Facciamo seguito alle precedenti comunicazioni relative al provvedimento di aggiornamento delle tariffe dei premi Inail per commentare sinteticamente tre modifiche apportate al sistema del regresso e della surroga.
In primo luogo, occorre rilevare che le somme recuperate dall’Inail per effetto del regresso nei confronti del datore di lavoro continuano a non rilevare ai fini della determinazione degli oneri sulla base dei quali vengono calcolati i tassi medi di tariffa. L’articolo 18 delle nuove modalità tariffarie stabilisce, analogamente al passato, che “gli oneri considerati del periodo di osservazione… sono quelli diretti relativi agli infortuni e alle malattie professionali direttamente attribuibili alle specifiche lavorazioni, quelli indiretti relativi alle malattie professionali non attribuibili a specifiche lavorazioni, alla rivalutazione delle rendite, alle prestazioni integrative dell'assicurazione, alle spese generali di amministrazione e ai contributi obbligatori, quelli presunti non determinabili in via definitiva, nonché quelli attribuibili agli infortuni in itinere di cui all'articolo 12 del decreto legislativo n. 38/2000. Sono esclusi dal computo degli oneri di cui al presente articolo gli importi effettivamente recuperati dall'Inail in via di surroga o di regresso, fino a concorrenza di quanto caricato”.
Invece, contrariamente al passato, i giorni o il grado di inabilità per eventi infortunistici per i quali è stata utilmente esercitata l’azione di regresso, con recupero delle relative somme, rilevano ai fini dell’oscillazione per andamento infortunistico, in quanto - nonostante i relativi oneri siano stati recuperati dall’Istituto – vengono comunque computati tra i giorni lavorativi equivalenti (GLE) al fine di determinare (nel rapporto con i lavoratori/anno del triennio della PAT) l’indice di rischiosità dell’azienda (ISAR) (art. 20 delle nuove modalità di applicazione della tariffa).
Si tratta di una impropria conseguenza della modifica del criterio di determinazione della oscillazione che, prendendo in considerazione non più l’andamento infortunistico in termini di oneri generati ma di indice infortunistico, non tiene conto del recupero delle somme da parte dell’Inail. A questa scelta dell’Istituto consegue una indebita duplicazione di oneri per l’impresa che, oltre ad aver subito il regresso, vede ridotta sia la possibilità di applicare l’oscillazione sia la relativa misura.
La criticità si aggiunge a quella, di portata più generale, relativa alla progressiva erosione, fino a sostanziale caducazione, del principio dell’esonero da responsabilità civile che dovrebbe conseguire alla assicurazione presso l’Inail. Erosione causata da numerosi fattori e, prevalentemente, dalla indeterminatezza della normativa che individua gli obblighi penalmente rilevanti posti in capo al datore di lavoro, dalla svalutazione dell’accertamento definitivo in sede penale (e secondo il principio di legge dell’ “oltre ogni ragionevole dubbio”) della responsabilità del datore di lavoro e della possibilità di esercitare l’azione di regresso anche in presenza di una valutazione sostanziale del giudice civile della presenza astratta dei presupposti per la responsabilità penale.
Da segnalare che, diversamente dal regresso, gli oneri relativi agli eventi per i quali l'Inail ha esercitato l’azione di surroga vengono sempre scomputati dal calcolo dell'oscillazione per andamento infortunistico indipendentemente dall'ammontare delle somme effettivamente recuperate dall'Istituto (a differenza del criterio utilizzato per il calcolo degli oneri nelle tariffe del 2000, in base al quale lo scomputo avveniva nei limiti delle somme effettivamente recuperate).
In secondo luogo, le modifiche sul regresso (disciplinato dagli articoli 10 ed 11 del DPR n. 1124/1965) e sulla surroga (art. 1916 cc) introducono un differente criterio di calcolo del danno cd differenziale (tra danno civile e indennizzo assicurativo), nell’intenzione di evitare duplicazioni nell’indennizzo/risarcimento delle stesse poste di danno.
In estrema sintesi, la legge n. 145 del 2018 ha inciso sui criteri di calcolo del danno cd. differenziale, imponendo l'adozione di un criterio di scomputo (tra risarcimento civilistico e indennizzo sociale del danno) “per sommatoria" o "integrale", anziché "per poste".
Un esempio può essere utile alla comprensione della differenza di effetti dei diversi criteri di calcolo per poste e dello scomputo integrale. Fatto pari a 110 il danno civilistico differenziale (di cui 10 per danno patrimoniale e 100 per danno biologico), e fatto pari ad 80 l’ammontare dell’indennizzo erogato dall’Inail (di cui 30 per danno patrimoniale e 50 per danno biologico), nel nuovo sistema il lavoratore ha diritto di ricevere dal datore di lavoro soltanto 30, pari al danno differenziale determinato con un raffronto per sommatoria. Mentre nel precedente sistema egli riceveva 50 pari alla differenza corrispondente alla sola voce di credito relativa al danno biologico.
Titolo
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Misura del danno civilistico
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Misura del danno coperto dall’Inail
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Danno differenziale con calcolo per poste
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Danno differenziale con calcolo dello scomputo integrale
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Danno patrimoniale
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10
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30
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0
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110-80= 30
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Danno biologico
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100
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50
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50
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Per comprendere la portata della modifica, occorre ricordare brevemente i capisaldi della disciplina dell’esonero da responsabilità, del regresso verso il datore di lavoro e della surroga verso il terzo autore del danno.
L’Inail, quale assicuratore sociale, indennizza (in una logica selettiva e non di risarcimento integrale) alcuni danni riportati dal lavoratore.
Va premesso che per i danni non coperti dall’assicurazione sociale (cd. danni complementari) resta fermo il diritto all’integrale risarcimento del danno civilistico, secondo l’insegnamento della giurisprudenza costituzionale; per i danni coperti dall’assicurazione sociale, il lavoratore può invece rivendicare solamente il danno cd differenziale (ossia la parte che eccede le indennità liquidate dall’Istituto assicuratore).
In questo secondo caso, infatti, il ristoro del danno coperto dall'assicurazione obbligatoria può presentare delle differenze nei valori monetari rispetto al danno civilistico; inoltre, la rendita corrisposta dall'INAIL soddisfa, neutralizzandola in parte, la medesima perdita al cui integrale ristoro mira la disciplina della responsabilità risarcitoria del terzo, autore del fatto illecito, al quale sia addebitabile l'infortunio subito dal lavoratore.
Il risarcimento del danno è, dunque, precluso nell’ipotesi che il giudice verifichi che l’entità del danno concretamente sofferto dal lavoratore in termini civilistici non ascende a somma maggiore dell’indennizzo erogato o dovuto dall’Inail.
L’esistenza o meno di un danno differenziale è dunque interessante sia sul versante della richiesta risarcitoria del lavoratore sia per la quantificazione della somma che l’Inail può chiedere a titolo di regresso.
Sui criteri di calcolo del cd danno differenziale è intervenuta la legge finanziaria per il 2019.
Finora, il criterio di determinazione di questo danno - pur oggetto di dispute giurisprudenziali con tre distinti filoni interpretativi (per brevità, scomputo integrale, scomputo per poste, scomputo per poste omogenee) - secondo la prevalente giurisprudenza (per tutte, Cass., 30 agosto 2016, n. 17407) era quello del calcolo per poste (che assicura il maggior beneficio per il lavoratore).
Il danno differenziale si ricavava, quindi, confrontando il danno civilistico (per le sole voci equivalenti a quelle tutelate dall’Inail) con il danno assicurato dall’Inail per singole corrispondenti voci e non globalmente.
L’indirizzo giurisprudenziale ribadiva il fondamento costituzionale del risarcimento del danno biologico e della tutela indennitaria Inail rispettivamente negli artt. 32 e 38 Cost., con la connessa esigenza di protezione effettiva ed integrale della persona del lavoratore.
La conseguenza era che, comparando ciascuna delle poste per i danni indennizzati dall’Inail con le corrispondenti voci risarcibili ai fini civilistici, laddove l’Inail abbia indennizzato con somma maggiore rispetto all’importo civilistico una delle voci, l’importo eccedente riconosciuto dall’Inail rispetto al danno civilistico non va a decurtare l’importo riconoscibile per altra voce, sempre indennizzata dall’Inail.
La legge finanziaria per il 2019 ha modificato tale criterio, inserendo nella normativa coinvolta (artt. 10 e 11 del DPR n. 1124/1965; D.lgs. n. 209/2005, art. 142) la quantificazione del danno in termini complessivi ed a qualsiasi titolo, così sostituendo il criterio della valutazione del danno differenziale “per poste” con quello dello “scomputo integrale”.
Secondo questo nuovo criterio, se la somma riconosciuta dall’Inail al lavoratore eccede o è pari complessivamente (e non voce per voce) alla somma dovuta a titolo di risarcimento del danno in termini civilistici, non vi è danno differenziale, restando così preclusa l’azione al lavoratore nei confronti del datore di lavoro. Questo perché, a differenza del criterio di calcolo per poste, l’eventuale eccedenza di indennizzo da parte dell’Inail per una posta viene portato – in una valutazione complessiva - in compensazione (a defalco) con il riconoscimento per altra posta risarcitoria.
La valutazione complessiva (ed il conseguente defalco delle maggiori somme riconosciute dall’Inail dalle altre voci) sarebbe espressione della esigenza di evitare locupletazioni, evidenziata dalle Sezioni unite della Cassazione (Cass., 22 maggio 2018, n. 12566), con l’affermazione del principio secondo il quale “l'importo della rendita per l'inabilità permanente corrisposta dall'INAIL per l'infortunio occorso al lavoratore va detratto dall'ammontare del risarcimento dovuto, allo stesso titolo, al danneggiato da parte del terzo responsabile del fatto illecito”.
Va segnalato che sulla modifica normativa, al di là di interpretazioni giurisprudenziali che ne escludono la natura interpretativa e, quindi, la portata retroattiva e la applicabilità ad eventi precedenti il 1° gennaio 2019, la dottrina è immediatamente intervenuta evidenziando una potenziale riduzione di tutela per i lavoratori.
In terzo luogo, il legislatore, in tema di determinazione del danno oggetto di potenziale regresso da parte dell’Inail, ha introdotto (art. 11, DPR n. 1124/1965) un principio di ordine generale secondo il quale, nella liquidazione dell'importo dovuto, il giudice può procedere alla riduzione della somma tenendo conto della condotta precedente e successiva al verificarsi dell'evento lesivo e dell'adozione di efficaci misure per il miglioramento dei livelli di salute e sicurezza sul lavoro. Le modalità di esecuzione dell'obbligazione possono essere definite tenendo conto del rapporto tra la somma dovuta e le risorse economiche del responsabile.
Si tratta di un intervento positivo che Confindustria aveva da tempo sollecitato per porre rimedio alla incoerenza di una pretesa restitutoria esercitata, in chiave latamente sanzionatoria, a notevole distanza di tempo dalla condotta e in presenza di un sostanziale cambiamento nell’efficacia dell’azione prevenzionale da parte del datore di lavoro. Si pensi ai danni derivanti da malattie lungolatenti (ad es., per l’uso dell’amianto), che vedeva l’Istituto recuperare somme attraverso il regresso a carico di datori di lavoro dopo decenni dalla interruzione dell’uso dell’amianto e della sostanziale modifica dei luoghi di lavoro con eliminazione del rischio.
Si tratta di una innovazione che si auspica possa essere applicabile anche in sede amministrativa e non solo giudiziaria, al momento della richiesta di regresso da parte dell’Inail, senza bisogno di attendere l’instaurazione di un contenzioso (ed anzi, proprio allo scopo di evitarlo).