Segnaliamo la pubblicazione del messaggio Inps n. 4412 del 10 dicembre 2021 inerente le “Regolarizzazioni in caso di errata applicazione del massimale contributivo di cui all’articolo 2, comma 18, della legge 8 agosto 1995, n. 335. Anzianità contributiva anteriore al 1° gennaio 1996 conseguente alla presentazione di una domanda di riscatto o di accredito figurativo. Regime sanzionatorio”.
Il messaggio in oggetto definisce una delicata vicenda risalente a dicembre 2020 quando l’Inps, per evitare la prescrizione quinquennale dei contributi (2015-2020), ha inviato a molte imprese richieste di regolarizzazioni inerenti il versamento delle differenze contributive dovute per errata applicazione del massimale.
Grazie all’intervento di Confindustria, il messaggio n. 4412 accoglie le istanze delle imprese stabilendo che nelle regolarizzazioni derivanti dall’errata applicazione del massimale contributivo le sanzioni civili da applicarsi per omesso versamento contributivo vengono ridotte al solo tasso di interesse legale.
Breve sintesi della vicenda
La l.n. 335/95 ha introdotto per alcune tipologie di lavoratori (chi si iscrive dall’1.1.1996 a forme pensionistiche obbligatorie e chi esercita l’opzione per il sistema contributivo ex art. 23, l.n. 335/95) un massimale annuo della base contributiva e pensionabile oltre il quale la retribuzione non deve essere assoggettata a prelievo di contributi previdenziali.
Il massimale trova applicazione per la sola aliquota di contribuzione ai fini pensionistici (invalidità, vecchiaia e superstiti - IVS), pertanto la retribuzione eccedente costituisce base imponibile unicamente per le contribuzioni minori.
A partire dal 1996 l’Inps, con la circolare Inps n. 177, ha previsto che i datori di lavoro acquisiscano una dichiarazione del lavoratore attestante l’esistenza o meno di periodi utili o utilizzabili ai fini dell’anzianità contributiva ante 1. 1. 1996.
Con la successiva circolare n. 42/2009, è stata disciplinata la particolare ipotesi in cui l’anzianità antecedente all’1.1.1996 sia acquisita su richiesta del lavoratore, vale a dire nelle ipotesi di riscatto o accredito figurativo. In questo caso l’esclusione dell’applicazione del massimale decorre a partire dal mese successivo a quello di presentazione della domanda di riscatto, subordinatamente all’assolvimento del relativo onere economico o della domanda di accredito figurativo.
Circa un anno fa, l’Inps ha deciso di procedere ad una attività di verifica sul tema e che ha interessato i datori di lavoro privati che operano con il sistema Uniemens, con riferimento a determinate tipologie di anomalie rilevate nei flussi di denuncia.
Pertanto, con il messaggio n. 5062/2020 venivano specificate le tipologie di anomalie e le indicazioni per procedere al recupero dei contributi non versati laddove per il lavoratore venisse accertata la presenza di anzianità contributiva ante 1.1.1996 e l’assenza di esercizio dell’opzione per il sistema contributivo (ex art. 1, co. 23, l. n. 335/1995)
Con il messaggio citato si precisava che il regime sanzionatorio da applicarsi sarebbe stato quello previsto in caso di omissione contributiva (art. 116, co. 8, lettera a), l.n.388/2000388, e non di evasione contributiva.
Ciò in quanto nel caso di regolarizzazione che consegua alla variazione dello status del lavoratore - da “nuovo iscritto” a “vecchio iscritto” - e che determina la legittimazione dell’Istituto al recupero della contribuzione IVS per effetto della rilevata differenza di imponibile preso a riferimento ai fini dell’adempimento mensile, non risulta ravvisabile l’intento del datore di lavoro di occultare le retribuzioni erogate.
Naturalmente, l’avvio delle attività di controllo sulla corretta applicazione del massimale ha determinato una serie di contestazioni sulla misura delle sanzioni civili richieste.
In particolare, le eccezioni mosse dalle imprese - e da Confindustria supportate e rappresentate nelle apposite sedi - sono state dirette a evidenziare la connotazione di incertezza dell’obbligo contributivo che, restando condizionato dalle scelte del lavoratore, può, nel corso del rapporto di lavoro, incidere sulla misura dell’onere contributivo che, ove assolto sulla base dell’originaria dichiarazione del lavoratore, potrebbe in concreto determinare una conseguente omissione. Del resto, la l.n. 335/1995 – con riferimento al massimale annuo della base contributiva e pensionabile - non ha previsto specifici obblighi (e conseguenti sanzioni in caso di violazione) in capo ai lavoratori in ordine alla comunicazione al datore di lavoro degli elementi che possono essere destinati a modificare la misura dei conseguenti obblighi contributivi.
In mancanza di comunicazione del lavoratore, il datore di lavoro continua ad adempiere all’obbligo contributivo ritenendo ancora utile, ai fini della misura della contribuzione dovuta, l’unica dichiarazione resa dal lavoratore all’atto dell’assunzione.
In virtù di quanto sopra esposto, l’Inps ha deciso di applicare, fermo restando l’integrale pagamento dei contributi dovuti, la riduzione delle sanzioni civili fino alla misura degli interessi legali, sul presupposto che, in assenza di rettifica della dichiarazione originariamente resa dal lavoratore sulla presenza o meno di versamenti contributivi ante 1.1.1996, il datore di lavoro avrebbe continuato a considerare regolarmente adempiuto l’obbligo contributivo
La ratio della scelta - da noi caldeggiata e sostenuta e poi dall’Istituto adottata - deve ravvisarsi nell'esigenza di evitare conseguenze eccessivamente onerose in caso di mancato o ritardato pagamento dei contributi dovuto a situazioni di obiettiva incertezza non dipendenti dalla volontà del datore di lavoro.
Pertanto qualora le imprese avessero già provveduto a ottemperare alle richieste dell’Inps di regolarizzazione inviate lo scorso anno e che non tenevano conto di questa importante novità sarà possibile procedere con le richieste di recupero.
Messaggio_numero_4412_del_10-12-2021.pdf|Visualizza dettagli