Elezioni tedesche e riflessi europei
L’affermazione elettorale di Angela Merkel – vera e propria “donna sola al comando” – è certamente l’avvenimento più rilevante anche sul fronte europeo per i riflessi che la riconferma della Cancelliera avrà sul futuro dell’Unione europea.
L’analisi del voto è tuttavia più sfaccettata di quanto di primo acchito si possa immaginare. Infatti il poderoso balzo in avanti della CDU – CSU si è realizzato praticamente per intero a spese degli alleati liberali finiti sotto la soglia necessaria per entrare in Parlamento. Mentre a sinistra, complice anche l’erosione dei voti nel Centro destra ad opera del partito anti-Euro – anch’esso rimasto fuori dal Bundestag ma in pole position per un risultato migliore alle europee del maggio 2014 – le perdite dei Verdi e dell’estrema sinistra sono state compensate da una leggera avanzata SPD che fa sì che numericamente essa disponga di un piccolo scarto di vantaggio sui cristiano-democratici, naturalmente del tutto inutile per pensare a detronizzare Angela Merkel.
Rimossa l’ipotesi che gli exit poll avevano paventato di una maggioranza assoluta e perso l’alleato liberale, forse senza troppi rimpianti, la Merkel ha, come si sa, avviato i primi pourparlers con i social-democratici con i quali non va dimenticato che ha già governato nel sul primo mandato dal 2005 al 2009.
Per molti osservatori, la “große Koalition’’ è la formula che meglio si addice alla Germania e al suo modello di "economia sociale di mercato". Del resto lo stato di salute dell'economia tedesca deve molto alle riforme radicali in campo economico-sociale imposte dal governo Srchoeder nei primi anni 2000.
Adesso inizia il lungo processo negoziale che porterà alla nascita del governo e vedremo quanti elementi del programma socialdemocratico verranno ripresi dall'accordo di legislatura, come ad esempio i passaggi appena un po' più blandi sul fronte del "rigore" a livello europeo e della solidarietà con i paesi in difficoltà.
Per evitare equivoci - e derive verso il fronte euroscettico - la Merkel ha tenuto a ribadire prima e dopo i risultati elettorali che "chi ha colpe deve pagare" (in tedesco come si sa "debito" e "colpa" si dicono allo stesso modo...) e non sembra percepibile un netto cambiamento di rotta, anche se molti -a cominciare dal nostro governo- sperano in un affievolimento dei paletti imposti da Berlino.
Molto dipenderà anche dalla sentenza imminente della Corte costituzionale tedesca sui poteri della Banca Centrale europea che sotto la guida di Mario Draghi ha saputo affrancarsi della stretta marcatura della Bundesbank.
E' probabile che il terzo mandato Merkel, anche in prospettiva della partita che si apre l'anno prossimo con il rinnovo delle istituzioni UE (è peraltro candidato socialista alla presidente della Commissione l'SPD Martin Schultz) non cambi rotta su una interpretazione stretta del "Fiscal Compact". Auguriamoci però che sia sensibile alla crescente domanda di misure parallele in grado di sostenere la seconda gamba di quel Patto per la Stabilità e la Crescita finora disperatamente monco.
Gianfranco Dell’Alba