L’indicatore PMI del manifatturiero italiano è rimasto invariato in novembre (49,0, minimo dal maggio 2013), al di sotto delle attese (che puntavano a 49,4) e su valori che indicano leggera recessione (<50=contrazione). Nella media di ottobre-novembre il livello è risultato inferiore di 1,8 punti rispetto al terzo trimestre (50,8).
Il dettaglio delle componenti mostra alcuni modesti miglioramenti: l’indice della produzione è salito a 49,7 (da 49,4) e segnala una quasi stagnazione dell’attività; a livello settoriale, alle variazioni negative rilevate tra i beni d’investimento e di consumo si è contrapposto un incremento tra i beni intermedi. I nuovi ordini sono diminuiti per il secondo mese di fila, ma a un ritmo meno forte di quello rilevato in ottobre (47,8 da 47,1) quando erano scesi sotto la soglia di 50 per la prima volta dopo sedici mesi; tale andamento è spiegato interamente dalla riduzione della domanda interna, mentre quella estera risulta in accelerazione rispetto al ritmo di crescita rilevato in ottobre.
Peggiorano invece le valutazioni relative al mercato del lavoro. L’estrema debolezza della domanda ha infatti indotto le imprese a ridurre ulteriormente i livelli occupazionali: l’indice è sceso a 48,6 (da 49,5).
La dinamica tracciata dal PMI manifatturiero per l’Italia in ottobre e novembre è più debole di quella rilevata dalle stime CSC e dall’indagine ISTAT sulla fiducia presso le imprese manifatturiere; queste ultime sono coerenti con una sostanziale stabilizzazione del quadro economico nel quarto trimestre.
Anche nelle altre principali economie europee i PMI mostrano condizioni di debolezza, coerente con un peggioramento della dinamica dell’attività nel trimestre autunnale. In Germania il PMI manifatturiero è sceso ai livelli minimi degli ultimi 17 mesi e in area recessiva, dopo il temporaneo rimbalzo in ottobre (49,5 da 51,4). Tra le componenti, risulta in rallentamento il ritmo di crescita della produzione, che si è avvicinato alla soglia di stagnazione, mentre sono ulteriormente arretrati gli ordini complessivi (il relativo indice, in area di contrazione da settembre, è sceso al minimo da quasi due anni); per la prima volta dopo 15 mesi sono diminuiti anche gli ordini esteri per il calo della domanda da Cina, USA ed Europa. In Francia il PMI manifatturiero è sceso a 48,4 (da 48,5) ed è in area recessiva da sei mesi. Rispetto a ottobre si è accentuata la contrazione di produzione e nuovi ordini totali (con quelli esteri che registrano un calo meno marcato).
Nel complesso dell’Euroarea il PMI manifatturiero si è attestato in novembre a 50,1 (da 50,6), un livello coerente con una sostanziale stagnazione dell’attività. Sono state rilevate, rispetto a ottobre, una minore crescita della produzione e una contrazione degli ordini totali. Al peggioramento delle condizioni nelle tre principali economie dell’area, si è contrapposta una più forte espansione in Irlanda, Spagna e Paesi Bassi.
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Il CSC rileva un incremento della produzione industriale dello 0,1% in novembre su ottobre, quando è stata stimata una variazione di +0,3% su settembre.
La produzione, calcolata al netto del diverso numero di giornate lavorative, in novembre è diminuita dell’1,9% su novembre 2013; in ottobre si era registrato un calo del 2,4% sullo stesso mese dell’anno precedente.
In novembre la variazione acquisita è di -0,1%. Nel terzo trimestre si era avuto un arretramento dell’1,1% congiunturale (da -0,5% nel secondo).
Gli ordini in volume sono aumentati dello 0,2% in novembre su ottobre e dello 0,9% su novembre 2013. In ottobre erano aumentati dello 0,3% su settembre e dello 0,7% sui dodici mesi.
Per il quarto trimestre gli indicatori qualitativi segnalano, nel complesso, una sostanziale stabilità: la fiducia rilevata dall’ISTAT presso le imprese manifatturiere è migliorata anche in novembre (+0,2 punti da +0,7 in ottobre) e si è attestata nella media degli ultimi due mesi su valori di poco inferiori a quelli del terzo trimestre; il saldo dei giudizi sui livelli di produzione è salito per il secondo mese consecutivo (-20 da -21) ed è in linea con la media del terzo trimestre; quello sugli ordini totali è rimasto stabile (-25) ma ha evidenziato un peggioramento della componente estera; sono migliorate le attese di produzione, mentre sono rimaste invariate quelle sugli ordini che avevano registrato un recupero in ottobre.
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Gli ultimi dati ISTAT sul numero di persone occupate in Italia rivedono al ribasso l’aumento di settembre (da +82mila a +51mila unità su agosto) e segnalano una contrazione in ottobre che neutralizza il guadagno del mese precedente (-55mila unità). Si conferma, quindi, il quadro di stabilizzazione dell’occupazione delineatosi da inizio anno. Gli occupati in Italia fluttuano ormai sui 22 milioni e 400mila dall’ultimo quarto 2013. Non si tratta di una vera svolta, ma di lentissimo miglioramento, guidato dal Centro.
La disaggregazione dei dati trimestrali per macroaree, infatti, mostra che al Nord e al Centro, più rapidi a rispondere ai cambiamenti congiunturali, si registrano un’occupazione pressoché stabile nel primo (+7mila unità, +0,1% da fine 2013) e in miglioramento nel secondo (+44mila unità, +0,9%). Al Sud, che tradizionalmente reagisce con ritardo al ciclo economico, il calo occupazionale non si è ancora esaurito: -14mila unità da fine 2013 al terzo trimestre 2014 (-0,2%), -363mila rispetto a due anni prima (-5,9%).
Il tasso di disoccupazione ha toccato in ottobre un massimo storico: 13,2% dal 12,9% di settembre, dato rivisto al rialzo di 0,3 punti. L’aumento è di 0,8 punti rispetto al 12,4% dell’ultimo trimestre 2013. A fronte della stabilizzazione dell’occupazione, la crescita del tasso di disoccupazione è dovuta ad una forza lavoro in espansione, segno di diffusione di una percezione di maggiore probabilità di trovare un lavoro: +0,1% in ottobre su settembre, +1,0% da fine 2013.
Tasso di disoccupazione fermo su alti livelli nella media dell’Eurozona (in ottobre sull’11,5% per il terzo mese consecutivo); elevatissimo in Spagna (24,0%), seppur in lenta riduzione dal picco di febbraio 2013 (26,3%); alto e fermo in Francia (10,5%), ai minimi in Germania (4,9%).

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La dinamica dei prezzi al consumo in Italia è stata di +0,2% annuo a novembre (+0,1% in ottobre). Dunque, è un po' più lontana dai valori negativi registrati a settembre (-0,2% annuo). In Eurolandia, invece, si registra un +0,3% annuo a novembre (+0,4% in ottobre).
In Italia, si approfondisce il calo dei prezzi al consumo energetici (-2,9% annuo a novembre, da -2,5% in ottobre), a riflesso della flessione delle quotazioni petrolifere negli ultimi mesi. Viceversa, i prezzi al consumo dei beni alimentari salgono dello 0,5% annuo (da +0,2%). Nel paniere dei consumi, i prodotti alimentari pesano il doppio di quelli energetici.
I prezzi core segnano un +0,5% annuo a novembre (come a ottobre). Al loro interno, tuttavia, si registrano dinamiche divergenti. Quelli dei servizi registrano un maggior aumento (+0,9% annuo, da +0,7%), mentre quelli dei beni industriali sono in deflazione (-0,1% annuo, da +0,1%).
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La fiducia delle imprese italiane è diminuita in novembre di 1,4 punti (a 87,7), annullando in parte il rimbalzo di ottobre (+2,3 punti). Il risultato è la sintesi di una correzione marcata nelle costruzioni (-3,3 punti) e lieve nei servizi (-0,5), di un forte miglioramento nel commercio al dettaglio (+3,4) e un marginale incremento nel manifatturiero (+0,2).
Nel manifatturiero, dove la fiducia è migliorata per il secondo mese di fila, si registrano valutazioni più positive su livelli e attese di produzione mentre sono invariati, rispetto a ottobre, le aspettative e i giudizi sugli ordini (con quelli esteri ritenuti però in lieve peggioramento). La fiducia è aumentata tra i produttori di beni di consumo e di beni strumentali; in questi due comparti i saldi dei giudizi sugli ordini interni sono rimasti invariati rispetto al mese scorso e si sono attestati, nella media degli ultimi due mesi, su livelli superiori a quelli del terzo trimestre: ciò prefigura una dinamica migliore di consumi e investimenti nei prossimi mesi.
Nelle costruzioni l’indice è sceso ai minimi da maggio scorso, trainato all’ingiù dal peggioramento dei giudizi sui prezzi e, soprattutto, sull’occupazione. Sono invece migliorate, seppur di poco, le valutazioni su attività e ordini.
Nei servizi di mercato il marginale calo di novembre segue a un forte rimbalzo in ottobre (+4,1) ed è il frutto di un marcato peggioramento di giudizi e attese sugli ordini.
Nel commercio al dettaglio la fiducia è migliorata negli ultimi due mesi; il rialzo di novembre è guidato da valutazioni molto più positive su vendite e ordini.
Complessivamente, nella media degli ultimi due mesi l’indice rimane di 0,2 punti al di sotto del livello del terzo trimestre.
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Nel mare di incertezza sgorgato dalla crisi si stagliano alcuni solidi pilastri su cui poggia l’espansione globale destinata a rafforzarsi nei prossimi trimestri. Il primo punto fermo è che le politiche monetarie rimarranno a lungo super accomodanti; la FED inizierà ad alzare i tassi nel 2015, ma le maggiori altre banche centrali manterranno basso il costo del denaro a livello mondiale.
Il secondo punto fermo è che gli USA sono ormai su un sentiero di crescita robusta e in grado di autosostenersi. Il terzo punto è che Cina e India, i due maggiori emergenti, forniranno ancora un ampio contributo all’aumento della domanda mondiale; l’economia della Russia, invece, rimane debole.
Il quarto punto è che il dollaro proseguirà a rafforzarsi e il prezzo del petrolio non risalirà la china tanto in fretta. L’uno e l’altro daranno una mano all’Eurozona, che ne ha particolare bisogno. Perché stanno sì arrivando segnali di stabilizzazione, però intorno alla stagnazione; il calo degli ordini dice che non è in vista una rapida svolta.
In Italia l’export è tornato ad aumentare, l’occupazione mostra i primi segnali di recupero, si è arrestata l’emorragia di credito alle imprese (anche se le condizioni d’offerta rimangono strette) e la riduzione dei tassi, di cui hanno molto beneficiato titoli pubblici e bancari, inizia a essere trasmessa alle piccole aziende.
Nell’insieme i pochi dati disponibili puntano a un PIL invariato nel quarto trimestre, stima che deve trovare conferma nei numeri prossimamente in uscita; rispetto ad attese di ulteriore calo, ciò sarebbe una migliore base per la ripartenza già dall’avvio dell’anno prossimo. Le riforme strutturali danno frutti nel medio termine, ma nell’immediato rispondono alla domanda di cambiamento del Paese e restituiscono così la fiducia necessaria a rilanciare consumi e investimenti.
Per maggiori dettagli si veda la Congiuntura Flash di novembre nella Libreria del CSC.
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In settembre il commercio mondiale è aumentato dell’1,9% su agosto, chiudendo il terzo trimestre con una crescita del 2,0% rispetto al secondo, quando aveva registrato +0,7% (-0,6% nel primo), e con un trascinamento dell’1,1% sul quarto. Ciò influenza positivamente la dinamica del 2014, rendendo probabile una crescita annua superiore a quella del 2013 (+2,7%).
Questa accelerazione è stata determinata dal forte aumento degli scambi mondiali dei paesi emergenti (+3,3% nel terzo trimestre da +0,7% nel secondo), il cui peso è quasi pari al 40% di quelli totali, e dal rafforzamento della crescita di quelli degli avanzati (+0,8% da +0,6%).
Le prospettive per la fine dell’anno sono meno positive. In ottobre la componente ordini esteri del PMI globale è diminuita a 50,9 da 52,2 di settembre. In novembre la stessa componente indica minore espansione in Cina e calo in Francia e in Germania (per la prima volta da luglio 2013).
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La fiducia dei consumatori italiani è scesa di 1,1 punti in novembre su ottobre, proseguendo lungo un trend di correzione iniziato lo scorso giugno, dopo che in maggio aveva raggiunto il valore massimo dalla primavera del 2011. La riduzione dell'indice generale è dovuta al peggioramento delle valutazioni sulle condizioni personali e su quelle attuali (-1,6 punti in entrambi), che incidono più direttamente sulle decisioni di spesa; la componente economica (relativa ai giudizi sull’Italia), il cui ridimensionamento aveva contribuito riportare giù la fiducia complessiva negli ultimi cinque mesi, è invece migliorata nell’ultimo mese (+2,4 punti). Nel bimestre ottobre-novembre l’indice complessivo si attesta su livelli inferiori di 1,9 punti rispetto alla media del terzo trimestre (quello personale scende di un punto).
In novembre sono marginalmente peggiorati i giudizi sulla situazione economica della famiglia (stabili nell’ultimo bimestre rispetto al terzo trimestre) e, per il terzo mese consecutivo, quelli sul bilancio famigliare (nella media degli ultimi due mesi il saldo è inferiore di 5 punti rispetto ai mesi estivi). I giudizi relativi all’opportunità di acquisto di beni durevoli sono diminuiti per il secondo mese di fila (i livelli sono in linea con la media del 3° trimestre). Per l’immediato futuro le valutazioni sono meno negative, essendo migliorate le attese sulla situazione economica delle famiglie e dell’Italia. Sono aumentate, però, le preoccupazioni sulle prospettive dell’occupazione.
La tendenza di questi indicatori suggerisce che il comportamento di spesa delle famiglie italiane rimarrà ancora improntato a grande cautela, giustificata dall’incertezza.
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Gli indicatori congiunturali nell’Area euro non sono più uniformemente negativi. Ciò punta a una stabilizzazione della dinamica economica, seppure su bassi livelli.
La fiducia delle imprese tedesche è aumentata in novembre: l’indice IFO è tornato a salire (+1,5 punti su ottobre) dopo sette mesi di riduzioni, confermando le indicazioni positive fornite dall’indice ZEW (+15,1 punti). L’attività economica in Germania resta in rallentamento (-1,8 punti il PMI composito a novembre), non essendo più immune dalla frenata di tutta l’Area. Ma il miglioramento della fiducia è la premessa per un cambio di passo in avvio 2015.
In ottobre l’export italiano extra-UE è diminuito dell’1,2% su settembre. Il calo, però, è soprattutto una correzione statistica, dopo il forte aumento in settembre (+4,1%) trainato dal balzo dei beni strumentali (+11,8%) per transazioni eccezionali di mezzi marittimi. Infatti, l’export di beni strumentali in ottobre è diminuito del 6,4%, mentre tutte le altre componenti (beni di consumo, intermedi ed energetici) sono in aumento. Il combinato agosto-ottobre rimane ampiamente positivo e fa intravedere l'avvio di una fase di crescita più rapida.
Tanto più che nei prossimi mesi l’export dell’Italia e di tutta l’Area euro beneficerà in misura crescente della svalutazione della moneta unica in atto dall’estate (-8,2% a novembre da giugno).
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In novembre l’attività economica nell’Area euro ristagna e le prospettive di crescita restano molto deboli anche per i prossimi mesi.
L’indice PMI composito è sceso a 51,4 (da 52,1 in ottobre), segnalando una crescita al ritmo più basso da luglio 2013. Rallenta, in particolare, l’attività nei servizi (51,3 da 52,3), mentre accelera marginalmente la produzione manifatturiera (51,8 da 51,5). I nuovi ordini sono in contrazione per la prima volta in 16 mesi, a causa di un calo nel manifatturiero per il terzo mese consecutivo e di una sostanziale stagnazione nei servizi.
In Francia prosegue il calo dell’attività economica per il settimo mese consecutivo (PMI composito a 48,4 da 48,2): il ritmo di caduta decelera nei servizi ma accelera nel manifatturiero. In Germania l’attività cresce al tasso più basso degli ultimi sedici mesi (52,1 da 53,9): la frenata coinvolge entrambi i settori, con il manifatturiero fermo (50,0 da 51,4). Il calo dei nuovi ordini manifatturieri accelera in entrambi i paesi e coinvolge anche il settore estero, per la prima volta in Germania da luglio 2013.
La debolezza degli ordini nelle due principali economie e nel complesso dell’Area euro preannuncia una dinamica fiacca dell’attività anche a fine anno.
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