L’indice di fiducia IFO, basato su un’indagine tra circa 7.000 imprese del manifatturiero, delle costruzioni e del commercio, è salito per il quinto mese consecutivo, ai massimi da luglio 2014, a marzo (a 107,9 da 106,8 in febbraio), a conferma del ritmo sostenuto della crescita dell’economia tedesca nel primo trimestre 2015.
Gli imprenditori si sono mostrati più ottimisti sia sulla situazione economica corrente sia sulle prospettive di crescita per i prossimi sei mesi. Secondo i loro giudizi, la debolezza dell’euro, il calo dei prezzi energetici e il programma di acquisto di titoli da parte della BCE (QE) continueranno a sostenere l’espansione economica in Germania e nel resto dell’Eurozona per un certo periodo di tempo.
L’indice di fiducia INSEE delle imprese francesi è balzato di ben due punti, a 96, il livello più elevato da aprile 2012. Cala leggermente la fiducia tra le imprese industriali, con l’indice a 99, un punto in meno sia rispetto a febbraio sia rispetto alla media di lungo periodo. Risale quella nel commercio al dettaglio (a 104 da 101) e nei servizi (a 93 da 92).
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In gennaio il commercio mondiale è diminuito, in volume, dell’1,4% su dicembre, annullando l’aumento del mese precedente (+1,3%). Nella media degli ultimi tre mesi, comunque, la dinamica degli scambi globali resta positiva (+0,6% sui tre precedenti).
In particolare, nei paesi emergenti sono cadute le importazioni (-5,0% in gennaio su dicembre; -6,3% negli emergenti asiatici), mentre hanno tenute le esportazioni (-0,1%; -1,1% in quelli asiatici). Giù anche gli scambi internazionali degli Stati Uniti: -1,4% gli acquisti e -2,6% le vendite. Nell’Area euro ha accelerato l’import (+2,0%) mentre ha registrato una battuta d’arresto l’export (-1,1%).
La debolezza della domanda dei paesi emergenti sarà persistente, soprattutto a causa della frenata controllata dell’economia cinese. Si tratta di uno stop and go, invece, per il commercio estero USA, che è stato bloccato da scioperi portuali e meteo avverso. La dinamica delle esportazioni europee, infine, si rafforzerà con il pieno dispiegarsi degli effetti dell’euro debole.
Nel complesso, dunque, le prospettive restano positive; come confermato dalla componente ordini esteri del PMI globale, sostanzialmente stabile in febbraio sopra la soglia neutrale di 50 (a 50,9, da 51,0 in gennaio).
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In febbraio le esportazioni italiane extra-UE sono aumentate, in valore, del 4,5% rispetto a gennaio (da -2,4%). Il rimbalzo è dovuto alla forte crescita delle vendite di beni strumentali (+13,7%); su anche le esportazioni di energia (+2,4%), giù quelle di beni di consumo e di prodotti intermedi (-1,5% entrambe).
In crescita anche le importazioni (+1,1%, da -0,4% in gennaio); al netto della componente energetica (-1,6%), l’aumento è pari al 2,0%. Hanno contribuito positivamente soprattutto gli acquisti di beni strumentali (+9,5%); in crescita quelli di beni di consumo (+0,5%), in riduzione quelli di prodotti intermedi (-0,4%).
I mercati di destinazione dell’export italiano più dinamici sono gli Stati Uniti (+49,3% tendenziale), grazie alla svalutazione dell’euro sul dollaro (-28% da marzo 2014 a marzo 2015) e alla robusta crescita della domanda interna, e in misura minore la Turchia (+10,7%) e l’OPEC (+6,6%). Il forte aumento delle vendite in questi mercati ha più che compensato il calo di quelle in alcuni paesi esportatori netti di petrolio, dove ha pesato la caduta delle quotazioni oil: -28,5% in Russia, anche a causa degli embarghi e della pessima situazione economica del paese, e -17,6% nel Mercosur.
Negli ultimi tre mesi (dicembre-febbraio) le esportazioni italiane extra-UE sono cresciute dell’1,5% rispetto ai tre precedenti. Continueranno a essere sostenute dall’aumento della competitività di prezzo dovuto all’euro meno forte.
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Accelera a un ritmo più rapido delle attese l’attività nell’Eurozona, stimolata dall’euro debole, dal calo dei prezzi energetici e dagli effetti del QE della BCE. L’indice PMI composito, di manifatturiero e servizi, elaborato da Markit, è balzato ai massimi da quasi quattro anni a marzo (54,1 da 53,3 in febbraio); ed è ormai da ventuno mesi al di sopra di 50, la soglia che separa contrazione da espansione. Il dato alza la media per il primo trimestre 2015 a 53,3 (da 51,5 nel quarto 2014), un risultato che, secondo Markit, è coerente con una crescita del PIL pari a +0,3%.
L’attività ha accelerato sia nel manifatturiero (51,9 da 51,0, ai massimi da dieci mesi) sia nei servizi (54,3 da 53,7, al top da quarantasei mesi). In particolare, hanno mostrato dinamiche molto elevate in entrambi i settori le componenti relative ai nuovi ordini, ai massimi da otto mesi, e all’occupazione, in crescita al ritmo più rapido da agosto 2011. Stentano però a risalire i prezzi di vendita, il cui sottoindice, benché ai massimi da otto mesi, segnala contrazione (49,0 da 47,9), a conferma di una domanda ancora piuttosto debole.
Tra i maggiori paesi dell’area, alza il ritmo la Germania (55,3 da 53,8), sia nel manifatturiero (52,4 da 51,1) sia nei servizi (55,3 da 54,7), rallenta leggermente la Francia (51,7 da 52,2), dove frenano i servizi (52,8 da 53,4) e riduce la velocità di caduta il manifatturiero (48,2 da 47,6).
La ritrovata vivacità del sistema produttivo si riflette sulla fiducia dei consumatori, che è aumentata significativamente a marzo (di 3 punti rispetto a febbraio, a -3,7). Ciò contribuirà alla ripresa della domanda.
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La BCE ha realizzato a marzo la terza operazione T-LTRO, prestando alle banche dell’Eurozona 97,8 miliardi di euro, con una durata di tre anni e mezzo. Un valore sopra le attese, che erano intorno a 50-60 miliardi. Gli istituti italiani dovrebbero avere ottenuto circa 32 miliardi, un terzo del totale.
Le operazioni T-LTRO vengono effettuate dalla BCE a cadenza trimestrale e con una durata decrescente (a partire da quattro anni). Le prime due aste, realizzate a settembre e dicembre 2014, avevano fornito alle banche dell’area 82,6 e 129,8 miliardi (di cui 23,3 e 26,5 agli istituti italiani). Il totale delle risorse immesse dalla BCE con le T-LTRO, quindi, è salito a 310,2 miliardi (di cui 81,8 prestati al sistema bancario italiano).
A partire da questa di marzo, le T-LTRO incorporano incentivi per le banche a usare le risorse per fare prestiti a imprese e famiglie, incluso l’obbligo di restituzione alla BCE in caso di mancato aumento del credito erogato. Nei prossimi mesi dovrebbero contribuire alla ripartenza dei prestiti. Fino a gennaio in Italia non si è registrata un’inversione di tendenza nei volumi di credito.
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L’export italiano è diminuito del 2,4% in gennaio (a prezzi costanti), annullando in gran parte il rimbalzo di dicembre (+2,9% su novembre). Giù le vendite sia nei paesi UE (-2,7%) sia in quelli extra-UE (-2,2%). Al netto della componente energetica (scesa del 15,5%) la riduzione delle esportazioni si ferma al -2,1%. Incrementi sono stati registrati solo nei beni intermedi (+0,3%).
Nonostante questa correzione, nel trimestre novembre-gennaio la domanda estera è cresciuta dell’1,0% sui tre mesi precedenti.
Al dato negativo dell’export si è contrapposto un forte miglioramento delle importazioni, aumentate del 2,5% su dicembre (+0,5% su novembre); ciò segnala una dinamica positiva della domanda interna e attese più favorevoli sulle future vendite degli esportatori. In particolare, sono risultati in crescita gli acquisti di beni intermedi (+5,7%) e di beni strumentali (+1,7%).
A febbraio sono migliorati sia la componente PMI relativa agli ordini esteri (indice a 55,2 da 52,9) sia il saldo dei giudizi sulla domanda estera (a -23 da -25) nell’indagine ISTAT presso le imprese manifatturiere. Ciò delinea una possibile accelerazione delle esportazioni nei prossimi mesi.
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La produzione nelle costruzioni è aumentata dell’1,0% in gennaio su dicembre, quando era rimbalzata del 2,6% su novembre (rivisto al rialzo dal +2,3% comunicato precedentemente).
Nel primo trimestre 2015 la variazione congiunturale acquisita dell’attività è pari a +1,3%. Nel quarto trimestre la produzione edile era diminuita dello 0,6% sul terzo.
L’indice di fiducia delle imprese di costruzioni registra una parziale correzione in febbraio (-0,8 punti in un mese), dopo il significativo miglioramento evidenziato in gennaio (+4,7 punti su dicembre). Nella media dei primi due mesi è superiore di 2,3 punti rispetto a quello del quarto trimestre 2014. Sono stabili da dicembre i giudizi sui piani di costruzione e, per il secondo mese di fila, sono più favorevoli le attese.
Queste indicazioni prefigurano una possibile svolta positiva a inizio 2015, dopo un calo di attività che si protrae dal quarto trimestre 2013.
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L’indice ZEW - che misura la fiducia degli analisti e degli operatori finanziari tedeschi - è aumentato per il quinto mese consecutivo a marzo portandosi a quota 54,8 (da 53,0), il livello più elevato da febbraio 2014 e ben al di sopra della media di lungo periodo (24,7). Migliorano, in particolare, i giudizi sulla situazione economica corrente (+9,6 punti, a 55,1). Sale, inoltre, significativamente, l’ottimismo degli operatori finanziari sulla condizione economica dell’Eurozona (+9,7 punti, a 62,4, sopra le attese che puntavano a 58,2).
L’economia tedesca è sostenuta dall’euro debole, dal calo dei prezzi energetici e dagli effetti del programma di quantitative easing (QE) recentemente avviato dalla BCE, di cui la Germania è il maggiore beneficiario. I dati sul mercato del lavoro confermano l’attuale momento positivo (tasso di disoccupazione al 6,5%, minimo dal 1991). Il calo dei prezzi della benzina e i forti aumenti salariali sosterranno ulteriormente i redditi delle famiglie e la fiducia.
In prospettiva, alcuni tra gli investitori tedeschi esprimono, però, qualche preoccupazione per i limitati progressi nella soluzione delle crisi russo-ucraina e del debito sovrano greco; mostrano, inoltre, alcuni timori anche per la creazione di un’eventuale bolla finanziaria come possibile effetto del QE.
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I prezzi dei prodotti industriali importati dalle imprese italiane sono in calo del 6,4% annuo a gennaio. In particolare, i beni energetici registrano una forte discesa (-27,8% annuo), sulla scia dei ribassi petroliferi. Si riducono anche i prezzi all’import dei beni di consumo (-0,7% annuo) e dei beni intermedi (-0,6%), ma rincarano quelli dei beni strumentali (+2,1% annuo; +0,1% l’indice totale al netto dell’energia).
Questa dinamica porta un beneficio netto all’economia italiana e favorirà la risalita di investimenti e consumi. I minori prezzi importati, infatti, sostengono i margini delle imprese, in calo da oltre un decennio. Inoltre, nell’attuale contesto di domanda debole, i ribassi accrescono anche il reddito disponibile in termini reali delle famiglie, dato che le imprese trasferiscono in parte tali riduzioni sui prezzi finali al consumo.
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Il real ha toccato questa settimana il livello minimo dal 2004 nei confronti del dollaro, superando la soglia dei 3,2 contro la valuta americana e segnando una perdita di valore superiore al 20% da inizio 2015. Sembrano al momento inefficaci i ripetuti tentativi della Banca centrale brasiliana di sostenere la divisa nazionale e contenere l’inflazione, che ha sfondato l’obiettivo massimo fissato al 6,5% sia in gennaio (7,1% annuo) sia in febbraio (7,7%).
La valuta brasiliana è caduta sotto la pressione degli investitori internazionali negli ultimi mesi perché il calo dei prezzi del petrolio e delle commodity ha aumentato l’avversione al rischio nei mercati internazionali e penalizzato le valute più deboli rispetto al dollaro. Inoltre, il real paga sul fronte interno l’importante scandalo di corruzione che ha coinvolto Petrobas, il principale produttore di petrolio del Brasile, provocando la sospensione sia di rilevanti progetti di investimento sia dei pagamenti di contratti già conclusi da parte della controllata statale.
L'incertezza è alimentata, infine, dal quadro macroeconomico stagnante e dalla politica economica del nuovo governo. Il 2014 si è chiuso con una crescita nulla del PIL e con il primo deficit primario di bilancio in più di dieci anni, mentre nel 2015 l’economia brasiliana è prevista tornare in recessione. La presidente Dilma Rousseff, a pochi mesi dalla sua rielezione, ha affermato la necessità di un importante piano di austerità e invitato pubblicamente i brasiliani a stringere la cinghia, scatenando di nuovo la protesta nelle strade delle più grandi città.
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