Delega gestoria e delega di funzioni: il chiarimento della giurisprudenza
La sentenza in commento tratteggia le differenze tra delega gestoria ex art. 2381 del codice civile e delega di funzioni in materia di salute e sicurezza sul lavoro ex art. 16 del Dlgs 81/2008 ed è utile per individuare la figura ed il perimetro delle responsabilità del datore di lavoro ai fini di salute e sicurezza nelle organizzazioni con una struttura societaria dal vertice complesso.
Premessa: la sentenza 27 febbraio 2023, n. 8476
La pronuncia – chiarendo anche la confusione di piani presente nella giurisprudenza - tratteggia (finalmente) una chiara linea di demarcazione tra la delega gestoria civilistica, che può essere rilasciata all’interno di un organismo societario a struttura complessa (Consiglio di amministrazione) a favore di uno dei propri componenti, e la delega di funzioni che promana dal datore di lavoro ai fini della sicurezza sul lavoro.
Le norme di riferimento (articolo 2381 del codice civile e art. 16 del Dlgs 9 aprile 2008 n. 81) usano entrambe il termine della “delega”, per cui non offrono elementi sufficienti per cogliere la distinzione tra la “delega gestoria” e quella “di funzioni”, rendendo così importanti le precisazioni della sentenza in commento.
Per rispondere al tradizionale quesito di come si individui il datore di lavoro (ai fini degli obblighi di salute e sicurezza sul lavoro) nelle organizzazioni caratterizzate da una complessità soggettiva del vertice aziendale, il chiarimento fornito dalla sentenza in commento è essenziale.
Fondamentale è l’affermazione della sentenza secondo la quale “solo dalla esatta individuazione del ruolo rivestito discende la individuazione delle condotte doverose”: seguendo questa logica, infatti, la sentenza offre una risposta efficace alla esigenza della chiara distribuzione di obblighi e responsabilità tra le diverse figure coinvolte nella gestione della salute e sicurezza nei luoghi di lavoro, della quale Confindustria da sempre contesta l’assenza (spesso voluta) nelle disposizioni e nell’interpretazione del Dlgs 81/2008.
Si evitano, così, improprie sovrapposizioni di obblighi e responsabilità tra i componenti dell’organo complesso, si fa chiarezza sulla differenza tra la delega gestoria civilistica e quella di funzione ai fini di salute e sicurezza, si individua puntualmente il datore di lavoro, si risolve la questione della delega da parte di questi e la potenziale subdelega e si fa luce sul tema del riconoscimento del potere di spesa.
Insomma, si superano molte criticità interpretative che da sempre costellano il Dlgs 81/2008: diversamente, la mancata definizione della delega alla luce delle precisazioni indicate dalla sentenza, si riflette (ampliandolo a dismisura) sul contenuto della posizione di garanzia, introducendo indebite responsabilità di posizione.
Altro profilo d’interesse è la conferma che la delega in tema di salute e sicurezza è privativa, ossia trasferisce (e non duplica) i poteri che non spettano più al datore di lavoro (con evidente impossibilità di sovrapposizione di obblighi e responsabilità) e modifica sostanzialmente la posizione di quest’ultimo (da obbligo adempitivo a vigilanza).
Delega gestoria e di funzioni: concentrazione (o ripartizione) di poteri e traslazione privativa
La delega gestoria rappresenta una tecnica di ripartizione di competenze all’interno dell’organo gestorio plurisoggettivo (CdA), con la quale si deroga alla regola della collegialità, facendosi dunque venir meno l’unitarietà della prestazione gestoria. Secondo la sentenza in commento, infatti, “mentre nel caso della delega di funzioni contemplata dall'art.16 del D.Lgs. n. 81 del 2008 viene in rilievo la traslazione di alcuni poteri e doveri di natura prevenzionistica, nel caso della delega gestoria vengono in rilievo criteri di ripartizione dei ruoli e delle responsabilità tra gli amministratori in ambito societario caratterizzato da strutture più o meno articolate”.
In effetti, precisa la sentenza, “fra soggetti che sono a titolo originario titolari della posizione di datore di lavoro non è concepibile il trasferimento della funzione, ma solo l'adozione di un modello organizzativo tale per cui taluni poteri decisionali e di spesa -se del caso anche quelli relativi alla sicurezza ed alla salute dei lavoratori- vengono affidati alla gestione di alcuni tra i datori”.
La distinzione tra le due ipotesi è essenziale, perché - sottolinea la sentenza - nella materia del diritto penale, la corretta individuazione della delega è un passaggio fondamentale per una doverosa chiara individuazione del soggetto penalmente responsabile.
Questo passaggio della sentenza sembra (correttamente) richiamare quella esigenza di individuazione del colpevole e non del capro espiatorio (in una logica di responsabilità oggettiva o di posizione) a suo tempo evidenziata dalla sentenza del caso Thyssenkrupp (Cass., 38343/2014): “riconosciuta la sfera di rischio come area che designa l'ambito in cui si esplica l'obbligo di governare le situazioni pericolose che conforma l'obbligo del garante, ne discende altresì la necessità di individuare concretamente la figura istituzionale che può essere razionalmente chiamata a governare il rischio medesimo e la persona fisica che incarna concretamente quel ruolo”, evidenziando “quanto delicata sia l'individuazione di aree di competenza pienamente autonome che giustifichino la compartimentazione della responsabilità penale; tanto più in un contesto come quello del diritto penale del lavoro imperniato sulla figura del datore di lavoro che è gravato da una pervasiva posizione di garanzia. Lo scopo del diritto penale, tuttavia, è proprio quello di tentare di governare tali intricati scenari, nella già indicata prospettiva di ricercare responsabilità e non capri espiatori”.
Dunque, un primo importante approdo della sentenza è che, nel caso di delega di funzioni (art. 16 Dlgs 81/2008), avviene traslazione privativa di poteri: “nei limiti in cui è consentita dalla legge, opera la traslazione dal delegante al delegato di poteri e responsabilità che sono proprie del delegante medesimo. Questi, per così dire, si libera di poteri e responsabilità che vengono assunti a titolo derivativo dal delegato. La delega, quindi, determina la riscrittura della mappa dei poteri e delle responsabilità. Residua, in ogni caso, tra l'altro, come l'art. 16 del T.U. ha chiarito, un obbligo di vigilanza "alta" a carico del delegante”.
L'istituto della delega gestoria (art. 2381 cc), invece, “attiene alla ripartizione delle attribuzioni e delle responsabilità nelle organizzazioni complesse ed è preordinato ad assicurare un adempimento più efficiente della funzione gestoria (in quanto evidentemente più spedita) ed al contempo la specializzazione delle funzioni, tramite valorizzazione delle competenze e delle professionalità esistenti all'interno dell'organo collegiale”.
L’individuazione del datore di lavoro nelle realtà imprenditoriali caratterizzate da un vertice a struttura plurisoggettiva
L’ampia e generica definizione di datore di lavoro riportata dall’art. 2 del Dlgs 81/2008 (“il soggetto titolare del rapporto di lavoro con il lavoratore o, comunque, il soggetto che, secondo il tipo e l'assetto dell'organizzazione nel cui ambito il lavoratore presta la propria attività, ha la responsabilità dell'organizzazione stessa o dell’unità produttiva in quanto esercita i poteri decisionali e di spesa”) deve misurarsi con la struttura giuridica di ciascuna differente realtà imprenditoriale, soprattutto laddove entri in gioco il diritto penale e l’esigenza di certezza e chiarezza.
La sentenza in commento evidenzia che “nelle società di capitali più semplici, in cui figura un amministratore unico titolare della ordinaria e straordinaria amministrazione, questi assume anche la posizione di garanzia datoriale. Nelle società di capitali in cui, invece, l'amministrazione sia affidata ad un organo collegiale quale il consiglio di amministrazione, l'individuazione della posizione datoriale è più complessa, anche in ragione della molteplicità di possibili modelli di amministrazione offerti dalla normativa societaria”… “nell'ipotesi in cui non siano previste specifiche deleghe di gestione l'amministrazione ricade per intero su tutti i componenti del consiglio e tutti i componenti del consiglio sono investiti degli obblighi inerenti la prevenzione degli infortuni posti dalla legislazione a carico del datore di lavoro”.
La giurisprudenza della Cassazione[1], a proposito del concetto di causalità additiva o cumulativa, ha sempre espresso il principio secondo cui “se più sono i titolari della posizione di garanzia ovvero dell'obbligo di impedire l'evento, ciascuno è per intero destinatario dell'obbligo di tutela impostogli dalla legge”.
La delega gestoria civilistica, nel distribuire le competenze e le attribuzioni, non può non incidere sul principio della causalità additiva, con la conseguenza di consentire l’individuazione selettiva dell’unico soggetto che, per effetto della delega, assume la qualità di datore di lavoro, residuando in capo agli altri componenti dell’organo collegiale esclusivamente gli obblighi informativi tipici del nuovo diritto societario.
Opportunamente, la sentenza in commento sottolinea che “alla concentrazione dei poteri e delle attribuzioni in capo ad alcuni soggetti, giustificata dalla necessità di un più proficuo esercizio, debba corrispondere in via generale una esclusiva responsabilità, sempre che si accerti che il consiglio delegante abbia assicurato il necessario flusso informativo ed esercitato il potere dovere di controllo sull'assetto organizzativo adottato dal delegato. Nell'ottica di accrescimento della tutela del lavoratore, nella giurisprudenza di legittimità si è affermato che a seguito della delega gestoria l'obbligo di adottare le misure antinfortunistiche e di vigilare sulla loro osservanza si trasferisce dal consiglio di amministrazione al delegato, rimanendo in capo al consiglio di amministrazione residui doveri di controllo sul generale andamento della gestione e di intervento sostitutivo”.
La delega di funzioni (art. 16, Dlgs 81/2008) ottiene il medesimo effetto con il diverso strumento della efficacia traslativa, per cui il datore di lavoro originario si spoglia delle funzioni delegate salvo il dovere di controllo, anche attraverso l’adozione del modello di organizzazione e gestione di cui al Dlgs 231/2001.
Con due strumenti diversi (delega selettiva e delega traslativa) si ottiene, dunque, il medesimo effetto sostanziale di evitare la sovrapposizione e la confusione di ruoli, a ciascuno dei quali è legata una responsabilità tipica che, per Costituzione, non può che essere personale e (almeno) colpevole, sia sul versante soggettivo che oggettivo.
Correttamente, infatti, la sentenza in commento rileva che (a differenza di quanto avviene nel diritto civile) “con riferimento all'ambito del diritto penale del lavoro …, alla concentrazione dei poteri e delle attribuzioni in capo ad alcuni soggetti, giustificata dalla necessità di un più proficuo esercizio, debba corrispondere in via generale una esclusiva responsabilità, sempre che si accerti che il consiglio delegante abbia assicurato il necessario flusso informativo ed esercitato il potere dovere di controllo sull'assetto organizzativo adottato dal delegato”.
Proprio questa esclusività impone di escludere la presenza di una responsabilità diffusa sia nel Consiglio di amministrazione in presenza di una delega gestoria sia nel caso di delega di funzioni in tema di salute e sicurezza sul lavoro.
Delega e subdelega ai fini di salute e sicurezza sul lavoro
La sentenza non affronta direttamente la questione della possibilità, per l’amministratore individuato ai sensi dell’art. 2381 cc, di delegare a sua volta un soggetto ai sensi dell’art. 16 del Dlgs 81/2008.
Data la configurazione giuridica della delega gestoria, si ritiene che il componente del consiglio di amministrazione delegato (in quanto datore di lavoro a titolo originario) possa delegare parzialmente i compiti in materia di salute e sicurezza ad altri, ex art. 16 del Dlgs 81/2008, con ulteriore facoltà di subdelega da parte del delegato (prevista dallo stesso art. 16), perché la delega gestoria non equivale ad una prima delega ex art. 16.
Questa conclusione sembra avvalorata dalle considerazioni della sentenza in commento allorché, operando una ulteriore distinzione tra le due ipotesi di delega, si sofferma sulla natura derivativa di poteri (in caso di delega ex art. 16 del Dlgs 81/2008) e quella a titolo originario (nel caso della delega gestoria). “La delega di funzioni prevista dall'art.16 del D.Lgs. n. 81 del 2008 presuppone un trasferimento di poteri e correlati obblighi dal datore di lavoro verso altre figure non qualificabili come tali e che non lo divengono per effetto della delega. La delega di gestione, anche quando abbia ad oggetto la sicurezza sul lavoro, invece, nel caso di strutture societarie complesse, consente di concentrare i poteri decisionali e di spesa connessi alla funzione datoriale, che fa capo ad una pluralità di soggetti (ovvero i membri del consiglio di amministrazione), su alcuni di essi. Con la delega ex art. 16 D.Lgs. n. 81 del 2008 si opera il trasferimento di alcune funzioni proprie del ruolo datoriale; i delegati vengono investiti di poteri e di doveri dei quali sono privi a titolo originario. Di contro fra soggetti che sono a titolo originario titolari della posizione di datore di lavoro non è concepibile il trasferimento della funzione, ma solo l'adozione di un modello organizzativo tale per cui taluni poteri decisionali e di spesa -se del caso anche quelli relativi alla sicurezza ed alla salute dei lavoratori- vengono affidati alla gestione di alcuni tra i datori”.
Se, dunque, il consigliere di amministrazione è già datore di lavoro e viene semplicemente selezionato per svolgere le funzioni in materia di salute e sicurezza, egli si pone sullo stesso piano del datore di lavoro del Dlgs 81/2008, così legittimando la conclusione che entrambi possano delegare e i loro delegati possano, nei limiti dell’art. 16, subdelegare parzialmente i propri poteri.
Ulteriore elemento che avvalora sono le considerazioni in tema di potere di spesa, trattato nel punto che segue.
Documento di valutazione dei rischi, nomina del responsabile del servizio di prevenzione e protezione, poteri di spesa, dovere di vigilanza
Datore di lavoro ex art. 2 del Dlgs 81/2008 e consigliere delegato ex art. 2381 cc, dunque, coincidono. È in capo a questi soggetti che si pongono i due obblighi indelegabili (art. 17 Dlgs 81/2008: elaborazione del Documento di valutazione dei rischi e nomina del responsabile del servizio di prevenzione e protezione).
Su questi soggetti, laddove deleghino i propri obblighi ai sensi dell’art. 16 del Dlgs 81/2008, grava l’obbligo di vigilanza previsto dalla medesima norma.
Trovandosi nella medesima posizione di datore di lavoro a titolo originario e non derivativo, entrambi hanno in via di principio il potere di spesa necessario per far fronte agli oneri derivanti dall’assolvimento degli obblighi in tema di salute e sicurezza. Nella delega gestoria, quindi, non si discute di attribuire un potere di spesa, che il consigliere di amministrazione possiede a titolo originario, così’ come non si discute del potere di spesa in capo al datore di lavoro individuato ai sensi dell’art. 2 del Dlgs 81/2008. Potere che, invece, andrà verificato in capo al soggetto che questi potranno delegare ex art. 16, in quanto assumono obblighi non propri, a titolo derivativo, per assolvere ai quali deve necessariamente ricevere un potere di spesa, inesistente a titolo originario.
A proposito dell’obbligo di vigilanza, la sentenza correttamente distingue tra la vigilanza propria del diritto societario e quella in tema di salute e sicurezza: nel primo caso la vigilanza si fonda sul flusso informativo (art. 2381 e 2932 cc), nel secondo caso, invece, il ruolo del delegate è più attivo, non si può fondare solamente sull’informativa ricevuta ma, per altro verso, “non deve riguardare il merito delle singole scelte, bensì il complessivo adempimento del debito di protezione e controllo affidato al delegato”. Il controllo operato attraverso l’adozione del modello di gestione e organizzazione (art. 30 Dlgs 81/2008) è ritenuto valido strumento di controllo, al punto di determinare una presunzione di corretta vigilanza.
In nessuno dei due casi la vigilanza si deve quindi identificare nel controllo sulle singole azioni, identificandosi come una vigilanza “alta”[2].
Considerazioni conclusive
La sentenza in commento ha il pregio di porsi in linea con quella giurisprudenza che, da anni, cerca di porre l’attenzione sul soggetto realmente responsabile dell’illecito, superando la logica della ricerca di un capro espiatorio.
Per cogliere l’importanza delle precisazioni contenute nella sentenza, occorre prendere spunto dall’art. 18, comma 3bis, Dlgs 81/2008, secondo il quale, fermo l’obbligo di vigilanza del datore di lavoro, la responsabilità può essere attribuibile in via esclusiva, ad esempio, al lavoratore o al preposto (nel suo rinnovato obbligo di sorveglianza). Ovviamente, questo vale laddove l’evento non sia dovuto alla responsabilità del datore di lavoro o del dirigente: un infortunio dovuto ad un comportamento errato da parte del lavoratore che non ha ricevuto la formazione, informazione, addestramento non potrà essere attribuito a quest’ultimo, ma al titolare degli obblighi di legge.
Finalità della norma è quello di selezionare il soggetto realmente responsabile dell’illecito, evitando improprie forme di responsabilità di posizione.
Una logica oggi rafforzata dalle nuove funzioni attribuite al preposto: in quel caso, la vigilanza del datore di lavoro si esercita sul preposto, non più sui singoli lavoratori, posto che – anche prima delle modifiche introdotte alla fine del 2021 - il datore di lavoro poteva esercitare l’obbligo di vigilanza attraverso le figure dell’organigramma aziendale (in particolare, il preposto)[3], evitando una impropria duplicazione delle posizioni di garanzia.
Viene, poi, in gioco la fondamentale intuizione presente nella nota sentenza relativa al caso Thyssenkrupp, secondo la quale “ Il rischio è categorialmente unico ma, naturalmente, si declina concretamente in diverse guise in relazione alle differenti situazioni lavorative. Dunque, esistono diverse aree di rischio e, parallelamente, distinte sfere di responsabilità che quel rischio sono chiamate a governare. Soprattutto nei contesti lavorativi più complessi, si è frequentemente in presenza di differenziate figure di soggetti investiti di ruoli gestionali autonomi a diversi livelli degli apparati; ed anche con riguardo alle diverse manifestazioni del rischio. Ciò suggerisce che in molti casi occorre configurare già sul piano dell'imputazione oggettiva, distinte sfere di responsabilità gestionale, separando le une dalle altre. Esse conformano e limitano l'imputazione penale dell'evento al soggetto che viene ritenuto "gestore" del rischio. Allora, si può dire in breve, garante è il soggetto che gestisce il rischio.”
La connessione tra l’individuazione della sfera di garanzia e la distribuzione (e la traslazione) degli obblighi attraverso la delega (che, modificando l’assetto originario dei poteri, individua differenti sfere di garanzia) è evidente: fermo restando il dovere di vigilanza, per effetto della delega le sfere di garanzia sono ridescritte e non si determina una impropria sovrapposizione di posizioni di garanzia, che non possono essere identiche e cumulative, posto che gli obblighi del datore di lavoro, del dirigente e del preposto sono del tutto differenti. Così come anche quelle del datore di lavoro e del soggetto delegato.
Vale la pena di ripetere, conclusivamente, un passaggio della sentenza già evidenziato in apertura: “solo dalla esatta individuazione del ruolo rivestito discende la individuazione delle condotte doverose”.
[1] Da ultimo, Cass., 41340/2022
[2] Cfr. Cass., 25764/2021
[3] Cass., 37564/2021, 1683/2020, 14915/2019, 26294/2018,
CORTE-DI-CASSAZIONE-PENALE-Sez.-4--27-febbraio-2023-Ud.-20.10.2022-Sentenza-n.-8476.pdfVisualizza dettagli