Lampedusa, Europa
Il dramma di Lampedusa, dove mercoledì volerà il presidente della Commissione Europea, José Manuel Barroso, mette a fuoco in modo drammatico le tante ambiguità dello “stare insieme” degli europei.
Possibile – dicono in molti – scrivere quasi sotto dettatura la legge di stabilità in vista di un iter approvativo che, più che le tradizionali “imboscate” parlamentari, dovrà temere i censori di Bruxelles, e poi lasciare le frontiere esterne dell’Europa – unione doganale compiuta - alla esclusiva tutela dell’autorità dei singoli paesi, spesso dotati di leggi difformi, e senza un adeguato programma europeo in materia di immigrazione e asilo?
In settimana ne discuteranno i ministri degli interni, della giustizia, ne parlerà il Parlamento europeo ed è chiaro che la morte di centinaia di eritrei, che sfuggivano al terribile regime dittatoriale del loro paese, sarà tra i fatti marcanti della settimana europea.
Ve ne è ben donde, perché un Europa che ambisce ad essere “anche” un Unione politica non può girarsi dall’altra parte quando si muore per avervi accesso o continuare ad agire in ordine sparso.
Già, perché in Italia, pur con le storture della legislazione in vigore, si continua ad accogliere barconi che altrove sono respinti in mare o scoraggiati manu militari ad allontanarsi e in Grecia si dà via alla costruzione di un muro anti-immigrati con la frontiera turca.
Candidature europee
E’ ripartito in questi anni il dibattito sulle modalità di designazione dei candidati alle posizioni di vertice che dovranno essere attribuite all’indomani delle elezioni europee del 25 maggio prossimo, a partire da quella di presidente della Commissione europea in sostituzione di Barroso.
Come si sa, i socialisti europei hanno già messo in pista il Presidente del PE Martin Schulz, chiedendo che le altre famiglie politiche facciano lo stesso in modo che chi vincerà le elezioni del 2014 veda il suo “candidato premier” automaticamente designato dai capi di stati e di governo UE, ai quali, a norma dei trattati, è conferita questa responsabilità.
Una modifica “soft” delle regole a favore di una maggior centralità del Parlamento Europeo che tuttavia non piace a tutti. Mentre liberali e verdi seguiranno questa linea, i popolari appaiono fortemente contrari a una sorta di “primarie europee” prima del voto e soprattutto a contribuire a far perdere potere al Consiglio Ue dove sono in maggioranza.
E questo anche se i candidati nei loro ranghi non mancano, dal francese Barnier alla lussemburghese Viviana Reding, al premier polacco Donald Tusk e ad altri ancora.
Molto dipenderà dai pourparler CDU-SPD per la formazione del nuovo governo tedesco, dove la casella europea giocherà un ruolo di peso.
Vedremo come andrà a finire. Se ci sarà accordo a Berlino, questo avrà la sua ripercussione anche a Bruxelles.
Gianfranco Dell’Alba