La Commissione Europea ha pubblicato martedì il documento con cui dà avvio ad una consultazione tra le Parti Sociali su un possibile intervento a livello europeo relativo al tema del salario minimo.
Nel paragrafo introduttivo del documento, la Commissione indica cosa non intende fare. In particolare:
- non intende armonizzare in via diretta i livelli di salario minimo tra i diversi paesi;
- non intende individuare specifici meccanismi o procedure per la definizione del salario minimo;
- non intende, tanto meno, stabilire i livelli delle retribuzioni, trattandosi di una competenza degli stati membri e che rientra nella libertà contrattuale delle parti sociali a livello nazionale;
- non intende introdurre un salario minimo nei paesi in cui i livelli retributivi siano individuati dalla contrattazione collettiva e questa abbia un’elevata copertura.
Gli obiettivi di un eventuale intervento della Commissione Europea in termini di salario minimo sono quattro.
In primo luogo, ciò che la Commissione Europea intende assicurare è che i salari minimi nazionali siano “adeguati”. Nel documento la Commissione indica una serie di aspetti da tenere in considerazione per valutare l’adeguatezza di un salario minimo:
- il salario mediano lordo, in modo da verificarne il “posizionamento” rispetto alla distribuzione dei redditi;
- la soglia di reddito minimo per condizioni di vita sufficienti e per permettersi un paniere di beni essenziali (riprendendo i concetti di povertà assoluta e relativa);
- l’impatto di tasse e contributi obbligatori che, influendo sulla misura del salario netto per i lavoratori, influiscono anche sulle scelte relative alla partecipazione degli stessi al mercato del lavoro;
- i livelli dei prezzi, valutando il livello del salario minimo in termini reali (interessante soprattutto per i paesi in cui esistono differenziali territoriali nel costo della vita, come il nostro);
- l’andamento economico, nello specifico l’andamento della produttività.
In secondo luogo, per quanto riguarda i livelli salariali minimi individuati dalla legge o dalla contrattazione collettiva nei diversi paesi, la Commissione pone il tema di come assicurare che questi abbiano copertura effettiva. Nel documento si afferma, infatti, che in alcuni dei paesi in cui formalmente tutti i lavoratori sono coperti da un salario minimo legale permangono casi di non-compliance ai livelli stabiliti dalla legge. Tra i paesi in cui non esiste un salario minimo legale, invece, la copertura dei contratti collettivi varia tra il 98% dell’Austria e il 45% di Cipro (in Italia è tra l’80 e il 90%).
In terzo luogo, la Commissione Europea intende assicurare il coinvolgimento delle parti sociali nella definizione dei salari minimi. Questo coinvolgimento, infatti, riduce gli impatti negativi del salario minimo sul mercato del lavoro, poiché l’individuazione del salario minimo è condotta utilizzando tutte le informazioni disponibili sulle condizioni economiche settoriali e limitando le “velleità politiche”.
Infine, la Commissione Europea intende assicurare criteri stabili per l’adeguamento periodico dei livelli del salario minimo, in particolare per evitare che ciò avvenga seguendo i cicli politici.
Posti questi obiettivi, la consultazione durerà sei settimane e sarà seguita da una valutazione da parte della Commissione sull'opportunità di presentare effettivamente una proposta. Contro questa ipotesi sono emerse, infatti, ragioni sia di natura tecnico-giuridica che di natura politica: come stato fatto notare già da molti, l’art. 153(5) del TFUE esclude le retribuzioni dalle competenze dell’Unione Europea e, soprattutto, l’impressione è che manchi il supporto politico (anche da parte dei paesi del nord Europa) ad un intervento di questo tipo.
Di seguito il link al documento della Commissione Europea: https://ec.europa.eu/commission/presscorner/detail/en/fs_20_51