Il Dipartimento per gli studi economici e il Mercato Interno del Parlamento europeo ha recentemente pubblicato uno studio sui costi e le barriere ai quali le imprese devono fare fronte per operare nel Mercato Interno. Lo studio è disponibile al seguente link: http://www.europarl.europa.eu/RegData/etudes/STUD/2016/578966/IPOL_STU(2016)578966_EN.pdf
Secondo lo studio, l’eliminazione di barriere e la riduzione dei costi nel mercato interno favorirebbero l’incremento della produttività e dell’innovazione, attraverso la creazione di economie di scala e una maggiore competitività delle imprese europee, capaci di operare in una dimensione transfrontaliera.
Nonostante tali obiettivi siano essenziali al completamento del Mercato Unico, l’attività di monitoraggio condotta a livello europeo risulta insufficiente e asistematica, mancando una chiara identificazione e quantificazione di costi e altri ostacoli al mercato.
Lo Studio individua due tipi di minacce alla piena integrazione del mercato: gli ostacoli al mercato strictu sensu e gli ostacoli normativi. Per i primi s’intendono restrizioni all’accesso o condotte discriminatore de facto sulla base della nazionalità o luogo di residenza e si riscontrano principalmente nel mercato digitale; i secondi discendono dalla forte frammentazione legislativa degli Stati Membri, specie in materia fiscale, e sono tipici del mercato dei servizi.
L’armonizzazione non rappresenta più un’efficace risposta alle difficoltà del mercato: occorre una valutazione scrupolosa di costi e oneri che gravano le imprese, soprattutto le PMI. Come stimato dal Gruppo di Alto Livello sugli Oneri Amministrativi, 87 miliardi di euro sono stati spesi dalle imprese europee per essere in linea con la tassazione nazionale.
Le lungaggini del processo legislativo europeo costituiscono un costo ulteriore per l’e-commerce, pari a 748 miliardi di euro, come evidenziato dallo Studio. Inoltre, l’applicazione non uniforme delle norme europee determina un forte divario tra le politiche adottate nei vari Stati Membri, aumentando la frammentazione del mercato. A questo si aggiunge il divario digitale, derivante dal lento recepimento degli strumenti dell’e-Government e dalla mancata adesione al paradigma del “digitale per default” da parte di alcuni Stati Membri. A tal proposito, lo Studio illustra due modelli di eccellenza nel campo dell’e-Government, provenienti dalla Corea del Sud e dall’Estonia.
Infine, un’altra criticità è data dall’uso improprio delle consultazioni con gli stakeholders e gli altri meccanismi di feedback (sondaggi, ricerche, studi).
Avendo individuato quattro macro-aree di intervento (Mercato Unico Digitale, servizi, disciplina del mercato dei prodotti e appalti pubblici), lo Studio propone dieci Raccomandazioni per risolvere questi problemi.
In particolare:
1. Modificare le strategie preesistenti con azioni concrete e scadenze ben definite;
2. Sviluppare un Piano d’Azione per identificare i servizi e-Government che potrebbero maggiormente trarre vantaggio da un coordinamento a livello UE;
3. Includere nel Piano d’Azione sull’e-Government per il 2016-2020 una proposta su un sistema elettronico di autenticazione interoperabile nell’Unione, una valutazione sui benefici derivanti da tale proposta, la definizione di standard comuni per le firme digitali, l’adozione della Proposta sul Gateway Digitale Unico da integrare con i sistemi già esistenti (come le piattaforme SOLVIT e Your Europe);
4. Sviluppare un Piano d’Azione per ridurre i costi delle PMI attraverso la creazione di un sistema comune IT per IVA e dogane;
5. Adottare misure in materia di tutela dei consumatori (geo-blocking, revisione del Regolamento CPC);
6. Informare sui costi che derivano dalla lentezza del processo legislativo;
7. Intraprendere iniziative come le “10 leggi europee più onerose per le PMI”;
8. Creare un sistema integrato per la raccolta delle informazioni rilevanti su costi e ostacoli al mercato;
9. Rivedere il test per le PMI;
10. Introdurre un sistema di consultazione costante per cittadini e imprese.
Lo studio è stato trasmesso ai deputati europei, ed in particolare alla commissione per il Mercato Interno, che nelle prossime settimane deciderà se e come dargli seguito.