La legge 203/2024, - cd collegato lavoro - all’articolo 1, ha introdotto alcune modifiche al Dlgs 81/2008, in tema di salute e sicurezza nei luoghi di lavoro.
Nessuna delle modifiche appare di portata particolarmente rilevante o incisiva sulla logica della normativa esistente. Tuttavia, se ne offre un commento anche per chiarire alcuni aspetti emersi nel corso della lunga gestazione del provvedimento (presentato alla Camera a novembre 2023).
Tutte le modifiche sono contenute nell’art. 1 del provvedimento.
- Intervento sulla composizione della Commissione interpelli (art. 12 Dlgs 81/2008).
Sostituendo il comma 2 dell’articolo in esame, la norma ridisegna la composizione della Commissione, prevedendo la presenza di personale in possesso di un profilo professionale giuridico (uno per il Ministero del lavoro, uno per il Ministero della salute e due per le Regioni). Per quanto le indicazioni della Commissione costituiscano solamente criteri interpretativi e direttivi per l'esercizio delle attività di vigilanza (senza ulteriori effetti giuridici), il legislatore ha evidentemente avvertito l’esigenza di dare un maggior fondamento giuridico alle risposte, probabilmente per evitare che siano meramente ripetitive del testo di legge (come spesso accade oggi), tanto da privare l’interpello anche di qualunque valenza orientativa per il personale ispettivo. Ciò non supera il reale limite dell’interpello in materia di sicurezza, ossia la mancanza di effetti giuridici in tema di esonero da responsabilità per chi si conforma all’interpello stesso.
- Relazione annuale sullo stato della sicurezza nei luoghi di lavoro (art. 14bis Dlgs 81/2008)
Viene introdotta una disposizione “innovativa” secondo la quale, annualmente, il Ministero del lavoro comunica alle Camere lo stato della sicurezza nei luoghi di lavoro, gli interventi da adottare per migliorare le condizioni di salute e di sicurezza nei luoghi di lavoro e gli orientamenti e i programmi legislativi che il Governo intende assumere al riguardo per l'anno in corso, “nei limiti delle risorse disponibili a legislazione vigente e senza nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica”.
Sorprende l’esplicita esclusione di misure che possano comportare oneri per la finanza pubblica, garanzia ripetuta nel comma 2 dell’articolo in commento.
Per altro verso, va sottolineato che anche Commissione consultiva permanente (art. 6, comma 8, lett. a) ed e) ha il compito, tra gli altri, di esaminare i problemi applicativi della normativa di salute e sicurezza sul lavoro, formulare proposte per lo sviluppo e il perfezionamento della legislazione vigente e redigere annualmente una relazione sullo stato di applicazione della normativa di salute e sicurezza e sul suo possibile sviluppo, da trasmettere alle commissioni parlamentari competenti e ai presidenti delle regioni.
- Sorveglianza sanitaria (artt. 38 e 41 Dlgs 81/2008)
Molti gli interventi su questo tema.
Innanzitutto, va evidenziato che, rispetto al testo originario (AC 1532), non è presente la proposta di modifica all’art. 41 del Dlgs 81/2008 – inserita nel disegno originario e poi eliminata nel corso dei lavori parlamentari – con la quale si intendeva introdurre l’obbligo di sorveglianza sanitaria non solamente nei casi previsti dalla normativa vigente ma anche “qualora la valutazione dei rischi di cui all’articolo 28, svolta in collaborazione con il medico competente, ne evidenzi la necessità”.
Una simile previsione, superando il carattere tassativo delle ipotesi di sorveglianza sanitaria, avrebbe rimesso al medico competente (e non più alla legge) l’individuazione delle situazioni nelle quali è obbligatoria la sorveglianza sanitaria.
La disposizione, probabilmente, era intesa a superare i problemi interpretativi relativi ai cd “rischi non normati”, oggi esclusi dalla sorveglianza sanitaria: se, per un verso, apparentemente tale disposizione poteva apparire utile a sanare il vuoto normativo, dall’altro, essa si scontrava (in mancanza di coerenti modifiche normative) con le previsioni in tema di privacy e con la riserva alla struttura pubblica dell’accertamento dello stato di salute.
D’altro canto, una generalizzazione della sorveglianza sanitaria (in una accezione olistica della salute – One health) porterebbe a indagare anche aspetti non direttamente connessi con le mansioni e le lavorazioni, con il rischio di ampliare a dismisura i casi di inidoneità, il conseguente contenzioso e numerosi problemi applicativi per le imprese (ad es., in tema di ricerca di accomodamenti ragionevoli).
A queste criticità si aggiunge il rischio di difformità di valutazione tra aziende a parità di condizioni, che avrebbe potuto portare ad ulteriori problemi interpretativi ed applicativi, per di più in un sistema normativo interamente presidiato da precetti e sanzioni penali.
- Controllo sulla formazione dei medici - All’art. 38, viene esplicitata la modalità del controllo da parte del Ministero della salute del mantenimento del requisito formativo continuo posto a carico dei medici.
- Visita preassuntiva - All’art. 41, la previsione che legittima la visita preventiva in fase preassuntiva viene opportunamente ricondotta dalla lettera e-bis alla lettera a) del comma 2; si elimina, inoltre, la disposizione (comma 2bis) secondo la quale tale visita può essere effettuata, in alternativa, dal medico competente o dalla ASL (oggi, quindi, solamente il medico competente è legittimato a svolgere tale sorveglianza).
- Visita dopo assenza superiore a 60 giorni - All’art. 41, per quanto riguarda la visita medica al rientro dopo una assenza superiore a 60 giorni, si precisa che essa ha luogo solamente “qualora sia ritenuta necessaria dal medico competente”. Laddove il medico non ritenga necessario procedere alla visita, “è tenuto a esprimere il giudizio di idoneità alla mansione specifica”. Si tratta di una apparente semplificazione volta ad evitare visite ritenute inutili, ma sembra evidente che la valutazione sulla opportunità della visita al rientro comporta comunque un accertamento da parte del medico, anche per esprimere il necessario giudizio di idoneità, almeno tutte le volte che la diagnosi contenuta nel certificato medico che pone fine al periodo di malattia (se non incide sull’idoneità alla mansione) non rende superfluo l’accertamento.
- Esclusione della duplicazione degli accertamenti – Al comma 2bis si inserisce una previsione – che dovrebbe in realtà formalizzare una buona pratica medica già in essere – mirata ad evitare l’inutile ripetizione di esami ed accertamenti. Lascia dubbi la limitazione della portata della norma alla sola visita preventiva, posto che si tratta di una buona pratica che dovrebbe riguardare l’intero percorso della sorveglianza sanitaria.
Probabilmente il legislatore intendeva estendere la prassi anche alla visita preventiva: in tale occasione, il medico non dispone di una documentazione pregressa ma, attraverso la cartella sanitaria del lavoratore, potrebbe ricavare elementi utili tali da non far ritenere necessaria la ripetizione dell’accertamento.
- Sorveglianza sanitaria legata al consumo di alcool e droga – Il legislatore ha (inutilmente) prorogato a dicembre 2024 il termine originario (2009) per la revisione degli accordi sulla sorveglianza sanitaria legata all’uso di alcool e droga.
- Precisazione riferita all’Autorità alla quale fare ricorso avverso il giudizio del medico competente – Il comma 9 dell’art. 41 faceva riferimento all’”organo di vigilanza territorialmente competente”. Dopo l’estensione della competenza in tema di vigilanza sulla salute e sicurezza sul lavoro all’Ispettorato del lavoro, era necessario precisare che, date le necessarie competenze tecniche, il ricorso va fatto esclusivamente all’azienda sanitaria locale.
- Modifiche all’art. 65 in tema di uso di locali sotterranei o seminterrati
Nell’ambito della descrizione delle caratteristiche dei luoghi di lavoro (Titolo II del Dlgs 81/2008), il legislatore individua le condizioni per la deroga al divieto generale di svolgimento di attività lavorativa nei locali chiusi sotterranei o semi sotterranei (art. 65), oggi modificate dalla legge n. 230/2024.
Prima della recente novella legislativa, la norma (che trova il proprio antecedente nell’art. 8 del DPR 303/1956) consentiva di derogare al divieto “quando ricorrano particolari esigenze tecniche”. In tali casi, il datore di lavoro provvedeva ad assicurare idonee condizioni di aerazione, di illuminazione e di microclima.
Al di fuori di questo caso, quindi in assenza di particolari esigenze tecniche, era rimessa all’organo di vigilanza (in origine, l’Ispettorato del lavoro, poi le ASL) la possibilità di autorizzare l'uso dei locali chiusi sotterranei o semi sotterranei, a condizione che dette lavorazioni non dessero luogo “ad emissioni di agenti nocivi, sempre che siano rispettate le norme del presente decreto legislativo e si sia provveduto ad assicurare le condizioni di cui al comma 2” (ossia che fossero assicurate idonee condizioni di aerazione, illuminazione e microclima).
Dunque, nel primo caso non vi era necessità di alcuna autorizzazione, necessaria, invece, in assenza di particolari esigenze tecniche e con alcune condizioni.
Il legislatore del 2024 ha conservato la possibilità di derogare al divieto generale, ma ne ha modificato le condizioni, consentendo l’uso di tali locali (previa comunicazione all’Ispettorato del lavoro, che sostituisce l’autorizzazione) “quando le lavorazioni non diano luogo ad emissioni di agenti nocivi, sempre che siano rispettati i requisiti di cui all'allegato IV, in quanto applicabili, e le idonee condizioni di aerazione, di illuminazione e di microclima”.
La motivazione della deroga di ordine generale (ricorrenza di “particolari esigenze tecniche”) viene quindi sostituita dalla previsione che le lavorazioni eseguite in tali locali non diano luogo ad “emissione di agenti nocivi”. Quindi, la lavorazione (a prescindere dalle motivazioni per le quali è svolta) non deve comunque dare luogo ad emissione di agenti nocivi e occorre sempre la previa comunicazione all’Ispettorato del lavoro. Restano fermi il rispetto dei requisiti di cui all'allegato IV, “in quanto applicabili”, e la ricorrenza delle idonee condizioni di aerazione, di illuminazione e di microclima.
La modifica innalza il livello di sicurezza e semplifica la procedura, in quanto la deroga generale prima prevista nel primo comma viene meno e resta la comunicazione, che presuppone l’assenza di emissione di agenti nocivi, oltre al rispetto delle condizioni già previste in passato.
Sul versante procedurale e delle condizioni per l’inizio dell’attività, mentre prima occorreva attendere l’autorizzazione (ed il reato era integrato dall’adibizione a luogo di lavoro senza la prescritta autorizzazione), oggi è sufficiente la presentazione della comunicazione (con i dati precisati nella circolare dell’INL in commento) nei 30 giorni antecedenti l’inizio dell’attività (e senza necessità di attendere alcun ulteriore provvedimento). È evidente che, laddove – successivamente all’inizio dell’attività – dovesse intervenire un provvedimento di diniego, questa dovrà essere immediatamente cessata.
Con la nota n. 811 del 29 gennaio 2025, l’INL, oltre a descrivere la procedura per la comunicazione (ivi compresa la documentazione necessaria, come previsto dalla novella normativa), fornisce ulteriori indicazioni sulla interpretazione della nuova disposizione, generando anche alcuni dubbi.
La comunicazione:
- può essere presentata esclusivamente per locali che siano già dotati di titolo edilizio con destinazione d’uso compatibile con il tipo di attività lavorativa
- deve essere redatta in carta semplice o compilando il modulo INL presente sul sito istituzionale, e inoltrata esclusivamente tramite posta elettronica certificata (PEC), al competente Ufficio territoriale dell'Ispettorato nazionale del lavoro, 30 giorni prima dell’effettivo utilizzo, modifica o voltura dei locali chiusi sotterranei o semi-sotterranei.
- deve essere presentata dal datore di lavoro e deve essere accompagnata da una relazione che descriva in maniera puntuale il tipo di attività con l’indicazione delle lavorazioni che si svolgeranno in ciascun ambiente all’interno dei locali, con la specifica che le lavorazioni non diano luogo all’emissione di agenti nocivi e che siano rispettati i requisiti di cui all'allegato IV, in quanto applicabili.
La nota dell’INL (per espresso richiamo della norma) elenca la documentazione da allegare alla comunicazione, che deve essere asseverata da parte di un tecnico abilitato, iscritto all’Albo professionale.
Di particolare rilievo le indicazioni relative alla modifica delle condizioni in base alle quali era stata formulata la comunicazione iniziale.
- Nel caso di variazione di ragione sociale o del datore di lavoro, sarà sufficiente trasmettere all’Ispettorato del Lavoro territorialmente competente una semplice dichiarazione con la quale si dichiara il permanere di quanto precedentemente comunicato ripotando gli estremi della comunicazione trasmessa ai sensi dell’art. 65, co 3, del d.lgs. n. 81/2008).
- Laddove intervengano variazioni significative (come ad esempio: tipologia dell'attività lavorativa, aggiunta o rimozione di locali, etc.), occorrerà presentare nuovamente la comunicazione (anche in tal caso l’utilizzo dei locali potrà avvenire trascorsi trenta giorni dalla comunicazione trasmessa all’Ispettorato del lavoro competente per territorio salvo richiesta di ulteriori informazioni).
La suddetta indicazione trova applicazione sia per i locali già “autorizzati” ai sensi della previgente normativa sia per i locali per i quali si è proceduto alla “comunicazione” ai sensi della nuova normativa introdotta dalla legge n. 203/2024.
Le altre indicazioni
L’Ispettorato offre ulteriori indicazioni volte ad una migliore comprensione della novella normativa.
Il primo aspetto di rilievo riguarda la esemplificazione di alcune tipologie di attività che si ritengono comunque vietate in quanto – secondo l’INL – darebbero luogo ad emissione di agenti nocivi: una specificazione che, pur se non richiesta dalla norma, dovrebbe – secondo l’Ispettorato – fare chiarezza (nonostante la non tassatività dell’elenco) in merito alla portata della nuova norma.
Le lavorazioni evidenziate nella nota sono:
- verniciatura
- processi di saldatura
- uso di minerali a spruzzo
- uso di solventi e collanti non ad acqua
- ricarica di batterie
- lavorazione di materie plastiche a caldo
- officine con prova motori
- falegnamerie
- tinto-lavanderie
- sviluppo e stampa
- tipografia
- mancato rispetto dei “requisiti di cui all'allegato IV, in quanto applicabili, e le idonee condizioni di aerazione, di illuminazione e di microclima”.
Approfondimento
La norma faceva (e fa tuttora) riferimento alla lavorazione che genera emissione di “agenti nocivi” eseguita in locali sotterranei o semi sotterranei.
- Il primo aspetto di rilievo riguarda il fatto che l’agente nocivo deve essere emesso dalla lavorazione esercitata, distinguendosi così dagli agenti nocivi presenti nell’ambiente di lavoro ma non dovuti alla lavorazione. Per tale aspetto, rilevano la normale valutazione dei rischi e l’adozione delle conseguenti misure di prevenzione e protezione, estesa – come ricorda la nota dell’Ispettorato - all’obbligo di eseguire, entro 24 mesi dall'inizio dell'attività, la valutazione dei livelli di concentrazione di gas radon (ai sensi dell'art. 17 comma 1 lett. a) del d.lgs. 101/2020).
- Il secondo aspetto riguarda la nozione di “agente nocivo”, sulla quale la nota non si sofferma (riferendosi solamente alle lavorazioni che, si presume, generino l’emissione di detti agenti): visto il generico richiamo della norma, una precisa definizione appare dirimente al fine di delimitare il divieto della norma e, quindi, del connesso regime sanzionatorio (l’art. 68 del Dlgs 81/2008 punisce sia la violazione del divieto di destinare al lavoro locali chiusi sotterranei o semi sotterranei sia l’uso di tali locali senza il rispetto delle condizioni previste dal secondo comma dell’art. 65).
Nel Dlgs 81/2008 (a parte il ricorrente concetto di effetti nocivi e di fattori nocivi), oltre all’art. 65 in commento, vi sono riferimenti ai gas e vapori nocivi (art. 120), agli agenti nocivi esterni (art. 137, (All. IV, 1.8.7.2, con riferimento esemplificativo a gas, vapori, polveri), agli agenti biologici nocivi (art. 272), alle materie nocive (all. IV: 1.3.16), a sostanze nocive (All. IV, 1.11.2.4), ad agenti nocivi (All. IV, 2), a prodotti nocivi (all. VI, 1.8) e a gas, polveri o fumi nocivi (All. VIII).
In particolare, il punto 2 dell’allegato IV fa riferimento alla “presenza nei luoghi di lavoro di agenti nocivi”, ricomprendendo, ad esempio, le materie prime non in corso di lavorazione, i lavori nei quali si “svolgano gas o vapori irrespirabili o tossici od infiammabili”, quelli “nei quali si sviluppano normalmente odori o fumi di qualunque specie” e dove vi sia la presenza di “rifiuti di materie nocive”. Manca, quindi, una precisazione definizione di cosa si intenda per “agente nocivo” emesso per effetto della lavorazione.
- L’altro elemento di criticità riguarda la definizione di “locale chiuso sotterraneo o seminterrato”.
Manca una norma che sancisca in modo univoco tale definizione (ad es., con riferimento al fatto che l’esistenza di aperture verso l’esterno possa escludere la configurazione di “luogo sotterraneo o seminterrato”). Non si ritiene sufficiente il possibile rinvio al concetto di piano seminterrato o seminterrato contenuto nell’Intesa, ai sensi dell’articolo 8, comma 6, della legge 5 giugno 2003, n. 131, tra il Governo, le Regioni e i Comuni, concernente l’adozione del regolamento edilizio-tipo di cui all’articolo 4, comma 1- sexies del decreto del Presidente della Repubblica 6 giugno 2001, n. 380), anche perché a vari fini (ad es., per il radon) esistono nozioni differenti (es. Dlgs 101/2020), così come vi sono letture giurisprudenziali differenti. Inoltre, il concetto di “locale chiuso” non corrisponde con la nozione di “luogo di lavoro” (in quanto presuppone l’esistenza di un edificio da adibire a luogo di lavoro).
- L’elenco delle lavorazioni introdotto dall’Ispettorato, da un lato, è volutamente non tassativo e, dall’altro, non specifica quale sia l’”agente nocivo” generato nelle lavorazioni elencate, tale da integrare il divieto di legge.
- La circolare non si sofferma sugli aspetti relativi alla emissione, con particolare riferimento ai possibili effetti della immediata captazione dell’agente nocivo in prossimità della lavorazione, tale da determinare la non emissione nell’aria (la norma non parla di “pericolo di emissione” ma di “emissione”). Ne consegue che le lavorazioni indicate in via esemplificativa, laddove non diano luogo ad emissione (per effetto, ad esempio, dell’immediata captazione alla fonte), dovrebbero essere consentite; diversamente, si valorizza il diverso concetto di “pericolo (presunto) di emissione”.
La circolare si sofferma, poi, sul regime intertemporale.
Per quanto riguarda le lavorazioni svolte in precedenza in presenza di “particolari esigenze tecniche”, l’INL precisa che la comunicazione riguarda esclusivamente coloro che a partire dall’entrata in vigore della legge n. 203/2024 (12 gennaio 2025) debbano usare locali sotterranei o semi-sotterranei. Di conseguenza, coloro che, nella vigenza della vecchia normativa, utilizzavano i locali in caso di “particolari esigenze tecniche”, se operano in assenza di emissioni di agenti nocivi, non dovranno presentare alcuna comunicazione.
Con riferimento alle richieste di deroga trasmesse prima dell’entrata in vigore della legge n. 203/2024, esse restano di competenza delle ASL, che vi provvederanno secondo la prassi amministrativa vigente al momento della presentazione della richiesta medesima. Va evidenziato che la richiesta di autorizzazione, in questo caso, già prevedeva la condizione che non vi fosse emissione di agenti nocivi.
La nota si sofferma, poi, su due aspetti rilevanti: la richiesta di ulteriori indicazioni e il diniego.
A fronte della comunicazione da parte del datore di lavoro, l’INL può ritenere necessario acquisire ulteriori informazioni rispetto a quelle fornite nella comunicazione e qualora la documentazione trasmessa dal datore di lavoro risulti incompleta o carente delle informazioni contenute nel modello di istanza della comunicazione.
La circolare precisa che, in questa ipotesi, l'utilizzo dei locali sarà consentito trascorsi trenta giorni dalla comunicazione delle ulteriori informazioni richieste, salvo espresso divieto da parte dell'ufficio medesimo.
Se mancano le condizioni che dimostrino il rispetto dei requisiti di cui al comma 2 dell’art.65 del D.Lgs. 81/2008, l’Ispettorato del Lavoro competente per territorio deve comunicare al datore di lavoro, via PEC, il diniego all’utilizzo dei locali, motivandone espressamente le ragioni.
Approfondimento
La nota dell’INL, nel richiamare la possibilità prevista dalla legge di richiedere al datore di lavoro ulteriori informazioni, evidenzia che la suddetta richiesta dovrà essere avanzata qualora la documentazione trasmessa dal datore di lavoro risulti incompleta o carente delle informazioni contenute nel modello di istanza della comunicazione.
Non si precisa il termine entro il quale l’INL possa formulare la richiesta di integrazioni.
Infatti, in presenza di tale richiesta, afferma l’INL, “l'utilizzo dei locali sarà consentito trascorsi trenta giorni dalla comunicazione delle ulteriori informazioni richieste, salvo espresso divieto da parte dell'ufficio medesimo”. Non si tiene, quindi, conto del fatto che, decorsi 30 giorni dalla prima comunicazione, l’inizio dell’attività è legittimo e la richiesta di ulteriori informazioni ne dovrebbe, invece, interdire temporaneamente la prosecuzione (l’utilizzo dei locali è, infatti, legittimo solamente decorsi 30 giorni dall’invio della ulteriore documentazione).
Anche in questo caso, come nell’ipotesi della prima comunicazione, l’attività può essere iniziata dopo la decorrenza nel termine indicato senza attendere ulteriori provvedimenti da parte dell’Ispettorato del lavoro (salvo che questo non emani un apposito provvedimento che precluda l’avvio della lavorazione).
Con riferimento al diniego, né la norma né la circolare indicano il termine entro il quale il diniego deve avvenire. Mentre la comunicazione da parte dell’azienda deve intervenire entro 30 giorni dall’inizio delle attività (decorsi i quali non occorre attendere alcuna autorizzazione), il diniego sembra poter intervenire in qualsiasi tempo (evidentemente con effetti pro futuro). L’assenza di un termine finale espresso entro il quale l’Ispettorato debba pronunciarsi determina criticità, in quanto il silenzio (almeno quello tenuto oltre il trentesimo giorno dalla comunicazione) ingenera la convinzione di poter legittimamente attivare la lavorazione, adottando anche gli investimenti necessari, che potrebbero rivelarsi inutili laddove successivamente dovesse essere adottato il provvedimento di diniego.
Per quanto la modifica normativa sia finalizzata a semplificare il procedimento di autorizzazione, sostituendolo con la semplice comunicazione all’Ispettorato nazionale del lavoro, Confindustria avvierà un confronto per chiedere chiarimenti in merito alle criticità interpretative evidenziate.
Il modulo per la richiesta
In allegato alla circolare dell’INL è presente il modulo di comunicazione.
- Il primo aspetto riguarda il soggetto che deve inviare la comunicazione: a fronte della norma che si riferisce genericamente al datore di lavoro, nel modulo si indica il datore di lavoro della ditta o dell’unità produttiva. Quindi, deve ritenersi che onerato della domanda sia il datore di lavoro nel cui ambito di responsabilità ricadono i locali sotterranei o semi sotterraneo da adibire ad una lavorazione.
- Nell’oggetto della comunicazione, poi, si chiede di distinguere se il luogo sia sotterraneo o semi sotterraneo: anche a questo fine è necessario chiarirne la precisa nozione giuridica.
- Per quanto riguarda la parte della dichiarazione, come sopra evidenziato, non si fa riferimento a lavorazioni che emettono agenti nocivi ma “che possano dar luogo ad emissioni di agenti nocivi”: in tal modo, si modifica la norma perché un conto è l’emissione altro è il pericolo di emissione. Poi, tra gli allegati, si chiede una relazione “con la specifica che le lavorazioni non diano luogo all’emissione di agenti nocivi”: evidente l’incertezza determinata da confronto tra la norma, la circolare ed il modello (trattandosi di autocertificazione, è palese l’esigenza di particolare attenzione).
Profili penalistici
L’art. 68 del Dlgs 81/2008 indica le sanzioni per la violazione dell’art. 65. In particolare, viene colpita da sanzione penale la violazione dei primi due commi, quindi del divieto di destinare al lavoro locali chiusi o semi sotterranei e l’adibizione a tale uso senza il rispetto delle condizioni del comma 2.
Posto che sarebbe stato sufficiente sanzionare il secondo comma (visto che il divieto non è assoluto), occorre verificare se, per effetto della (sola) comunicazione, ed in mancanza di rilievi da parte dell’INL (che può inibire temporaneamente o definitivamente la lavorazione), venga meno la responsabilità penale.
Potendo l’INL inibire l’uso, dovrebbe ritenersi che – in assenza di variazioni rispetto ai dati presenti nella comunicazione e di rilievo – l’attività sia del tutto legittima, e quindi non suscettibile di rilievi.
Il dubbio si pone nel momento in cui manca un termine entro il quale l’INL deve pronunciarsi per il diniego, per cui rischia di restare indefinito nel tempo il dubbio relativo alla regolarità della situazione.
Anche su questo faremo un confronto con l’Ispettorato nazionale del lavoro.
Conformità dei locali oggetto di comunicazione agli strumenti urbanistici adottati o approvati e al regolamento edilizio comunale vigente e alle disposizioni di legge sia statali che regionali in materia; agibilità dei locali; rispetto delle norme igienico-sanitarie vigenti (dovranno essere rispettati gli standard previsti dal Regolamento Locale d’Igiene e/o del Regolamento Edilizio adottato dal Comune territorialmente coinvolto e dalle disposizioni eventualmente impartite dal Servizio d’Igiene Pubblica); rispetto delle seguenti norme di sicurezza: sussistenza dei requisiti di illuminazione idonei al tipo di lavorazione; sussistenza delle condizioni di salubrità dell’aria e dei sistemi di aerazione dei locali; sussistenza di idoneo microclima in relazione al tipo di lavorazione; conformità alla normativa vigente di tutti gli impianti presenti (condizionamento, ascensore, idrotermosanitario, elettrico, etc.).