiano (il 72,1% del totale speso in R&S proviene dalla manifattura), da cui originano guadagni di efficienza a beneficio dell’intero sistema economico. Dal manifatturiero, poi, provengono la quasi totalità dei beni esportabili (l’82,3%) che servono a pagare le bollette energetiche e, in generale, a finanziare le importazioni di un paese povero di risorse naturali come l’Italia. L’importanza della manifattura per l’intera economia italiana appare sottostimata se valutata solo in termini del suo peso diretto sul PIL. La manifattura è il cuore nevralgico della rete degli scambi intersettoriali, acquistando, più di qualunque altro comparto produttivo, beni e servizi dal resto dell’economia. Per questo motivo, un euro attivato dalla manifattura genera un effetto moltiplicatore quasi doppio sull’output dell’intera economia italiana (1,83 euro), superiore anche a quello delle costruzioni (1,76). La politica industriale è indispensabile in questo contesto per spingere l’Italia verso nuove frontiere tecnologiche e guidarla su percorsi di sviluppo a più elevato potenziale, accelerando il recupero del terreno perso negli ultimi anni. Occorre con urgenza favorire la creazione di un sistema forte di relazioni tra imprese, università ed enti di ricerca, capace di generare nuove conoscenze e nuove competenze, attrarre forza lavoro qualificata e porre le basi di una crescita più elevata e sostenibile; Il primo passo della nuova attenzione all’industria e di un disegno della politica industriale sta nel riconoscere che anche interventi legislativi non espressamente indirizzati al manifatturiero hanno degli impatti significativi sul tessuto produttivo del Paese. Di questi impatti bisogna sempre tenere conto. A cominciare dal Documento di Economia e Finanzia (DEF) e dal Piano Nazionale della Ricerca (PNR), entrambi attualmente in discussione in Parlamento. Per ulteriori informazioni clicca qui: |