Schengen in pericolo di morte?
Oggi l’Ungheria ha chiuso le sue frontiere con la Serbia – come si sa con un “muro“ di filo spinato – annunciando il passaggio a sanzioni penali per i migranti che entrassero clandestinamente nel territorio nazionale.
Due giorni fa la Germania stessa, su pressione delle autorità locali, travolte forse più politicamente che materialmente dall’afflusso degli immigrati degli ultimi giorni, ha sospeso la libera circolazione con l'Austria e misure analoghe sono allo studio in altri Paesi.
Se a questo si aggiunge il sostanziale nulla di fatto alla riunione dei Ministri degli interni di ieri a Lussemburgo, siamo molto lontani dallo scenario ipotizzato da Jean Claude Juncker la scorsa settimana a Strasburgo quando, presentando il suo piano per la distribuzione di 160.000 migranti mediante quote obbligatorie, aveva dichiarato che “Schengen non subirà modifiche durante il mandato della presente Commissione” (…).
Si tocca qui un punto che può essere di non ritorno, con un possibile effetto Tsunami su altre politiche comuni UE. Non a caso un ministro belga ha dichiarato che i Paesi dell’Est non possono pensare di chiamarsi fuori da qualsiasi condivisione dei costi del fenomeno migratorio e poi pretendere a cuor leggero di riscuotere puntualmente fino all’ultimo euro i generosi fondi strutturali che in nome della solidarietà europea sono messi a loro disposizione e pagati, giova ricordarlo, dai fondi nazionali che concorrono a formare il bilancio comunitario.
Allo stesso modo, come il Presidente del Consiglio ha già sottolineato a varie riprese, è difficile pensare a un Europa incapace di gestire la crisi migratoria e invece vederla solida come una roccia nell’applicare alla virgola le regole del fiscal compact.
Insomma la posta in gioco è ampia, perché coinvolge gli altri fronti sui quali l’Europa si trova ad un bivio, tra cui: che fare con le richieste britanniche, come fronteggiare i risultati, domenica, delle nuove elezioni greche che rischiano di vedere un pareggio fra Syriza spurgata degli elementi più estremisti, e il centro destra di Nea Dimokratia; che fare, infine, per una risposta congiunta alla crisi siriana e non in ordine sparso.
Francia e Regno Unito scaldano i muscoli minacciando interventi aerei “chirurgici” contro basi dell’ISIS che, come si sa, avranno forse un impatto mediatico, ma comporteranno poche conseguenze effettive sul campo senza una risoluta azione diplomatica in grado di gettare le basi di una soluzione complessiva.
Certo, il fatto che anche la Turchia sia tornata in campagna elettorale - e in che condizioni – con la scadenza del 1° novembre non aiuta a trovare il bandolo della matassa.
E intanto alle prese con questi problemi che ne investono l’essenza stessa, l’Unione europea sembra aver messo in secondo piano le sue politiche settoriali che da tempo sono “in folle” in attesa di un input della Commissione europea che stenta a venire.
Tranne poche eccezioni, e quelli ereditati dalla precedente gestione, non ci sono grossi dossier legislativi all’esame del Parlamento e del Consiglio.
Anch’essa un’anomalia sostanziale nel clima moroso che si respira a Bruxelles.
Gianfranco Dell’Alba
La Settimana dal 14 al 18 settembre
Settimana di commissioni al Parlamento europeo, con alcuni importanti dossier, tra i quali il voto, in commissione ENVI, del rapporto sui limiti di emissioni e all’omologazione per la combustione interna della macchine non stradali. Si segnala inoltre in commissione AGRI la discussione sul progetto di parere sulle pratiche commerciali sleali nella filiera alimentare.
Inoltre, si segnala che questo martedì, in due diversi eventi, saranno al Parlamento europeo per uno scambio di opinioni con i deputati italiani sia l’AD di ENI Claudio Descalzi che il Presidente di Federalimentare, Luigi Scordamaglia.
Per quanto riguarda il Consiglio, si riuniranno sia il Consiglio giustizia ed affari interni che quello Ambiente, il primo il 14 e il secondo il 18 settembre.
Matteo Borsani
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