Facciamo seguito alla nostra news del 28 giugno scorso per comunicarvi che è entrata in vigore ieri la modifica della direttiva in materia di amianto:
- direttiva (UE) 2023/2668 del Parlamento europeo e del Consiglio del 22 novembre 2023 che modifica la direttiva 2009/148/CE sulla protezione dei lavoratori contro i rischi connessi con un’esposizione all’amianto durante il lavoro (Gazzetta ufficiale dell’Unione europea del 30 novembre 2023 serie L).
Il termine per il recepimento negli Stati membri è il 21 dicembre 2025.
La direttiva ha avuto un lungo e complesso iter di definizione e contiene numerose novità e criticità, che andranno attentamente monitorate in fase di recepimento e richiederanno da parte delle aziende un tempo adeguato per la loro implementazione. L’iter parlamentare ha infatti introdotto numerose modifiche al testo proposto dalla Commissione come dettagliato nella nostra news del 26 maggio 2023.
Nel merito direttiva prevede numerose modifiche, che in particolare riguardano: il valore limite di esposizione, i requisiti di formazione, la notifica, la rimozione come misura prioritaria, le metodiche di campionamento, le malattie professionali, etc.
Sono, inoltre, previste, diverse azioni per la Commissione europea quali: valutare la necessità di misure supplementari per garantire la protezione dall’esposizione “secondaria” all’amianto sul luogo di lavoro; di fornire un adeguato sostegno tecnico ai datori di lavoro e informazioni sui pertinenti fondi dell’Unione, con l’obiettivo di aiutare gli Stati membri a utilizzare al meglio tali fondi e a facilitarne l’accesso, in particolare per le piccole e medie imprese, comprese le microimprese.
Confindustria è stata parte attiva nell'iter di definizione della proposta da parte della Commissione, in quanto componente del Comitato preposto alla definizione dei pareri sui valori limite oggetto della direttiva ed ha continuato la sua azione, raccogliendo le istanze del sistema e sensibilizzando le istituzioni competenti, sia a livello nazionale che europeo.
Farà seguito una nota di dettaglio con le principali novità della direttiva.
Direttiva 2023 2668.pdf|Visualizza dettagli
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Il Consiglio di indirizzo e vigilanza dell’Inail ha approvato, sia pure con notevoli rilievi critici, la proposta di Bilancio di previsione per il 2024 dell’Inail.
Il dato più rilevante è rappresentato – nonostante la recente revisione delle tariffe nel 2019 - da un avanzo finanziario di oltre 2.3 mld di €, determinato dall’incremento delle masse salariali (+1,70%) e dalla riduzione del numero di rendite erogate (- 0.63%) e della spesa per indennità da inabilità temporanea (-7,83%).
Il delta tra oneri e prestazioni, di per sé negativo per un ente previdenziale con assetto assicurativo, è paradossalmente risultato di eventi positivi: miglioramento dei dati relativi al mercato del lavoro, miglioramento dell’azione di prevenzione da parte delle imprese e conseguente riduzione degli eventi infortunistici.
Al di là della pur rilevante evidenza sopra richiamata, dunque, l’avanzo non costituisce un aspetto positivo, in quanto esprime un chiaro e rilevante squilibrio tra oneri a carico delle aziende e prestazioni a favore dei lavoratori, che legittima l’ulteriore richiesta di revisione delle tariffe dei premi (da ultimo operata nel 2019 e in corso di ulteriore valutazione da parte dell’Istituto) e di incremento delle prestazioni a favore degli assicurati.
Si tratta di uno squilibrio fortemente stigmatizzato sia nei documenti politici e programmatici del CIV sia nell’ambito del documento per il bilancio preventivo 2024.
L’approvazione del bilancio è strettamente connessa con l’impostazione delle principali azioni prevenzionali che l’Inail porta avanti utilizzando le risorse messe a disposizione dal sistema produttivo, in attuazione di precisi obblighi di legge.
Due le principali linee prevenzionali dell’Istituto: l’annuale bando per il finanziamento di iniziative prevenzionali da parte delle imprese (cd bando ISI per il 2023) ed il meccanismo della oscillazione per prevenzione (cd OT23).
Confindustria, nell’ambito dell’attività in seno all’Inail, ha da sempre rilevato l’improprietà di un avanzo finanziario in un Istituto che deve investire le risorse delle aziende in prevenzione e chiedere la rivisitazione del sistema tariffario in vista dell’equilibrio tra oneri e prestazioni.
Nel contempo, tuttavia, al fine di impiegare le risorse versate all’Istituto dalle imprese in rilevanti azioni di prevenzione, ha insistito, tra l’altro, su due aspetti: l’incremento delle risorse a disposizione, il potenziamento delle azioni prevenzionali e la semplificazione delle procedure, per ampliare il novero delle imprese interessate e incrementare il recupero, in chiave prevenzionale, delle somme versate con i premi assicurativi.
Nel bilancio di previsione per il 2024 troviamo, dunque, alcune novità.
Innanzitutto, l’importo del finanziamento per il bando ISI sale a 508 mln (rispetto ai 333 mln € del 2022).
In considerazione di questa previsione, il bando ISI 2023, contenuto nella delibera n. 154 del 4 dicembre 2023, introduce, in linea con la semplificazione sopra richiamata, due rilevanti innovazioni.
- viene ridotta la portata del meccanismo del cd click day, notevolmente criticato da Confindustria: le domande di finanziamento registrate per un determinato Asse/regione in cui le risorse economiche complessivamente stanziate risultino sufficienti a soddisfare tutte le richieste di finanziamento in elenco sono direttamente ammesse alla fase di upload della documentazione a completamento della domanda, senza bisogno di effettuare la selezione attraverso il meccanismo sopra richiamato.
- pur rimanendo il finanziamento orientato, per legge, prevalentemente alle imprese di minori dimensioni, viene agevolato il raggiungimento del punteggio soglia mediante l’incremento del punteggio per la informativa/condivisione dei progetti tra le parti sociali o con il rappresentante dei lavoratori per la sicurezza.
Tornando al bilancio, nella delibera del CIV si tratta il tema del meccanismo della oscillazione per prevenzione. In particolare, viene evidenziato che, rispetto all’incremento delle entrate contributive e all’avanzo registrato annualmente dall’Istituto, il budget messo a disposizione dall’Istituto per l’oscillazione per prevenzione prevista dall’art. 23 delle Modalità di applicazione delle Tariffe dei premi (MAT) non assume ancora un ruolo significativo. Come evidenziato dal Consiglio di indirizzo e vigilanza nella Relazione programmatica per il periodo 2024-2026, trattandosi di una misura assolutamente prioritaria ai fini della valorizzazione delle azioni di prevenzione, il budget dev’essere decisamente potenziato (anche con la conseguente revisione delle aliquote di riduzione del tasso medio di tariffa per incrementare la platea delle aziende interessate) e – sempre al fine di una maggiore attrattività – devono essere riviste in senso ampliativo le azioni prevenzionali indicate dall’Istituto quali presupposto per il riconoscimento della riduzione. Occorre, infine, intervenire sulle tempistiche della predisposizione del modello OT23 rendendole coerenti con le esigenze programmatorie delle imprese.
Questa indicazione dovrà portare, nel corso del 2024, alla rivisitazione del meccanismo della oscillazione per prevenzione, incrementando notevolmente il budget disponibile (considerato l’avanzo finanziario) e incrementando l’attrattività per le imprese (con incremento delle percentuali di sconto e ampliamento delle azioni valutate dall’Istituto), come evidenziato nel documento di bilancio proposto dall’Istituto.
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Sono proseguiti, nella riunione convocata per ieri, i lavori per la revisione degli accordi Stato-Regioni sulla formazione in materia di salute e sicurezza.
Erano presenti tutti gli attori coinvolti nel complesso percorso di confronto: il Ministero del lavoro, una (esigua) rappresentanza delle Regioni, l’INL, l’INAIL e le parti sociali coinvolte dal Ministero.
I temi all’ordine del giorno erano la prosecuzione dei lavori relativi al testo dell’accordo e la presentazione di uno strumento elaborato dall’Inail per la partecipazione agli appalti (Rating di sicurezza), che potrebbe essere adattato per sostituire l’insufficiente riferimento ai codici ATECO ai fini della modulazione delle ore di formazione in relazione alle esigenze di sicurezza.
Per quanto riguarda l’accordo, si è registrato uno stallo nel confronto all’interno della stessa componente pubblica. Non si è, quindi, entrati specificamente nel merito di alcuna previsione. Confindustria, analogamente alle altre organizzazioni coinvolte, ha rappresentato nuovamente con forza l’esigenza di superare l’attuale modello, complesso e burocratico, per pervenire ad un testo che, coniugando semplicità ed efficacia, possa costituire un valido strumento di lavoro per le imprese. Sono, quindi, state confermate tutte le criticità già rappresentate in passato. Nell’ultima proposta, infatti, non vi sono – sostanzialmente, per lo stallo nel confronto tra le parti pubbliche - modifiche sostanziali tali da superate le rilevanti osservazioni (di portata generale e di dettaglio) già formulate, registrandosi, al contrario, ulteriori criticità (come, ad esempio, la “marcia indietro” rispetto alla sufficienza dell’accreditamento in una sola regione).
Da registrare, invece, molto positivamente la formale messa in dubbio del sistema del Repertorio degli organismi paritetici fortemente sollecitata da Confindustria, in quanto si propone l’elaborazione, in un successivo documento, di un elenco/repertorio secondo regole (evidentemente) differenti. Confindustria non ha mancato di apprezzare, anche formalmente, il passo in avanti, data la totale inidoneità del modello disegnato nel DM 171/2022 nell’identificare realmente i soggetti in possesso dei requisiti per svolgere una formazione adeguata. Nel merito, tuttavia, la questione resta irrisolta, sia perché non è facile individuare criteri oggettivi e realistici (il tema è legato, per legge, anche al concetto della rappresentatività) sia perché il rinvio ad un atto separato e successivo, pur evidenziando la criticità del tema, non appare coerente con la centralità del tema della adeguatezza dei soggetti formatori.
Il percorso, quindi, proseguirà secondo modalità differenti, posto che il Ministero si è impegnato a riflettere insieme agli altri attori istituzionali su nuove e più efficaci modalità di confronto.
Per quanto riguarda il “Rating di sicurezza”, esso è stato presentato come un tentativo di coniugare indici di sinistrosità (che tengono conto solamente degli infortuni gravi riconosciuti dall’Istituto e non di quelli semplicemente denunciati, depurati degli infortuni stradali, in itinere e dovuti al covid19 ) e di prevenzione (fondato su interventi “ulteriori” a quelli previsti per legge, secondo il modello dell’oscillazione del tasso medio per prevenzione gestito dall’Inail). Un mix di parametri (il primo è già noto all’Inail, quello sulla prevenzione è ancora da elaborare, e non in tempi brevi) che, secondo le considerazioni espresse dall’Istituto assicuratore, consentirebbe – una volta realizzato il sistema - di individuare parametri oggettivi per modulare le ore di formazione necessarie (ipoteticamente, con aumento in caso di alto tasso infortunistico e in assenza di interventi migliorativi e con riduzione in caso di basso tasso infortunistico e adozione di misure ulteriori a quelle di legge, con confronto esclusivamente tra aziende omogenee per territorio, settore e dimensione).
Si tratta di un sistema piuttosto complesso che, per quanto apparentemente interessante, nasconde notevoli criticità in ordine alla sua oggettività e coerenza, soprattutto laddove tenta di “personalizzare” eccessivamente il modello formativo su ciascuna azienda.
In ogni caso, anche su questo argomento la discussione, per valutazioni di merito e di opportunità, è appena avviata. Confindustria ha, tra l’altro, chiesto di conoscere in dettaglio tutti i dati in possesso all’Inail relativi ai dati infortunistici necessari per alimentare il sistema del Rating (la cui conoscenza potrebbe già dare un’idea della portata del fenomeno e dei suoi effetti sul meccanismo del Rating).
Dopo la pausa per le festività di fine anno il Ministero farà conoscere le proprie determinazioni con riferimento a tempi e modalità di proseguimento del confronto.
Ci riserviamo, quindi, ulteriori comunicazioni in proposito ed inviamo i migliori saluti.
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Novità giurisprudenziali e interpretative: protocollo covid e preposto
Efficacia giuridica del protocollo anti-Covid (Cass., 1 dicembre 2023, n. 47904)
Individuazione del preposto (Ministero del lavoro, risposta ad interpello, 23 novembre 2023, n. 5)
Efficacia giuridica del protocollo anti-Covid (Cass., 1 dicembre 2023, n. 47904)
La Cassazione (rigettando il ricorso del pubblico ministero, secondo il quale il rispetto dei protocolli poteva avere efficacia esclusivamente sul piano civilistico) conferma in pieno l’impostazione di Confindustria rispetto alla portata giuridica del protocollo anti-Covid.
Viene così confermata la logica che ci aveva spinto, prima, a sollecitare l’adozione di un protocollo per gestire i profili di imprevedibilità nella gestione del virus e, poi, a richiedere che la sua rilevanza giuridica fosse codificata in una apposita disposizione di legge (data la natura penale delle responsabilità legate alla tutela della salute e sicurezza sul lavoro).
A questi fini, risulta centrale la corretta ricostruzione della sentenza laddove esclude la valutabilità dei rischi da parte del singolo datore di lavoro, riferendo le azioni precauzionali al solo protocollo.
I passaggi essenziali delle sentenze di merito impugnate e quella di legittimità che hanno portato a queste condivisibili conclusioni sono i seguenti.
- L’art. 29bis del DL 23/2020 non è “uno scudo, un salvacondotto implicante un generico esonero da responsabilità del datore di lavoro”
- “I protocolli generali e quelli per specifici settori, richiamati nell'art. 29-bis e soggetti a successivi aggiornamenti, avevano proprio la funzione di individuare e specificare le misure necessarie per la tutela dei lavoratori contro il rischio da contagio COVID, tenendo conto degli aspetti peculiari delle attività lavorative, e dell'esperienza fino a quel momento maturata con riferimento ad un grave fattore di rischio di assoluta novità”.
- “non pare possibile ricercare al di fuori delle norme emergenziali le misure dovute dal datore di lavoro ai sensi dell'art. 2087 c.c. perché non si può individuare ex post un diverso catalogo di misure applicabili al fine di attribuire ‘in maniera retroattiva una antidoverosità della condotta del debitore di sicurezza”
- “il richiamo ai protocolli contenuto nell'art. 29-bis doveva interpretarsi nel senso del temporaneo discostamento dalla "regola giurisprudenziale della massima sicurezza (tecnologicamente) possibile", proprio perché doveva essere l'adozione dei protocolli ad "assicurare alle persone che lavorano livelli di sicurezza ‘adeguati’ e non quindi un generico livello massimo della sicurezza tecnologicamente possibile (che, nel caso del rischio COVID, sarebbe sostanzialmente indefinibile)”
- “la valorizzazione dei protocolli, da parte del legislatore dell'emergenza, non è stata effettuata in termini generici o astratti, ma attraverso una diretta, indiscutibile correlazione con gli obblighi gravanti sul datore di lavoro ai sensi dell'art. 2087 c.c., nel senso appunto che, per ciò che riguarda i rischi da contagio COVID, i datori di lavoro pubblici e privati "adempiono all'obbligo di cui all'art. 2087 c.c." applicando le prescrizioni e adottando le misure contenute nei protocolli”
- È chiara “la portata eccezionale delle disposizioni in questione, volte a rimodulare, durante l'emergenza pandemica - e per la non controversa impossibilità di individuare concretamente, ex ante, un livello di "massima tutela" perseguibile - i profili della valutazione dei rischi e della individuazione delle misure da adottare da parte datoriale”
- “Sostenere, al contempo, la persistente efficacia ed operatività - anche ai fini penali - del principio di massima tutela codificato nell'art. 2087 c.c., costituisce operazione ermeneutica non condivisibile”.
La riconduzione della valutazione dei rischi all’adozione del protocollo (per l’eccezionalità dell'emergenza e per i fattori di rischio sconosciuti), l’incontroversa impossibilità di individuare concretamente, ex ante, un livello di massima tutela perseguibile ed il riconoscimento che le indicazioni del protocollo specificano le generiche misure concrete attuative dell’art. 2087 cc (ed eliminano l’incertezza del generico art. 2087 cc), accomunano il ragionamento giuridico della sentenza e la posizione da sempre assunta da Confindustria.
Altrettanto importante, sul piano generale, appare l’affermazione secondo la quale il temporaneo discostamento dalla regola giurisprudenziale della massima sicurezza (tecnologicamente) possibile, era necessario “perché doveva essere l'adozione dei protocolli ad assicurare alle persone che lavorano livelli di sicurezza adeguati e non quindi un generico livello massimo della sicurezza tecnologicamente possibile (che, nel caso del rischio COVID, sarebbe sostanzialmente indefinibile)".
Individuazione del preposto (Ministero del lavoro, risposta ad interpello, 23 novembre 2023, n. 5)
La Commissione per gli interpelli istituita presso il Ministero del lavoro (art. 12 Dlgs 81/2008) è stata chiamata a dare risposta ad alcuni quesiti, relativi alla corretta interpretazione dell’obbligo di individuazione del preposto (art. 18, comma 1, lett. b-bis, Dlgs 81/2008)[1].
In particolare, si chiedeva se l'obbligo di individuare il preposto sia sempre applicabile; se piccole realtà aziendali, dove il datore di lavoro sia anche il preposto, debbano provvedere all'individuazione; se tale figura possa coincidere con lo stesso datore di lavoro; se debba essere comunque individuato un preposto qualora una attività lavorativa non abbia un lavoratore che sovraintende l'attività lavorativa di altri lavoratori.
Quesiti puntuali e dal senso più profondo di come l’abbia letto la Commissione per gli interpelli.
I quesiti si saldano tra di loro, evidenziando che possono esservi situazioni nelle quali mancano i presupposti organizzativi dell’impresa per dare concreta applicazione alla normativa (svolgimento della funzione di preposto direttamente da parte del datore di lavoro e assenza di organizzazione aziendale che comporta una sovraordinazione).
Secondo la Commissione:
- dal combinato disposto della citata normativa, sembrerebbe emergere la volontà del legislatore di rafforzare il ruolo del preposto, quale figura di garanzia e che sussista sempre l’obbligo di una sua individuazione
- dovrebbe ritenersi, pertanto, che la coincidenza della figura del preposto con quella del datore di lavoro vada considerata solo come extrema ratio - a seguito dell’analisi e della valutazione dell’assetto aziendale, in considerazione della modesta complessità organizzativa dell’attività lavorativa - laddove il datore di lavoro sovraintenda direttamente a detta attività, esercitando i relativi poteri gerarchico - funzionali
- non potendo un lavoratore essere il preposto di sé stesso, nel caso di un’impresa con un solo lavoratore, le funzioni di preposto saranno svolte necessariamente dal datore di lavoro.
Le risposte, per quanto condivisibili, evidenziano:
- una inopportuna incertezza interpretativa (sembrerebbe… dovrebbe)
- la mancata risposta esplicita al quesito inerente all’ipotesi nella quale nell’organizzazione manchi un lavoratore sovraordinato agli altri.
A nostro parere, il preposto deve sempre essere individuato: anche laddove il datore di lavoro eserciti direttamente la vigilanza, dovrà indicare che è egli stesso a svolgere le funzioni di preposto (posto che tale obbligo è indefettibile, ex art. 18, comma 3bis, Dlgs 81/2008 e che l’individuazione del preposto è assistita da una sanzione penale)[2].
Laddove manchi un lavoratore che sovrintende alle attività, analogamente, si ritiene che l’unico soggetto che vigila sarà il datore di lavoro, per cui preposto sarà il datore di lavoro, e dovrà indicare formalmente tale ipotesi (essendo prevista una sanzione penale per la mancata individuazione).
Correttamente, si esclude che il lavoratore possa essere preposto di sé stesso.
[1] Superando, così, la precedente risposta n. 16 del 29 dicembre 2015 con riferimento alla obbligatorietà dell’atto di individuazione
[2] Cfr. Cass., 20 marzo 2023, n. 11513
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Nell’ambito del processo di definizione dei limiti di esposizione professionale l’ECHA (Agenzia Europea per le sostanze chimiche) ha aperto una consultazione pubblica sulla relazione scientifica elaborata per la valutazione dei valore limite di esposizione professionale del Boro e dei suoi composti, in quanto classificati reprotossici 1B dal Regolamento 1272/2008, cosiddetto CLP (classificazione, etichettatura ed imballaggio).
Evidenziamo che tali prodotti vengono utilizzati in numerosi settori di seguito la tabella presente nella relazione scientifica.

Nel merito, la relazione, prevede i seguenti valori:
- valore limite di esposizione ponderato su 8 ore (OEL- TWA) pari a 1.3 mg B/m³
- valore limite per brevi esposizioni (STEL) di 0.75 mg B/m³.
Rimandiamo al testo della relazione, allegata, per approfondimenti.
Su tale relazione è stata aperta una consultazione pubblica, alla quale è possibile rispondere direttamente entro venerdì 12 gennaio 2024 accedendo al seguente link, sul quale sono disponibili la relazione (allegata) ed altre informazioni https://echa.europa.eu/it/oels-pc-on-oel-recommendation/-/substance-rev/74804/term .
Vi chiediamo di trasmetterci copia della documentazione in caso di risposta.
Evidenziamo, infine, che la relazione costituirà poi la base per la definizione dei pareri sui valori limite di esposizione da parte dell’apposito Comitato per la valutazione dei rischi (RAC - Committee for Risk Assessment); pareri questi presi come riferimento dalla Commissione europea al fine dell'inserimento delle sostanze nelle prossime revisioni della Direttiva Cancerogeni Mutageni e Reprotossici (CMRD). Le valutazioni scientifiche relative ai limiti di esposizione sono utilizzate, infatti, per sostenere le iniziative normative a livello dell'Unione europea in tema di valori limite di esposizione.
oel_rep_boron_and_its_compounds_en.pdf|Visualizza dettagli
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Pubblichiamo (cfr. allegato) la sesta Newsletter trimestrale sulle attività da noi seguite nella Commissione Tecnica sulla Responsabilità Sociale delle Organizzazioni (RSO) di UNI, e nei relativi sotto-gruppi di lavoro, con gli aggiornamenti riferiti al periodo settembre - dicembre 2023.
In allegato:
- Newsletter dicembre 2023
- Bozza di documento (non def.) cui la Newsletter fa rinvio al punto 2.
Newsletter UNI CT RSO - Dicembre 2023.docx
UNI-CT 038-GL 03_N50_Bozza aggiornata 30 ottobre 2023
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In tema di formazione sulla sicurezza, alla data odierna non ha ancora visto la luce l’accordo tra lo Stato e le Regioni che doveva essere emanato entro il 30 giugno 2022 a norma dell’art. 13 del DL n. 146/2021 (che ha modificato l’art. 37 del Dlgs 81/2008).
Il ritardo nell’adozione dell’accordo ha suscitato diverse letture (nonostante le chiare indicazioni dell’Ispettorato del lavoro nella circolare 1/2022 successivamente richiamata), in particolare con riferimento all’aggiornamento dei preposti. Per chiarire la attuale situazione si svolgono le seguenti considerazioni.
Il nuovo art. 37 prevede, a questo proposito, che “la durata, i contenuti minimi e le modalità della formazione di cui al comma 1 sono definiti mediante accordo in sede di Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano adottato, previa consultazione delle parti sociali, entro il termine di dodici mesi dalla data di entrata in vigore del presente decreto legislativo. Entro il 30 giugno 2022, la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano adotta un accordo nel quale provvede all'accorpamento, alla rivisitazione e alla modifica degli accordi attuativi del presente decreto in materia di formazione”.
Restano, quindi, pienamente operativi gli accordi esistenti, per cui la formazione di tutte le figure attualmente contemplate negli accordi resta disciplinata da quegli accordi.
Per lavoratori, dirigenti e preposti, quindi, la formazione è ancor oggi regolata da quegli accordi, per tutti gli aspetti (durata, modalità, tempistica, aggiornamento). Per il datore di lavoro, invece, non è ancora attivo alcun obbligo, non essendo tale figura originariamente destinataria di obbligo formativo.
I nuovi obblighi decorreranno a seguito della adozione del nuovo accordo Stato-Regioni, tenendo presente l’eventuale periodo transitorio.
Valutando le modifiche apportate dal Dl 146/2021 all’art. 37 del Dlgs 81/2008, quindi, emerge in particolare che:
- i commi da 1 a 7 riguardano i lavoratori. Il comma 5 è destinato specificamente all’addestramento, che non forma oggetto degli accordi Stato-Regioni (il comma 2, seconda parte, fa infatti riferimento alla formazione richiamata dal comma 1, che non contempla l’addestramento). Per cui l’intera disposizione del comma 5 è entrata immediatamente in vigore alla data indicata nel Dl 146/2021.
- Il comma 2, prima parte, prevede l’adozione degli accordi Stato Regioni: a questa disposizione è stata data attuazione con i vigenti accordi, che quindi regolano (in assenza del nuovo accordo) tutta la materia della formazione.
- La seconda parte del comma 2, invece, dispone la revisione degli accordi entro il 30 giugno 2022, e introduce delle novità nei contenuti dell’Accordo che dovrà essere concluso tra Stato e Regioni
- introduce il datore di lavoro, tra i soggetti destinatari dell’obbligo formativo;
- prevede le verifiche finali e la valutazione dell’efficacia durante il lavoro
- richiama l’esigenza di monitoraggio dell’applicazione degli accordi stessi
- il comma 3 chiarisce, con riferimento alla formazione specifica, che – ferme restando le disposizioni in vigore (quindi anche gli accordi esistenti) – sarà disciplinata nel nuovo accordo
- i commi 7 e 7bis riguardano la formazione di datori di lavoro, dirigenti e preposti, che dovrà seguire le indicazioni dell’accordo previsto al comma 2, secondo periodo, ossia quello che doveva essere adottato entro il 30 giugno 2022. Quindi, mentre le figure già destinatarie dell’obbligo (dirigenti e preposti) seguono le regole vigenti, in attesa del nuovo accordo, lo stesso non è ancora operativo per i datori di lavoro. stranamente, il comma 7bis riferisce la possibilità di effettuare la formazione presso gli organismi paritetici o le scuole edili o presso le associazioni sindacali alla “formazione di cui al comma 7”, che non contempla quella dei lavoratori (la cui formazione avviene invece “in collaborazione” con goi organismi paritetici, a norma del comma 12).
- Il comma 7ter riguarda specificamente i preposti, e prevede che, per assicurare l'adeguatezza e la specificità della formazione nonché l'aggiornamento periodico dei preposti “ai sensi del comma 7”, le relative attività formative devono essere svolte interamente con modalità in presenza e devono essere ripetute con cadenza almeno biennale e comunque ogni qualvolta sia reso necessario in ragione dell'evoluzione dei rischi o all'insorgenza di nuovi rischi. Va evidenziato che la formazione “ai sensi del comma 7” è quella che sarà definita “secondo quanto previsto dall'accordo di cui al comma 2, secondo periodo”, quindi quella che scaturirà dal nuovo accordo tra lo Stato e le Regioni: si tratta, quindi, di una disposizione che non trova ancora applicazione.
Le modifiche introdotte a fine 2021, fatta eccezione per l’addestramento, sono tutte condizionate all’adozione dei nuovi accordi.
In particolare, quindi, la formazione dei preposti resta tutta regolata (contenuti, durata, modalità, aggiornamento, etc.) agli accordi esistenti (non trovando ancora applicazione nemmeno la previsione del comma 7ter).
Questa ricostruzione sul piano giuridico è pienamente in linea con quella offerta, immediatamente dopo l’approvazione della legge di conversione del DL 146/2021, dall’Ispettorato nazionale del lavoro.
Con circolare n. 1 del 16 febbraio 2022, infatti, l’organo di vigilanza ha espresso analoghe considerazioni, che si possono così sintetizzare:
- per il datore di lavoro, “l’accordo demandato alla Conferenza costituisce dunque elemento indispensabile per l’individuazione del nuovo obbligo a suo carico…pertanto la verifica circa il corretto adempimento degli obblighi di legge potrà correttamente effettuarsi solo una volta che sia stato adottato il predetto accordo”
- per dirigenti e preposti, considerato che “la precedente formulazione del comma 7 dell’art. 37 già prevedeva obblighi formativi a loro carico”, l’assenza del nuovo accordo “non fa venire meno, nelle more della sua adozione, l’obbligo formativo a loro carico. In assenza del nuovo accordo dirigenti e preposti dovranno pertanto essere formati secondo quanto già previsto dal vigente accordo n. 221 del 21 dicembre 2011 adottato dalla Conferenza permanente ai sensi del primo periodo del comma 2 dell’art. 37 del D.Lgs. n. 81/2008 e che non è stato interessato dalle modifiche introdotte dal D.L. n. 146/2021”
- per il preposto, la circolare precisa che “i requisiti della adeguatezza e specificità della formazione del preposto, da garantire attraverso modalità interamente in presenza e periodicità almeno biennale, attengono evidentemente e complessivamente ai contenuti della formazione che sarà declinata entro il 30 giugno 2022 in sede di Conferenza, in quanto riferiti alla formazione di cui al nuovo comma 7 dell’art. 37 (e non più genericamente alla formazione dei lavoratori di cui al comma 2 dello stesso articolo) che a sua volta rinvia specificatamente al secondo periodo del comma 2 e cioè alle scelte che saranno effettuate in Conferenza. Pertanto, anche tali requisiti andranno verificati in relazione alla nuova disciplina demandata alla Conferenza alla quale, così come del resto già avvenuto in occasione dell’accordo del 2011, occorrerà riferirsi in relazione alla introduzione di un periodo transitorio utile a conformarsi alle nuove regole”
- sul piano sanzionatorio, quindi, per datori di lavoro, dirigenti e preposti
- “gli obblighi formativi in capo al datore di lavoro, ai dirigenti e ai preposti saranno declinati dal nuovo accordo in sede di Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le Regioni e le Province autonome di Trento e di Bolzano, da adottarsi entro il 30 giugno p.v.”
- “i nuovi obblighi in capo a tali soggetti, ivi comprese le modalità di adempimento richieste al preposto (formazione in presenza con cadenza almeno biennale), non potranno costituire elementi utili ai fini della adozione del provvedimento di prescrizione ai sensi del D.Lgs. n. 758/1994”.
Diversamente, per l’addestramento, già previsto dalla normativa precedente le modifiche del 2021, si tratta di “contenuti obbligatori della attività di addestramento che trovano immediata applicazione, anche per quanto concerne il tracciamento degli addestramenti in un “apposito registro informatizzato” che riguarderà, evidentemente, le attività svolte successivamente all’entrata in vigore del provvedimento e cioè dal 21 dicembre 2021”.
Su questo regime giuridico e su questo assetto sanzionatorio non incidono, evidentemente, le scadenze temporali relative agli attuali obblighi di aggiornamento.
L’aggiornamento dei preposti è – secondo l’accordo Stato – Regioni del 2011, quinquennale, ha durata minima di 6 ore e ha ad oggetto i compiti specifici del preposto in materia di sicurezza sul lavoro. la eventuale revisione di questi aspetti è demandata al nuovo accordo, per cui attualmente queste regole restano vigenti, come puntualizzato anche dall’Ispettorato del lavoro (“I requisiti della adeguatezza e specificità della formazione del preposto, da garantire attraverso modalità interamente in presenza e periodicità almeno biennale, attengono evidentemente e complessivamente ai contenuti della formazione che sarà declinata entro il 30 giugno 2022 in sede di Conferenza”).
Ne consegue che, fino alla adozione del nuovo accordo (e salvo l’eventuale periodo transitorio), continuano ad osservarsi le regole previgenti, ivi compreso l’aggiornamento quinquennale.
Resta, così, destituita di fondamento l’ipotesi che il Dl 146/2021 abbia introdotto, pro futuro, un obbligo di aggiornamento biennale decorrente (non già, dall’emanazione del nuovo accordo ma) dall’entrata in vigore della legge di conversione (il che ha indotto qualche commentatore a individuare nella data del 21 dicembre 2023 l’entrata in vigore del nuovo obbligo di aggiornamento biennale con relative sanzioni).
Innanzitutto, perché semmai la data avrebbe dovuto essere quella del decreto-legge (e non della sua legge di conversione), ossia il 22 ottobre 2021 (e quindi l’ipotetica scadenza doveva essere il 22 ottobre 2023, ampiamente decorsa).
Ma, soprattutto, perché la legge pacificamente fa riferimento come parametro al nuovo accordo (e non alla propria entrata in vigore), come confermato dalla circolare dell’Ispettorato nazionale del lavoro sopra richiamata.
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