In aprile l’indice di attività PMI composito, elaborato da Markit, è leggermente diminuito (a 53,5 da 54,0 in marzo), con il manifatturiero sceso a 51,9 (da 52,2) e i servizi a 53,7 (da 54,2). Il rallentamento riflette tassi di crescita più moderati in Germania (54,2 da 55,4) e pressoché nulli in Francia (50,2 da 51,5), nonostante un’accelerazione nel resto dell’area, in espansione ai ritmi più rapidi da agosto 2007.
L’indice si posiziona, comunque, sopra la media del primo trimestre, a un livello ritenuto compatibile con un tasso di crescita trimestrale del PIL pari a +0,4%. L’attività è sostenuta dall’euro debole, dal QE della BCE e dal forte aumento del potere d’acquisto delle famiglie derivante dal calo dei prezzi energetici. In Germania, in particolare, la spesa delle famiglie è attesa in forte crescita, sospinta da un’occupazione a livelli record e consistenti aumenti salariali.
Stenta ancora ad accelerare il manifatturiero. Infatti, se da un lato le imprese beneficiano delle potenti spinte citate sopra, dall’altro sono, però, frenate da una crescita meno dinamica nei paesi emergenti e da una domanda che si deve ancora rafforzare negli stessi paesi dell’Eurozona.
|
Le potenti spinte esterne hanno innescato la ripresa italiana. La bilancia degli indicatori congiunturali pende senza dubbio dal lato della risalita del PIL. Il punto interrogativo rimane sulla velocità, che ordini, aspettative e indici anticipatori segnalano in accelerazione dalla primavera.
Come scritto dal CSC tre mesi fa, le nuove previsioni rilasciate da vari istituti sono riviste verso l’alto; i valori rimangono opportunamente prudenti perché si tiene conto del fatto che l’Italia soffriva di lenta crescita prima della crisi.
La stessa crisi ha azionato freni straordinari: alta disoccupazione, credit crunch, ampia capacità inutilizzata, settore immobiliare fragile, margini di profitto ai minimi e risparmio da ricostituire intralciano la ripartenza della domanda interna e delle attività produttive. Per ciascuno di essi, tuttavia, arrivano rassicuranti segnali di allentamento della morsa.
In questo scenario, con il DEF il Governo attenua correttamente l’impostazione restrittiva della politica di bilancio; sul fronte degli investimenti pubblici si dovrebbero utilizzare appieno i fondi europei e i margini di flessibilità per il loro cofinanziamento.
Imperativo, sia per avere spazi di manovra nei conti pubblici sia per innalzare il potenziale del Paese, è tenere la barra dritta sulle riforme. Che sono la benzina per alimentare la fiducia dei partner e dei mercati finanziari, di nuovo in allerta per il rischioso stallo nelle trattative sulla Grecia.
Il contesto globale rimane favorevole: in USA clima, scioperi portuali, ricadute dell’arresto del boom nel settore petrolifero e dollaro forte hanno rallentato la crescita, che è attesa riprendere vigore; la Cina è in atterraggio pilotato, ma continuerà a essere un potente motore di sviluppo mondiale; l’Eurozona, con il peso maggiore sull’export italiano, è in progressivo miglioramento; le condizioni di Brasile e Russia sono difficili ma non si aggravano. I tassi di interesse resteranno bassi a lungo, in calo quelli di mercato, grazie alla BCE.
Per maggiori dettagli si veda la Congiuntura flash di aprile nella Libreria del CSC.
|
Il fatturato totale dell’industria italiana, misurato a prezzi costanti (cioè depurato dagli effetti di prezzo), è diminuito dello 0,1% in febbraio, da -0,4% in gennaio (stime CSC). La variazione complessiva è frutto di un incremento nel mercato estero (+0,1%) - dopo una caduta nel mese precedente - e di un calo in quello interno (-0,3%) - il primo dopo due recuperi di fila. Nel primo bimestre, in media, il fatturato è comunque aumentato dello 0,8% sul quarto trimestre 2014.
Al netto dell’energia, la dinamica del fatturato industriale è risultata piatta in febbraio. Nella media dei primi due mesi dell’anno si è avuto un progresso dello 0,3% sul trimestre precedente.
Gli ordinativi dell’industria hanno registrato un marginale aumento (+0,4% a prezzi costanti), dopo un -2,4% in gennaio. Come nei due mesi precedenti, si conferma il contributo positivo della domanda interna (+0,7%); si è avuta, invece, una marginale correzione nella componente estera (-0,1%). Nel primo bimestre il livello degli ordini totali è superiore dell’1,0% rispetto a quello del quarto trimestre 2014.
Le informazioni qualitative segnalano il proseguimento di una dinamica positiva: secondo l’indagine ISTAT sulle imprese manifatturiere, infatti, sono migliorati in marzo giudizi e attese sugli ordini; l'indagine PMI segnala un’accelerazione dei nuovi ordinativi totali grazie soprattutto alla robusta espansione di quelli esteri.
|
Nella settimana dal 13 al 17 aprile la BCE ha acquistato titoli dell’Eurozona per 14,4 miliardi di euro. La fetta maggiore è costituita da titoli pubblici (11,6), cui si sommano Covered Bond (CB, 2,5) e Asset Backed Securities (ABS, 0,3). Il Quantitative Easing, dunque, prosegue a ritmo spedito (15,3 miliardi in media nelle precedenti cinque settimane), in linea con l’obiettivo di 60 miliardi al mese.
Lo stock di titoli entrati nel portafoglio BCE a partire dall’estensione del programma ai bond sovrani (9 marzo) è di 90,7 miliardi, di cui 73,3 pubblici. Se si considerano anche gli acquisti di titoli privati (CB e ABS) effettuati prima, dall’ottobre 2014, lo stock totale è di 148,5 miliardi di euro.
Il rendimento del BTP decennale è all’1,46%; era sceso a 1,20% nella prima settimana di acquisti a marzo (da 1,36%), ma poi l’acuirsi della crisi in Grecia ha rinnovato il fly to quality verso i titoli dei paesi core. Il Bund tedesco decennale è sceso a 0,07% (da 0,37%); su scadenze meno lunghe i titoli tedeschi hanno già rendimenti negativi (-0,08% a sette anni).
|
Il PIL USA nel 2014 ha superato del 10,1% il livello pre-crisi, quello dell’Area-euro è dello 0,9% inferiore. Ciò è spiegato anche dalle diverse politiche di bilancio adottate. Tra il 2007 e il 2010 gli Stati Uniti hanno finanziato in deficit uno straordinario aumento della spesa pubblica.
Negli ultimi tre anni si è ampliato in modo consistente il differenziale di crescita del PIL tra Area euro e Stati Uniti: il tasso di crescita medio negli USA è stato del 2,3%, nell’Eurozona di -0,1%.
Le diverse politiche di bilancio forniscono una importante spiegazione del divario tra le performance economiche: la politica statunitense è stata molto più espansiva di quella europea per tutta la durata della crisi. In aggiunta, il rientro del deficit, negli Stati Uniti, è stato avviato davvero solo una volta consolidata la ripresa, al contrario di ciò che è avvenuto nell’Eurozona. Sebbene il differenziale di crescita del PIL dipenda anche da altri fattori (demografia, dinamica della produttività, diverso timing della risposta di politica monetaria).
Negli Stati Uniti è stato forte il contributo alla crescita del PIL della spesa pubblica, soprattutto nella fase iniziale della crisi: +53,1% a prezzi costanti nel 2010 rispetto al 2006, ultimo anno pre-crisi, pari a 13,6 punti di PIL. Il parziale rientro del deficit, invece, è stato ottenuto mantenendo ferma la spesa reale e incassando maggiori entrate grazie alla ripresa dell’attività economica: +32,3% nel 2014 sul 2009 a prezzi costanti (di cui due terzi a partire dal 2012) ma mantenendo l’incidenza sul PIL al 33,3%, stesso livello dell’ultimo anno pre-crisi. Al contrario, nell’Eurozona, l’incidenza delle entrate fiscali è cresciuta di 1,9 punti di PIL rispetto al 2007, ultimo anno pre-crisi. Straordinario è stato l’aumento della spesa sociale negli Stati Uniti: +72,0% nel 2013 sul 2006, a prezzi costanti, più del doppio dell’Eurozona (+33,4% tra il 2014 e il 2007).
Secondo il CSC, se il Governo USA avesse lasciato crescere spese ed entrate pubbliche al trend pre-crisi, il PIL americano sarebbe sceso di 2,4 punti percentuali in più l’anno nel triennio 2007-2009 e poi sarebbe salito di 2,2 punti all’anno in più nel triennio successivo. Peraltro, è probabile che il recupero sarebbe stato più lento e comunque incompleto rispetto a quello calcolato meccanicamente, perché la maggiore caduta del PIL avrebbe ridotto il potenziale di crescita USA.
Nell’Eurozona, con l’esplodere della crisi dei debiti sovrani nel 2010, la scelta è stata di imporre l’aggiustamento dei conti pubblici: in questo modo i paesi della periferia euro, con i disavanzi e i debiti più cospicui, sono stati costretti a rientrare in modo repentino, contestuale e con enormi manovre correttive. Gelando quei germogli della ripresa che gli USA hanno saputo proteggere.
Nota CSC n.15-8_Politiche di bilancio USA UE.pdf|Visualizza dettagli
Modified on by Matteo Pignatti 129E6975-FC9E-76EE-C125-78A20032FBE6 [email protected]
|
La produzione nelle costruzioni in Italia è diminuita dell’1,3% in febbraio su gennaio, dopo due incrementi mensili (+2,7% in dicembre e +1,0% in gennaio).
La variazione acquisita nel 1° trimestre è di +0,5% sul 4° 2014, quando era arretrata dello 0,7% congiunturale.
Secondo gli operatori del settore la tendenza nella prima parte dell’anno è positiva. L’indagine congiunturale condotta dall’ISTAT presso le imprese di costruzioni segnala infatti un significativo aumento della fiducia in marzo (l’indice è salito di 7,5 punti su febbraio; +16,7 punti su dicembre), grazie a giudizi e attese su ordini e piani di costruzione che hanno continuato a migliorare. Più favorevoli anche le valutazioni sulle prospettive dell’occupazione nel settore.
Ciò prefigura un possibile incremento dell’attività nel 1° trimestre e in quello in corso, dopo cinque cali trimestrali consecutivi.
|
Il PIL cinese è cresciuto del 7,0% nel primo trimestre 2015 sul primo 2014, centrando per ora l’obiettivo del Governo (“intorno al 7,0%” nel 2015), ma registrando la variazione più bassa degli ultimi sei anni. I dati trimestrali destagionalizzati confermano il rallentamento: +1,3% sui tre mesi precedenti (+1,5% nel quarto trimestre 2014).
I dati di marzo di vendite al dettaglio (+10,2% annuo, da +10,7% in febbraio), produzione (+5,6% da +6,8%) ed export (-15,0% da +48,3%) hanno deluso le attese e potrebbero preludere a un ulteriore rallentamento nel secondo trimestre. Il fatto che il PIL risulti comunque in linea con le aspettative riflette soprattutto il cambiamento strutturale dell’economia, con i servizi cresciuti nel primo trimestre del 7,9% annuo.
Le autorità cinesi continueranno nel corso dell’anno a mettere in atto azioni di politica monetaria (agendo su tassi d’interesse, coefficiente di riserva obbligatoria e cambio) e di bilancio (velocizzando i finanziamenti di progetti infrastrutturali) per sostenere la domanda, il settore finanziario e immobiliare.
Il Fondo Monetario Internazionale ieri ha pubblicato le nuove stime di crescita e per la Cina prevede un aumento del PIL del 6,8% nel 2015 e del 6,3% nel 2016 (nessuna variazione rispetto alle previsioni di gennaio), considerando favorevolmente le politiche economiche delle autorità cinesi.
|
Il Fondo Monetario Internazionale mantiene invariate, rispetto a gennaio, le previsioni di crescita mondiale nel 2015 (+3,5%), alzandole di 0,1 punti percentuali nel 2016 (+3,8%).
Nei paesi avanzati la crescita accelererà a +2,4% sia nel 2015 sia nel 2016 (+0,6 punti percentuali rispetto al 2014). In quelli emergenti subirà una frenata nel 2015 (+4,3%, -0,3 punti sul 2014) e riprenderà vigore nel 2016 (+4,7%). Da questi ultimi continuerà a provenire, comunque, più del 70% della crescita globale.
Dinamiche differenti tra paesi e macroaree sono determinate, tra l’altro, dal calo del prezzo del petrolio, che gioca a vantaggio dei paesi importatori di oil - soprattutto quelli avanzati - e a discapito degli esportatori, e dai movimenti valutari, che, in particolare, favoriscono l’Eurozona rispetto agli USA. Il combinato disposto di questi fattori sullo scenario globale è comunque positivo, perché ridistribuiscono la domanda verso i paesi in condizioni macroeconomiche più difficili e con minore margine di manovra in termini di politiche espansive.
Quotazioni oil e cambio, insieme a tassi di interesse ai minimi, sosterranno la crescita nell’Eurozona: +1,5% nel 2015 (rivista al rialzo di 0,3 punti percentuali rispetto a gennaio) e +1,6% nel 2016 (+0,2 punti). Migliora lo scenario anche per l’Italia, dove però gli effetti benefici si dispiegheranno in ritardo, insieme al miglioramento, in particolare, del mercato del credito: +0,5% il PIL nel 2015 (+0,1 punti rispetto alla stima di gennaio) e +1,1% nel 2016 (+0,3 punti).
|
Negli USA sono tornate a salire a marzo, per la prima volta dallo scorso novembre, le vendite al dettaglio (+0,9% su febbraio), sospinte in particolare dalle auto. L’aumento è il più forte da marzo 2014 e chiude tre mesi di contrazioni dovute principalmente al maltempo.
Il dato conferma la tesi che il rallentamento dell’economia americana nel primo trimestre è stato temporaneo. Vi hanno concorso, oltre al maltempo, la forza del dollaro, che ha penalizzato le esportazioni, e il sensibile aumento del tasso di risparmio, che ha frenato la spesa delle famiglie.
I robusti aumenti occupazionali, i minori costi energetici e il miglioramento delle ragioni di scambio hanno, però, aumentato significativamente il potere d’acquisto delle famiglie. Ciò, con la graduale ripresa dei salari, rafforzerà la fiducia, aumenterà la propensione al consumo e sosterrà la spesa già a partire dal secondo trimestre.
|
A febbraio la produzione industriale nell’Eurozona è aumentata dell’1,1% rispetto a gennaio, a conferma dei recenti segnali di accelerazione della crescita economica nell’area. Si tratta dell’aumento più forte degli ultimi 10 mesi e ben al di sopra del +0,4% atteso dagli operatori. Il risultato alza a +0,9% la variazione congiunturale della produzione già acquisita nel primo trimestre 2015.
L’espansione dell’attività ha interessato tutti i settori con un +1,0% dei beni capitali e dei beni di consumo durevoli, un +0,6% dei non durevoli e un +0,3% degli intermedi. Forte è stato anche l’aumento della produzione di energia (+1,1%).
Tra i maggiori paesi, la produzione recupera in Germania e Italia (+0,6% in entrambi), dopo le contrazioni subite a gennaio (-0,9% in Germania e -0,7% in Italia); riparte, dopo la pausa di gennaio, in Spagna (+0,7%) e continua a espandersi, anche se a ritmi più moderati, in Francia (+0,2%).
Buone le prospettive di crescita dell’attività per i prossimi mesi: sono, infatti, migliorati a marzo gli indicatori di attività PMI e ha continuato a salire la fiducia delle imprese, favoriti dall’euro debole, dal calo dei prezzi dell’energia e dall’impatto sui mercati del QE.
|