1. Aggiornamenti tariffari
Con la circolare n. 45 del 16 dicembre 2022, l’Istituto introduce alcune modifiche al regime tariffario.
Dopo l’aggiornamento della tariffa ordinaria per i dipendenti, di quella per i marittimi assicurati nella gestione navigazione e della tariffa relativa ai premi speciali unitari per gli artigiani, entrate tutte in vigore dal 1° gennaio 2019, a seguito dell’approvazione dei relativi decreti interministeriali del 27 febbraio 2019, l’Istituto ha introdotto alcune innovazioni alla tariffa di alcune categorie di lavoratori.
Per effetto del decreto interministeriale del 6 settembre 2022, per alcune categorie di lavoratori l’assicurazione dal 1 gennaio 2023 è stata ricondotta al premio di assicurazione “ordinario” di cui all’articolo 41 del decreto del Presidente della Repubblica 30 giugno 1965, n. 1124, mentre per alcuni premi speciali è stata aggiornata solo la misura e per altri è stata confermata la vigente misura, fermo restando l’adeguamento al limite minimo di retribuzione giornaliera.
Le varie innovazioni riguardano le seguenti categorie di lavoratori:
- facchini riuniti in cooperative addetti a lavori di carico e scarico di merci e materiali, compresi i lavori di facchinaggio nei porti e a bordo di navi;
- barrocciai, vetturini e ippotrasportatori soci di cooperative addetti a lavori di trasporto mediante trazione animale o someggio;
- pescatori della piccola pesca marittima e delle acque interne soci di cooperative di pesca di cui alla legge 13 marzo 1958, n. 250, che esercitano la pesca quale esclusiva o prevalente attività lavorativa;
- persone addette ai lavori di frangitura e spremitura delle olive tutelate ai sensi del titolo I del decreto del Presidente della Repubblica 30 giugno 1965, n. 1124, vale a dire gli addetti ai frantoi che operano durante la campagna olearia;
- componenti del nucleo artigiano (titolare, familiari coadiuvanti, soci) che svolgono l’attività di frangitura e spremitura delle olive per la durata della campagna olearia (e quindi con carattere di stagionalità);
- pescatori autonomi della piccola pesca marittima e delle acque interne di cui alla legge 13 marzo 1958, n. 250, che esercitano la pesca quale esclusiva e prevalente attività lavorativa per proprio conto, senza essere associati in cooperative;
- candidati all’emigrazione sottoposti a prove d’arte prima dell’espatrio;
- allievi iscritti ai corsi ordinamentali di istruzione e formazione professionale curati dalle istituzioni formative e dagli istituti scolastici paritari, accreditati dalle Regioni, istituito dall’articolo 32, comma 8, del decreto legislativo 14 settembre 2015 n. 150;
- soggetti impegnati in attività di volontariato a fini di utilità sociale e in lavori di pubblica utilità con oneri assicurativi a carico del Fondo di cui all’articolo 1, comma 312, della legge 28 dicembre 2015, n. 208 e dell’articolo 2, comma 2, del decreto legislativo 2 ottobre 2018, n. 124;
- percettori del reddito di cittadinanza impegnati nei Progetti Utili alla Collettività (PUC), di cui al decreto del Ministro del lavoro e delle politiche sociali 14 gennaio 2020.
Rinviamo alla lettura della circolare e degli allegati per i numerosi aspetti di merito e procedurali.
2. Lavoro sportivo: profili assicurativi
Nell’ambito del riordino e riforma generale del diritto sportivo, il decreto legislativo 28 febbraio 2021, n. 36 ha rivisto la regolamentazione del lavoro sportivo.
Premesso che, a norma dell’art. 25, comma 5, ai rapporti di lavoro sportivo si applicano, in quanto compatibili, le norme di legge sui rapporti di lavoro nell'impresa, incluse quelle di carattere previdenziale e tributario, l’art. 34 disciplina il regime dell’assicurazione contro gli infortuni e le malattie professionali, rinviando ad un apposito decreto interministeriale la determinazione delle retribuzioni e i relativi riferimenti tariffari ai fini della determinazione del premio assicurativo.
È stato ora emanato il richiamato decreto interministeriale del 21 novembre 2022, con il quale sono state stabilite le regole applicative della normativa sopra richiamata.
In particolare, il decreto interministeriale stabilisce
- la retribuzione e riferimenti tariffari ai fini della determinazione del premio assicurativo
- decorrenza dell’obbligo assicurativo dal 1° gennaio 2023.
Per quanto riguarda il primo aspetto, l’Inail precisa che la retribuzione dei lavoratori sportivi (art. 34, comma 1, del decreto legislativo 28 febbraio 2021, n. 36) da assumersi ai fini della determinazione del premio di assicurazione è quella individuata ai sensi dell’art. 29 del decreto del Presidente della Repubblica 30 giugno 1965, n. 1124 (ammontare lordo del reddito da lavoro dipendente, salvo quanto stabilito dall’art. 116, comma 3, del medesimo decreto (relativo al minimale di rendita).
Ai fini della determinazione del premio assicurativo, l’Inail individua i riferimenti tariffari per
a) l’attività degli atleti, degli allenatori, dei direttori tecnico-sportivi, dei preparatori atletici e dei direttori di gara: classificata alla voce 0590 della gestione Industria delle tariffe dei premi, che assume la declaratoria “Attività dei lavoratori sportivi”.
b) l’attività degli istruttori sportivi: classificata alla voce 0610 della gestione Industria delle tariffe dei premi.
Si ricorda, in quanto materia strettamente connessa con quella assicurativa, che ai lavoratori sportivi si applica la disciplina in materia di tutela della salute e sicurezza nei luoghi di lavoro “in quanto compatibile con le modalità della prestazione sportiva” (art. 33 del Dlgs 36/2021). Al di là della indeterminatezza di tale dizione, va in ogni caso ricordato che il Dlgs 81/2008 disciplina gli obblighi di salute e sicurezza diversamente a seconda delle diverse ipotesi di lavoro subordinato, collaborazione e lavoro autonomo.
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L’Inail ha pubblicato gli elenchi cronologici regionali e provinciali delle domande pervenute in relazione al Bando ISI 2021.
L’elenco è organizzato su base regionale, e, per ciascuna Regione, sono indicate le graduatorie delle domande relative a ciascuna delle 7 tematiche finanziate con il Bando ISI 2021 (investimento, responsabilità sociale e modelli organizzativi, movimentazione manuale dei carichi, bonifica da materiali contenenti amianto, trattamento e smaltimenti dei rifiuti e del recupero e preparazione per il riciclaggio, progetti del settore della produzione primaria dei prodotti agricoli e progetti presentati da giovani agricoltori).
Considerata la limitata capienza di ciascun finanziamento, l’Istituto distingue le aziende collocate in posizione utile per l’ammissibilità al finanziamento (nell’elenco contraddistinte con la lettera S), quelle subentrate in posizione utile per l’ammissibilità al finanziamento, a seguito del recupero reso possibile dall’esclusione delle domande annullate per violazione delle Regole tecniche in applicazione dell’art. 14 del bando ISI 2021 (nell’elenco contraddistinte con la lettera S-REC) e quelle ritenute provvisoriamente non ammissibili per carenza di fondi (nell’elenco contraddistinte con la lettera N).
Tra il 12 dicembre 2022 e il 20 gennaio 2023, ore 18:00 le imprese utilmente collocate in graduatoria (contraddistinte con la lettera S e S-REC), a pena di decadenza, dovranno inviare il modulo di domanda (Modulo A) unitamente alla documentazione a suo completamento, come previsto dall’art. 15 del bando.
Il 28 febbraio 2023, secondo le attuali indicazioni dell’Istituto, saranno pubblicati gli elenchi definitivi.
A valle della procedura di apertura e chiusura dello sportello informatico (svoltasi il 16 novembre 2022) sono state registrate alcune criticità.
Da una parte, l’Istituto ha verificato invii multipli, vietati dal Bando ISI (in particolare, nelle regole tecniche pubblicate il 12 settembre 2022, punto 5) ed ha provveduto ad annullare le relative domande, così consentendo ad altre imprese di partecipare (quelle la cui domanda è contrassegnata con la lettera S-REC).
Dall’altra, Confindustria ha evidenziato dei disguidi relativi al momento dell’invio della domanda a causa dell’uso del link di invio del codice identificativo associato al proprio progetto senza previo accesso in ambiente Inail (tramite SPID), con la conseguenza che le stesse sono rimaste nella parte di “prova” del sito. Questo non ha consentito neppure di tenere traccia informatica della domanda (aspetto che, forse, avrebbe consentito un recupero della domanda).
Confindustria ha evidenziato questa criticità ai vertici dell’Istituto, i quali hanno effettuato approfondimenti (la data di pubblicazione degli elenchi provvisori è infatti slittata dal 30 novembre al 7 dicembre) che, per un verso, hanno evidenziato l’errore in cui sono cadute alcune imprese ma, d’altra parte, hanno determinato il riconoscimento da parte dell’Istituto della esigenza di maggiore chiarezza nella procedura, in particolare intervenendo sulla fase della “prova” in modo da distinguere nettamente la fase dell’invio per prova da quella formale di invio della domanda.
Il Bando ISI, pur confermandosi utile al fine di redistribuire alle aziende le risorse sotto forma di incentivi economici alla prevenzione, nonostante i miglioramenti procedurali introdotti nel tempo conferma ancora una volta criticità, sia nella concezione generale (bando a sportello con il click day) sia nella parte procedurale.
Confindustria ha sollecitato i vertici dell’Istituto ad analizzare i vari problemi presenti, ricercando soluzioni (normative ed organizzative) che rendano semplice e più ampia la partecipazione delle imprese e che consentano di aumentare le risorse da redistribuire alle imprese, riducendo così l’avanzo economico annuale che, inutilizzato, viene versato nella tesoreria.
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Premessa
Come noto, il DL 146/2021 ha ridisciplinato la funzione del preposto: se, infatti, da un lato, la definizione (art. 2, comma 1, lett. e)[1] è stata mantenuta ferma, dall’altro (art. 19, comma 1, lett. a) ed f-bis)[2], le competenze e le attribuzioni (nonché le responsabilità penali) sono state incise in modo significativo.
Già in quella occasione avevamo sottolineato l’importanza di alcuni passaggi della Relazione relativi alla distribuzione delle competenze secondo la logica delle sfere di garanzia ormai consolidata in giurisprudenza ed alla lettura delle nuove funzioni del preposto.
La Cassazione offre, ora, ulteriori tasselli ricostruttivi che è opportuno sottolineare e che vanno dalla distribuzione degli obblighi e responsabilità in materia di sicurezza all’inquadramento della figura del preposto.
La distribuzione degli obblighi
Il punto di partenza della ricostruzione logico-ermeneutica di Cass. 42035/2022 è la conferma del concetto di sfera di responsabilità ai fini di una distribuzione di obblighi e responsabilità che possa dirsi rispettoso del principio costituzionale della colpevolezza (tra datore di lavoro, dirigente e preposto).
In tema di prevenzione degli infortuni sul lavoro, ricorda la Cassazione, ai fini dell'individuazione del soggetto espressamente deputato alla gestione dello specifico rischio deve tenersi presente il principio in base al quale alla sfera di responsabilità del preposto attiene l'infortunio occasionato dalla concreta esecuzione della prestazione lavorativa, a quella del dirigente il sinistro riconducibile al dettaglio dell'organizzazione dell'attività lavorativa e a quella del datore di lavoro, invece, l'incidente derivante da scelte gestionali di fondo.
Il secondo punto è il ricorrente passaggio relativo al superamento del modello iperprotettivo della legislazione degli anni 50 e 60 (interamente incentrato sulla figura del datore di lavoro investito di un obbligo di vigilanza assoluta sui lavoratori (non soltanto fornendo i dispositivi di sicurezza idonei, ma anche controllando che di questi i lavoratori facciano un corretto uso, imponendosi contro la loro volontà) che lascia il posto a quello collaborativo introdotto dalla legislazione comunitaria (in cui gli obblighi sono ripartiti tra più soggetti, compresi i lavoratori). Con l’effetto del passaggio dal principio "dell'ontologica irrilevanza della condotta colposa del lavoratore" al concetto di "area di rischio" che il datore di lavoro è chiamato a valutare in via preventiva.
Il terzo punto, di particolare rilievo, è quello afferente alle responsabilità “all’interno della sfera di rischio”. È un passaggio importante perché sembra (con i limiti della rilevanza di una sentenza nel panorama giurisprudenziale) superare le affermazioni che tendono ad accomunare le posizioni del datore di lavoro, del dirigente e del proposto affermando l’esistenza di più titolari della posizione di garanzia.
La sentenza in commento, infatti, precisa che “non può esservi alcun esonero di responsabilità all'interno dell'area di rischio, nella quale si colloca l'obbligo datoriale di assicurare condizioni di sicurezza appropriate anche in rapporto a possibili comportamenti trascurati del lavoratore”.
A questo proposito soccorre la sentenza 1103/72022, la quale precisa la questione della presenza di più posizioni di garanzia. Secondo il principio generale, “nei reati omissivi colposi, se più sono i titolari della posizione di garanzia , ciascuno è, per intero, destinatario dell'obbligo giuridico di impedire l'evento”. Un principio che sembra cozzare irrimediabilmente contro l’altro relativo alla distribuzione delle sfere di garanzia. La sentenza precisa, in questo la sua rilevanza, che “se è possibile che determinati interventi siano eseguiti da uno dei garanti, è, però, doveroso per l'altro o per gli altri garanti, dai quali ci si aspetta la stessa condotta, accertarsi che il primo sia effettivamente intervenuto”.
Se, dunque, è vero che il datore di lavoro è il titolare della posizione di garanzia generale (che appare sovrapporsi con quella di dirigente e preposto), suo obbligo specifico – una volta organizzato il sistema della sicurezza, anche mediante l’individuazione di dirigenti e preposti - non è più quello di svolgere le stesse funzioni affidate ai vari soggetti dell’organizzazione aziendale, ma quello di accertarsi che il primo garante (il dirigente per l’organizzazione ed il preposto per la sorveglianza in fase esecutiva) siano intervenuti.
Una ricostruzione che, così precisata, rende ragione del principio dell’esistenza di più titolari della stessa posizione di garanzia, evidenziando che, in realtà, a valle dell’organizzazione, tali posizioni si modificano, passando dall’azione al controllo e giustifica quanto previsto all’art. 18, comma 3bis del Dlgs 81/2008 sull’obbligo di vigilanza del datore di lavoro: “obbligo che può ritenersi assolto soltanto in caso di predisposizione e attuazione di un sistema di controllo effettivo, adeguato al caso concreto, che tenga conto delle prassi elusive seguite dai lavoratori di cui il datore di lavoro sia a conoscenza” (Cass., 42035/2022).
Il preposto
L’obbligo di vigilanza posto in capo al preposto dalla definizione generale è stato rafforzato con la modifica dell’art. 19 del Dlgs 81/2008.
Il preposto è dunque la “figura della sicurezza precisamente deputata alla vigilanza dell'osservanza delle misure di prevenzione, atteso che lo stesso obbligo datoriale di vigilanza può ritenersi assolto soltanto in caso di predisposizione e attuazione di un sistema di controllo effettivo, adeguato al caso concreto, che tenga conto delle prassi elusive seguite dai lavoratori di cui il datore di lavoro sia a conoscenza” (Cass., 42035/2022).
Una prima osservazione è relativa all’oggetto del controllo: le prassi elusive di cui sia a conoscenza il datore di lavoro. Questa specificazione consente di arricchire la conoscenza dell’attività richiesta al preposto e di orientare la sua funzione ad una sorveglianza prevalentemente verso le prassi (ossia i comportamenti dei lavoratori ripetuti nel tempo) più che ai singoli gesti lavorativo.
Una logica confermata, oltre che dal riferimento normativo ai comportamenti lavorativi più che alla concreta esecuzione del lavoro momento per momento, anche dalla Relazione della Commissione parlamentare, laddove si conferma che l’obbligo di vigilanza non consiste in un obbligo di presenza continuativa di un preposto per ogni attività di lavoro. Orientamento confermato anche da recente giurisprudenza[3].
Un secondo approfondimento riguarda le modalità del controllo.
La sentenza 11037/2022 si sofferma su questo aspetto ed appare significativa, anche perché in linea con le conclusioni della Commissione parlamentare.
Nella pronuncia si evidenza che, nella fattispecie, “il DVR non prevedeva una griglia di controlli - sistematici o a campione ma sistemici - sul rispetto delle regole cautelari previste, né un sistema di controllo sull'onere di informazione dei responsabili di unità e di area verso il direttore regionale in punto di utilizzo effettivo dei dispositivi di protezione individuale né l'elaborazione del DVR prevedeva un sistema, a cascata, di controlli sull'effettivo rispetto delle procedure di sicurezza elaborate e per prevenire infortuni. Se così è, risulta evidente che il DVR era effettivamente inadeguato, anche solo con riferimento ai protocolli operativi nell'utilizzo di macchinari e dispositivi finalizzati al taglio.
Allo stesso tempo, non risultano controlli effettivi da parte del responsabile di unità sull'effettivo e costante utilizzo dei DPI da parte dei singoli lavoratori; nulla sembra riferito dal responsabile di unità delegato al direttore regionale, non risultano protocolli di controllo, nemmeno a campione richiesti dal direttore generale né verifiche effettive da parte dell'imputato ricorrente sui controlli del responsabile di unità e di area.
La conclusione è che i responsabili di Area e di Unità non controllavano, S.M. non esigeva report né aggiornamenti sicché l'utilizzo dei guanti di lattice, in dispregio dei dispositivi di protezione individuale era, con rifermento alla vicenda per cui vi è processo, una prassi diffusa, in totale violazione degli oneri di reciproca informazione cui erano tenuti i soggetti destinatari di deleghe in tema di sicurezza sui luoghi di lavoro”.
Ecco, quindi, che emerge, con sufficiente chiarezza, l’intersezione tra organizzazione della vigilanza e controllo del datore di lavoro sul preposto: sistemica (anche se non sistematica e anche a campione) la prima, riscontrabile mediante una specifica procedura informativa, il secondo.
Indicazioni operative
Dai principi giurisprudenziali sopra richiamati, appare possibile declinare alcune generali indicazioni operative.
In primo luogo, appare opportuna una approfondita analisi del contesto aziendale in tema di ruoli e attribuzioni, volta ad escludere (ed eventualmente a correggere) aree di carente organizzazione e vigilanza.
A valle dell’analisi, può essere indicato un chiarimento dei diversi ruoli e funzioni in tema di sicurezza (così acquisendo anche un organigramma che chiarisca le diverse sfere di garanzia e di conseguente responsabilità).
Rileva, poi, una corretta (ed eventuale) attribuzione delle deleghe (art. 16 Dlgs 81/2008).
Fondamentale, di seguito, l’individuazione del o dei preposti, secondo l’organizzazione aziendale (in modo da evitare aree di omessa vigilanza). Ovviamente si tratta di una indicazione eventuale, in quanto ben potrebbe il datore di lavoro indicare se stesso come preposto laddove l’organizzazione non richiedesse una differenziazione del ruolo di datore di lavoro ed il soggetto chiamato a vigilare.
Altrettanto essenziale è l’individuazione di una procedura di controllo sulle attività del preposto, dalla quale risultino tanto l’azione sistemica di vigilanza del preposto sui lavoratori quanto quella costante ed informata del datore di lavoro sul preposto.
Conclusione
Le sentenze richiamate sollecitano, ancora una volta, l’attenzione ad una organizzazione corretta e trasparente, dove – anche richiamando le indicazioni dell’art. 28 del Dlgs 81/2008 – sia chiara e puntuale “l'individuazione delle procedure per l'attuazione delle misure da realizzare, nonché dei ruoli dell'organizzazione aziendale che vi debbono provvedere, a cui devono essere assegnati unicamente soggetti in possesso di adeguate competenze e poteri”.
Diversi punti restano da chiarire sulla novità normativa di fine 2021 che interessa la figura del preposto. Per questi, rinviamo ad un successivo intervento, anche alla luce di annunciati chiarimenti da parte dell’Ispettorato nazionale del lavoro.
[1] “Persona che, in ragione delle competenze professionali e nei limiti di poteri gerarchici e funzionali adeguati alla natura dell'incarico conferitogli, sovrintende alla attività lavorativa e garantisce l'attuazione delle direttive ricevute, controllandone la corretta esecuzione da parte dei lavoratori ed esercitando un funzionale potere di iniziativa”
[2] “Sovrintendere e vigilare sull'osservanza da parte dei singoli lavoratori dei loro obblighi di legge, nonché delle disposizioni aziendali in materia di salute e sicurezza sul lavoro e di uso dei mezzi di protezione collettivi e dei dispositivi di protezione individuale messi a loro disposizione e, in caso di rilevazione di comportamenti non conformi alle disposizioni e istruzioni impartite dal datore di lavoro e dai dirigenti ai fini della protezione collettiva e individuale, intervenire per modificare il comportamento non conforme fornendo le necessarie indicazioni di sicurezza. In caso di mancata attuazione delle disposizioni impartite o di persistenza dell'inosservanza, interrompere l'attività del lavoratore e informare i superiori diretti” e “in caso di rilevazione di deficienze dei mezzi e delle attrezzature di lavoro e di ogni condizione di pericolo rilevata durante la vigilanza, se necessario, interrompere temporaneamente l'attività e, comunque, segnalare tempestivamente al datore di lavoro e al dirigente le non conformità rilevate”
[3] Cass., sent. n. 11030/2022 :”Incombe sul datore di lavoro il compito di vigilare, anche mediante la nomina di un preposto, sulle modalità di svolgimento del lavoro in modo da garantire la corretta osservanza delle disposizioni atte a prevenire infortuni sul lavoro, in quanto il datore di lavoro deve vigilare per impedire l'instaurazione di prassi contra legem foriere di pericoli per i lavoratori, con la conseguenza che, in caso di infortunio del dipendente, la condotta del datore di lavoro che abbia omesso ogni forma di sorveglianza circa la pericolosa prassi operativa instauratasi, integra il reato di omicidio colposo aggravato dalla violazione delle norme antinfortunistiche. Nel caso in esame, emerge la responsabilità del datore di lavoro, in quanto non aveva vigilato e non aveva previsto la presenza sul posto di un preposto o, quantomeno, di un caposquadra, che impedisse modifiche imprudenti al cantiere destinate a compromettere la sicurezza dei lavoratori”
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