Da film a modello economico per migliorare le esportazioni in un ideale set ambientato nel periodo della globalizzazione. «Esportare la Dolce Vita» è, infatti, il titolo di un interessante rapporto realizzato dal Centro Studi di Confindustria e da Prometeia presentato ieri mattina nella sede del Touring Club a Milano. Le piccole e medie imprese italiane hanno puntato con decisione sui mercati emergenti durante la crisi, quando la diminuzione della domanda nei mercati maturi le aveva messe in difficoltà. Ora il vento è cambiato: i paesi avanzati tornano a crescere e i loro consumatori a spendere anche se non come e quanto prima, mentre i paesi emergenti, anzi i nuovi mercati, come abbiamo cominciato a chiamarli nel 2010, sono in rallentamento, alcuni addirittura in recessione. Le difficoltà economiche non hanno però allentato i legami che le imprese italiane hanno tessuto con i consumatori benestanti di questi paesi; legami che continuano a consolidarsi perché si fondano su dinamiche di lungo periodo, che la congiuntura può influenzare solo temporaneamente. «La domanda di bellezza e di qualità di questi consumatori continua a rivolgersi all'Italia, in particolare ai prodotti del bello e ben fatto che sono i beni di consumo di fascia medio-alta che si contraddistinguono per il design e la qualità dei materiali - ha spiegato nel suo intervento Luca Paolazzi del Centro Studi di Confindustria - e delle lavorazioni. Esportare la dolce vita si concentra sui prodotti belli e ben fatti dei settori alimentare, arredamento, abbigliamento e tessile casa, calzature, occhialeria e oreficeria-gioielleria».
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